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Jules Bianchi


Andrea Gardenal

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Initial findings, taken from Bianchi's ear plugs, suggested he had suffered a 92G impact when this happened.

The FIA now believes, however, that his ear plugs slipped at the key moment to underestimated the actual force. It reckons he actually suffered a peak impact of 254G.

 

Probabilmente lo sapevano anche prima...

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Pubblicato il luglio 26, 2015 di lcolajanni
 
 
 
Sono stati giorni difficili, pieni di dolore e di ricordi di un ragazzo che se n’è andato prima ancora di compiere 25 anni. Guardando tanti volti delle persone che martedì scorso erano a Nizza ai suoi funerali – persone conosciute, alcune famose, tante altre sconosciute – si leggevano tanta sofferenza e l’incredulità  per quello che era accaduto. E questo nonostante il fatto in sé – la morte di Jules – non potesse più essere considerato un evento improvviso e inaspettato, come invece era stato l’incidente di Suzuka di nove mesi prima. Però, per quanto ci si possa preparare ad una cosa del genere, la forza del dolore irrompe inarrestabile nel momento in cui la vita finisce.
 
Ognuno vive il dolore a suo modo. Guardavo il volto di Jean Todt, severo, tirato, e immaginavo quanto soffrisse dentro di sé, ripensando ai tanti, troppi piloti che aveva visto morire in tutta la sua vita di corse, e, inevitabilmente, pensando a Michael. Guardavo quello di Nicolas, che cercava sempre di essere razionale ma che sapevo essere devastato dentro. O quello di Alessandro e Andrea, due persone che sono state accanto a Jules in tutti questi anni e che avevano perso una parte di loro. Soprattutto, ammiravo la forza di Philippe, il padre, capace lui di dare una parola di conforto ad ognuno di noi. Ecco, vorrei avere un briciolo della sua forza per affrontare la vita.
 
E’ stato bello vedere oggi all’Hungaroring i piloti raccogliersi sulla griglia per ricordarlo ancora – stavolta tutti, anche chi martedì aveva preferito non esserci – così come è stato bello sentire le parole di tanti di loro nel dopo gara o vedere quanti fra gli addetti ai lavori lo hanno ricordato con commozione, come i ragazzi e le ragazze di Sky Italia che avevano giocato tante volte a calcio con lui o avevano scherzato insieme a fine giornata. Tutti oggi nel paddock hanno avuto un pensiero per Jules. Ora non bisogna dimenticarlo: la vita va avanti, è vero, ma non è tutto come prima. Certe cose un segno lo lasciano.
 
Chi ha la passione per le corse e ha avuto la fortuna di lavorare in quel mondo – sono una persona fortunata – spesso è portato a vedere i piloti come delle persone diverse, quasi da mettere su un piedistallo, il che talvolta porta a giudicarle in maniera distorta. Per me Jules era un ragazzo d’oro, nel senso più classico della definizione: quello che tanti genitori vorrebbero come figlio, quello che Nicolas – e lo capisco – sentiva come un fratello, quello che tante ragazze potevano sognare come il principe azzurro. Era una persona sincera, soprattutto una persona che, crescendo e maturando in un ambiente così particolare come quello delle corse, era sempre rimasto se stesso. Qualcosa di tutt’altro che scontato: ho visto in tanti anni la Formula 1 cambiare le persone, renderle diverse, quasi sempre peggiori, qualsiasi fosse il loro posto in quel mondo così autoreferenziale ma indubbiamente così affascinante e ammaliante. Jules no, non è cambiato, non ha mai perso le sue qualità  di ragazzo che voleva imparare ma che, dentro di sé, manteneva una grande forza interiore e una grande dignità . “Il sorriso più dolce della Formula 1â€, ha scritto di lui una persona speciale: è vero ed è l’immagine che ci porteremo sempre nel cuore.
 
Ciao Jules, ti volevo bene.
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Pubblicato il luglio 26, 2015 di lcolajanni
 
 
 
Sono stati giorni difficili, pieni di dolore e di ricordi di un ragazzo che se n’è andato prima ancora di compiere 25 anni. Guardando tanti volti delle persone che martedì scorso erano a Nizza ai suoi funerali – persone conosciute, alcune famose, tante altre sconosciute – si leggevano tanta sofferenza e l’incredulità  per quello che era accaduto. E questo nonostante il fatto in sé – la morte di Jules – non potesse più essere considerato un evento improvviso e inaspettato, come invece era stato l’incidente di Suzuka di nove mesi prima. Però, per quanto ci si possa preparare ad una cosa del genere, la forza del dolore irrompe inarrestabile nel momento in cui la vita finisce.
 
Ognuno vive il dolore a suo modo. Guardavo il volto di Jean Todt, severo, tirato, e immaginavo quanto soffrisse dentro di sé, ripensando ai tanti, troppi piloti che aveva visto morire in tutta la sua vita di corse, e, inevitabilmente, pensando a Michael. Guardavo quello di Nicolas, che cercava sempre di essere razionale ma che sapevo essere devastato dentro. O quello di Alessandro e Andrea, due persone che sono state accanto a Jules in tutti questi anni e che avevano perso una parte di loro. Soprattutto, ammiravo la forza di Philippe, il padre, capace lui di dare una parola di conforto ad ognuno di noi. Ecco, vorrei avere un briciolo della sua forza per affrontare la vita.
 
E’ stato bello vedere oggi all’Hungaroring i piloti raccogliersi sulla griglia per ricordarlo ancora – stavolta tutti, anche chi martedì aveva preferito non esserci – così come è stato bello sentire le parole di tanti di loro nel dopo gara o vedere quanti fra gli addetti ai lavori lo hanno ricordato con commozione, come i ragazzi e le ragazze di Sky Italia che avevano giocato tante volte a calcio con lui o avevano scherzato insieme a fine giornata. Tutti oggi nel paddock hanno avuto un pensiero per Jules. Ora non bisogna dimenticarlo: la vita va avanti, è vero, ma non è tutto come prima. Certe cose un segno lo lasciano.
 
Chi ha la passione per le corse e ha avuto la fortuna di lavorare in quel mondo – sono una persona fortunata – spesso è portato a vedere i piloti come delle persone diverse, quasi da mettere su un piedistallo, il che talvolta porta a giudicarle in maniera distorta. Per me Jules era un ragazzo d’oro, nel senso più classico della definizione: quello che tanti genitori vorrebbero come figlio, quello che Nicolas – e lo capisco – sentiva come un fratello, quello che tante ragazze potevano sognare come il principe azzurro. Era una persona sincera, soprattutto una persona che, crescendo e maturando in un ambiente così particolare come quello delle corse, era sempre rimasto se stesso. Qualcosa di tutt’altro che scontato: ho visto in tanti anni la Formula 1 cambiare le persone, renderle diverse, quasi sempre peggiori, qualsiasi fosse il loro posto in quel mondo così autoreferenziale ma indubbiamente così affascinante e ammaliante. Jules no, non è cambiato, non ha mai perso le sue qualità  di ragazzo che voleva imparare ma che, dentro di sé, manteneva una grande forza interiore e una grande dignità . “Il sorriso più dolce della Formula 1”, ha scritto di lui una persona speciale: è vero ed è l’immagine che ci porteremo sempre nel cuore.
 
Ciao Jules, ti volevo bene.

 

 

Questo è da incorniciare.

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