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Ayrton Senna


Luke36

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"Ricordo l'ultima sessione di prove del GP d’Italia '85 a Monza. Piquet con la Brabham-Bmw ci aveva staccati di parecchio, se non ricordo male direi di oltre un secondo e mezzo sul giro. Noi mancavamo decisamente di velocità di punta, Ayrton uscì col suo primo set di gomme da qualifica, poi scese dalla macchina e prese la piantina del circuito spiegandomi: 'Adesso torno fuori e in questa curva recupero un decimo, in quest’altra due, qui uno e mezzo...' Alla fine fece la somma e trovò che avrebbe migliorato, se avesse guidato realmente così, quanto bastava per la pole. Rimontò in macchina e ottenne il miglior tempo. Una cosa impressionante e indimenticabile perché fu programmata! Persino Dudot della Renault ne rimase sconcertato e impressionato, soprattutto dopo il successivo resoconto che gli fece Ayrton, riferendogli con rapidità sconvolgente i dati che aveva letto sul suo cruscotto, anche quelli più complessi, come la temperatura dello scarico, quella dell’olio e così via. Tutti dati poi confermati dalla telemetria; e questo in un giro veloce, in quel giro veloce!"

(Gerard Ducarouge, in "Senna vero", di Carlo Cavicchi)

© Getty images Paul-Henri Cahier

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Il 1/5/2019 at 15:51 , 902FM ha scritto:

Ecco la staordinaria del Corriere dello Sport del 2 maggio 1994 dopo la tragedia di Senna.....

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Se fosse successo ventiquattro anni prima, quello stesso giornale avrebbe scritto qualcosa come 'Si è ucciso Senna' ... Cambiano i direttori, passano gli anni e cambia il modo di pensare ...

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  • 3 weeks later...
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Giusto ieri mi sono imbattuto in questo video:

 

E il giorno prima in questo:

 

 

Credo che tutti ricordiamo le battaglie nel trienno 1988-1990 tra il Francese e il Brasiliano, e tra quest'ultimo e l'Inglese nel biennio 1991-1992.

Tuttavia, ci sono anche episodi precedenti, come quelli che ho postato.

 

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Il 1/5/2015 at 17:13 , Enrico88 ha scritto:

Due anni fa in onore di Ayrton Senna ho scritto un breve racconto in cui, in un mix tra immaginazione e fatti realmente accaduti, ho provato a ricostruire quella che sarebbe potuta essere la prosecuzione della sua carriera se quel maledetto giorno fosse sopravvissuto all'incidente. Ho inviato il racconto alla redazione di "Derapate" che - oltre a modificare il finale che avevo ideato - l'ha diviso in due parti e pubblicato, riproponendolo ogni 1° maggio. Faccio parte da pochi mesi di questo forum e vista la qualità  dei contenuti e la competenza degli interventi ho il piacere di condividere con voi la versione originale (e quindi per certi versi inedita :D), auspicando di generare un dibattito e augurandomi di non essere troppo invadente, a causa della sua lunghezza.

 

Cronaca di un sogno

di Enrico88

 

“1 maggio 1994, ore 14.17. Ayrton Senna ha da poco tagliato il traguardo del 7° giro del Gran Premio di San Marino. Il brasiliano della Williams si trova in testa, braccato da Schumacher sulla Benetton che segue a soli sei decimi. Improvvisamente la Williams ha uno scarto che provoca l’uscita di pista di Ayrton al Tamburello. L’impatto col celebre muro sul quale hanno impattato in passato anche Piquet, Berger e Patrese è inevitabile. E violento. Senna rimane per qualche interminabile secondo immobile dentro la vettura. Poi muove leggermente il capo. E’ sotto shock, ma fortunatamente non è nulla di grave. Frammenti del braccio di una sospensione lo hanno colpito violentemente sul casco ma non hanno provocato alcun trauma. Viene portato in ambulanza al vicino ospedale di Bologna dove riprende conoscenza, viene tenuto a riposo e sotto osservazione per la notte, e dimesso l’indomani mattina, davanti ad una folla di fans festanti assiepati per salutarlo.

Il gran premio è stato vinto da Schumacher che con la sorprendente Benetton comanda la classifica del mondiale con 30 punti. Ma prima di pensare alle prospettive di rimonta iridata la priorità  è la sicurezza. La tragica di morte di Ratzenberger e gli altri incidenti del week-end hanno mostrato quanto sia ormai stato superato il limite dell’esasperazione aerodinamica, e lo stesso Ayrton, che aveva già  criticato la guidabilità  della sua Williams, la sicurezza delle vetture e del circuito romagnolo, organizza una riunione coi piloti, con partecipazione allargata a team principals e membri della federazione. Vengono così studiate delle modifiche ai circuiti considerati più pericolosi, viene cambiato il regolamento tecnico per la stagione successiva in modo tale da limitare la fragilità  delle monoposto e diminuire la velocità .

Adesso si può tornare a pensare alle corse, pur essendo impossibile mettersi alle spalle una tragedia come quella di Ratzenberger. Il successivo Gp si disputa a Montecarlo, pista di cui Senna è maestro. Ottiene la sua quarta pole ed in gara riesce finalmente ad arrivare al traguardo, battendo un arrembante Schumacher, che non concede nulla e vuole giocarsi fino in fondo le sue chances di titolo, forte di un inizio di stagione straripante. Per il tedesco però non saranno tutte rose e fiori. La rinascita della Williams, a cui basta ritrovare l’affidabilità  (al resto ci pensa Senna, nonostante la vettura non sia su tutti i circuiti più competitiva della Benetton), unita ad alcune irregolarità  tecniche della vettura che compromettono un paio di gare di Schumacher, determinano la grande rimonta del brasiliano che arriva all’ultimo appuntamento di Adelaide in testa al mondiale. Per far suo il quarto titolo e raggiungere Prost nella graduatoria all time deve semplicemente arrivare davanti al tedesco, che però parte meglio e conduce la prima parte della gara. Come tradizione vuole, Senna chiude la partita mondiale con uno scontro: quello scontro che gli costò il mondiale nel 1989, ma che lo incoronò nel 1990, si rivela anche stavolta risolutore per il pilota della Williams. Succede infatti che Schumacher a metà  gara, pressato da Senna, commette un errore che permette al brasiliano di infilarsi in una stretta curva del tortuoso circuito australiano. Schumy non ci sta e chiude la porta, ma il risultato è un patatrac che determina il ritiro di entrambe le vetture, e che consegna l’alloro ad Ayrton. In questo 1994 è scoppiata una rivalità  che era già  maturata negli anni precedenti, i primi in Formula 1 per il tedesco. Al di là  di qualche dichiarazione al vetriolo, comunque, la questione relativa alla manovra di Schumacher viene archiviata frettolosamente da Senna, forte del mondiale conquistato.

Ayrton però non può dormire sonni tranquilli. Il suo prossimo obiettivo, da inseguire nella stagione 1995, è il quinto titolo mondiale, che in un colpo solo gli permetterebbe di raggiungere il recordman Fangio, e di scavalcare il rivale di sempre Prost. Ma l’intento è ostacolato dalla sempre più crescente ambizione della Benetton che può contare non solo sul talento di Michael Schumacher, ma anche sulla sapiente gestione tecnica di Flavio Briatore, capace durante l’anno precedente di strappare un contratto alla Renault, che dal 1995 sostituirà  la Ford nella fornitura dei motori. Niente più trattamento d’elite riservato alla Williams, dunque, che sulla motorizzazione francese ci ha costruito buona parte dei successi degli ultimi tre anni.

I valori in campo si ribaltano: la Benetton, progettata da un genio come Rory Byrne ha ormai superato, anche se non di molto, la competitività  della Williams di un Newey ormai concentrato sulla prossima sfida che lo attende alla McLaren. Senna si comporta con professionalità  estrema pur lavorando da separato in casa, un paradosso se si considera che stiamo parlando del campione del mondo in carica oltre che di uno dei più grandi piloti della storia ed ancora indiscutibilmente il migliore in attività . Succede infatti che la Williams ha mal digerito le critiche del brasiliano alla vettura dell’anno precedente e la sofferta vittoria del mondiale ha soltanto fatto accettare ad entrambi le parti la prospettiva di lavorare assieme per un altro anno. Senna, abituato alle coccole di casa McLaren, una volta chiuso il conto statistico con la sua ossessione Prost, col quale sono comunque diventati ormai amici, strizza l’occhio da tempo alla Ferrari, dove troverebbe un ambiente che lo venererebbe come un re e dove intende andare alla caccia del duplice obiettivo di diventare il pilota più vincente della storia della Formula 1 e, allo stesso tempo, di riportare al vertice il cavallino, che aspetta un titolo piloti dai tempi di Scheckter (1979).

Il 1995 si rivela dunque un anno difficile. La Williams è ancora competitiva e Senna porta a casa diverse gare, superando il record generale di Prost fermo a 51, ma non basta per fermare lo scatenato Schumacher che porta a casa il titolo con due gare d’anticipo. Ci si concentra dunque maggiormente su quello che succede fuori dalle piste, e nella fattispecie in sede contrattuale. In estate arriva l’annuncio che tutti aspettavano. Il lungo corteggiamento della Ferrari, rinvigorito dal lavoro del nuovo manager Jean Todt (che nel frattempo ha restituito una buona competitività  al team, tornato a vincere Gp con Alesi e Berger), si conclude finalmente col contratto firmato a Maranello dal brasiliano, che si lega con la scuderia italiana per le successive quattro stagioni, con uno stipendio da sogno. Rimane a fargli nuovamente da scudiero Berger, con cui riforma la coppia già  positivamente sperimentata in McLaren nei primi anni ’90. Alesi fa le valigie e sentendosi tradito sbatte la porta con dichiarazioni polemiche prima di trasferirsi alla Williams, la stessa Williams con cui aveva firmato un pre-contratto prima di passare alla Ferrari nel 1991. Il team di sir Frank vuole infatti dimostrare di poter vincere un titolo contando più sulla forza della propria vettura che del pilota; tuttavia, non pienamente convinto di promuovere prima guida quel Damon Hill giunto terzo nei due campionati precedenti, preferisce ingaggiare un pilota sicuramente competitivo (anche se non un campionissimo) come il francese, e rimandare il debutto in Formula 1 del campione uscente della Formula Cart Jacques Villeneuve, figlio dell’indimenticato Gilles, bloccato per l’anno successivo. E il campione del mondo? Schumacher è alle prese con la serrata corte della Mercedes, che dopo averlo allevato nella categoria Sport Prototipi, vuole riportare alla base il talento di casa. La McLaren però nella stagione 1995 non si è ancora mostrata competitiva, avendo racimolato solo qualche podio con Hakkinen e avendo spinto un big come Nigel Mansell al ritiro. Così il giovane kaiser decide di difendere il proprio n°1 nel team che l’ha consacrato, sebbene quest’ultimo si trovi in fase di smobilitazione. Il progetto di rivoluzione e rilancio della Ferrari, infatti, promosso da Jean Todt, prevede, dopo l’ingaggio del miglior pilota, quello dei migliori tecnici in circolazione. Deluso da Barnard, il francese pensa prepotentemente alla coppia Brawn-Byrne che ha fatto faville in Benetton, e con loro trova l’accordo per il 1997. Il 1996 si configura quindi come un anno di transizione, in cui Senna presumibilmente non potrà  lottare per il mondiale, ma in cui sarà  comunque chiamato a far crescere vettura e team.

Come previsto è la Williams a dominare il campionato, forte dell’involuzione tecnica della Benetton e della crescita non ancora ultimata della Ferrari. Hill si dimostra ancora una volta un pilota costante, affidabile, ma non velocissimo. Lotta per tutto l’anno col compagno Alesi, più veloce in quasi tutte le piste ma non altrettanto regolare. Nonostante qualche incidente e qualche rottura di troppo, il francese, forte dell’assenza di ordini di scuderia, con un finale di stagione grintoso riesce a rimontare il distacco che lo separava dal britannico e, vincendo un emozionante ma corretto duello nell’ultima gara a Suzuka, si aggiudica incredulo il suo primo ed unico titolo. I ferraristi, che hanno amato tanto Jean, non possono avere però troppi rimpianti. Con Senna infatti il salto di qualità  è stato evidente, ed il brasiliano si è costantemente giocato con la Benetton di Schumy i posti lasciati liberi dalle defaillance della Williams, riuscendo a vincere 3 Gp ed arrivando terzo in classifica generale, proprio davanti al tedesco.

Il 1997 vive del duello tra Senna e le Williams, una sorta di vendetta gustata a freddo dal pilota brasiliano. La Williams è ancora la vettura più veloce del lotto ma adesso non c’è più Hill ed il debuttante Villeneuve si dimostra un pilota tosto, all’altezza del nome che porta, ridimensionando la stella del campione del mondo Alesi. Il team inglese non fa ordini di scuderia e ne approfitta proprio Ayrton, alla guida di una Ferrari ormai progredita al ruolo di seconda vettura più competitiva, che con classe e regolarità  lotta per il titolo tutta la stagione e si laurea campione del mondo con una gara d’anticipo rispetto all’ultimo appuntamento di Jerez, dove Villeneuve batte Alesi e Schumacher nella lotta per il secondo posto in classifica. Ayrton raggiunge dunque Fangio a quota 5 titoli, e riporta l’iride a Maranello dopo 18 anni. Il brasiliano dichiara di volersi ritirare al termine del contratto con la Ferrari. Ha dunque due stagioni a disposizione per inseguire l’ultimo obiettivo: vincere il sesto titolo e diventare il pilota più vincente della storia di questo sport.

La stagione 1997 ha però dimostrato come i valori in campo si siano livellati. Ottime vetture come Benetton e Ferrari forti dei migliori piloti in circolazione, Schumacher e Senna, hanno tenuto testa allo strapotere della Williams, che ha vinto per il sesto anno consecutivo il titolo costruttori. Ma Benetton e Williams per la stagione 1998 devono scontrarsi con un grosso problema: il ritiro della Renault, che li costringerà  a correre con motori revisionati da una società  privata gestita dall’onnipresente Briatore. Nel frattempo durante la stagione si sono messe in evidenza le McLaren, tornate al successo con Hakkinen, e così i tempi si rivelano maturi per il salto di Schumacher nel team anglo-tedesco, al posto della giovane promessa Coulthard.

La mossa si rivelerà  azzeccata: il 1998 vive infatti del duello tra McLaren e Ferrari, che non si vedeva dal lontano 1990, a parti invertite (allora Senna correva con la McLaren), mentre la Williams funge da comprimaria con Villeneuve e il neo-ingaggiato Frentzen, con la Benetton inghiottita a metà  gruppo, sopravanzata dalla sorprendente Jordan guidata dal redivivo Hill. Le frecce d’argento si fanno forti delle gomme Bridgestone, più performanti delle Goodyear che montano le vetture di Maranello e che a fine stagione lasceranno la Formula 1. La Ferrari è ormai però una vettura di vertice e permette a Senna di battagliare con Schumy su tutte le piste. Il secondo pilota della McLaren, Hakkinen, si dimostra però ben più competitivo di Irvine, ingaggiato dalla Ferrari per sopperire al ritiro di Berger. E così Senna non può far altro che inchinarsi allo strapotere dell’accoppiata Schumacher-McLaren Mercedes, che si aggiudicano titolo piloti e costruttori. Per il pilota tedesco è il secondo mondiale.

Si avvicina dunque l’ultimo anno di Senna in Ferrari e presumibilmente in Formula 1. Il pluri-iridato è ormai un’icona della rossa ed i tifosi lo idolatrano a tal punto da organizzare sit-in per convincerlo a restare e per convincere Jean Todt a non sostituirlo a fine stagione con l’odiato rivale Schumacher, come rumours di giornale sussurrano. Ma Senna ha ormai 39 anni ed altri progetti. Vuole onorare il contratto con la Ferrari ed andare a caccia dello storico sesto titolo, ma intende poi smettere. E la Ferrari non può restare ferma. Per restare competitiva ai massimi livelli, deve completare il puzzle ormai sapientemente messo insieme da Todt col pilota di punta. Ed il pilota di punta, in assenza di Senna, è senza dubbio Schumacher, peraltro allettato dall’idea di sostituire il suo grande rivale sulla vettura più amata e conosciuta al mondo. Dal canto suo la McLaren si mostra presuntuosa come la Williams di qualche anno prima. Dennis e soci ritengono la competitività  della propria vettura talmente forte da poter rinunciare al kaiser e d’altronde il fedele Hakkinen si è mostrato negli anni un pilota solidissimo. Così viene raggiunto un accordo e dietro pagamento di una penale la McLaren libera Schumy per la Ferrari per l’anno successivo. Ma intanto c’è da disputare il campionato 1999.

I valori in campo sono, più o meno, gli stessi dell’anno precedente. Benetton e Williams sono ormai declassate al ruolo di outsiders e puntano su giovani leve come l’italiano Fisichella e Ralf Schumacher, fratello di Michael, mentre Villeneuve è sprofondato a fine gruppo per sposare il progetto della neonata B.A.R (va un po’ meglio ad Alesi, caduto nel dimenticatoio ma alla guida di una più competitiva Sauber). Frentzen, invece, passato alla Jordan, fa faville con quella che ormai è diventata la terza vettura del gruppo, e si mette sempre più in luce il migliore amico rimasto nel circus a Senna, il connazionale Barrichello, alla guida della Stewart. Ma a comandare gare e classifiche e lasciare agli avversari solo le briciole, come l’anno precedente, sono sempre loro: Ferrari e McLaren. La scuderia italiana però ha recuperato il gap della stagione precedente, forte della fornitura unica di gomme che assicura a tutti i team le Bridgestone. Questo consente un miglioramento delle prestazioni del sin qui deludente Irvine, peraltro inviso da tempo allo stesso Senna, che l’ha accettato in squadra solo perché meno competitivo. Come nella stagione 1997, Senna approfitta della sostanziale parità  gerarchica tra i piloti della squadra avversaria. Allora era la Williams, con Villeneuve ed Alesi, adesso è la McLaren. Schumacher non è più la star appena ingaggiata della stagione precedente, e considerando il contratto con la Ferrari per la stagione successiva il team anglo-tedesco fornisce un mal-celato appoggio al cocco di casa Hakkinen, che a sorpresa vince diverse gare ed entra in lotta per il titolo. Schumacher però con classe risponde colpo su colpo, ed all’ultimo appuntamento dell’anno rimane l’unico matematicamente in corsa per contrastare il primato che Senna ha costruito nell’arco della stagione. Ancora una volta a Suzuka si decide il destino del campionato. La gara però trasmette poco pathos, il tedesco parte male e Senna comanda dall’inizio alla fine portando a casa vittoria e mondiale, ed entrando più che mai nella storia. La Ferrari invece manca ancora una volta il titolo costruttori. Ci proverà  l’anno successivo con Schumacher e con l’altro nuovo pilota Barrichello, ingaggiato per sostituire Irvine, e in un certo senso raccomandato dall’uscente Senna, con il quale la Ferrari mantiene un rapporto di collaborazione per sfruttarne l’immagine nei rapporti commerciali.

Durante la conferenza stampa che doveva sancire l’addio definitivo alle corse del pilota brasiliano, ecco però la confessione shock, tenuta nascosta da mesi: «correrò ancora, correrò per un altro anno, nel 2000. Ho scroccato troppi piatti di pasta a Giancarlo Minardi che neanche una stagione forse servirà  a ripagarli. Scherzi a parte, questa mia ultima stagione fa parte di un progetto che ho deciso di far partire insieme a mia sorella Viviane, una Fondazione senza scopo di lucro che permetta ai ragazzi brasiliani meno fortunati di istruirsi e formarsi. E’ già  da diversi anni che opero nel settore della beneficenza ma non ho mai voluto farmi pubblicità  per questo, adesso però che la mia carriera da professionista è finita intendo spendere il mio nome e spendermi in prima persona, ed ho trovato nell’amico di lunga data Giancarlo un’ottima sponda per quest’iniziativa. Non percepirò alcun ingaggio ed in cambio la Fondazione Senna sarà  il main sponsor della squadra. Naturalmente, anche se corro con una vettura da ultime file dello schieramento, intendo comunque farlo con serietà  e competenza per aiutare lo sviluppo della vettura e del team.» La notizia fa esplodere un fragoroso applauso da parte della sala stampa e si diffonde in tutto il mondo grazie alla potenza dei nuovi mezzi di comunicazione, internet in testa. Senna ormai è la star incontrastata di questo sport, ha battuto tutti i record, da quello delle pole a quello delle vittorie passando per quello dei titoli mondiali, e un’iniziativa del genere non può che avere un enorme successo, tanto sociale quanto economico. Come promesso durante la conferenza stampa, Senna non sta con le mani in mano e lotta come un leone in tutti i week-end di gara. Certo, per la prima volta, in certi circuiti, deve subire l’onta del doppiaggio, a cui non era abituato, ma nelle piste che più gli si addicono e nei gran premi sotto la pioggia dimostra tutta la sua classe portando a casa piazzamenti a punti che rappresentano oro per le casse e per la sopravvivenza della Minardi. Paradossale la sfida che si viene a creare fra lui e le Prost in diversi gran premi: il rivale storico infatti da qualche anno ha rilevato la Ligier, e proprio nel 2000 ha affidato la propria vettura ad un altro vecchio rivale di Senna, Jean Alesi. Anche se si battaglia per la dodicesima posizione e le livree non sono più quelle biancorosse della McLaren sponsorizzata Marlboro, chiudendo gli occhi per qualche secondo agli appassionati sembra di rivivere memorabili ricordi.

Nel frattempo Schumacher vince il titolo in Ferrari al debutto, portandosi così a quota 3, e cominciando a progettare una rimonta nei confronti del brasiliano. La Ferrari, forte delle buone prestazioni di Barrichello, porta a casa anche il titolo costruttori, mentre la McLaren si conferma squadra di vertice piazzandosi col sempre più affermato Hakkinen a pochi punti di distanza dal tedesco. Ma Senna ormai è estraneo a questa sfida. Dopo aver conquistato e commosso, una volta di più con quest’ultima stagione, il pubblico della Formula 1, tiene fede alla decisione di ritirarsi a 40 anni, declinando gentilmente le proposte di diversi team (la più romantica, quella della McLaren, che intendeva farlo ritornare dopo 8 anni per contrastare l’accoppiata Schumacher-Ferrari). Ayrton ha ormai la testa altrove, nel suo buen retiro brasiliano, in quella famiglia che ormai ha messo su da diversi anni, e in questo ambizioso progetto di solidarietà  su cui ha basato la propria Fondazione e la propria attività  da qui agli anni a venire. La Formula 1 può aspettare. Per sempre. Forse.â€

Rileggendo questo mio scritto a distanza di 7 anni mi rendo conto di alcune cose che non vanno, dovute al fatto che adattai l'ipotetico proseguo di carriera di Ayrton agli eventi storici realmente accaduti, quando sarebbe stato opportuno fare il contrario, cioè adattare la storia ad un'ipotetica permanenza del campione brasiliano. Quindi escluderei l'approdo di Brawn e Byrne - legati a doppio filo a Schumy - in Ferrari, così come l'ingaggio di Irvine come secondo pilota nel 1998, visti i precedenti burrascosi tra i due.

Ma di molte altre "previsioni" resto convinto:
- Nel 1994 e 1995 Ayrton e Schumy si sarebbero spartiti i mondiali (io ho previsto 1994 Senna e 1995 Schumacher, ma sarebbe stato verosimile anche il contrario).
- Il 1996 sarebbe stato l'anno buono per l'approdo di Senna in Ferrari: con Ayrton vivo Maranello non avrebbe cercato altri piloti per il rilancio. E Berger sarebbe stato il profilo adatto per affiancarlo, almeno inizialmente.
- Schumacher, in quel contesto, avrebbe prolungato il suo binomio con la Benetton, ma dopo un paio d'anni il suo sbocco naturale sarebbe stato la McLaren Mercedes. Ed è molto probabile che la Ferrari avrebbe fatto carte false per prenderlo una volta ritiratosi Ayrton. Così com'è verosimile che Schumy avrebbe ceduto alle sirene di Maranello.

Questi invece i nodi da sciogliere che restano:
- Quale sarebbe stato il destino di Alesi? Io ipotizzavo un suo passaggio alla Williams, ma non è da escludere del tutto che sir Frank avrebbe tentato comunque l'azzardo di affidarsi ad un outsider (quale sarebbe rimasto Hill con Ayrton compagno di squadra nel biennio precedente) ed una promessa (Villeneuve, oppure ancora quel Coulthard che non avrebbe avuto modo di esordire in precedenza). In quel caso Jean avrebbe potuto formare un dream team alla Benetton con Michael, visti i buoni rapporti, anche se il tedesco ha sempre imposto compagni di squadra di più basso lignaggio.

- A chi sarebbe andato dunque, il mondiale 1996? Schumy rimasto in Benetton, a mio parere, avrebbe dato più di un grattacapo alla Williams.
- Senna avrebbe potuto lottare per il mondiale in Ferrari? Non nel 1996, ma nel 1997 sì. La Rossa aveva intrapreso un percorso con Barnard, che si interruppe solo quell'anno (anche in virtù dell'intenzione di ricreare il cerchio magico della Benetton), e non c'è motivo di ritenere che col brasiliano i programmi sarebbero cambiati. La F310B, progettata da Barnard, consentì a Schumacher di giocarsela fino in fondo, per cui ritengo che anche Ayrton avrebbe potuto farlo.

- Chi avrebbe affiancato Senna dopo il ritiro di Berger? Un candidato forte sarebbe stato Barrichello, che sarebbe quindi arrivato a Maranello con un paio d'anni d'anticipo.
- Fino a quando Senna sarebbe rimasto competitivo? Prost lo è stato fino a 38 anni, certo ha avuto bisogno di un missile per vincere il mondiale, ma anche Ayrton avrebbe guidato se non la vettura più competitiva, una delle più veloci. Vista la sua professionalità e le motivazioni che (a mio parere) gli avrebbe dato la sfida con il fenomeno emergente Schumacher (un po' come successo ad Alonso con  i vari Hamilton e Vettel), avrebbe lottato per vincere fino alla fine, fino a quasi 40 anni.
- Ma quando avrebbe appeso il casco al chiodo, allora? Io ipotizzavo soltanto dopo l'aver raggiunto e superato Fangio. Ma probabilmente si sarebbe potuto anche "accontentare" di riportare l'iride a Maranello e, se non avesse avuto le opportune garanzie tecniche, avrebbe potuto anche mollare, a un certo punto (anche nel 1998 di fronte al dominio McLaren). Mi piace romanticamente pensare che avrebbe comunque mantenuto quella segreta promessa nei confronti della Minardi.

- Tirando le somme noto come, senza la tragedia del 1° maggio, molte carriere sarebbero cambiate. Di Alesi abbiamo già detto, ma ancor più rilevante quanto sarebbe potuto accadere a Hill, Villeneuve e Hakkinen, che avrebbero seriamente rischiato di ritrovarsi senza quei titoli mondiali di cui invece possono fregiarsi. Oppure Coulthard, che avrebbe potuto non avere quelle possibilità in team di prima fascia.

- Ma il tema più importante è quello della sicurezza. Senza la tragedia di Ayrton è verosimile che non si sarebbero fatti gli stessi passi da gigante in modo altrettanto rapido ed avremmo potuto assistere ad altri incidenti dalle gravi conseguenze. Ma come testimoniato dal comportamento di Senna nelle ore successive alla tragedia di Ratzenberger (con annessa riunione con Schumacher e altri piloti per approfondire il tema), sicuramente il brasiliano si sarebbe fatto portavoce di una campagna nei confronti della Federazione ed avrebbe contribuito ad un miglioramento generale.

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25 minuti fa, Enrico88 ha scritto:


- Nel 1994 e 1995 Ayrton e Schumy si sarebbero spartiti i mondiali (io ho previsto 1994 Senna e 1995 Schumacher, ma sarebbe stato verosimile anche il contrario).

semmai sarebbe stato possibile solo il contrario.

Ipotizzando il vantaggio di +30 post imola amministrabile, nel 1995 la Williams era un missile ben superiore alla Benetton, solo una stagione da Gianni& Pinotto dei piloti impedì di vincere il mondiale. Non dico che con Ayrton sarebbe stato un 1996, ma quasi. Pur con Schumi sulla Benetton, la superiorità del mezzo era troppa.

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  • 2 weeks later...

"Ho ammirato molto Gilles Villeneuve e, all'inizio, quando guidavo mi sentivo come lui. Poi mi sono reso conto che dovevo moderarmi e imparare prima di spingere forte. Era un mito, lo amavano ovunque andasse. Deve essere bello sentirsi così vicino alla gente".

Corriere dello Sport, giovedì 6 settembre 1990 pag. 12

"In pista, relativamente a quelli che ho potuto vedere direttamente, Villeneuve mi era piaciuto in modo fantastico. Probabilmente non era il migliore o il più produttivo nella chiave di un campionato, ma nella sua epoca quello che ha fatto vedere è stato bellissimo ed entusiasmante".

Libro "Senna vero" di Carlo Cavicchi (1992), pag. 56-57

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