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sundance76

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Contenuti inviati da sundance76

  1. Suggerimenti per Liberty Media. Ecco un progetto datato 1991-92:
  2. https://www.ilcittadinomb.it/news/cronaca/addio-al-giornalista-pier-attilio-trivulzio-il-suo-regno-era-lautodromo-di-monza/
  3. Fra l'altro proprio a Sebring partì il primo campionato mondiale Marche-Sport, esattamente 70 anni fa, nel marzo 1953.
  4. “The ultimate racers” – di Gary Wrigth, 1964. Siamo nel lontano futuro del 1992. Dieci anni prima era stato deciso di bandire dalle corse automobilistiche il “pilota uomo”, sostituito obbligatoriamente da un manichino comandato a distanza. Alcune vecchie Case erano riuscite a sopravvivere, altre no. Una di queste la Ferrari: “nessuna delle mie macchine subirà questa vergogna!” aveva proclamato Enzo Ferrari e, ritirate tutte le sue auto da corsa, le aveva distrutte, insieme alla fabbrica. Tutte, tranne una, avventurosamente salvata dal suo pilota. Così che negli anni successivi a contendersi la vittoria neI vari circuiti c’erano Lafitte, Apache, Lotus, Volga, Porsche,IBM-GM, Abarth, Honda, Conventry, GE-Ford… e lei, la Ferrari 400 GTS del 1981 (5 litri, V-10, 615 bhp, 350 kmh) e il suo pilota Eliot Ross (ca va sans dire!). Si stanno svolgendo le prove di una delle classiche più importanti, si rompe l’elettrocalamita del cambio e l’auto non può più essere comandata da remoto: la Ferrari è out ! O forse no….Eliot Ross deve prendere una decisione carica di drammatiche conseguenze…..
  5. "Benzina e cammina" è meglio ancora. Intanto è stato tradotto in italiano il libro che narra l'incredibile vicenda di "Williams", Benoist e Wimille, i tre "Grand Prix saboteurs" che operarono nella Resistenza francese contro i Nazisti. L'ho acquistato, ma non l'ho ancora letto. Di seguito le due copertine, quella inglese e quella, appena messa in vendita, italiana:
  6. Io spero sempre in una vittoria della Sauber marchiata Alfa Romeo.
  7. Per tutte le Russie! Il valoroso iberico portacolori dell'antico e blasonato marchio britannico sembra poter dire la sua in una contesa che si annuncia avvincente, iniziata tra le dune delle terre desertiche abitate da coloro che il grande poeta persiano Firdusi chiamava "mangiatori di lucertole".
  8. Ho aperto il topic e vedo che hai già scritto quello che volevo scrivere io. Tristezza, ma è la semplice verità.
  9. Ecco la registrazione della presentazione al Ruote Classiche Club Prato: https://www.facebook.com/ClubRuoteClassichePrato/videos/877618670115592
  10. AL TRAGUARDO COL TELAIO... "DIMEZZATO" Il circuito di Saint Jovite, che ospitò il secondo Gran Premio del Canada, era molto stretto e accidentato, sollecitava molto la trasmissione. Chris Amon andò molto bene, ma lui e la Ferrari furono di nuovo sfortunati. Stava guidando molto bene, la sua macchina andava forte; poi, al 72° giro, la trasmissione cedette, dopo che Amon aveva ottenuto un vantaggio di quasi un giro su tutti gli altri. Io stavo per raggiungere il quarto posto, quando iniziai a sentire un rumore sordo; ogni volta che acceleravo o cambiavo marcia, c'era un grande frastuono, e l'auto si comportava in modo molto strano. Non riuscivo a capirne la causa e quindi iniziai a guardare attorno a me, e a dare un'occhiata alle sospensioni. Abbassai lo specchietto per vedere la sospensione posteriore e, pensai, è un po' strano: vedevo il braccio che collegava la sospensione posteriore al fissaggio dell'ammortizzatore, ed ebbi la buona idea di cercare di ricordare quanta parte del braccio si vedesse in condizioni normali; sul lato sinistro, non si vedeva quasi per niente - il che significava che l'ammortizzatore era quasi completamente compresso mentre sull'altro lato poteva vedere quasi l'intero braccio. Semplicemente non aveva senso, e c'era sempre un terribile tintinnio con un'orribile vibrazione. La macchina scendeva lungo il rettilineo zigzagando, e ogni volta che passava su un dosso l'auto sembrava galleggiare in aria, con il volante che girava da solo. La situazione cominciò a diventare un po' sgradevole e lo zig-zag, le vibrazioni e il controllo del mezzo peggiorarono continuamente. Bene, pensai, è stupido, farei meglio a rientrare ai box e ad andare a controllare, ma ero molto riluttante a ritirarmi. Comunque, prevalse il buon senso e andai ai box. «C'è qualcosa di rotto nel posteriore», dissi loro. Girarono tutti attorno alla macchina, studiarono con attenzione la situazione, sollevando questo e poi quello. Tornarono da me, e mi dissero: «Per noi tutto bene, non c'è niente di rotto». Non dissi niente. Scesi dalla macchina e diedi anch'io un'occhiata e devo dire che non riuscii a vedere nulla. Va bene, pensai dentro di me, salgo di nuovo in macchina, la metto in funzione, e così potete lavorare sulla macchina. Avevano messo la macchina sul cric con le ruote sollevate, quindi, misi la marcia e feci girare il motore; come accelerai, anche il telaio si mosse. Appena tolsi gas il telaio ritornò nella sua posizione originale e ci fu un grande tintinnio, con molte vibrazioni. «Dannazione!» dissero tutti. «Guarda che roba!» - e tutti strabuzzarono gli occhi. Pensai, a quel punto, che avrei fatto meglio a darci un'occhiata anch'io. Ora, bisogna spiegare che in quella macchina il motore era portante, cioè faceva parte del telaio. C'era la zona della monoscocca dove mi sedevo, e che conteneva i serbatoi del carburante, mentre il motore era fissato direttamente sul posteriore della scocca con quattro bulloni, uno per ogni angolo; la sospensione posteriore era semplicemente agganciata alla parte posteriore del motore. Quindi, come ho già detto, il motore faceva davvero parte del telaio. Era dunque successo che i bulloni che fissavano i due angoli superiori si erano usurati, allentati, e poi rotti. Con solo due bulloni inferiori che tenevano unito l'intero insieme della macchina, era come se ci fosse una cerniera, e che l'auto, mentre acceleravo, si aprisse a metà. Mi sono spesso chiesto che cosa sarebbe successo se il motore fosse esploso, e se il tutto si fosse rotto - beh, ovviamente, non è accaduto - ma non avrei mai pensato che l'auto potesse piegarsi a metà. Iniziarono a spingerla via, ma li fermai e dissi: «Guardate, ora so cosa c'è che non va, torno in pista e vedo come fare». Fu infernale. Già prima avevo avuto uno o due momenti difficili; a quel punto , mi sembrò di essere seduto un po' più in basso del solito - cioè un po' più vicino al suolo - e di vedere tutto dal basso. Molto originale. Ma era esattamente quello che stava accadendo. Così sono ripartito, cambiando marcia e decelerando molto lentamente, in modo che l'auto non si spezzasse in due mentre ero a bordo. Cambiavo marcia solo quando dovevo farlo e non riuscivo nemmeno a frenare troppo forte. In curva era un po' strano, perché la metà anteriore dell'auto tendeva ad andare da una parte e la parte posteriore dall'altra. Ad ogni modo, si poteva guidare, iniziai ad avvicinarmi a Rodriguez, anche lui in difficoltà, davanti a me. Iniziai a metterlo sotto pressione sempre più duramente, e stavo per prenderlo - era al terzo posto ed io al quarto, in compagnia di Vic Elford. Mancavano solo tre giri alla fine, quando la guidabilità cominciò a peggiorare, pensai che rischiavo di non terminare la gara, quindi rallentai un po', e arrivai quarto. Fu davvero una grande fortuna poter tagliare il traguardo. E ottenni dei punti preziosi per il Campionato. (Graham Hill, "Una vita al limite", Ed. Mare Verticale)
  11. sundance76

    Ferrari

    QUEL "SIGNORE" IN 1100 Nel 1945, appena tornato da militare, ho fatto subito domanda alla Ferrari, che allora costruiva macchine utensili. Facevo conto sulla conoscenza di due caporeparto che tutte le volte mi dicevano di avere appoggiato la mia domanda e che ormai era questione di giorni. Dopo un anno mi sono stufato e allora ho agito di mia iniziativa. Facevo qualche lavoretto per un signore che aveva una "1100" Fiat. Allora di macchine ce n'erano poche in giro. Io non avevo neanche il motorino. Mi sono fatto prestare la "1100" e mi sono presentato al cancello della Ferrari, perché pensavo che uno in macchina non l'avrebbero cacciato via. E infatti mi hanno aperto. "Devo parlare con il Commendator Ferrari" - Va bene, adesso lo avverto, ma chi devo annunciare? "Fossati" Forse è stato preso in contropiede anche il Commendatore, perché non sapendo chi fossi e nel dubbio di cacciare via una persona in macchina, che magari era importante, mi ha ricevuto subito. "Commendatore, mi scusi, ma è un anno che ho fatto domanda, perché voglio venire a lavorare da lei. Ma è un anno che i suoi mi prendono in giro. Io vorrei sapere se avete intenzione di assumermi o no, in modo che mi sappia regolare". Feci una fatica terribile a dire queste cose davanti lui, col batticuore. Ma lui mi ascoltò, non disse nulla e mandò subito a chiamare Enzo Selmi, il capo del personale: - Portami la domanda di Fossati Erio. La guardò, la lesse e poi disse: - Va bene, domattina vai a fare il libretto di lavoro e le altre carte, poi vieni. Ecco, questa è la storia della mia assunzione alla Ferrari. Delle volte, scherzando, dico che sono stato raccomandato dallo stesso Commendatore. (Erio Fossati, da "Ferrari, che gente" di Franco Varisco e Gino Rancati)
  12. sundance76

    Alberto Ascari

    Arrivato ieri, è il primo libro dell'allora (1968) giovanissimo Cesare De Agostini, scomparso un anno fa.
  13. sundance76

    Ayrton Senna

    E' il 18 novembre 1993: a Ingolstadt Senna stringe accordi commerciali con l'Audi, e prova il posto guida dell'Auto Union Tipo D del 1938-39 con cui Nuvolari vinse i Gran Premi d'Italia, Donington e Belgrado (motore 3000 a 12 cilindri con compressore volumetrico, 485 cavalli).
  14. Ormai se ne stanno andando anche quelli degli anni '70-'80. E' la vita, ma è sempre dura: https://www.p300.it/addio-a-jean-pierre-jabouille-lex-pilota-francese-aveva-80-anni/
  15. A San Piero a Sieve è in programma la presentazione della nuova opera di Francesco Parigi dedicata alla Mille Miglia.
  16. L'evento dello scorso 21 gennaio organizzato dall'AISA - Associazione Italiana per la Storia dell'Automobile e dalla Scuderia Tazio Nuvolari Italia, a cui ho partecipato dopo aver contribuito alla selezione dei testi: https://mantovauno.it/cultura-e-spettacolo/i-testi-di-de-agostini-fanno-rivivere-le-storie-dal-fascino-senza-tempo-dellautomobilismo/
  17. LIEGI-SOFIA-LIEGI Cavallari racconta I rally... Mondo boia, ne sentivo parlare, ma non li vedevo, non li toccavo. Il Rally di Montecarlo, la Coppa delle Alpi, la Liegi-Roma-Liegi. Le leggende si sprecavano. - Hai presente la Mille Miglia? Peggio, molto peggio. Una sfida prima con sé stessi, poi con gli altri. Auto e uomini messi alla prova come in nessun'altra competizione automobilistica. In confronto, quelle che in Italia chiamano rally sono delle scampagnate. Il guanto di sfida mi fu lanciato più volte. Finché non arrivò il momento di accettarla. Mi iscrissi alla Liegi-Roma-Liegi 1960. Una maratona che manteneva il nome originario, ma in realtà non passava più da Roma, bensì da Sofia, in Bulgaria. Saltò fuori anche un appassionato disposto a seguirmi: Milani, un giovanotto benestante che poi fece il petroliere, finendo male. Immaginavo una gara estenuante, mi trovai di fronte un'impresa estrema. Figuriamoci, poi, se affrontata con una Giulietta come la mia, una metafora dell'auto da corsa. L'avventura durava dal 28 agosto al 5 settembre: 4654 chilometri in auto, ininterrottamente, senza dormire, saltando i pasti. Neanche il tempo per fermarsi a fare la pipì. La Giulietta stipata: due ruote di scorta, ricambi vari, valigie, Dalla Jugoslavia verso Sofia fu sofferenza pura. Strade che non erano neppure segnalate sulle cartine, le mulattiere dei Balcani. Pietre aguzze, nuvoloni di polvere, il volante che scappava dalle mani, massi che sfondavano, i pneumatici che si squarciavano. La Giulietta sembrava in balia degli eventi. La marmitta penzoloni, i freni finiti. Un calvario. Una corsa contro il tempo. In affanno costante. Al comando della corsa erano balzati i francesi Oreiller-Masoero con una Giulietta Ti ufficiale, preparata dall'italiana Conrero. Mantennero il comando fino all'ultima tappa italiana. Poi, verso la Jugoslavia, capitolarono. Prima passò la Citroen ID di Trauttmann-Coltelloni, anche due specialisti francesi di rally su lunga distanza. lo tiravo avanti da disperato. Se non altro, la costanza di marcia mi consentiva di arginare il divario. Circa a metà gara, la classifica era meno disastrosa del previsto: venticinquesimi, gli unici italiani rimasti in gara. I ritiri non si contavano più. Equipaggi finiti, auto distrutte. Avevo il morale sotto i tacchi. La Giulietta stava perdendo i pezzi. Quando entrammo nuovamente in Italia, la mia corsa era destinata a concludersi. Al Brennero, l'ancora di salvezza. Quella brava persona dell'avvocato veneziano Luigi Stochino, pioniere dei rally veri in Italia, era riuscito in extremis a convincere l'Alfa Romeo a darmi una mano. Alcuni meccanici e un furgone attrezzato arrivarono in soccorso. La Giulietta entrò in sala rianimazione. Ne uscì non dico pimpante, ma con una certa vitalità ritrovata. Ripartimmo fiduciosi. I passi alpini non finivano mai. Un tormento. Giù dal Tonale. La pianura, miraggio diventato realtà. Una realtà impietosa. Al controllo orario di Rovereto, in piena notte, arrivano con un ritardo di 15 minuti e 45 secondi. Fuori tempo massimo. Mi ritirarono la tabella di marcia. Era finita. Una mazzata micidiale. Le lacrime s'imbrattarono con lo sporco, con il grasso. Lunghi rigagnoli oleosi lungo il viso già sfigurato dalla stanchezza. Milani, a sua volta, era un ectoplasma. In un'ultima, perversa allucinazione tentai maldestramente di corrompere i responsabili del controllo orario. Implorai loro di falsificare l'orario d'arrivo. Capirono la situazione, non mi presero sul serio. Andarono a vincere Pat Moss – Ann Wisdom , due donne mascoline, lei sorella dell'asso Stirling Moss , su un'auto che rispetto alla mia era un bolide, l'Austin Healey 3000. Fu una corsa disumana che servì ad aprirmi gli occhi. Superato lo shock del ritiro, mi rinfrancai. Erano quelle le mie corse. (Arnaldo Cavallari, "Una vita nel sole - i rally, il pane, le donne")
  18. Da Autosprint n.1 del gennaio 1963 (sessanta anni fa esatti), il commento del percorso agonistico di Cavallari, che nel '62 aveva vinto il suo primo titolo di campione italiano dei rally.
  19. FOTOFINISH "SMARMITTATO" L'appuntamento del Daily Express ‘62 a Silverstone in maggio andò dannatamente bene. Sulla BRM avevamo un po' di problemi a far passare i tubi di scarico attraverso le sospensioni posteriori e quindi corremmo quella volta con gli scarichi tronchi. Li avevamo montati orientati in verticale, e leggermente inclinati verso la parte posteriore. Li vedevo tutti nei miei specchietti, quattro su entrambi i lati del motore. Nelle prove libere feci il record sul giro per una macchina da 2,5 litri e sembrava che fossi il più veloce. Richie Ginther, l'americano che era stato nel team Ferrari, ora era il mio compagno di squadra su una seconda Type 56. Correvo anche con una Jaguar E-Type e una berlina 3.8, quindi sarei stato abbastanza impegnato. Nella gara di Formula 1, Jimmy Clark ottenne un buon vantaggio ed io ero bloccato al quarto posto, battagliando con Surtees e con Richie. Poi Richie ebbe un piccolo incidente - non so con certezza cosa sia successo, ma uscì alla curva Club. Comunque, così rimasi davanti a Surtees e dietro a Jimmy che era in vantaggio di circa 25 secondi. Poi notai che il rumore dello scarico era cambiato e cominciai a sentire poca potenza nel motore. Guardando allo specchietto, vidi improvvisamente che uno dei tubi di scarico era leggermente fuori asse; poi sparì del tutto. Guardando dall'altra parte notai che anche un altro faceva la stessa cosa. Iniziai a perdere i tubi di scarico a uno a uno. Erano tubi di scarico a forma di megafono e le estremità si rompevano, riducendo così la lunghezza del tubo e ovviamente influendo sulle prestazioni del motore. Il rumore cambiava continuamente, e il motore diventava sempre meno potente. Da una parte ero ridotto a due soli tubi di scarico, e uno di loro stava cadendo; dall'altra parte me ne erano rimasti tre. Stavo seminando tubi su tutta la pista, e perdendo potenza allo stesso tempo. Comunque, verso la fine della gara iniziò a piovere e cominciai a raggiungere Jimmy. Nell'ultimo giro, ero solo a 2 o 3 secondi dietro di lui, e stavo risalendo velocemente. Passando per la curva Abbey potei vedere che stavo davvero guadagnando su Jimmy, ea Silverstone la linea del traguardo è all'uscita della velocissima curva Woodcote, proprio davanti alle tribune. Mi avvicinai abbastanza velocemente alla Woodcote, e Jimmy ovviamente mi vide nel suo specchietto. Stavo per passarlo all'interno, ma non appena se ne rese conto, naturalmente mi chiuse la porta in faccia, stringendo la sua traiettoria, il che, per inciso, era esattamente quello che avrei fatto anch'io al suo posto. Quindi, spostai la BRM dall'altra parte e andai dritto, aggirandolo. Purtroppo, la pista - aveva smesso di piovere - era asciutta solo sulla traiettoria corretta e invece dovetti andare sulla parte bagnata. Tagliai il traguardo con una grande sbandata laterale, tutto intraversato, superandolo di circa una macchina o giù di lì. Certo, fu un finale fantastico e devo dire uno dei più emozionanti che abbia mai avuto. Battere Jimmy Clark e la Lotus allo stesso tempo, fu doppiamente un piacere. Devo dire che, anche se avevo vinto, ne ero un po' dispiaciuto per Jimmy - deve essere stato molto deludente per lui aver avuto la gara in tasca ed essere battuto solo sul traguardo. Durante la gara, a sei giri dalla fine, ero indietro di 17 secondi, che normalmente è una posizione senza speranza, ma all'ultimo giro erano soli 4 secondi e mezzo. Certo, Masten Gregory si era intromesso in quell'ultimo giro, facendo perdere un po' di tempo a Clark - e quindi dovrei offrire da bere a Masten uno di questi giorni - ma anche così, 4 secondi e mezzo furono molti da recuperare su Clark all’ultimo giro. Nella BRM eravamo molto contenti. E i tubi di scarico? Ne avevo solo uno a destra, e due a sinistra; tre su otto. Ma erano bastati. (Graham Hill) Foto David Phipps - Copyright Sutton Motorsport Images
  20. Il mitico "Grand Prix" di John Frankenheimer (1966) caricato integralmente su youtube:
  21. Sto leggendo la prima delle due autobiografie di Graham Hill, "Una vita al limite", scritta alla fine del 1969, edita per la prima volta in italiano da Edizioni Mare Verticale. Sto a meno della metà ma già mi sento di consigliarla vivissimamente a tutti: è piena zeppa di aneddoti, talvolta illuminanti, talvolta tanto divertenti, talvolta quasi incredibili. Un grandissimo piacere per gli appassionati.
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