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Marco Pantani


alessandrosecchi

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Sono tutti esempi negativi nel ciclismo, ma solo a lui è stata sulle spalle una croce enorme che apparteneva praticamente a tutti senza avere il diritto di un minimo di comprensione.

 

 

dico esempio negativo la sua vita, tra droga e incidenti d'auto.

 

guarda che Pantani è sempre stato super protetto, è stato fatto passare per vittima quando in realtà  era un truffatore come tutti.

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CHE COSA!?!?!?!?!?

 

 

candido-cannavo.jpg

 

Cannavò ha massacrato pure Rossi dopo la storia del fisco, se uno gli cadeva sotto i tacchi era la fine, per lui era un tradimento perchè di Pantani ne ha sempre tessuto le lodi.

 

Mi dispiace, ma più sei in alto più ti fai male quando cadi.

 

Pantani fosse stato uno coi coglioni sarebbe risalito subito in sella come hanno fatto altri, invece ha preferito drogarsi come l'ultimo degli ultimi nella vita.

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Ma diche cosa stai parlando Muresan? Ma io davvero non lo so. Pantani non è mai, e ripeto mai, stato trovato positivo ad alcuna sostanza. Nel tunnel della droga ci è caduto dopo a causa della depressione.

Sono passati ormai nove anni dalla morte e penso di poter dire che ormai quella contro il Pirata è stata forse una delle applicazioni più cinicamente scientifiche della macchina del fango, a partire dal quel maledetto maggio 1999.

Mi spiace che MagicoSchumi non sia venuto a far parte dei nostri perchè su Pantani era documentatissimo e avrebbe potuto raccontare le cose molto più nel dettaglio.

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Ma diche cosa stai parlando Muresan? Ma io davvero non lo so. Pantani non è mai, e ripeto mai, stato trovato positivo ad alcuna sostanza. Nel tunnel della droga ci è caduto dopo a causa della depressione.

Sono passati ormai nove anni dalla morte e penso di poter dire che ormai quella contro il Pirata è stata forse una delle applicazioni più cinicamente scientifiche della macchina del fango, a partire dal quel maledetto maggio 1999.

Mi spiace che MagicoSchumi non sia venuto a far parte dei nostri perchè su Pantani era documentatissimo e avrebbe potuto raccontare le cose molto più nel dettaglio.

 

e ben appunto lo avevano fermato per 15 "solo" per l'ematocrito.

 

E' stato lui col suo atteggiamento ad autoeliminarsi, doveva risalire in sella per il Tour se avesse avuto le palle.

 

Adesso spero distruggano per bene Cipollini, lui si che se lo merita è sempre stato uno sbruffone, ma adesso è spacciato. Dovevano farlo nel 2002.

Modificato da Muresan80
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Ma diche cosa stai parlando Muresan? Ma io davvero non lo so. Pantani non è mai, e ripeto mai, stato trovato positivo ad alcuna sostanza. Nel tunnel della droga ci è caduto dopo a causa della depressione.

Sono passati ormai nove anni dalla morte e penso di poter dire che ormai quella contro il Pirata è stata forse una delle applicazioni più cinicamente scientifiche della macchina del fango, a partire dal quel maledetto maggio 1999.

Mi spiace che MagicoSchumi non sia venuto a far parte dei nostri perchè su Pantani era documentatissimo e avrebbe potuto raccontare le cose molto più nel dettaglio.

Allora contattalo :rolleyes:  :asd:

 

A me dispiace molto ma di Pantani non ho un gran giudizio, però non c'è più quindi... riposi in pace

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L'unico incidente d'auto che ricordo di Pantani è quando venne investito in una Milano-Torino mi sembra.

Provo un enorme stima per Marco, non voglio assolutamente dire che non fosse dopato, perché chi più, chi meno nel ciclismo lo sono tutti, ma penso che il personaggio Pantani stesse antipatico a tanta gente, dato il modo in cui è stato fermato quando c'erano corridori ben più "pieni" di lui.

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L'unico incidente d'auto che ricordo di Pantani è quando venne investito in una Milano-Torino mi sembra.

Provo un enorme stima per Marco, non voglio assolutamente dire che non fosse dopato, perché chi più, chi meno nel ciclismo lo sono tutti, ma penso che il personaggio Pantani stesse antipatico a tanta gente, dato il modo in cui è stato fermato quando c'erano corridori ben più "pieni" di lui.

 

invece a inizio 2000 prese contromano col suo ML Mercedes un senso unico e distrusse 5 macchine parcheggiate  ! ! ! :o

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e ben appunto lo avevano fermato per 15 "solo" per l'ematocrito.

 

E' stato lui col suo atteggiamento ad autoeliminarsi, doveva risalire in sella per il Tour se avesse avuto le palle.

 

Adesso spero distruggano per bene Cipollini, lui si che se lo merita è sempre stato uno sbruffone, ma adesso è spacciato. Dovevano farlo nel 2002.

 

Forse non lo sai, ma l'ematocrito di per sè non significa un accidente, e il valore era di solo un punto superiore al consentito.

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se dovessimo passare al microscopio ogni essere umano come è stato fatto con lui, odieremmo pure nostra madre.

la storia dell'ematocrito è una cretinata, a tal punto che un signore come Savoldelli rifiutò anche di mettere la magna rosa.

oltre al fatto che non significava assolutamente essere dopato. 

basta sentire cosa dice il suo preparatore Borra, attuale preparatore di Alonso.

" se uno ha le palle " facile parlare quando tocca agli altri

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Non starò qui a narrare le sue gesta o a scrivere di polemiche inutili. Ma pubblicherò un articolo di Umberto Galimberti, scritto il giorno della sua scomparsa (San Valentino 2004), per far riflettere su quanto spesso non sappiamo ascoltare il prossimo, incapaci di provare a capire chi ci sta parlando. 

Marco è morto a Madonna di Campiglio. La sua frase rilasciata davanti alle scalette dell'hotel, erano semplicemente un grido di aiuto che nessuno ha voluto ascoltare. Ci sono eventi che scatenano una depressione fatale e quel giorno fu così. Un valore di ematocrito pari a 52 (un punto di scarto dal momento che il cut off era di 50 + 1 [di tolleranza]), quando solo pochi giorni prima al controllo fatto a Marco dopo un'altra tappa del giro il valore era stato di 46. Da medico ho sempre avuto sospetti su quel 52 e la ragione è semplicissima: l'eritropoietina (EPO) non agisce immediatamente ma ha bisogno di settimane di terapia e settimane per dare una risposta midollare efficace. Ora come era possibile che in pochi giorni il suo ematocrito passava da 46 a 52 ? Inoltre stava stradominando il giro e che ragione avrebbe mai avuto di utilizzare sostanze dopanti che peraltro, per agire abbisognano di settimane ? 

Fu chiarissimo per me che qualcosa "puzzava". Ma anche se fosse stato vero quel 52, nessuno prese in considerazione una banale spiegazione: quel giorno Marco fece una impresa mostruosa: gli saltò la catena e perse parecchi secondi mentre il gruppo se ne andava. Ebbe difficoltà  a recuperarlo. Passò 70 corridori ! Prese la testa della corsa e staccò tutti. Disperse molte energie e soprattutto liquidi e per questo si emoconcentrò. L'ematorcito si alzò per una banale non adeguata reidratazione nel post gara. Tutto qui. Non a caso il controllo che Marco fece a Monza pochissimi giorni dopo era normale ! Ora chi utilizza l'eritropoietina ha valori di ematocrito alti anche a riposo e allora su Marco avrebbero dovuto trovare valori elevati anche a Monza. Così non fu.

Alcuni reagiscono in un modo, altri no. Marco vide in quel 52 una onta al suo professionismo e alle sue fatiche. E ne aveva ben donde ! Per questo vi chiedo di rileggere questo articolo perchè spesso accade che la mente di una persona, reagisca in modo devastante ad eventi per altri non significativi. Ma sta a noi saper riconoscere i segni di tale reazione negativa perchè il riconoscerli potrebbe significare salvare una vita.

Buona lettura.

Pantani nel deserto dei depressi
di UMBERTO GALIMBERTI

La cosa più sconvolgente nella tragedia di Marco Pantani forse non è la sua morte, ma l'assoluta solitudine in cui era stata lasciato negli ultimi anni, quando le glorie del campione cedevano il posto alle sofferenze mute e forse abissali dell'uomo.

Educati come siamo alla cultura dell'applauso non sappiamo neanche dove sta di casa la cultura dell'ascolto. Distribuiamo farmaci per contenere la depressione, ma mezz'ora di tempo per ascoltare il silenzio del depresso non lo troviamo mai. Con i farmaci, utili senz'altro, interveniamo sull'organismo, sul meccanismo biochimico, ma la parola strozzata dal silenzio e resa inespressiva da un volto che sembra di pietra, chi trova il tempo, la voglia, la pazienza, la disposizione per ascoltarla? Tale è la nostra cultura. E allora il silenzio diventa tumultuoso, e la depressione prende a parlare, non con le nostre parole banalmente euforiche o inutilmente consolatorie, ma con quelle rotture simili alla lacerazione delle ferite quando il corpo le conosce come ferite mortali.
àˆ a questo punto che lo spettro della morte si annuncia e inizia a parlare con il tono tranquillo di chi sa di tenere nelle proprie mani tutte le sorti.

Fine del baccano indiavolato in cui quotidianamente tentiamo di esprimere la nostra gioia. Un baccano che è la parodia del grido d'angoscia che, se fosse ascoltato, ci farebbe riconoscere un uomo nel deserto delle cose.

Un deserto che si espande da quel presente muto, in cui il depresso disabita per invivibilità  ogni evento, al passato che ha desertificato glorie, trionfi e amori che non si sono radicati, progetti estinti al loro sorgere, ricordi che non hanno nulla a cui riaccordarsi, in quella solitudine frammentata dove l'identico, nella sua immobilità  senza espressione, coglie quell'altra faccia della verità  che è l'insignificanza dell'esistere.
Non si può parlare neppure di disperazione, perché l'anima del depresso non è più solcata dai residui della speranza. E le parole che alla speranza alludono, le parole di tutti, più o meno sincere, le parole che non si rassegnano, le parole che insistono, le parole che promettono, le parole che vogliono guarire languono tutte attorno al depresso, come rumore insensato. Il rumore che gli altri, quelli che un tempo applaudivano, si scambiano ogni giorno per far tacere a più riprese quella verità  che il depresso, nel suo silenzio, dice in tutta la sua potenza.

Bisogna avere il coraggio di vivere fino in fondo anche l'insignificanza dell'esistenza per essere all'altezza di un dialogo con il depresso. E solo muovendosi intorno a questa verità , che è poi la verità  che tutti gli uomini si affannano a non voler sentire, può aprirsi una comunicazione.

Comunicazione rischiosa, non perché ci può trascinare nella depressione, ma perché può tradire la nostra insincerità . Il depresso infatti è sensibile al volto che smentisce la parola, e il suo silenzio smaschera la finzione e l'inconsistenza. Per questo i volti dei depressi sono rigidi e pietrificati.

Abitando la verità  dell'esistenza con tutto il suo dolore, essi non stanno al doppio gioco della parola che danza disinvolta nell'insensatezza della vita, o che, impegnata, indica una formazione di senso laggiù ai confini del deserto.

Il depresso sa che il confine, come l'orizzonte, è sempre al di là  di ciò che di volta in volta appare come confine e orizzonte, sa che non c'è felicità  nella sequenza dei giorni, che il sole che muore è lo stesso che risorge, e che nel cerchio perfetto che il ritorno disegna naufraga il progetto che per un giorno s'era levato per reperire un senso nella vita.

Si può spezzare questo cerchio tragico e perfetto? Sì, se siamo capaci di ritrovare l'essenza dell'uomo che Hà¶lderlin indica là  dove dice: "Noi siamo un colloquio" . Il colloquio è fatto solo di parole, ma le parole non si dicono solo, si ascoltano anche. Ascoltare non è prestare l'orecchio, è farsi condurre dalla parola dell'altro là  dove la parola conduce. Se poi, invece della parola, c'è il silenzio dell'altro, allora ci si fa guidare da quel silenzio.

Nel luogo indicato da quel silenzio è dato reperire, per chi ha uno sguardo forte e osa guardare in faccia il dolore, la verità  avvertita dal nostro cuore e sepolta dalle nostre parole. Questa verità , che si annuncia nel volto di pietra del depresso, tace per non confondersi con tutte le altre parole.
Parole perdute per il senso profondo della nostra esistenza, che ogni giorno tentiamo di disabitare dietro le maschere in cui è dipinta ovvietà , incrostazioni di felicità , recitate euforie.

Esaltarci per i trionfi o piangere per la morte sono gesti insufficienti al limite dell'ovvio, così come non basta batter le mani tanto per una vittoria quanto per il passaggio di una bara. La depressione chiede di più: non entusiasmi, non pianti, non applausi. La depressione chiede ascolto.

Quell'ascolto che tutti abbiamo negato a Marco Pantani e che, a partire dalla sua morte, potremmo incominciare a inaugurare come primo segno di una cultura meno plaudente perché più riflessiva, più attenta alla solitudine degli uomini.

 

 

I sogni, la tristezza

e due ali sul Tour
di GIANNI MURA

Caro Marco, so bene che scrivere una lettera a un morto può sembrare il massimo della retorica, ma questo sento di doverti adesso che sei sparito dalle prime pagine ma continui a restare in quelle che noi siamo, vecchi e giovani libri, muri, lavagne, cortecce, ricordi. E poi sulla retorica sono vaccinato, nulla ti e ci è stato risparmiato, nemmeno Alessia Merz e Sinisa Mihajlovic che commentavano la tua morte, nemmeno il titolo "Ucciso dall'antidoping". Sarebbe il primo caso, mentre il doping ne ha uccisi parecchi.

Ma devo dirti altre cose: in morte sei stato generoso come in vita. Una vita, cento discussioni: il doping, l'antidoping, la droga (l'altra), la depressione, la solitudine, la giustizia. Stanno cercando l'ultimo spacciatore, ma tu eri già  spacciato. Non m'interessa che lo trovino, era l'ultimo. Avessero trovato il primo, sarebbe cambiato qualcosa? Non lo so. So che è un'ingiustizia dire che t'avevano abbandonato tutti.

Non è vero né per la tua famiglia né per altri del gruppo, né per la tua donna, quella che forse ti ha capito più di tutti, in un ambiente maschilista come pochi, quella che ha cercato di farti capire che si può vivere bene anche senza bicicletta, quella di cui rimpiangevi gli occhi e il cuore, in uno degli ultimi bigliettini che hai scritto.

E credo che tu pensassi a lei, nel finale di quel documento letto nella chiesa di Cesenatico: "Questo documento è verità , la mia speranza è che un uomo vero o una donna legga e si ponga in difesa di chi, come si deve dire al mondo, regole per sportivi uguali per tutti. E non sono un falso, mi sento ferito e tutti i ragazzi che mi credevano devono parlare".

Io questo documento, che per com'è stato presentato si può definire testamento, o anche messaggio nella bottiglia che ci arriva da lontane isole, l'ho letto centinaia di volte. Credo che sia tutta roba tua, forse scritta in momenti diversi, perché in queste righe ti ritrovo, ritrovo il tuo modo di ragionare e anche di correre. C'è qualche salto, qualche spezzatura, si capisce (si sa) che le hai scritte a Cuba (altrimenti hasta la victoria non si spiega), scritte sulle pagine del passaporto. Centinaia di volte, non esagero. Speravo che qualcuno lo analizzasse bene (non serve, ormai), invece hanno deciso che erano frasi da uno giù di testa e amen.

Mica tanto. In tv mi ha preso come un pugno quel passaggio: "Ma andate a vedere cos'è un ciclista e quanti uomini vanno in mezzo alla torrida tristezza per cercare di ritornare con quei sogni". Torrida tristezza, bellissimo, e anche quel cercare di ritornare (non sempre si riesce).

Tarderà  molto a nascere, se nasce: confesso che avevo pensato di cominciare così il pezzo, parafrasando il "Lamento" di Lorca per il torero Inacio caduto nell'arena. Perché nella tua vita e nella tua morte disperata ci sono forti tracce di poesia. Ho lasciato stare, perché il toro tu lo portavi dentro, finché t'ha incornato e in apparenza ha vinto lui. Avrei anche potuto parafrasare Ungaretti: "Sono un ciclista/Un grido unanime/Un grumo di sogni".

Hai scritto un messaggio pieno di speranze, di sogni, di cuore. Come quando pedalavi. E di umiliazioni, ferite, come quando non pedalavi. Una volta mi hai detto, in gergo ciclistico, che fino all'ultimo chilometro dal tuo cuore, la flamme rouge, potevano arrivare in tanti, ma nessuno avrebbe mai avuto la chiave per andare oltre gli ultimi duecento metri. L'hai detto con orgoglio.]

Se qualcuno l'avesse avuta, quella chiave, saresti ancora vivo. Invece sei morto (ma non del tutto). Per colpa della giustizia e dei giornalisti, dicono quelli che pensano di amarti senza averti mai conosciuto (si può amare senza conoscere?), e di questi tempi a dire così non sbagli mai, è una frase che vale come "piove, governo ladro".

E' un complotto, dicono, ma a chi conveniva far fuori la gallina dalle uova d'oro? Te li ricordi quelli che protestavano contro la tv che continuava a riprendere la tua processione in coda, dopo la caduta sul Chiunzi? Il ciclismo non è solo Pantani, dicevano. Già , ma senza Pantani che ciclismo è?

Se avevi nemici (non avversari, nemici) era in gruppo, però nel testamento-documento tu parli da difensore di tutto il gruppo, "perché si sta dando il cuore". Da capofila, con toni quasi profetici, con un inciso colloquiale, disarmante e disarmato: "e poi dopo come fai a non farti male". Te ne sei fatto e te ne hanno fatto, non c'è ematocrito alto che valga più di due settimane di stop, né ombre (si saprà  mai com'è andata a Lugano col sangue di Forconi?) che meritino i tuoi ultimi anni da condannato a morte. Tu sei morto perché la vita non aveva molto senso.

Un suicidio è un gesto tecnico, preciso, uno può lasciare un bigliettino come Esenin, Majakovskij e Pavese, oppure nulla. Una deriva come la tua è un gesto diverso, e tu sei morto perché eri diverso. S'era mai visto prima un corridore pelato e col pizzetto? S'era mai visto negli ultimi tempi un vincitore del Tour che non andasse forte a cronometro? Quando sei morto, ho scoperto che avevi vinto 34 corse in tutto. Merckx ne vinceva di più in una stagione. Ma era il modo, non il numero. Per questo Villeneuve è stato più amato di Schumacher. Per questo al tuo funerale c'era Charly Gaul, malato, e c'era Michele Dancelli, altro sognatore nomade, che non ti ha mai conosciuto, forse, ma Cuba sì.

Non morirai del tutto perché il ciclismo è lo sport più ricco di memoria e, per riflesso, di morti. Lo so già  che da qualche parte, sulle strade del Tour, ci saranno sul gruppo due ombre taglienti, larghe, simmetriche. Le ali di Pantadattilo, ma qualche stupido dirà  che sono nuvole.

 

 

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se dovessimo passare al microscopio ogni essere umano come è stato fatto con lui, odieremmo pure nostra madre.

la storia dell'ematocrito è una cretinata, a tal punto che un signore come Savoldelli rifiutò anche di mettere la magna rosa.

oltre al fatto che non significava assolutamente essere dopato. 

basta sentire cosa dice il suo preparatore Borra, attuale preparatore di Alonso.

" se uno ha le palle " facile parlare quando tocca agli altri

Savoldelli disse pure che la macchina per l'ematocrito di Campiglio era sballata.
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se dovessimo passare al microscopio ogni essere umano come è stato fatto con lui, odieremmo pure nostra madre.

la storia dell'ematocrito è una cretinata, a tal punto che un signore come Savoldelli rifiutò anche di mettere la magna rosa.

oltre al fatto che non significava assolutamente essere dopato. 

basta sentire cosa dice il suo preparatore Borra, attuale preparatore di Alonso.

" se uno ha le palle " facile parlare quando tocca agli altri

 

ci sono un sacco di esempi di grandi uomini con le palle cubiche, che non sono martiri, mentre qui martirizziamo uno che si è fatto del male da solo con la droga e drogarsi per me è una colpa gravissima.

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l'ematocrito deve essere 44 già  sopra quella cifra è preoccupante vuol dire che qualcosa prendi, figuriamoci dopra i 50 che è il limite per i ciclisti

 

Ma chi l'ha detto? :asd: Ho parlato con dozzine di medici e nessuno mai mi ha detto di una correlazione diretta tra ematocrito alto e uso di sostanze illegali.

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La cosa che a me ha sempre colpito e ha fatto sempre pensare è solo una cosa: il suo albo d'oro. Marco ha sempre vinto sin da bambino. Correva con le bici da corsa da quando è nato e ha sempre vinto !!! Insomma non è mai stato un corridore nato dal nulla. Quelli si che sono stati sempre sospetti (vedi Florence Griffith Joyner). 

Modificato da Luke36
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