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Ayrton Senna


Luke36

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Le squalifiche non hanno quasi mai viaggiato di pari passo con la pericolosità  della manovra stessa.

Lo scarto in staccata che fa Senna verso la vettura di Prost è grave e lascia circa un metro o meno tra le due vetture nel momento più delicato.

Stesso stile di Schumacher in Canada nel 1998.

 

Prost 2 anni prima a Suzuka non gli aveva lasciato manco 1 cm...... :angry:

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ah allora non è successo nulla

 

 

e quanto doveva lasciare?

 

Stringere bruscamente mentre sei già  in staccata è una manovra antisportiva, imho.

Riguardati il video con la ripresa frontale.

Il metro non è il punto, in sé (ed è comunque poco), lo è il fatto di fare manovre intimidatorie per indurre l'altro ad uscire fuori pista, scomporsi o desistere.

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Come si vede bene nel film, Ayrton aveva insistito perché le protezioni nella chicane fossero rese più sicure e venne accontentato (non ricordo cosa fu sostituito con cosa). In pratica si era già  premurato di parcheggiare Prost senza fargli male ASD (niente faccine da iPad, cheppalle).

Zigzagare sul dritto comunque all'epoca non era "reato" se non erro. Prost poteva semplicemente portare più pazienza.

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Zigzagare sul dritto comunque all'epoca non era "reato" se non erro. Prost poteva semplicemente portare più pazienza.

 

Era una cosa che non si faceva quasi mai,  i piloti di generazione precedente poi malgrado la cazzutaggine erano così. Il concetto di difesa per loro era di " tirare la staccata" se il sorpasso te lo volevano far sudare, non l'idea di "ostacolare".

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Auguri Ayrton.

 

 

Il ricordo di Leo Turrini

 

San Paolo _ Il signore è francese. E’ appena entrato in aereo. Chiama una hostess e chiede: ‘Scusi, vorrei cambiare posto. Mi andrebbe bene la fila n.12’. La signorina lo gela con lo sguardo: ‘No –risponde- non si può. Lì c’è il nostro eroe’. Dice proprio così: il nostro eroe.

Non se la sono sentita di chiudere la salma di Ayrton Senna nella stiva. Forse perché per i brasiliani è ancora vero quello che pensavamo fino alle 14,17 di domenica: lui è invulnerabile, lui non può morire, lui…

E adesso eccoci qua. Sul volo Varig 723, viaggio notturno da Parigi a San Paolo. Eccoci qua, Ayrton: a guardare la bara che ti contiene, sistemata in business class, fila 12 e fila 13. La bara avvolta dalla bandiera verde e oro del Brasile. Lo sanno, lo sappiamo tutti che ci sei, tranne quel francese della malora.

Lo sanno, lo sappiamo. Lo sa lo steward che piange sommessamente, testimone di un rimpianto collettivo che piano piano trasforma questo volo in una camera ardente. Lo steward è gentile: vuole restare qualche minuto solo con lui?

Ci resti, fin quasi al decollo. Ci resti e pensi quanto siano stupidi i Catoni del dopo. Hanno detto, più o meno: Senna si è assurdamente immolato sull’altare del denaro. Come se uno andasse a rischiare la pelle per i soldi. Volete abolire le corse? Fate pure, è una opinione drastica ma rispettabile. Vogliamo dire che le macchine del 1994 sono pericolosissime? E’ tragicamente vero. Volete accusare un sistema che mette l’affare davanti allo sport? D’accordo. Però almeno rispettate chi guidava a 300 all’ora, perché tale era la sua passione per la vita, la sua sfida, la sua maniera di sentirsi uomo. E invece no: immolato, dicono, sull’altare del business. E’ così difficile accettare l’idea che tu fossi Senna perché volevi essere Senna, non per il conto in banca? Certo, nessuno veniva pagato come te e di affari te ne intendevi: e allora?

L’aereo si alza. E accade qualcosa di incredibile, almeno per chi abbia viaggiato una volta soltanto nei cieli: per dieci ore, non si sente un rumore. Niente, niente: nemmeno un bambino che piange, niente. L’emozione del silenzio.

Ti stiamo portando a casa, Ayrton. Il comandante dell’ MD11, l’aereo, prova anche a comunicarlo alla gente. Ma c’è qualcosa che non funziona, nella sua voce. C’è qualcosa che non funziona in tutti noi che stiamo a diecimila metri di quota.

Dio, a volte questo mestiere, il mestiere di scrivere ciò che vivi e che vedi, ti fa sentire uno sciacallo. E il gusto dell’informazione è scorza amara: ti stiamo portando a casa, sei chiuso nella cassa, non la apriranno più, nemmeno per farti vedere ai genitori: meglio evitare lo sguardo dell’addio, della faccia è rimasto solo qualche brandello.

Non ci sono familiari, sull’aereo. Leonardo, il fratello, è partito il giorno prima. Ci sono gli amici, che hanno resistito. Uno dei tanti manager, Celso Lemos. La responsabile delle pubbliche relazioni, Beatris Assumcao. E c’è Livio, il cognome si è perso come capita spesso in Brasile. E’ uno dei giornalisti che ti hanno seguito sempre.

E’ strano, eppure nessuno di loro, anzi nessuno di noi riesce a considerarti per quello che sei: morto, morto, morto. Il verbo è sempre coniugato al presente, mai al passato. Dice Livio: l’incidente? Senna non sbaglia. Le polemiche sulla sicurezza? Ha ragione Senna. Interventi possibili? Senna suggerisce di…

E’ incredibile. O forse inevitabile. O forse siamo solo prigionieri del ricordo. Esacerbati magari dal rancore. I brasiliani dicono che sabato Ratzenberger è deceduto sul colpo, dicono che se Mosley ed Ecclestone avessero detto la verità , allora la gara della domenica sarebbe stata cancellata e dunque al Tamburello non ci saresti arrivato mai e nessuno si sognerebbe di avanzare il sospetto che hai commesso un errore.

I brasiliani sono sconvolti: accusano persino i medici italiani di aver ritardato l’annuncio della tua fine, per salvare il Gran Premio. Ma questo è eccessivo. O almeno pretendiamo che sia eccessivo.

E’ incredibile, sì. Stai chiuso lì dentro, coperto dalla bandiera, eppure più passano le ore del viaggio e più spunta l’ostinazione. L’ostinazione di pensarti vivo. La paura di ammettere la verità . La verità  è che ti stiamo portando a casa, per il funerale. Sarà  straordinario, indimenticabile, irripetibile. Ma sarà  un funerale.

L’aereo inizia le manovre per l’atterraggio. A San Paolo non sono ancora le sei del mattino, nel cielo si staglia una striscia rossa, là  in fondo si vede una fila nera. Chissà  cosa è, vuoi che tanta gente si sia mossa di notte per vedere una bara da lontano?

Beh, forse non avevamo mai capito fino in fondo quanto forte fosse il legame tra Senna e San Paolo, tra Senna e il Brasile. Dice Livio che non sei solo un grandissimo campione. Dice che sei un simbolo per un paese diviso da ingiustizie mostruose. Dice che rappresenti un momento di aggregazione. Continua a parlare al presente. Sempre e solo al presente.

Le ruote toccano l’asfalto della pista. Duecento soldati circondano l’aereo. Onori militari per l’eroe che torna a casa. La sorella Vivianne. Le autorità . Il Governatore. Il Prefetto. E migliaia di persone. Decine di migliaia. All’alba, all’aeroporto di Cumbica. Ed è solo l’inizio di un addio infinito.

Ma la corsa è finita, Ayrton. Però puoi stare tranquillo: cosa vuoi, mica tutti pensano che lo facevi per i soldi.
Leo Turrini

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Ron Howard fai un film su Ayrton ti prego, come attore c'è James Franco che è bravissimo e uguale ad Ayrton dai !

uguale ad Ayrton... parliamone....

 

L'avrebbe fatto Spielberg con Banderas nella parte di Ayrton (e immagini fornite da Ecclestone), se Ron Dennis non si fosse messo in mezzo e avesse bloccato tutto

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uguale ad Ayrton... parliamone....

 

L'avrebbe fatto Spielberg con Banderas nella parte di Ayrton (e immagini fornite da Ecclestone), se Ron Dennis non si fosse messo in mezzo e avesse bloccato tutto

Ma va !?? Non lo sapevo. E perché Dennis avrebbe bloccato ? 

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  • leopnd changed the title to Ayrton Senna

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