Vai al contenuto

Elio11

Appassionati
  • Numero messaggi

    1107
  • Registrato

  • Ultima Visita

  • Days Won

    24

Contenuti inviati da Elio11

  1. Edit. doppione, scusate.
  2. Dovrebbe esistere un GP del Belgio 1972 a colori della brasiliana Rede Globo.
  3. Elio11

    March 711 Clarke

    Se @Zdenek Belohlavek mi permette una precisazione, Beuttler partecipò alla 'Spring Cup' del 1971 con una 701 color caffellatte (l'ultimo telaio costruito, un po' tardivamente, per quel modello), mentre nella 'Gold Cup' usò questo modello riportato in fotografia, un telaio comperato dalla squadra ufficiale. Anche nel 1972 usò questa 711 con la livrea rossa e ulteriori modifiche, nella Race of Champions 1972 di Brands Hatch, l'edizione con molte defezioni. Un curiosità: pure nel GP di Gran Bretagna 1971 Beuttler usò il numero 35 ma solo nelle eliminatorie, mentre adoperò il n.6 in gara; la vettura era leggermente diversa, ad esempio mancava l'airscoop.
  4. Aprile 1934, Nürburgring dall'archivio Mercedes-Benz (fotografia n. R8432-56) n.. R8440-106 n. R10369 (Manfred von Brauchitsch) In queste prime tre fotografie si nota il contrasto fra il bianco della tuta e il grigiore smorzato della livrea. n.R10363 W25 distrutta nelle prove da Hernest Henne. In un articolo della rivista 'Motorwelt', relativo alle prove, le illustrazioni (non sono quelle riportate qui sopra!) sono accompagnate da didascalie nelle quali viene scritto che la livrea è argentea - pagg. 8 e 9 del numero del 27 Aprile 1934
  5. E due ... «Oh, ingegnere, ben arrivato! Finalmente è venuto! ...» «Alt! so per chi forse Lei mi ha scambiato. Ma io non sono ... » Sapreste indovinare per chi il vecchio pilota svizzero de Graffenried ha scambiato in Spagna Andrea de Adamich? da AS n.19/1972, pag. 2 Per contestualizzare, a parte la somiglianza, l'ing. Forghieri era stato appena gentilmente dirottato verso altri lidi dopo i frequenti dissapori con i piloti, lo staff e la stampa e, quindi, non fece la trasferta di Jarama.
  6. Due curiosità: - Emerson fece segnare il tempo più veloce nelle qualifiche con il telaio n.5 durante la seconda sessione pomeridiana del sabato. Però, i cronometristi avevano deciso di ignorare i tempi di tutti i piloti che stavano usando le vetture di riserva (quindi, anche Cevert con la 004, Hulme con la M19A/1 e Ickx con la 312B2/8). Si prese, comunque, la pole con l'altra vettura, la 72D/R7; - Agli iscritti risultati partecipanti vennero assegnati i numeri a partire dal '5' (anche Schuppan se ne vide assegnato uno, perché aveva preso parte alla sessione del venerdì).
  7. Assieme alla ben nota gara se ne corsero altre per differenti discipline e una fu abbastanza particolare (se ne parla brevemente nell'articolo di MotorSport pubblicato da @leopnd), quella riservata alle vetture Ford Mexico, in cui i vari proprietari delle squadre di Formula Uno si diedero battaglia. Riporto parte di un articolo più ampio qui per non aprire una discussione apposita. «Concludiamo con una nota più gaia: la corsa Mexico. Andrea de Adamich ha osservato che è un peccato non vedere organizzare anche altrove gare di questo genere, per esempio sul circuito corto di Monza (chissà se sognava sulla possibilità di vedere un certo corpulento direttore di vetture sport italiano partecipare a una gara del genere?). La preparazione era stata scarsa, anche se a colazione, il giorno delle prove, Jackie Stewart ha strappato a Tyrrell un bicchiere di vino, lamentandosi che aveva tremendi problemi nell'addestrare il 'suo' pilota! Un dipendente di Chapman ha osservato sotto voce "si allena tutte le mattine, andando in ufficio", mentre Stuart Turner ha commentato che evidentemente Colin aveva scelto la persona con la voce più suadente, nei suoi uffici, per fare telefonare e chiedere in tono innocente se sarebbe stato possibile ottenere la vetura del signor Chapman per eseguire un controllo generale. Chapman e Tyrrell, a proposito, erano soltato due fra i piloti che sono arrivati al punto di comprare tute e accessori nuovi per la gara. Ancora una volta Jack Brabham ha chiarito che rimpiange di avere abbandonato e questo viene decisamente in luce nel primo capitolo della sua autobiografia (....) Ognuno aveva un modo diverso di considerare la corsa Mexico. Stewart ha detto: "la cosa più importante per Ken è di eliminare il massimo numero di concorrenti, Colin alla prima curva" (c'è però stato un problema, cioè Tyrrell era fra i ritardatari e si è poi piazzato dodicesimo dietro a Eric Broadley della Lola!). Il 'direttore corsa della Broadley, Frank Gardner, ha detto che non gli occorreva un cronometro "basterà una clessidra". Secondo Oliver, Phil Kerr si era preparato meditando (del resto ha occupato un buon sesto posto). In seguito, a chi gli chideva come ci si sentisse a correre con una Escort Mexico, Chapman ha risposto "spaventoso". Per quanto riguardava la tattica Surtees ha consigliato "chiudete gli occhi", ma Chapman ha ribattuto "No, bisogna seguire Jack". E Jack, che ha ottenuto i più fragorosi applausi della numerosa folla, ha suggerito: "Chiudete gli occhi e schiacciate al massimo il piede". Comunque né Brabham né Chapman hanno dimenticato come si fa a guidare (Colin ha segnato il giro più veloce a 110,19 orari) e il loro duello ha rappresentato una bella gara in sé. Gli unici incidenti si sono avuti alla forcella, ove Surtees e Williams si sono urtati (Frank ha condotto una gara brillante, piazzandosi quarto) e un poco dopo hanno fatto altrettanto Costin e Mosley. Non sarebbe una cattiva idea organizzare altre gare così divertenti» Articolo a firma di David Hodges per l'AS n.44/1971 Alcune fotografie: Colin Chapman mentre si prepara: Notare la scritta sopra al casco:
  8. Il loro obiettivo è fare un calendario mettendoci dentro le città con i pennoni più alti al mondo, dicessero la verità ...
  9. Mentre andava a fare benzina, nei pressi di Ginevra, Jackie Stewart ha slittato sulla neve con la sua vettura e ne ha urtata un'altra sospingendola sul piazzale per una ventina di metri. Il campione del mondo è subito sceso per scusarsi, ma quando l'inserviente l'ha chiamato per nome l'altro automobilista ha detto che non occorrevano scuse, lo riteneva un onore essere stato urtato da Jackie Stewart. La stessa sera ha telefonato per invitare a pranzo i coniugi Stewart. Raccontando la storia, Jackie ha detto: «Il fatto di essere campione del mondo offre dei vantaggi. Questo è stato il seguito più inatteso a un mio incidente. Negli altri mi sono rotto costole e una gamba». AS, pag.35 n.5/1972
  10. Un pezzo da novanta, una qualsiasi barzelletta, anche la più insipida, raccontata da Lui, con le sue pause, il suo timbro vocale, prendeva nuova vita e una risata te la strappava a occhi chiusi. _________________________________________ FIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII! La macchina accostò. «Patente , per favore» chiesi all'uomo al volante. «Non ce l'ho. La patente non ce l'ho.» Lo guardai giusto un attimo. Poi sfiorai con la mano il casco da pizzardone che portavo in testa e guardai in camera. «Ah, è un grosso rischio!» Il guidatore si chinò, prese una bottiglia dal cruscotto e me la porse. «Sì, però io ho sempre con me una bottiglia di whishy Vat 69.» «... e fa bene!» Poi, di nuovo in camera: «Anche voi, non prendete fischi per fiaschi: solo questo è un fischio maschio senza raschio!» «STOP! STOP! Deve dire "Un whisky maschio senza rischio!"» mi gridò il regista. «... è un vischio maschio senza fischio!» «No, stop! La rifaccia da capo!» «È un rischio maschio senza whisky!» «STOP! STOP!» «Che è?» «Quante volte le devo dire che la battuta va consumata chiara, precisa. Capisce?» «Sì, sì, certo. Com'era?» « Allora .... "Un whisky maschio senza rischio!"» «"Senza raschio!" Mannaggia, adesso me lo ricordo ... cià ragione, cià ragione lei. È vero, è vero ... Possiamo farne un'altra?» Mi riavvicinai alla macchina sistemandomi l'elmetto e lisciandomi la giacca bianca, poi mi riabbassai, a favore della camera che mi riprendeva attraverso il finestrino dell'auto. «Ah, è un grosso rischio!» Il guidatore si chinò di nuovo, riprese la stessa bottiglia di prima e me la porse per la seconda volta. «Sì, però io ho sempre con me una bottiglia di whisky Vat 69.» «... e fa bene!» Poi di nuovo in camera: «Anche voi, non prendete fischi per fiaschi: solo questo è il fischi maschio senza raschio!» «Stop!» urlò ancora il regista. «Un whiskyo fischio senza maschio!» «Stop!» «Un teschio maschio senza fischio!» «Stop!» «Un caschio moschio senza fischio!» «Stop!» «Col whiskyo?» «Stop!» «Col caschio?» Andai avanti così per un bel po', sbagliando la battuta mentre il finto regista si incazzava sempre di più, finché Steno, il regista vero, non diede uno stop altrettanto vero e urlò al megafono: «Buona!». Iniziai a scappare strappandomi letteralmente di dosso la divisa da vigile urbano. Di lì a poche ore avevo lo spettacolo e dovevo truccarmi, prepararmi, controllare che tutto fosse in ordine, che gli orchestrali fossero al loro posto e le leonesse in gabbia. Ce la feci per un pelo, e arrivai in scena già distrutto. Stavo girando un film che m'era capitato quasi per caso, una commedia intitolata 'Febbre da cavallo'. Non conoscevo quasi nessuno del cast, ma accettai perché la sceneggiatura mi piacque, e perché Steno era un grande regista. Dopo lo spettacolo e il dopo teatro, poche ore di sonno e correvo nuovamente sul set, questa volta all'ippodromo Tor di Valle. Mi rasarono, mi truccarono, mi infilarono in un'enorme pelliccia che chiusero sul davanti con un borsello, e mi calzarono in testa un borsalino. Mandrake, il mio personaggio, era ufficialmente un indossatore. Era il giorno delle riprese della scena del servizio fotografico con una modella. Tutto sudato, sfoderavo il "soriso maggico" mentre tra uno scatto e l'altro prendevo accordi per le scommesse. Poi di nuovo di corsa verso il teatro, dove mi sarei incipriato, insaccato nel camicione di A me gli occhi please e sarei andato in scena, sbracciandomi durante lo spettacolo con tutta la forza che mi rimaneva. L'indomani riprendeva la routine, folle come sempre: avevo una scena all'ippodromo in cui io, Mandrake, sfidavo al trotto Enrico Montesano, er Pomata. In quei giorni di continuo avanti e indietro, quello fu un momento stressante di sincero divertimento. andare sul carrozzino lanciato a tutta velocità sulla sabbia della pista era fantastico, sembrava di volare: sentivo solo lo scalpitio del cavallo e nient'altro, era come se tutto fosse sparito di colpo. Ci pensò Steno, con un urlaccio, a riportarmi alla concentrazione. E poi, dopo i cavalli, il trotto, la sabbia e gli urlacci, di corsa al Tenda ancora una volta. Il film non sbancò al botteghino, fece la sua regolare comparsa nelle sale e per un bel po' tutti noi che vi avevamo preso parte lo considerammo un capitolo chiuso. Mai e poi mai avremmo immaginato che Febbre da cavallo avrebbe goduto il privilegio di una seconda giovinezza, poi di una terza, di una quarta ... e ancora non è finita. Il merito fu tutto di un gruppo di appassionati, una cresceente cerchia di persone che cominciarono a innamorarsene. Erano gli anni delle tv private, un periodo in cui i canali si moltiplicavano e dovevano riempire in qualche modo i loro palinsensti. Imbottire quasi ventiquattr'ore di programmazione non era mica semplice, così in ogni momento della giornata si infilava un film. All'epoca il videonoleggio non era ancora diventato un fenomeno di massa, quindi la gente finiva per affezionarsi a quei titoli che passavano più frequentemente in tv. Febbre da cavallo era uno di questi e un po' alla volta acquisì lo status di film di culto, con tanto di circoli di "febbristi" che organizzavano (e organizzano tuttora) proiezioni e serate per incontrarsi, recitare a memoria le nostre battute e fare gruppo. Se ancora oggi le disavventure di Mandrake sono così popolari è tutto merito di questi matti a cui va tutto il mio affetto. Una sera ero al ristorante. Solo. Un cameriere si avvicinò e bisbigliando mi disse: «Senta, ma a lei chi gliel'ha detto che quando un giocatore perde ai cavalli poi a letto con la moglie non funziona?». E io: «Be', era scritto in sceneggiatura, io non sono un giocatore.» E lui rispose: «Io invece sì. E mi succede esattamente così.» _______________________________ Gigi Proietti "Tutto sommato qualcosa mi ricordo", Rizzoli 2013. _____________________ "Nun ce cojonà, Gigi, nné vero che tte ne sei annato!"
  11. Gara con la visibilità da bandiera rossa, oggigiorno: azzarderei Hulme, Redman e Hailwood, procedendo dall'alto verso il basso.
  12. Elio11

    Achille Varzi

    Non so se sia stato proposto altrove. Articolo a cura di Cesare de Agostini, pubblicato su AS n.47/1972 pagg.12-17:
  13. DailyNK dailynk.com sembra essere un buon sito per aggiornarsi sulle ultime.
  14. «[...] questo suo calmo perfezionismo ha altri sbocchi, in una attività in cui emerge di nuovo il suo temperamento che, parlando di corse, gli fa dire: 'Alcune di quelle che mi sono goduto di più. e che mi hanno maggiormente soddisfatto, sono quelle che non ho vinto'. [...] Questa mentalità di Jackie si esplica proprio con la sua seconda passione, la caccia. È ormai noto che Stewart, prima di dedicarsi all'automobilismo, tirava al piattello a livello olimpionico e anche se ora gli manca il tempo per continuare a farlo, nulla lo priva, appena ne ha la possibilità, di partecipare a battute di caccia alle quali viene invitato spesso. Del resto suo padre era capo guardiacaccia di Lord Wier e Jackie ha ereditato da lui l'amore per la campagna e per chi ci vive. Ultimamente, appunto a una cacciata nella tenuta di Lord Edward Montagu, Jackie ha spiegato gli infiniti accorgimenti necessari per essere un buon cacciatore, aggiungendo che per lui il fascino di questo sport risiede soprattutto nel fatto che, per ottenere soddisfazioni in questo campo, occorrono intelligenza e buona tattica, concetti che lo scozzese applica chiaramente sui circuiti come nei boschi, armato di fucile. Nell'occasione cui ci riferiamo, nell'udire i tonfi degli uccelli abbattuti che cadevano, Jackie ha sorriso contento, osservando: 'È soddisfacente quanto vincere una corsa. Per chi guarda - ha ripreso - può sembrare che si spari in fretta, ma in fondo è un poco come in corsa. Quando si comincia ad andare a oltre duecento orari tutto è confuso, ma poi, a mano a mano che ci si abitua, ogni casa appare chiara, come al rallentatore. Quando sono apparsi quei cinque fagiani, per prima cosa ho preso nota della direzione in cui volavano, poi, quando è stato il momento, ho deciso a quali due avrei sparato, stabilendo quindi l'ordine di precedenza. Si sceglie l'uccello per la canna sinistra e quello per la canna destra. Per la scelta occorre fare varie considerazioni: non bisogna colpire gli uccelli quando sono troppo vicini, altrimenti si sciupano e non sono più buoni da mangiare. Non bisogna sparare quando volano bassi, perché si rischia di colpire un altro cacciatore, e bisogna sempre ricordare che ci sono altri alla battuta, per cui a volte è gentile capire quale uccello è diretto verso di loro e non sparare, per lasciare ad altri quel piacere. Quando parla di caccia, emerge lo Stewart dei circuiti, l'uomo che ama la compagnia dei suoi simili che entrambi gli sport implicano, la "camaraderie" di questi due mondi, la necessità di avere reazioni pronte, coordinazione visiva e dei gesti. L'unica vera differenza, secondo lui, fra caccia e corse consiste nel fatto che nella prima non esiste spirito di concorrenza (ma forse dimentica il piacere del carniere più gonfio). Stewart prende lo sport della caccia molto sul serio e vuole che i suoi bambini, appena avranno l'età adatta, si dedichino a questo sport. 'Voglio che conoscano la gente delle campagne, che ha il dono di sapere vivere in solitudine, oltre al fatto che cacciare insegna ai giovani il senso della disciplina e della responsabilità'. Così come l'abitacolo della sua Tyrrell è fatto 'su misura' per lui, anche i suoi fucili sono fatti su misura. I più recenti, e quelli di cui è più orgoglioso, sono due Beretta che hanno richiesto diciotto mesi di lavoro e le cui eleganti incisioni in argento sono opera di uno dei tre superstiti specialisti di questa arte ancora esistenti in Europa.» Articolo a firma di Nick Brittan AS pag. 5,8 n.30/1971 ________
  15. Me la sono incredibilmente persa, nel senso che neanche sapevo giocassero ... Devo rimediare ...
  16. Elio11

    Clay Regazzoni

    Nel 1968, 'Clay' fu coinvolto nel famoso, controverso e triste incidente con il giovane inglese "Christopher" Lambert, nella categoria Formula Due, a Zandvoort, precisamente alla vecchia 'Tunnel Oost'. Il britannico ebbe la peggio, morendo sul colpo e ne scaturì un'inchiesta, terminata nel Novembre 1971. Ho recuperato il testo integrale della sentenza della Commissione sportiva internazionale, organo della FIA, così come fu pubblicato da Autosprint nel numero 46 dello stesso anno. Un paio di curiosità: Lambert correva con una Brabham BT23 in versione 'C' e per conto di una scuderia di cui era stato fondatore assieme a Max Mosley, il "London Racing Team", conquistando i primi punti valevoli per il Trofeo europeo proprio in occasione della gara di Hockenheim in cui Clark trovò la morte.
  17. Alcuni passaggi di un'intervista ad Alan Rees (direttore sportivo March primi anni Settanta) Potrebbe dirmi qualcosa su Ronnie Peterson e sul perché la March lo ingaggiò in partenza? «Non credo che nessuno, nemmeno nel team March, conosca Ronnie molto bene. È molto riservato e forse uno dei motivi consiste nel fatto che non credo parli molto bene l'inglese. Probabilmente, avrebbe più comunicativa se si potesse intervistarlo in svedese. Mi risulta che gli svedesi, nella maggioranza, sono molto socievoli e chiaccherano volentieri, invece Ronnie parla poco, anche con noi. Le uniche volte in cui si dimostra espansivo, direi, è quando parla della vettura. Naturalmente noi scherziamo con lui e lo prendiamo in giro. Quando lo vidi correre nelle gare di F.3 in Inghilterra, mi convinsi che poteva diventare campione del mondo. Accadeva durante la stagione 1969. Ne parlai con i miei soci, Robin Herd e Max Mosley, e dissi loro che, secondo me, avremmo dovuto ingaggiarlo con un contratto di tre anni. Si fidarono del mio giudizio e, tutto sommato, è proprio il mio settore dirigere la squadra corse e scoprire talenti nuovi [...]» Che cosa fu in Ronnie a colpirla particolarmente? «Be', anche agli inizi del 1969 mi aveva molto bene impressionato. Aveva vinto molte gare di F.3 in Italia. Allora il pilota migliore in F.3 era Reine Wisell, che si era aggiudicato gare importanti, però non si erano mai veramente sfidati e fu a Monaco, in maggio, che si trovarono l'uno di fronte all'altro. Ronnie batté Reine e non c'è dubbio che lo avesse surclassato. Questo fu molto significativo, per me, perché si può essere un buon pilota, ma per dimostrare veramente le proprie doti occorre battere il miglior conduttore del momento. Dopo pilotò una Tecno in una gara di F.2 a Monza e condusse per alcuni giri. Io andai alle curve per vedere come si comportava, perché le curve sono importanti, e vidi che aveva proprio lo stile di Rindt. Ha uno straordinario controllo sulla vettura e una evidente, innata abilità. In curva faceva ondeggiare parecchio la vettura, ma ne usciva bene e mentre tanta gente ha tendenza o a fare testa-coda o a togliere il piede dall'acceleratore, Ronnie aveva reazione rapide, teneva giù il piede e non solo non incappava in testa-coda ma non perdeva tempo» [...] Che altro cerca nei "talenti nuovi"? «Più di qualsiasi altra cosa, in un pilota, voglio sapere se è bravo sul bagnato. Non è mai esistito un pilota di primo piano, quali Clark, Stewart e Rindt, che non sappia guidare sul bagnato; ma ce ne sono molti, moltissimi, che non sanno farlo. Appena vedo un conduttore che mi fa buon impressione, aspetto per notare come si comporta in prova o in gara quando piove. Nel 1969 diede una guida di F.2 a Peterson alla fine della stagione ,ad Albi, e l'unica altra volta in cui aveva pilotato una F.3 era stata a Monza, come ho detto, con la Tecno, e aveva condotto per un poco. Ad Albi le prove si svolsero sul bagnato e quando Peterson scese in pista era dietro a jackie Stewart. Lo seguì per circa sei giri, senza perdere tempo nei confronti dello scozzese. Per me fu la dimostrazione definitiva che era un futuro campione del mondo» [...] AS n.16/1971 A proposito del livello di conoscenza della lingua inglese, Barbro ne parla in un'altra intervista, sempre del 1971, che è stata pubblicata sopra in passato.
  18. Questa della Pirelli andrebbe messa nella categoria "pubblicità più bizzarre". da AS n.46/1971
  19. A proposito di Gattuso Tuttosport Comunque, non sono d'accordo, anche se per il vero in almeno due-tre esperienze è capitato in ambienti bollenti. Io ero molto scettico sul fatto che potesse fare bene al Napoli.
  20. Però, l'impianto di gioco di quell'Under21, la cui guida fu rilevata da Mangia nei mesi antecedenti all'Europeo 2012 (Insigne, Immobile, Verratti, Gabbiadini, Borini, El Shaarawy, Florenzi, Bertolacci, Saponara e altri che promettevano bene ma che si sono persi strada facendo) era tutto merito di Ferrara. Anzi, giocavano meglio con Ciro in panchina. Era pur sempre calcio giovanile, però, qualche altra occasione dopo Juventus e Sampdoria l'avrebbe meritata. Gattuso, per esempio, sta dimostrando qualcosa soltanto ora.
  21. C'entra qualcosa Viale della Liberazione a Milano?
  22. Elio11

    Lotus 72C Walker

    @GO minardi V6DINO ha recentemente creato una discussione su questa vettura: Ciò che riporta l'articolo contiene un'inesattezza, e cioè il telaio della Villiger era il n.4 o 'R4' (tanto che Walker e Hill lo poterono usare tranquillamente nei GP d'oltreoceano 1970), mentre quello sotto sequestro era il n.2 o 'R2'. Questo telaio non valicò il confine fra la Svizzera e l'Italia in quell'occasione.
  23. Intanto, Gollini, che era uscito nei primissimi minuti contro l''Inter, non potrà giocare per via del crociato posteriore ... brutta tegola. Dovesse succedere quel qualcosa in casa Inter, cioè il recesso GC, sarebbe fattibile Conte alla Juventus? Come sono, ora, i rapporti con la dirigenza?
  24. Da profano, la sensazione è che Marotta non approvasse l'acquisto di Ronaldo. Mi pare sia sempre stato un amministratore delegato che ha cercato di migliorare le rose con colpi oculati e lungimiranti senza mettere a repentaglio il bilancio a lungo termine, più di tanto. Quando arrivò all'Inter, rilasciò le sue solite dichiarazioni di circostanza concilianti, corrette dall'uso di alcuni termini che lasciavano intendere il suo vero pensiero in materia. Parlò di 'non sostenibilità dell'operazione' o qualcosa del genere. Quando, qualche anno fa, scrissi che la Juventus abbisognasse soltanto di pochi ritocchi marginali nella rosa, ne ero assolutamento convinto, confidando a occhi chiusi nella prosecuzione del rapporto fra l'a.d. e il club bianconero. Pensavo che in una sessione di mercato si sarebbe potuto operare agevolmente come nell'estate 2015 (?), rafforzando tutti i reparti con dei giocatori-chiave ma con stipendi consoni. Ora, la situazione è alquanto diversa per vari fattori venuti alla luce nel frattempo. Il modus operandi dal punto di vista finanziario, deliberando gli aumenti di capitale, non credo sia più proponibile nell'ambito della scena calcistica moderna, in quanto limitativo rispetto ai molti altri strumenti a disposizione, che vediamo usare dagli altri club, ed è sintomo di un periodo di stagnazione per le casse dei torinesi. Nel prospetto dell'aumento di capitale da trecento milioni di euro (fine 2019) si parlava anche di crescita esponenziale dell'indebitamento dall'esercizio 2016/2017, quindi la vicenda Ronaldo e, probabilmente anche quella di Higuain (qui bisognerebbe vedere chi spinse a volerlo comprare, se l'asse Nedved-Agnelli o Marotta stesso), non sono stati altro che il colpo di grazia. Pure la stessa recente vicenda Arthur-Pjanic è indicativa della volontà di giocare con le plusvalenze nell'ottica di risanare il bilancio (anche il Barcellona pare non se la stia passando bene e questo potrebbe spiegare in parte la tiritera su Lautaro e quella su Messi). Poi, Paratici non mi pare all'altezza dell'importanza della società per cui sta lavorando ma ciò potrebbe essere cagionato dalla 'situazione di tensione finanziaria' (di cui la Juve stessa scrive nei comunicati) e, quindi, dai rubinetti chiusi. Di certo, però, deve impratichirsi un po', visto che il cartellino di Kulusevski, per esempio, è stato pagato troppo (Marotta altro non ha fatto che giocare ad alzare il prezzo, per togliere la Juventus dalla corsa a Eriksen). In più, Sarri è stato ingaggiato come rincalzo, non potendo avere voce in capitolo sul mercato, visto il ritardo dell'annuncio e, forse, vista anche la sua posizione di debolezza quanto a, diciamo, carica carismatica (debolezza relativa al modo con cui è entrato in società, non in senso assoluto). In un momento particolare come questo, come è stato fatto notare, togliere Sarri, a poche settimane dall'inizio del campionato, sarebbe un'ulteriore mossa sbagliata da parte di Agnelli, a meno che non ritorni Allegri, che già sa come operare con gli uomini a disposizione. Quanto all'invecchiamento dei protagonisti in campo, quello è un altro bel dilemma, ma risolvibile solo se si trova una soluzione al problema generale di gestione, altrimenti i mercati futuri saranno di contenimento. Non vorrei sbilanciarmi ma, sebbene i momenti storici siano diversi, la situazione della Juventus assomiglia molto all'ultimo periodo di Moratti all'Inter, anche se non credo si arrivi a stringere le cinghia come in quel caso. Al di là di tutto, sono rimasto molto sorpreso da ieri, mi aspettavo che la Juventus passasse il turno con molta tranquillità, considerato che i francesi erano inattivi da parecchi mesi.
×
×
  • Crea nuovo...