Vai al contenuto
  • Navigazione recente   0 utenti

    • Non ci sono utenti registrati da visualizzare in questa pagina.

Rush - il film sulla stagione '76 di F1


Luke36

Recommended Posts

Un buon film per chi non sa nulla di questa storia e di F1, perché in effetti offre un bello spaccato della F1 dell'epoca e di due grandi piloti (e personaggi), che credo siano stati tratteggiati piuttosto bene.

 

A titolo personale, mi è piaciuto ma non entusiasmato. Al di là  di qualche incongruenza/errore (beh, li avete già  ampiamente messi in evidenza; sottolineo solo che mi è spiaciuto che Merzario non sia stato nemmeno citato, quando in realtà  il vecchio Arturo ebbe un ruolo decisivo nel salvataggio di Niki), stona l'esasperazione della rivalità  tra Hunt e Lauda: il loro vero rapporto mi pare si rifletta meglio negli ultimi minuti, il resto è una forzatura che capisco ma che non mi ha convinto. Le scene di azione sono come me le aspettavo: poco realistiche (ma le ruotate al via del Ring quando mai se le sono date? O sono io che non le ricordo?). Forse, sarebbe stato meglio utilizzare più immagini dell'epoca (ammesso che fosse possibile farlo, ovviamente), avrebbero dato non solo più realismo ma soprattutto più emozioni.  

Link al commento
Condividi su altri siti

Altra anticipazione di Mario Donnini per l'AS in edicola domani:

 

NONSOLORUSH
  
Cari lettori cartaginesi o by iPad, tra due ore troverete pubblicata su Autosprint una mia roba strana, intitolata “Il mistero del Fuji”, sulla quale vorrei dire un paio di cose.
Il 24 ottobre 1976, giorno dell’ultima sfida tra Hunt e Lauda e punto focale del film “Rush”, avevo 11 anni e babbo non mi fece alzare alla 5 di mattina per vedere il Gran Premio. «Sei piccolo - mi disse -, te lo racconto io dopo». Ore 8: mi sveglio. Babbo è in cucina, zitto. Poi parla: Â«àˆ andata male». E non dice altro. So che alle 9 la Rai manda la replica sul primo canale, ma babbo taglia corto: «Non la guardare, è una corsa maledetta». Non la guardai e un po’ mi pesò. Da subito.
Strano, però: babbo era triste. Di solito quando andava male una cosa alla Ferrari, esplodeva. L’ho visto tirare un cazzotto a un Voxson a valvole, nel 1974, quando la Domenica Sportiva annunciò che Regazzoni aveva perso il titolo contro Fittipaldi al Glen, sparando una madonna per la quale penso stia tuttora, buonanima, prestando i servizi sociali in purgatorio. 
Ma quella volta del Fuji, no. Zitto, impietrito.
Scusate, continuo a divagare. Ecco, a me affascina ogni volta Orson Welles in “Quarto Potere” quando al vecchio miliardario Kane fa rimpiangere fino all’ultimo l’unica cosa che abbia contato nella sua vita: lo slittino Rosebud, simbolo dell’infanzia andata, il suo vero paradiso perduto.
Be’, per me nei decenni quel Gran Premio mancato è stato il mio Rosebud, la tessera mancante, l’Atlantide inesplorata e rimpianta della vita fanciulla. E per decenni l’ho analizzato, rivoltato, scannerizzato, passando a tempo perso ore e ore qua e là , per lavoro, nel mondo o tra i libri, a parlare con almeno della metà  dei piloti che presero parte a quella corsa, piuttosto che con gente che a quel tempo comandava o che era lì come meccanico.
Dai e dai, costoro hanno iniziato a dare risposte sempre meno vaghe e a confidarsi. Da lì in poi, mettendo insieme il tutto, ne è uscito un mosaico nuovo, piuttosto stordente nel suo disegno finale. 
Roba che ridisegna la cronaca d’allora del Gran Premio del Giappone 1976, smentendola, riscrivendo la storia e narrando una realtà  ben più affascinante della fiction di Ron Howard, perché quando vuole la realtà  stessa è ben più creativa dell’immaginazione retribuita.
24 ottobre 1976. Occhio alle tre ore prima della partenza. Lì s’annida il giallo, il mistero. Tutto comincia e si compie. Tra colonne d’acqua nebulizzate, alle pendici del monte sacro Fujiama, qualcosa di ineluttabile sta per accadere, tra 25 piloti pronti a prendere il via di una corsa continuamente rimandata, al termine della quale nulla sarà  più come prima. 
“Io penso che un uomo fa ciò che può, finché il suo destino non si rivela”. àˆ una frase del film “L’ultimo samurai” - che mi piace molto. Ciò che accadde quel pomeriggio sembra esserne la testimonianza.
Ho ripreso in mano un inchiesta che avevo già  scritto tanti anni fa, perché la sorte l’ha fatta tornare buona, con “Rush che impazza nelle sale.
25.000 battute in 6 pagine, poche foto, approccio da legal thriller. 
Da stasera alle 18, per chi ha l’iPad e da domattina agli altri, buona lettura.
Ho ritrovato il mio Rosebud e un po’ sono contento.

 

 

1237156_10202129131334808_364021977_n.jp

  • Like 1
Link al commento
Condividi su altri siti

A differenza del padre di Donnini io quella mattina tirai giù dal letto praticamente tutti...anche mia nonna....e sempre a differenza del padre di Donnini io quella domenica non tirai nessun pugno al televisore...e sempre a differenza del padre di Donnini,quella domenica fui molto felice per come andarono le cose.

Su di una cosa fui d'accordo col padre di Donnini....l'incazzatura per il mondiale perso da Regazzoni.

  • Like 1
Link al commento
Condividi su altri siti

Un bel film/telenovela, difatti è piaciuto di + alla mia compagna, che partiva molto prevenuta, ma x un appassionato è (quasi) un continuo tormento. A parte le gare, sullo stile cartoni giap, gli svarioni + grossi (la FIA ,nel 1976? La mancanza di "Furia" Forghieri, le auto, compresa l'assurda targa della Fulvia, ecc,ecc), i due piloti vengono descritti in maniera rozza e superficiale. Hunt, nel film, è uno scapestrato, mentre, Lauda, è descritto come un antipatico presuntuoso. Ora capisco la storiella, ma così è una esagerazione. Soprattutto Lauda (il computer), al tempo, era rispettato e ammirato da tutti ed è stato l'antesignano (come professionista) di tutti i piloti di oggi. Per non parlare delle assurde conferenze stampa, tutte a suon di "vai a fà  ,,,,,",  mai viste!
Mi hanno colpito, però: il rombo dei motori, molto bello, i particolari meccanici, alla Gran Prix di John Frankenheimer, il tragico incidente di Cevert, la sofferenza (quella sì vera) di Niki all'ospedale.

Link al commento
Condividi su altri siti

Visto ieri!

 

Anche io ho notato la troppa differenza di personalità  tra i due piloti, soprattutto Lauda descritto come uno senza sentimenti e evitato da tutti.

 

Domanda ai tanti che c'erano e che ne sanno piu di me:

  E'vero l'episodio in conferenza stampa a monza del giornalista che chiede a lauda del rapporto con la moglie dopo lo sfiguramento?

E il conseguente vaff dell'austriaco e le botte prese??

Link al commento
Condividi su altri siti

Nessuna delle conferenze/riunioni che si vedono nel film è mai avvenuta.

Niki aveva già  sputato fuoco e fiamme contro Il Ring l'anno precedente (quando stabili il record) e x questo si beccò sonore strigliate da ex piloti.

Anche a Monza non ci fu nulla di tutto ciò, solo una breve dichiarazione (letta alla stampa da Gozzi) dopo il test a Fiorano, in mezzo alla pista.

Inviato dal mio GT-S5830i con Tapatalk 2

  • Like 2
Link al commento
Condividi su altri siti

Un bel film/telenovela, difatti è piaciuto di + alla mia compagna, che partiva molto prevenuta, ma x un appassionato è (quasi) un continuo tormento. A parte le gare, sullo stile cartoni giap, gli svarioni + grossi (la FIA ,nel 1976? La mancanza di "Furia" Forghieri, le auto, compresa l'assurda targa della Fulvia, ecc,ecc), i due piloti vengono descritti in maniera rozza e superficiale. Hunt, nel film, è uno scapestrato, mentre, Lauda, è descritto come un antipatico presuntuoso. Ora capisco la storiella, ma così è una esagerazione. Soprattutto Lauda (il computer), al tempo, era rispettato e ammirato da tutti ed è stato l'antesignano (come professionista) di tutti i piloti di oggi. Per non parlare delle assurde conferenze stampa, tutte a suon di "vai a fà  ,,,,,", mai viste!

Mi hanno colpito, però: il rombo dei motori, molto bello, i particolari meccanici, alla Gran Prix di John Frankenheimer, il tragico incidente di Cevert, la sofferenza (quella sì vera) di Niki all'ospedale.

La FIA esiste da inizio 900 (ma non credo avesse quel logo).

Della F1 però si occupava la CSI, ramo sportivo della FIA.

Inviato dal mio GT-S5830i con Tapatalk 2

  • Like 1
Link al commento
Condividi su altri siti

La FIA esiste da inizio 900 (ma non credo avesse quel logo).

Della F1 però si occupava la CSI, ramo sportivo della FIA.

Inviato dal mio GT-S5830i con Tapatalk 2

 

Giusto. L'unica cosa che è cambiata è il nome. Fino alla seconda guerra mondiale, la FIA si chiamava AIACR (Associazione Internazionale degli Automobil Clubs Riconosciuti), mentre la CSI si chiamava già  così sin dagli inizi del XX secolo.

  • Like 1
Link al commento
Condividi su altri siti

Intervista a Niki sul film

 

E quindi, sensazioni?
«Quindi incredibile».

Due parole in più?
«Quindi tutti i presenti l'altra sera l'hanno giudicato così: incredibile».

Con lei c'erano i suoi piloti, Nico Rosberg e Lewis Hamilton. C'era anche il patron del Circus, Bernie Ecclestone.
«Nico e Lewis erano entusiasti. Non pensavano proprio si potessero rendere così bene le emozioni e le sensazioni di un pilota. Ma in generale tutti erano soddisfatti dal realismo emerso. Io, personalmente, mai visto qualcosa di così reale sul nostro sport».

Per la verità  non c'era tutta questa unanimità . A parte Ecclestone, «ottimo film» che però ancora non si dà  pace di non averci guadagnato visto che il 1976, l'anno raccontato in Rush, non è coperto dai suoi diritti, tra gli ospiti c'era chi ha conosciuto Hunt (è morto nel '93, ndr) e l'ha trovato troppo ingentilito rispetto alla sua coriacea e affascinante schiettezza da playboy e figlio di.

Niki, ma a James Hunt sarebbe piaciuto un film così?
«Eccome. Ci sono grandi momenti che lo riguardano. E mi è dispiaciuto non fosse qui con me a guardare la nostra storia. Credo si sarebbe parecchio divertito».

Però quella F1 non c'entra con questa di oggi.
«Ma molti appassionati che sanno poco di quegli anni, che nei Settanta neppure erano nati, avevano bisogno di un film che gli facesse capire com'era quell'epoca delle corse. E l'opera di Ron Howard con la sceneggiatura di Peter Morgan (fra le altre, The Queen, ndr) riescono in questo: a spiegare ai tifosi di oggi ciò che facevamo allora e magari a farglielo apprezzare».

A proposito di oggi e di ieri: paragonati a voi, i piloti attuali sembrano impiegati del rischio voi eravate invece cavalieri del rischio.
«Lei ha mai fatto un giro sulla vecchia pista del Nurburgring?»

Sì, nel 2006, sulla safety car con Bernd Maylander Per raccontare proprio i trent'anni dal suo incidente.
«Ecco. Allora se confronta quella pista (era ed è lunga 23 km, stretta, con saliscendi ovunque) e quella su cui si corre adesso (8 km, semplice e con ampie vie di fuga), sa bene cosa intenda... Ecco. Quelli erano i rischi che dovevamo affrontare noi, questi sono invece i pericoli con cui devono convivere i piloti di adesso. Questa è la F1 di oggi. Uno sport dove ci si può anche toccare, fare a ruotate, combinare quel che si vuole in pista e non succede praticamente nulla».

Allora invece si moriva.
«Di più. Era proprio l'approccio a questo sport ad essere diverso. Anche oggi può accadere l'imprevisto in pista, ma noi convivevamo ogni Gp con l'eventualità  di farci male e ammazzarci. Noi salivamo in macchina con quest'idea ben chiara in testa. I piloti di oggi no. Con i progressi fatti dalla sicurezza non c'è più bisogno di correre con questo chiodo in testa. E allora cambia tutto. E' per questo che caratterialmente è impossibile che un pilota moderno sia simile a me o a James».

Sincero: ma le piacerebbe correre adesso?
«Eccome. Primo: avrei guadagnato dieci volte di più. Secondo avrei ancora il mio orecchio».

  • Like 3
Link al commento
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per commentare

Devi essere un utente per poter lasciare un commento

Crea un account

Registrati per un nuovo account nella nostra comunità. è facile!

Registra un nuovo account

Accedi

Hai già un account? Accedi qui.

Accedi ora
×
×
  • Crea nuovo...