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Showing content with the highest reputation on 11/03/18 in messaggi

  1. Jorg Muller testa sul circuito francese di Miramas la FW20B nel 1999, laboratorio a motore BMW in attesa del ritorno della casa bavarese all'inizio del millennio successivo
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  2. Versione personale della EuroBrun ER188B del 1989 di Sauro Torreggiani, con livrea alternativa.
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  3. Versione personale della Brabham BT60B di Sauro Torreggiani, con la livrea utilizzata ad inizio stagione 1992.
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  4. At USA East Grand Prix and Canada Grand Prix in the season 1978 Team McLaren started with the model M26 in Lowenbrau white-blue colours.
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  5. I found at the internet that there is a conversion of the McLaren MP4 / 2C from 86, driven by Keke Rosberg. The yellow paint, instead of the traditional red, to publicize the Marlboro Light, which occurred in the GP of Portugal 1986.
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  6. Avevo perso un po' di vista la cosa, ma effettivamente una Formula 5000 australiana si sta correndo. Mi sono imbattuto poco fa nella gara di Pukekohe, in attesa di rivedermi quella del Supercars. E non è nulla di tutto ciò di cui abbiamo parlato in questo topic
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  7. Auguri a @Scarlett, una delle poche (e coraggiose) ragazze di questo forum
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  8. il calendario 2019 dell'imsa nessuna variazione da segnalare, se non che le gare in usa verranno trasmesse non più da fox sport, ma dalla nbc. come avete già scritto, i dpi e le lmp2 verranno divisi in due categorie separate. una decisione comunque condivisa dai team lmp2. a me personalmente andava bene cosi come quest'anno.
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  9. DATI GENERALI Scuderia Marlboro McLaren International Anno di produzione 1986 Motore TAG Porsche P01 V6 1496 cc turbo Elettronica Bosch Motronic Telaio Monoscocca in fibra di carbonio Carburante e lubrificanti Shell Pneumatici Goodyear Luogo di produzione Woking (GB) google.maps Progettista John Barnard e Gordon Kimball Impiegata nel 1986 Piloti 1 Alain Prost, 2 Keke Rosberg STATISTICHE GP Disputati 16 Vittorie 4 Podi 12 Pole Position 2 Giri Più Veloci 2
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  10. At USA West Grand Prix 1979 in Long Beach Team McLaren started with Lowenbrau white-blue livery instead of Marlboro.
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  11. 1 point
  12. Il signor Lorenzo (con il contratto Honda in cassaforte) se non ha più motivazioni per restare in Ducati può anche dire: con voi ho chiuso.
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  13. Si, ma secondo te questo fine settimana si sentiva in condizioni di correre? Io non sono uno che cerca del marcio in tutto, lo sai, ma qui la cosa secondo me puzza. Puzza perchè viene esattamente dopo la bella prestazione di Bautista, puzza perchè viene dopo una rottura brutta tra Lorenzo e la Ducati, puzza perchè un pilota lo sa se può fare un fine settimana di gara o no, puzza perchè la Ducati ha ancora possibilità matematiche di vincere il titolo (che non vincerà ugualmente eh, intendiamoci, ma ha la possibilità matematica). E a maggior ragione puzza perchè la questione mondiale è proprio tra Honda e Ducati. Diciamocelo in maniera onesta, con tutto il rispetto che ho per Pirro: la Ducati ha bisogno in questo finale di stagione di giocare a due punte. Michele è un pilota rispettabilissimo, ma anche se fosse passato in Q2, anche se avesse fatto la pole, domani non avrebbe avuto le stesse possibilità di Lorenzo (o di Bautista, se preferisci). Poi per carità, nulla cambierà perchè 39 punti sono un distacco che non è colmabile. E, del resto, Marquez merita ampiamente anche il titolo marche (dico Marquez perchè i punti sono praticamente tutti suoi, eh). Però questa è l'ennesima caduta di stile di un campione che fuori dalla pista non ha mai saputo gestirsi. Dovizioso in questa occasione è la voce della Ducati, ci metto la mano sul fuoco.
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  14. Dopo avere parato anche mosche e moscerini per 90' però
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  15. Non sta dicendo che l'infortunio di Lorenzo sia finto. Anzi, l'esatto opposto: perchè sapendo di non poter correre non ha lasciato alla Ducati la possibilità di organizzare un sostituto a cui far fare tutto il fine settimana? Il fatto che un pilota vada un po' così, alla "spera in Dio", un po' puzza eh
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  16. Fenati ormai lavora in ferramenta, non è più interessato alle corse. Strano che Cuzari non lo sappia
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  17. Even if our content is in italian, you can switch to english using the option "Traduzione" on the bottom of the page. In this way all options switch to english allowing you to understand better all functions
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  18. 1968 - Warwick Farm Jim Clark - Lotus 49T
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  19. Sperano di rendere la gara un minimo interessante?
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  20. Credo di essermi perso scene clamorose. Ho visto che alle 19:30 italiane c'è la replica su Fox Sports, direi che me la guardo e domattina mi sveglio pure alle 4:00
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  21. l'entry list della 6 ore di shanghai entry list shanghai nuovamente assente l'unica ginetta rimasta, ora motorizzata aer. per adesso non c'è nessuna notizia ufficiale , qualcuno dice che il progetto va avanti comunque, nonostante tutti i problemi. ho paura però che salterà anche sebring, per una ragione di costi soprattutto.
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  22. Si conclude anche l'imbattibilità dei Bucks, ora tutte le squadre hanno subito almeno una sconfitta. Intanto, non ci avevo fatto caso, ma i Rockets hanno vinto solo 2 delle 7 partite disputate. Se ci sono Paul e Harden in campo, bene, ma se manca uno dei due son dolori.
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  23. Lorenzo salta anche questa, al suo posto Pirro
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  24. 1 point
  25. Una lotta piu' bella non la si poteva immaginare...
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  26. This Nel comunicato del team SPM è detto espressamente che Ericsson continuerà ad essere terzo pilota Sauber. D'altra parte quello del terzo pilota è un ruolo poco più che istituzionale: potrebbe farsi qualche prova libera al venerdì mattina e qualche giro al simulatore, nulla che vada a cozzare pesantemente contro l'attività in Indycar
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  27. Potrebbe anche rimanere lui il terzo pilota della Sauber, non credo che l'impegno in Indycar sia un problema.
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  28. LA "CHIAVE" DEL SUCCESSO AL SAFARI Il calore del sole sfumava i contorni del paesaggio. La pista, davanti ai miei occhi, si perdeva in un fastidioso riverbero tremolante. Le colline degli altipiani del Kenya mi apparivano sfuocate quasi che, improvvisamente, la mia vista fosse stata intaccata da una forte miopia. Sul “red ground” la Delta lasciava una scia di polvere rossa. Lunghissima. Una cometa. Avevo il viso sudato, impastato dal quel maledetto pulviscolo che entrava dappertutto. Nelle cuffie la voce, forte e chiara di Tiziano. Ero in testa al Safari Rally ma i presagi non promettevano niente di buono. Troppe le negatività che si erano succedute nel corso della preparazione di quell’edizione 1988. Anche per uno come me, per nulla superstizioso. A febbraio, nel corso delle prime ricognizioni nella savana, avevo avuto un grave incidente. In piena velocità, a 180 chilometri all’ora, la macchina era decollata su un avallamento ed era capottata. Ero uscito indenne, Tiziano invece lamentava la frattura di una costola e una forte botta alla schiena. Situazione medica non grave ma, per il recupero completo del mio navigatore, il tempo non sarebbe stato breve. La conferma, infatti, era arrivata al rientro in Italia. Dopo i controlli la sua partecipazione al rally del Portogallo, che si sarebbe corso all’inizio di marzo, era apparsa impossibile. Come sostituto la Lancia aveva indicato Carlo Cassina. Nella mia carriera ho sempre avuto al mio fianco Tiziano. Tranne in tre occasioni, lo rammento perfettamente: il 100.000 Trabucchi, corso nel 1980 assieme al povero Loris Roggia con l’Opel; il rally della Lana, 1982, con “Rudy”, ancora con l’Ascona 400 e il Portogallo, appunto, con Cassina. Dire che la cosa mi disturbava era dire poco. La mia inquietudine, laggiù all’Equatore, era aumentata alcuni giorni prima del via. Nel corso di una delle ultime ricognizioni il muletto era letteralmente affondato nel fango. Per cercare di uscire dalla trappola mi ero messo a spingere anch’io. Il ginocchio ne era uscito malconcio. Avevo avvertito un dolore lancinante tanto che Ben Bartoletti era stato costretto ad iniettarmi degli antidolorifici per alleviare la sofferenza. E Tiziano non era ancora al massimo delle condizioni. Non avevamo avuto un momento tranquillo. E non era finita. In gara la sfortuna ci aveva perseguitato non poco: nella tappa verso nord si era spaccato il turbo e una zebra era finita sotto le ruote, per fortuna le protezioni anteriori aveva resistito bene al grande colpo. Episodi da Safari, ma ne avremmo fatto volentieri a meno dopo tutto quanto avevamo patito. Con una grande sofferenza, ma eravamo ancora in gara. Comunque i cattivi presagi continuavano ad aleggiare sopra la nostra Delta numero 6. In cuor mio mi aggrappavo ad una frase di un masai. L’avevo incontrato durante le prove di febbraio. “Tu piccolo italiano vincerai il Safari”, aveva profetizzato. Continuavo ad essere in testa. Il timore di altre disavventure era salito durante la notte. In Africa, più nera della pece. Nonostante la batteria dei fari anteriori e i due posizionati sui parafanghi, vedevo solo qualche decina di metri più avanti. L’attenzione era massima. Le ultime ore erano state vissute con una trepidazione incredibile. Kirkland, con la Nissan 200 SX, mi seguiva a nove minuti, un niente. Sarebbe bastata anche una foratura per compromettere tutto. Per questo Cesare Fiorio e Ninni Russo, quest’ultimo a bordo di un piccolo aereo Cessa a tenere i collegamenti radio, avevano riorganizzato completamente le assistenze. Ai 25 meccanici del team era stato chiesto il massimo sforzo. Troppo importante la posta in palio. Per tutti. Le forze erano state divise: alcuni uomini dislocati ai controlli orari, tutti gli altri erano stati piazzati lungo la pista, pronti ad intervenire nel momento in cui avessimo avuto bisogno. Una strategia perfetta, ognuno sapeva cosa fare. I chilometri sembravano senza fine. Nel corso di uno dei parchi assistenza pensavo mi venisse un infarto. Io e Tiziano eravamo andati nel camper a rifocillarci a al ritorno la nostra Delta non c’era più. Scomparsa, svanita. Mi sentii morire. “L’hanno rubata”, avevo pensato immediatamente. Incontrai Danilo Dalla Benetta, un amico meccanico di Vicenza, che stava seguendo il Safari per la Mazda. Un passato di navigatore al fianco di Antonillo Zordan, unico pilota privato nella storia dei rally ad aver battuto una Lancia Stratos ufficiale. Successe al Campagnolo 1976 e i due vicentini, con una Porsche preparata da loro stessi, riuscirono nell’impresa di superare Tony Carello in coppia con Arnaldo Bernacchini. “Miki, guarda che la macchina è laggiù”, mi aveva detto indicandomi la direzione con la mano. L’avevo inquadrata tirando un sospiro di sollievo. Il piazzale era in leggera discesa e, a causa delle pastiglie che si erano raffreddate, il freno a mano aveva perduto d’efficacia. La macchina si era andata ad appoggiare contro il tronco di un albero. Nessun danno, le protezioni anti animali, avevano fatto il loro dovere. Non era finita. Quando andai per aprire la portiera non trovai le chiavi. “Dove sono finite?”. Cercai nelle tasche, niente. “Tiziano, le hai prese tu?”, fu l’inizio di un ping pong delle responsabilità. Intanto passavano i minuti e dovevamo riprendere la marcia per non incappare in una penalizzazione. “Ragazzi, faccio io…”, disse Danilo chiudendo ogni discorso. Tempo trenta secondi e mi potevo riinfilare nell’abitacolo. I cattivi presagi continuavano. La nostra Delta Integrale era irriconoscibile, stava insieme con il filo di ferro dopo oltre quattromila chilometri di pietraie, polvere e guadi. Percorsi ad oltre 125 chilometri all’ora di media. Avevo perfino paura di parlare, sapevo che ormai era fatta, che mi stavo avviando verso un’impresa storica, ma sudavo freddo pensando che anche, negli ultimi metri, sarebbe potuto accadere qualcosa. Anche all’ingresso di Nairobi, a velocità ridotta, controllavo le spie sul cruscotto. Avevo paura che qualcuna si accendesse. Avevo perfino ripensato ai Safari perduti da Sandro Munari, una gara stregata per lui. Bastava un niente, sembra incredibile ma è così. Nell’abitacolo la tensione era ancora altissima nonostante ormai fosse questione di poco. Tiziano continuava a leggere il radar, scandiva le parole in maniera ancora più chiara per azzerare le possibili incomprensioni. Lo sguardo davanti, contagiri e spie, avevo socchiuso gli occhi per avere maggiormente a fuoco tutti i particolari. Proprio come fossimo ancora in prova. Nel centro della capitale del Kenya la gente si era accalcata numerosa lungo la strada. A centinaia, a migliaia, sempre di più. A seguire l’evento dell’anno. E io e Tiziano eravamo là, davanti a tutti. Primi al Safari, i primi italiani. Con una macchina italiana. All’Equatore avevamo conquistato il nostro Everest. Il tetto del mondo. Sulla pedana d’arrivo del Kenyatta Conference Center chiusi gli occhi. Stavo vivendo il momento più bello della mia vita. Era il 4 aprile 1988, lunedì di Pasqua. Gli amici irriducibili, al rientro a Bassano, mi avevano atteso nel solito locale vicino al ponte degli Alpini. “Né la zebra né el leon possono fermar Miki Biasion”, era stato il canto goliardico di saluto. Nei giorni successivi ero andato a Verona a verificare la situazione del ginocchio. Nello stesso tempo Ben Bartoletti mi preparò una tabella per recuperare, in breve tempo, gli oltre sei chili che avevo perduto durante la gara in Africa. Una settimana dopo il rientro in Italia mi chiamò Danilo. “Miki, mi inviti a cena?”, chiese. Era il minimo che potessi fare dopo l’aiuto in Kenya. Nel corso della rimpatriata mi consegnò un pacco. Lo scartai, all’interno c’era un quadro. Una bella cornice, la prima pagina del Nation, il quotidiano di Nairobi. Un titolone, “MiKilimanjaro”, una foto gigante a colori di quella fantastica giornata e, sotto, incollata, la chiave della Delta che avevamo perduto. Danilo l’aveva trovata in mezzo all’erba dopo che eravamo ripartiti. Non lo dimenticherò mai. * Tratto dal libro "Miki Biasion storia inedita di un grande campione" di Miki Biasion e Beppe Donazzan (Giorgio Nada Editore)
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  29. Oggi nel 1991. a Martinsville, Harry Gant centrava la sua 18. vittoria in carriera nella NASCAR Busch Grand National Series...
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  30. Per legge Rai ha diritto su alcuni eventi di rilievo tra cui Gp Monza
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  31. no, il logo appena mandato in pensione fu creato all'inizio del terzo millennio Nel '98 c'era ancora questa sigla.
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  32. Montecarlo, 1985... Foto da cineteca!
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