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  1. Come ben sapete tutti, nel 1934 entrava in vigore la nuova Formula Internazionale per i Gran Premi, che prevedeva un peso massimo di 750 kg, lasciando libera la cilindrata. Contemporaneamente, Mercedes e Auto Union (cioè la Germania) con la strapotenza dei loro marchi-oro e della loro tecnologia scendevano in pista a sfidare il dominio Alfa Romeo. Le macchine tedesche si presentarono all'AVUS a fine maggio 1934, ma solo l'Auto Union partecipò alla gara ( arrivò terza con Momberger nel giorno della vittoria di Guy Moll con l'Alfa P3 Aerodinamica), mentre la Mercedes si ritirò subito dopo le prove. Quindi la successiva gara dell'Eifel, a inizio giugno ‘34, fu il vero debutto della Mercedes, che vinse la corsa con Manfred von Brauchitsch, mentre Stuck su Auto Union giunse secondo. Questa gara (l'Eifel si disputava al 'Ring, una sorta di anteprima primaverile rispetto al GP di Germania che si correva a luglio sulla stessa pista) rappresenta anche la sede di un episodio ormai avvolto nei fumi della leggenda. La Mercedes, secondo le parole del non sempre attendibile Neubauer (ds Mercedes), risultò essere oltre i limiti del peso nelle prove, e quindi per evitare l’inglorioso ritiro del team prima della gara, si decise di lavorare tutta la notte per grattare via la vernice bianca (colore nazionale tedesco fino ad allora) risparmiando 5 chili e rientrando così nel peso consentito e, sempre secondo la leggenda, da quel giorno le macchine tedesche (quindi anche l'Auto Union? ) sono sempre state di colore argento, cioè il colore della carrozzeria grezza senza la vernice bianca grattata via. Eppure, foto alla mano, sappiamo che da parte sua l’altra squadra tedesca, l'Auto Union, già nella gara precedente, cioé all'AVUS (dove la Mercedes non partecipò) aveva già la carrozzeria argento. Dunque è già anomalo pensare all’episodio dello “sgrattamento” al Ring come origine dell’argento eletto a colore nazionale tedesco. Inoltre, questa “storia” a livello documentale viene citata per la prima volta nel libro autobiografico che Neubauer scrisse insieme al giornalista Harvey T. Rowe nel 1959 e che da allora è regolarmente ristampato in Germania (“Manner, frauen und motoren”, cioè “Uomini, donne e motori”, esistente anche in inglese, francese e spagnolo, ma non in italiano). Un’altra anomalia è che i piloti Mercedes come Caracciola, Lang e Brauchitsch abbiano iniziato a parlare di questa storia soltanto dopo il 1959, mentre nelle loro autobiografie, scritte in anni precedenti, non c’era traccia di questo episodio della vernice. In sostanza, sembra che solo a partire dalle interviste successive al 1958 anche i piloti (Brauchitsch è morto nel 2003, Lang nel 1987, mentre Caracciola scomparve già nel ’59) abbiano “introiettato” la versione resa celebre dalle memorie di Neubauer, e l’abbiano a loro volta diffusa. Ma un giornalista tedesco, Eberhard Reuss, in un servizio giornalistico teso a smontare la versione-Neubaer, portò la testimonianza raccolta nel 1999 dall’anziano Eugen Reichle, che nel 1934 era meccanico del team Mercedes, il quale fu categorico: “Le macchine non erano mai state dipinte di bianco”. Eppure, dopo il libro di Neubauer nel ’59, anche la seconda edizione del libro di Brauchitsch (’64) e un’intervista a Lang nell’80, riportano sempre la storiella della vernice grattata. Certo, anche l’ingegner Uhlenhaut (quello che nei test andava talvolta più veloce dei piloti titolari, ricordate?), negli anni della pensione ripeteva quella versione, ma, come faceva notare il giornalista Reuss, l’ingegner Uhlenhaut prima del 1936 non era mai presente in pista. Inoltre, alcune foto dell’Avus ’34 (la gara dove la Mercedes partecipò solo alle prove) dimostrano che la Mercedes era già argento, senza dover attendere la settimana successiva al ‘Ring. Altra anomalia: ben due anni prima, all’Avus ’32, Manfred von Brauchitsch vinse la gara al volante di una Mercedes privata a cui aveva fatto costruire un’apposita carrozzeria, che nelle cronache viene descritta come un “pesce d’argento” e che dalle foto (in b/n) sembra appunto d’argento. Sembra dunque vacillare pesantemente la storia di Neubauer. E il “colpo di grazia”, se così si può dire, viene da un dato tanto semplice quanto ignorato per decenni: l’Eifel ’34 era una gara di Formula libera, dunque non rispondeva alle regole della Formula internazionale dei Gran Premi, e non c’era quindi nessun limite di peso da rispettare… Eppure, la leggenda resiste ancora, e comunque non è ancora detta la parola definitiva. Un giornalista dell’epoca in un report del venerdì primo giugno ’34 definisce la vettura “bianca”, quindi in accordo con la versione di Neubauer e con una foto d’archivio dell’azienda in cui la vettura appare bianca, anche se taluni esperti ritengono che la foto sia stata modificata a posteriori per avvalorare la leggenda. Inoltre, la Mercedes avanza l’ipotesi che la storia non fu mai raccontata fino al dopoguerra perché sotto il regime nazista la cosa sarebbe stata interpretata negativamente, come testimonianza di una carenza di progetto o di preparazione delle vetture… Insomma, probabilmente ci sono ancora indizi da vagliare, e altrettanto probabilmente la parola definitiva non verrà mai scritta, ma anche questo fa parte del fascino della storia delle Frecce d’Argento. Di seguito, la versione "Neubauer" nelle tavole dell'artista olandese "Marvano" nel primo volume della trilogia "Grand Prix":
  2. sundance76

    Eifelrennen 1937

    La partenza 1. Reihe: Startnummer 6 - Rudolf Caracciola (Mercedes-Benz W 125), Startnummer 8 - Manfred von Brauchitsch (Mercedes-Benz W 125), Startnummer 1 - Bernd Rosemeyer (Auto Union C). 2. Reihe: Startnummer 4 - Rudolf Hasse (Auto Union C), Startnummer 7 - Hermann Lang (Mecedes-Benz W 125). 3. Reihe: Startnummer 12 - Dr. Giuseppe "Nino" Farina (Alfa Romeo 12C-36), Startnummer 11 - Tazio Nuvolari (Alfa Romeo 12C-36), Startnummer 2 - Ernst von Delius (Auto Union C). 4. Reihe: Startnummer 5 - Hermann Paul Müller (Auto Union C), Startnummer 10 - Christian Kautz (Mecedes-Benz W 125). 5. Reihe: Startnummer 16 - László Hartmann (Maserati 8CM), Startnummer 9 - Richard "Dick" John Beattie Seaman (Mecedes-Benz W 125), Startnummer 18 - Hans Rüesch (Alfa Romeo Tipo B). 6. Reihe: Startnummer 15 - Luigi "Gigi" Soffietti (Maserati 6C-34), Startnummer 24 - Guglielmo Carraroli (Alfa Romeo 2900A). 7. Reihe: Startnummer 21 - Adolfo Mandirola (Maserati 8CM), Startnummer 19 - Renato Balestrero (Alfa Romeo 8C-35), Startnummer 23 - Graf Ernõ Festetics, Maria Josef Ernst Graf Festetics von Tolna (Maserati 8CM).
  3. Varata nel 1934, e inizialmente prevista per tre stagioni, viene invece prorogata per un altro anno la nuova Formula internazionale, la cosiddetta "formula del peso", che prevede che le monoposto debbano rientrare nel limite massimo di 750 kg, senza liquidi e senza gomme, con cilindrata libera. Nell'ultimo anno della formula, giungono alla loro massima efficienza due filosofie progettuali differenti, anzi, agli antipodi. La Mercedes-Benz, dopo i trionfi con la W 25 nel 1934 e nel 1935, aveva clamorosamente fallito nel '36 col modello W 25 K. Per il '37 dunque, nonostante fosse l'ultimo anno coi vecchi regolamenti, viene varata una macchina completamente nuova la W 125: classica l'architettura a motore anteriore, ma con l'8 cilindri portato a 5660 cc sovralimentato con compressore Roots e una potenza che a seconda delle varie versioni va da 575 a 685 cavalli. Un autentico mostro da pista capace di superare agevolmente i 330 km/h. Una potenza che nei Gran Premi verrà eguagliata solo 45 anni dopo, all'alba dell'era-turbo. Sull'altro fronte, i cugini-rivali dell'Auto Union, con risorse economiche più limitate rispetto alla Mercedes, decidono di affinare la Type C dominatrice del 1936, la prima monoposto vincente con l'inconsueta architettura del motore posteriore centrale, come nelle moderne F1. Il motore è il 16 (!!) cilindri sovralimentato portato alla bellezza di 6000 cc, con una "coppia" favolosa, che rende i suoi 520 cavalli sempre prontissimi a ruggire a ogni marcia. Difficile da pilotare, vista la tendenza accentuata al sovrasterzo. In quella stagione, per la prima volta, non ce ne sarà per nessun altro. Se nel 1934 i difetti di gioventù avevano inizialmente lasciato spazio agli avversari, se nel '35 l'Alfa Romeo era riuscita a vincere una gara (il famoso GP di Germania), se nel '36 il flop Mercedes aveva dato modo a Nuvolari (vincitore a Barcellona, Budapest e Livorno) di contrastare talvolta la marcia trionfale di Rosemeyer (campione d'Europa '36 alla prima stagione completa nei GP), adesso, nel 1937, tutti i 12 Gran Premi internazionali sono vinti dai due team tedeschi: 7 vittorie per la W 125, quattro con Caracciola (Germania, Svizzera, Italia e Brno in Cecoslovacchia), due con Lang (Tripoli e Avus) e una con Brauchitsch (Monaco). Da parte sua l'Auto Union vince 5 gare, di cui quattro con Rosemeyer (Eifel, Vanderbilt a New York, Pescara e Donington) e una con Hasse (GP Belgio). I due dominatori, Caracciola e Rosemeyer, finiscono quindi con 4 vittorie a testa, ma nel Campionato Europeo (articolato su cinque gare) è Caracciola a prevalere, vincendo il suo secondo titolo dopo quello del '35.
  4. sundance76

    Auto Union

    Stupendo, lunghissimo, completo articolo-dossier del grande Aldo Zana su Ruoteclassiche di ottobre 2003, vista la lunghezza forse devo inserirlo in diversi post. Si comincia con le quattro annate dal 1934 al 1937.
  5. sundance76

    Stagione 1935

    In questo servizio del settimanale Rombo di inizio '86 vengono rievocati un paio di capitoli della preziosa autobiografia del grande giornalista Giovanni Canestrini, "Una vita con le corse". Pagine riferite proprio alla stagione '35 di cui si occupa questa nostra sezione:
  6. All'inizio del 1937, l'Auto Union effettua una curiosa e anomala "tourneé" invernale in Sudafrica (dove invece è estate), disputando il 1° gennaio il GP del Sudafrica sul circuito di East London e il 16 gennaio il GP Grosvenor a Città del Capo. Si tratta di due competizioni "a handicap". La parola a Cesare De Agostini in un articolo apparso nel 1976 sul AutoSprint.
  7. Diversi di voi già conoscono il tema di questo thread. Il "mistero" riguarda il "Campionato Europeo Grand Prix" 1939, l'antecedente diretto dell'odierno Mondiale F1.Il Campionato Europeo dei Grand Prix degli anni Trenta fu una competizione rimasta a lungo nel dimenticatoio, ma su cui studi relativamente recenti hanno gettato nuova luce. L'idea iniziale fu, nel 1935, dell'Automobile Club della Germania che propose di assegnare un punteggio ai piloti classificati in alcuni Gran Premi della stagione. L'AIACR (cioé la FIA dell'epoca, Associazione degli Automobil Club Riconosciuti) accettò la proposta, e venne istituito il "Campionato Europeo Grand Prix". O meglio, il Campionato "rinacque", perché già nel 1931 e 1932 era stato organizzato un torneo simile, che premiò Ferdinando Minoia (1931) e Tazio Nuvolari (1932), entrambi su Alfa Romeo. In molte fonti, queste due edizioni vengono spesso indicate con la dicitura "Campionato Automobilistico Internazionale", mentre in altre appunto è indicato come "Europeo". Poco cambia.La prima ricostruzione del complesso meccanismo di assegnazione del punteggio e dell'andamento delle cinque edizioni del campionato svoltesi dal 1935 al 1939, si deve all'inglese Chris Nixon e alle ricerche da lui compiute per il suo "Racing the Silver Arrows", in assoluto uno dei più bei libri di storia automobilistica, edito dalla Osprey Publishing nel 1986 e ristampato dalla Transport Bookman nel 2003.I Gran Premi presi in considerazione variarono da un anno all'altro, sopportatene l'elenco: 1935: Monaco, Francia, Belgio, Germania, Svizzera, Italia, Spagna1936: Monaco, Germania, Svizzera, Italia 1937: Belgio, Germania, Monaco, Svizzera, Italia 1938: Francia, Germania, Svizzera, Italia1939: Belgio, Francia, Germania, Svizzera (Italia fu annullato perché erano iniziati i lavori di rinnovamento all'autodromo, ma comunque a inizio settembre era scoppiata la Seconda Guerra Mondiale). Il punteggio era attribuito secondo un sistema che, al contrario di quanto avviene oggi, prevedeva l'assegnazione di penalità, ossia di punti crescenti al peggiorare delle prestazioni individuali. Al vincitore di ciascuna corsa toccava 1 punto, 2 andavano al secondo, 3 al terzo, 4 a chi percorreva tre quarti della distanza, 5 a chi ne percorreva metà. Infine si "pagavano" 6 punti coprendo un quarto del percorso, 7 con meno di un quarto, 8 se non si prendeva il via. Chi alla fine totalizzava meno punti di tutti era il campione.Stando ai suddetti calendari e assegnando il punteggio come indicato, i campioni europei sono:1935 Rudi Caracciola (Mercedes-Benz) 1936 Bernd Rosemeyer (Auto Union) 1937 Rudi Caracciola (Mercedes-Benz) 1938 Rudi Caracciola (Mercedes-Benz)Fin qui, tutti d'accordo. I dubbi riguardano il 1939: facendo i conti come si è detto, il campione risulta essere Hermann Paul Muller (Auto Union) con 11 penalità, davanti a Hermann Lang (Mercedes-Benz) con 14. Senonché, sia Chris Nixon sia George Monkhouse e altri, attribuiscono il titolo a Lang. Del resto, lo stesso Lang si considerava campione d'Europa: lo scrisse nella prefazione al libro di Nixon più sopra citato, e lo aveva proclamato 43 anni prima nel titolo della sua autobiografia, "Von Rennmonteur zum Europameister", ("Da meccanico da corsa a campione d'Europa"), Verlag Knorr & Hirth, 1943.Come spiegare questo bel pasticcio? Il fatto è che Lang fu effettivamente l'autentico dominatore della stagione 1939, in cui prese parte a otto corse vincendone cinque: ma di queste cinque solo due (GP del Belgio e di Svizzera) facevano parte del campionato. Nelle altre due "europee" (GP di Francia e di Germania) egli percorse rispettivamente metà della distanza e meno di un quarto. Totalizzando perciò 14 punti/penalità, fu preceduto da Muller con 11, grazie a un primo posto (Francia), un secondo (Germania) e altre due gare (Belgio e Svizzera) concluse coprendo tre quarti della distanza. Concordano con questa interpretazione altri rispettabili studiosi del settore, come Paul Sheldon (A Record of Grand Prix and Voiturette Racing, vol. 4, St Leonard Press, 1993) e Peter Higham (The Guinness Guide to International Motor Racing, Guinness Publishing, 1995). Per la completezza dell'informazione, aggiungo che le altre sue tre vittorie del 1939 Lang le ottenne nel G.P. di Tripoli (riservato quell'anno alle voiturettes, più o meno le F2 dell'epoca), nonché nel GP di Pau e nella Eifelrennen, corse che non rispondevano agli standard dei Grands Prix (oltre a non avere la denominazione corrispondente alla nazione nella quale si disputavano, prevedevano una distanza ridotta rispetto ai GP veri e propri). Molti indicano Muller vincitore del titolo: sulla base degli elementi conosciuti non sembra vi siano alternative. Nondimeno, esperienza e "prudenza" storica consigliano di non avallare al 100 per 100 né l'una né l'altra delle due classifiche. A tutt'oggi, infatti, mancano documenti d'epoca che rispondano inoppugnabilmente a questi due interrogativi: 1) il sistema di punteggio del 1939 era o non era identico a quello usato dal 1935 al 1938? 2) i Gran Premi valevoli per l'assegnazione del titolo erano o non erano effettivamente solo i quattro sopraindicati, ossia Belgio, Francia, Germania e Svizzera? (Fonte principale, l'articolo "I Campioni d'Europa" scritto da Gianni Cancellieri, pubblicato su Autosprint n. 19 del 7 maggio 2002)
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