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Juan Pablo Montoya


sundance76

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Capitolo 2: La rivalità  con Schumy e quel mondiale “rubatoâ€

Arriva il 2002, mio malgrado si ritira Alesi ma almeno non mi pongo troppi problemi su chi convergere adesso il mio tifo. In realtà  in quel momento penso che dopo tutte le emozioni vissute con Jean durante l'infanzia nessuno sarà  capace di sostituirlo nel mio cuore. Ed infatti Juan Pablo non riuscirà  a fare questo, ma farà  un'impresa ancor più grande: riuscirà  a conquistarmi ancor di più. Sin da quel 2002. L'inizio stagione è esaltante, dal punto di vista emotivo. Con la F2001 in pista, le prime gare sono equilibrate e la Williams si inserisce nella lotta per la vittoria. Juan da par suo passa Michael già  a Melbourne con una manovra al limite, ma subisce poi il suo ritorno. 1-0 per il tedesco. Si va in Malesia, e qui esplode tutta la mia rivalsa. Contatto alla prima curva, Montoya penalizzato. Comincio a gridare al complotto, per fortuna Juan mi distrae con una gran rimonta con cui conclude davanti al “cruccoâ€. Sono ottimista sul proseguo del mondiale, ma non ho fatto i conti con la F2002 che arriva già  in Brasile. Altra partenza cruenta, Juan nonostante la pole ha la peggio e nel successivo duello, chiuso dal tedesco, rompe l'ala. Mi aspetto lo stesso metro di giudizio da parte dei giudici di gara, che invece graziano Schumy. Le mie teorie complottiste sono ormai irrefrenabili. Montoya risale in zona punti ma non può andar oltre il 6° posto. In quel momento non lo so ma il mondiale finisce lì. Troppo di un altro pianeta la rossa, persino Barrichello sta davanti al resto del gruppo, e per una volta che riesce a star davanti al tedesco, ecco la porcata (la seconda consecutiva sul tracciato dell'A1 Ring) dell'ordine di scuderia. L'impopolarità  della Ferrari ai miei occhi è ai massimi livelli. A quel punto comincia una nuova fase, anche questa inaspettata: in gara le Ferrari sono imprendibili, ma Juan, oltre a essere costantemente il più veloce del lotto degli inseguitori, in qualifica è stra-competitivo, e firma cinque pole consecutive che mi fanno esaltare e allo stesso tempo un po' illudere sullo svolgimento dei GP. Fino all'ultimo gran premio dell'anno Montoya resterà  in testa alla classifica dei poleman stagionali (raggiunto in extremis da Schumy a quota 7) e per questa caratteristica comincio ad associarlo un po' a Senna e a considerarlo il più dotato, sul piano velocistico. Sul piano dello spettacolo e dell'irriverenza poi anche quest'anno non si fa mancare niente: doppio sorpasso a Ralf e Kimi in Canada, resistenza da “macho†su Schumy a Magny Cours.

Si arriva così al 2003. A Melbourne in una gara piena di colpi di scena Juan si ritrova al comando a una dozzina di giri dal termine. Comincio a pregustare una vittoria che darebbe un grande slancio alla stagione ma mi ritrovo di fronte all'immagine della sua Williams che si avvicina pericolosamente alle barriere, per poi sbatterci. Sono già  nero per il probabile ritiro, e invece ecco che il colombiano si rimette in marcia, limitando i danni con il secondo posto. Nelle successive gare Juan raccoglie poco e mostra sprazzi di competitività  solo a Interlagos, dove va a sbattere insieme a Schumy e tanti altri alla curva do Sol. In compenso ancora una volta la Ferrari, cominciando la stagione con la vettura dell'anno prima, si mostra alla portata delle avversarie, tant'è che Raikkonen con una non trascendentale McLaren riesce a stare davanti al tedesco. Col debutto della F2003-GA però arrivano due vittorie consecutive che sembrano far rivivere il film della stagione precedente. Tuttavia, nella seconda vittoria di Schumy sulla nuova vettura (in Austria), ha un ruolo non indifferente la rottura del motore della Williams di Montoya mentre quest'ultimo si trovava in testa. Sono spiragli di una competitività  riconquistata. A Monaco i tempi sono maturi per la mia seconda registrazione del GP. E per il secondo segno del destino. Juan fa la gara perfetta: parte terzo, sopravanza Raikkonen al via, segue il ritmo del leader Ralf fino al primo stop, fa il giro più veloce e dopo la sosta esce davanti al compagno di scuderia. Nonostante il ritorno nella parte finale di gara da parte di Raikkonen e Michael Schumacher, vissuto da me con enorme ansia, non ce n'è per nessuno: è primo al traguardo. E' come una maledizione, quella della sfortuna, che va via. E' tra l'altro la prima vittoria in F1 di Montoya da quando è diventato il mio unico ed incontrastato idolo. Festeggio saltando come un pazzo per i corridoi di casa. Raikkonen e Schumy sono distanti in classifica mondiale ma con una grande continuità  di rendimento (ben sette podi consecutivi post-Montecarlo) Juan e la Williams si rifanno sotto. Nel team inglese, a differenza di quanto avviene in Ferrari, non esistono ordini di scuderia: Ralf vince due gran premi consecutivi proprio davanti a Montoya. Ciò complica i piani di una rimonta iridata, ma il colombiano incassa il colpo e in Germania coglie il secondo successo stagionale, in una gara dominata in lungo e in largo, quasi “alla Schumacherâ€. Adesso è lui il principale rivale in classifica del tedesco, e i 6 punti di ritardo sembrano ampiamente recuperabili. I nuovi salti di gioia in corridoio sono obbligati. In Ungheria una giornata no di Schumy, che arriva solo ottavo e doppiato, consente a Juan di portarsi a un solo punto. E' tutto pronto per il GRAN DUELLO, per il momento più alto ed emozionante della mia vita da spettatore della F1 e da tifoso di Juan, come potete vedere dal mio avatar. Arriva Monza, sulla quale punto in virtù della potenza del motore Bmw. Ma la Ferrari torna competitiva e Schumacher, con mia sorpresa, soffia la pole al colombiano. Al via il tedesco scatta meglio, ma subito dopo la prima variante Juan si fa sotto e sferra un attacco alla sua maniera, all'esterno alla Variante della Roggia: nel bel mezzo della variante Montoya riesce anche a sopravanzare Schumy, ma una volta superata risente del controllo sul cordolo e del ritorno del ferrarista, che con freddezza e classe si riprende il primato. Giuro che “nel bel mezzo della variante†ho pensato che era fatta, che il mondiale fosse nostro. Superata la variante il mondiale vola via. Montoya mantiene alta la pressione per tutta la gara ma Schumy fa altrettanto e non corre più alcun rischio: la vittoria è sua. Tutto però sarebbe ancora più che aperto. 3 punti a due gare dalla fine sono più che recuperabili. Arriva Indianapolis. Durante le prove Juan arpiona il 4° posto in griglia, Schumacher in difficoltà  partirà  dalla settima piazza. Anche stavolta pregusto, con troppo anticipo, un sorpasso che non si verificherà  mai. Il giorno del GP si verifica un improvviso black-out in tutta Italia. Il sistema elettrico verrà  riattivato in Sicilia soltanto alle 22. Terzo segno del destino. Vado su tutte le furie: non posso perdermi il gran premio che potrebbe decidere la stagione! Ma non posso fare altrimenti. Raggiungo mio nonno munito di radiolina, ci sintonizziamo su Radio1 che nel frattempo offre anche la cronaca del posticipo di Serie A Empoli-Lazio, sottraendo mio malgrado tempo e spazio alla cronaca del GP. Tutto quel che accade lo vivo dalla voce del radiocronista: Schumacher che parte bene, Montoya che parte male (e partono le prime imprecazioni); Montoya che nella fase successiva, dopo essersi toccato con Barrichello, rimonta, e nel frattempo Schumy che attraversa un momento di difficoltà  (torna l'ottimismo); Juan Pablo finisce sotto inchiesta per l'incidente con Rubens (torno a irrigidirmi); i problemi al rifornimento per il colombiano (pressione a mille); la rimonta di Schumy, il drive through inflitto a Montoya (delusione totale). Alla fine del GP l'esito è mortificante: Juan Pablo è matematicamente fuori dalla lotta per il titolo, perché anche se dovesse vincere in Giappone, finirebbe dietro il tedesco per il minor numero di vittorie conquistate. Rivedendo poi le immagini della gara, alla delusione si affianca la rabbia per quella che ritengo una vera e propria ingiustizia, l'ennesima perpetrata dalla FIA contro Juan ed a favore della Ferrari. Resta viva, anche se ridotta al lumicino, la speranza di Raikkonen. Alla vigilia di Suzuka sono un po' diviso: gufare contro il nemico giurato Schumy, sperando che finisca fuori dalla zona punti e Kimi vinca la gara, o tifare per Juan Pablo, sperando di agganciare il tedesco in vetta con una bella vittoria, per chiudere con il massimo dell'onore possibile? Alla fine propendo per la seconda soluzione, e l'andamento dei primi giri va in questa direzione. Juan in testa, Schumacher in difficoltà , in fondo al gruppo. Ma ben presto il motore Bmw tradisce ancora una volta e fine dei sogni di gloria. Non mi resta che gufare contro Schumy, ancora una volta vanamente, nonostante Sato :D

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Io ho ancora la cassetta di Monza 2001, purtroppo le registrazioni successive (Monza e Indianapolis 2003) non hanno portato fortuna :asd:. Ricordo in particolare il lunedì a scuola post Indy con prese in giro di ogni tipo :D. Non mi piacciono le storie di complotti e non voglio riaprire polemiche, però mi sono sempre chiesto come sia stato possibile penalizzare Montoya a Sepang 2002 e poi, a parti praticamente invertite, punirlo nuovamente a Indianapolis l'anno dopo. Non a caso in Williams FIA stava per Ferrari internal affairs. In un'intervista lo stesso Montoya ha detto che buona parte delle penalità  le prendeva quando in direzione gara c'era un individuo di cui non ha fatto il nome  :ninja:...chissà . Comunque credevo di essere un tifoso accanito, ma qui c'è chi mi supera di brutto. Guardandolo in IndyCar mi rendo conto che, pur continuando ad apprezzarne le immense doti e i grandi successi, non c'è lo stesso trasporto di quando correva in f1. Per questo domenica il suo successo mi ha fatto piacere ma non ho provato neanche minimamente la gioia di Monaco 2003 o San Paolo 2004, avrei preferito una vittoria di Andretti o Dixon. E' stato molto bello comunque vederlo festeggiare con la famiglia e, stando a quanto dicono là , saperlo molto più aperto con l'ambiente e i tifosi rispetto al passato. Gli anni in Nascar avranno fruttato pochi allori ma hanno insegnato tanto.

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La Colombia ha un solo titolo nella storia, ed è il suo in CART!

 

Se penso che in tutto il sud america solo 3 paesi hanno vinti titoli e che Argentina e Colombia contano su Fangio e Montoya mentre il Brasile ha un esercito di campioni: Fittipaldi, Piquet, Senna, Da Matta, Kanaan, Gil De Ferran, ti accorgi che oggi un intero paese ha in Juan Pablo il proprio porta colori!

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Capitolo 3: Gli anni della disillusione e l'abbandono “shockâ€

Il 2004 è l'anno delle grandi aspettative. Confido nel definitivo salto di qualità  della Williams, e il famoso tricheco sembra una soluzione rivoluzionaria. Lo è in effetti, ma solo dal punto di vista estetico. La Ferrari torna competitiva come nel 2002, mentre il team anglo-tedesco perde colpi e persino Bar e Renault riescono a stare davanti. Resto anche perplesso di fronte alla mossa di Juan che nell'inverno che precede il mondiale firma con la McLaren. Non che non abbia fiducia nel team di Woking, sono convinto della competitività  delle “frecce d'argentoâ€, ma annunciare con così tanto anticipo l'accordo mi sembra controproducente per tutte le parti in causa, anche se non ho alcun dubbio sulla lealtà  del buon Frank, che non ha mai fatto favoritismi tra Juancho e Ralf e che supporterebbe il colombiano in caso di lotta iridata. Tutti discorsi che sfumano di fronte alle prestazioni che emergono sin dalle prime gare. Mi consolo col physique du role da anti-Schumy che non viene meno nonostante lo status quo. A Imola alla Tosa uno spavaldo Juan attacca all'esterno il ferrarista, che per tutta la risposta lo accompagna sull'erba, per poi fare lo gnorri a fine gara in conferenza stampa, di fronte ad un esterrefatto Pablo. A Monaco Juan è doppiato e si trova dietro Schumacher in regime di safety car. Con mia somma gioia vedo sbucare, ridotta come un rottame, la Ferrari n°1 all'uscita dal tunnel. Cosa sarà  mai successo tra i due? :D Arriva il replay: Schumy ha rallentato un po' troppo e Montoya lo ha centrato. Una situazione analoga si era verificata in Austria un anno prima, ma in quel caso il colombiano si era limitato a riprenderlo con ampi gesti. La rivalità  dunque non cessa di esistere, nonostante la contesa per il titolo sia venuta meno. Nella seconda parte di stagione la Williams abbandona il tricheco e riacquista un minimo di competitività , permettendo a Juan Pablo di chiudere in bellezza la stagione con una gran bella vittoria ad Interlagos, conquistata con un altro gran bel sorpasso dei suoi, stavolta su Raikkonen, prossimo compagno di squadra, all'uscita dai box. Il miglior modo per salutare il team che l'ha lanciato nel Circus e per presentarsi ai prossimi datori di lavoro. Arriva il 2005 e le aspettative sono sempre alte, la McLaren si è rivelata piuttosto veloce nei test e ci si augura che le modifiche regolamentari abbiano equilibrato la situazione. In effetti è così, nelle prime gare regna l'equilibrio, la Ferrari torna terrestre e Juan riesce a stare davanti a un pur sfortunato Kimi nei primi due gp. Poi accade l'episodio che cambia la considerazione nel team e la storia della carriera di Montoya in F1: si infortuna ad una spalla e salta due gran premi. Al suo rientro, non ancora al 100%, annaspa, mentre Raikkonen vince due gare e diventa l'uomo di punta su cui la McLaren scommette per fronteggiare il grande favorito di stagione, Alonso su Renault. Torna a respirare l'aria del podio in Canada dove però tutto è compromesso dall'uscita dai box con semaforo rosso. Il mio morale è sotto i tacchi, l'avvio dell'avventura in McLaren si è rivelato finora un vero flop, e la sfortuna sembra non voler abbandonare il mio mito. Poi arriva Silverstone. La terza piazza da cui si muove allo start mi ispira fiducia, sento che può essere finalmente il giorno buono per togliersi una soddisfazione con la McLaren. Ed in effetti con una gran partenza liquida Button e soprattutto Alonso con gran decisione. La battaglia con lo spagnolo è serrata, ma Juan si difende con grinta e autorevolezza e coglie una vittoria che mi fa tirare un bel sospiro di sollievo. Comincia una seconda parte di stagione abbastanza positiva, caratterizzata da diversi podi, da altre due vittorie (Monza e Interlagos) ma anche da qualche incomprensione di troppo coi doppiati (Monteiro in Turchia, Pizzonia a Spa) e con Villeneuve a Suzuka che gli costano il terzo posto nel mondiale, strappatogli da Schumacher, favorito in tal senso dal pasticcio Michelin di Indy. Si chiude così una stagione piena di spine in cui però non viene meno la fiducia che nutro sulla competitività  del mio idolo. Proprio per questo mi delude la mossa con cui la McLaren, così come aveva fatto due anni prima proprio con Juan Pablo, decide di ingaggiare Alonso per il 2007 annunciandolo a fine 2005. Lo percepisco come un segnale di sfiducia nei confronti del colombiano, dal momento che uno come Alonso (in quel momento campione del mondo in carica) non si sposta certo per venire a fare il n°2. Nel frattempo si susseguono le voci su un probabile ritiro di Schumacher a fine 2006, con possibile approdo di Raikkonen al suo posto nel 2007 in Ferrari. Non fa una grinza, Kimi è un pilota molto più razionale rispetto al caliente Pablo ed è decisamente più adatto a sostituire il Kaiser sulla rossa. Facendomi due conti, storco un po' il naso: la prospettiva è quella di restare in McLaren a fare il secondo di Alonso, oppure andare in Renault. Nonostante la competitività  del team francese, non sono convinto. Sono più che altro deluso dall'evoluzione del rapporto di Juan Pablo con il team anglo-tedesco, dal quale mi aspettavo chances iridate. Ma intanto c'è da disputare il mondiale 2006, e non ho il minimo sentore di ciò che accadrà  a metà  stagione. La McLaren si rivela sin dalla prima gara la terza vettura del lotto. La situazione è deprimente: Juan può puntare al podio solo grazie alle disgrazie altrui, e lo conquista ad Imola e Monaco, ma per il resto sparisce dai radar che contano, e rispetto all'anno prima subisce maggiormente la leadership di Raikkonen all'interno del team. Tutto sommato, però, resto fiducioso. Sono stato abituato a momenti ben più deprimenti, sotto il profilo della competitività , ai tempi di Alesi, e prima o poi arriverà  il riscatto. Altroché. Ad Indy Juan combina un pasticcio e innesca un incidente a catena che fa terminare la sua gara e, tra gli altri, anche quella di Kimi. Ma il “peggioâ€, almeno per me, deve ancora venire. Una settimana dopo esce la notizia che mai avrei potuto prevedere: Juan firma con Ganassi per correre, non in Indycar come avrei potuto anche capire e forse accettare, ma in NASCAR!!! Oltre al danno la beffa: chiude anticipatamente il rapporto con la McLaren quindi non potrò neanche “godermelo†per gli ultimi mes. Dal punto di vista umano, comprendo che lascia un ambiente che non lo ha mai rappresentato per tornare da un amico fidato, con cui ha già  vinto, e soprattutto per stare vicino alla sua famiglia. Ma dal punto di vista sportivo, che è quello che egoisticamente privilegio, se non è un lutto o un dramma poco ci manca. Odio le corse americane e quelle NASCAR in particolar modo. Sarei anche disposto, vista l'irrefrenabile passione per Juan, a seguirlo nella nuova avventura, ma in Italia ho pochi mezzi per poterlo fare.

Modificato da Enrico88
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Capitolo 4: Dal doloroso oblio alla grande emozione per l'insperato ritorno

Tra il web e Autosprint cerco di aggiornarmi frequentemente. Gioisco per i successi a Daytona, per il suo primo successo in NASCAR, ma tutto ciò avviene a fatto compiuto, perché lo apprendo dai giornali, e non lo vivo in prima persona come ai tempi della F1: decisamente, non è la stessa cosa. Continuo a seguire la F1 con discreta passione per altri due anni, mi colpisce positivamente Hamilton ma no, non riesco più a tifare per nessuno. Col passare del tempo riconoscerò ad Alonso il ruolo di miglior pilota in circolazione, tiferò per lui nei duelli con Vettel, ma sempre con un certo distacco. E a partire dal 2009, coi continui cambi di regolamento, comincerà  un graduale distacco dalla categoria. Nel frattempo provo ogni tanto a seguire in streaming qualche gara NASCAR, ma niente da fare: incomprensibili e irritanti. I risultati di Juan poi non aiutano. Mi brucia davvero che quello che consideravo un potenziale campione del mondo in F1 si sia ridotto a chiudere oltre la ventesima posizione in classifica generale in un campionato che peraltro non sopporto. L'ottavo posto del 2009 è un fuoco di paglia che non trova conferma negli anni successivi. Ma Juan è sempre Juan, e in un modo o nell'altro cerco sempre di informarmi su di lui. La storia potrebbe finire qui, con un epilogo se vogliamo spento e triste: ho perso le tracce del mito che durante l'adolescenza mi ha regalato le migliori emozioni. E invece no. La storia ricomincia nella tarda serata del 4 agosto 2013. Disteso sul divano di casa, a un certo punto facendo zapping mi imbatto in una gara di Indycar (Mid-Ohio). Non ho mai seguito sul serio questa categoria. Ma gli elementi di interesse non mancano. Sono monoposto, a differenza della NASCAR, e non corrono soltanto sugli ovali. Rivedo alcuni piloti che avevo incrociato in F1 (Bourdais, Sato, Wilson), più altri protagonisti che, tra i racconti di Zanardi e le comparsate su Autosprint, avevo imparato a conoscere nei primi anni 2000, gli stessi della mia grande passione per Montoya (si tratta di Castroneves, Kanaan, Franchitti). Riconosco le livree di team storici come Ganassi e Penske. Mi godo tutto sommato un discreto spettacolo, che si conclude con gli sconosciuti Kimball e Pagenaud al primo e secondo posto. Soprattutto, durante il commento degli altrettanto sconosciuti Discenza e Galbiati, sento pronunciare una frase che risveglia in me sensazioni particolari. Si dice che Montoya stia valutando un ritorno in Indycar, che alcuni manager come Andretti potrebbero dargli un'opportunità , che ne potrebbe beneficiare la popolarità  della categoria. Comincio a cavalcare la dritta cercando conferme sul web nelle settimane successive. E le trovo. Si dice un po' di tutto. Si dice che Juan non rinnoverà  con Ganassi. Si dice che l'accordo con Andretti sia ad un passo. Si dice che Juan voglia tornare a competere per la vittoria, e non è da escludere che resti in NASCAR qualora riceva l'offerta di un team di prima fascia. Si parla addirittura di una possibilità  in F1 in Lotus, in sostituzione di Raikkonen destinato alla Ferrari. Ho sperato come un dannato per anni di rivedere Juan in F1, persino in Toro Rosso, adesso che ormai ho riposto nel cassetto questo sogno ecco che si vocifera addirittura dell'approdo nel terzo team più competitivo del circus. Non voglio, in realtà , farmi false illusioni e cullarmi più del dovuto. Per fortuna la svolta avviene in tempi rapidi. A metà  settembre Juan firma con Penske. Sono soddisfatto. Si tratta di un team di prima fascia dell'Indycar, avrei preferito rivederlo in F1 per tornare a seguirlo da molto vicino ma quel che conta è che torni in monoposto, e visto che l'Indycar la trasmette Sky, nonostante gli orari non sempre proponibili, si può ricominciare a vivere un'avventura, si spera proficua. La competitività  di Juan, che non guida una monoposto da sette anni, è tutta da dimostrare, e lui stesso lo conferma nelle prime abbottonate dichiarazioni, in cui lascia però trasparire un certo entusiasmo. Metto già  in preventivo che potrei andare incontro a delusioni, ma vedo in questo ritorno una sorta di seconda opportunità  che la vita mi da per emozionarmi di fronte al mio mito più grande. Inevitabilmente comincio a informarmi sull'Indycar, sulle sue regole, sul valore degli avversari, seguendo lo scontro finale del 2013 tra Dixon e Castroneves. Divoro ogni minima indiscrezione sui tempi nei test, ogni intervista, ogni segnale di vita di Juan sulla Dallara del team Penske. E finalmente arriva St. Petersburg. La gara è deludente ma rivederlo in pista e tifarlo nuovamente fa un certo effetto. L'effetto di sempre. Quando a Long Beach Newgarden e Hunter-Reay la fanno grossa eliminando mezzo parco vetture dalla gara esulto, cinicamente, come un ossesso, e brindo al buon 4° posto del mio idolo. Quando a Barber in una gara bagnata Montoya torna competitivo mostrando la sua abilità  nei sorpassi e un ritmo gara incoraggiante in ottica podio, sento già  che, in qualche modo, “è tornatoâ€. E pazienza se poi finisce la gara insabbiandosi. Grazie a questa “seconda chance†ho l'opportunità  di vedere per la prima volta la 500 miglia di Indianapolis, la seconda gara su un ovale che vedo, dopo Lausitzring 2001 (trasmessa ai tempi su Italia1). Me ne innamoro immediatamente, e al confronto le contemporanee gare di F1, per spettacolarità , ne escono ampiamente stracciate. Juan tra l'altro fa una bella gara e chiude quinto, progredendo in classifica grazie al punteggio doppio conseguito. Nelle successive gare alterna prove anonime a grandi acuti, dimostrando una gran competitività  sugli ovali (terzo a Fort Worth) e tornando sul podio in un circuito cittadino (Houston). A Pocono, poi, nella seconda 500 miglia stagionale che assegna punteggio doppio, vince alla grande e si rimette in corsa per il titolo. In lotta per il titolo al primo anno dopo sette di “astinenza†da monoposto: mi sembra di sognare, e riassaporo anche la gioia di una sua vittoria a 9 anni di distanza dall'ultima volta (Interlagos 2005). Scusate se è poco. Nelle gare successive è poco concreto e fortunato, ed esce dalla lotta per il primato. Con un buon finale di stagione riesce però a chiudere quarto nella generale. Sono più che soddisfatto. E mi auguro che nel 2015 possa puntare più in alto, pur temendo e rispettando i numerosi avversari di spessore presenti in Indycar, Power su tutti.

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