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Can-Am: 1966-1974


Lotus72

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Salve a tutti,

 

tirem innanz ...

 

Sept. 1, 1968 - Road America Full International - Elkhart Lake

 

Full International Road America – Elkhart Lake – 01/09/1968

 

Trenta piloti affrontano le bellissime curve dello spettacolare tracciato di Elkhart Lake il venerdì mattina; Ci sono delle sorprese, con alcuni protagonisti lontani dai migliori tempi e con alcuni com-primari che vivono il loro quarto d’ora di notorietà . Al sabato sera però le gerarchie sono ristabilite e la prima fila veste il caratteristico arancione delle Mclaren “casa†con Bruce ancora una volta più veloce del lotto. Hulme lo affianca e dietro in sequenza con tempi abbastanza vicini tra loro Jim Hall con la 2G dell’anno prima e Donohue con la M6b di Penske, Motschenbacher con la M6b a motore Ford e Parsons con la Lola T160 Chevy del team Haas, Peter Revson con la McLaren M6b Ford del team Shelby e Mario Andretti con la vecchia T70 Mk3 di Bignotti anche lui con motore Ford, Charly Hayes con la nuova McKee Mk10 e Pedro Rodriguez con la Ferrari 350P leggermente rivista nel telaio, ora più leggero di una decina di Kg e nel motore, sempre il 4,2 litri, ma con qualche cavallo in più.


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Al via i più lesto è Hulme, che allunga subito sul suo compagno di squadra impegnato nei primi giri a tenere a bada le due M6b di Donohue e Motschenbacher che ha scavalcato Hall la cui 2G non sembra essere particolarmente a suo agio con il pieno.  Le posizioni al vertice sembrano stabilizzate ed è un poco più in giù che la lotta è decisa, per esempio tra le due Lola T70 Mk3 di Fred Pipin e Roy Kumnick, che si scambiano più volte la posizione anche se sarà  il secondo a prevalere.

             

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Fred Pipin  Lola T70 Mk3 Chevrolet per lui due gare con il 16° posto di Elkhart Lake

come miglio risultato; a Bridgehampton sarà  out per una panne elettrica. (Dave Friedman)

 

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Roy Kumnick LolaT70 Mk3 Chevrolet un 14° posto nella sua unica partecipazione ’68. (Petter Photo)

 

Appena passata la metà  gara Parsons, fino ad allora ottimo quinto in lotta con Revson e Motschenbacher, saluta la compagnia con una spettacolare esplosione del suo Chevrolet e Pedro Rodriguez sempre più in crisi con le sue Firestone scivola indietro uscendo dai primi dieci, Hulme, McLaren, Hall, Donohue, Revson, Motschenbacher, Andretti, Hayes, Bucknum e Hansen.

 

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Peter Revson McLaren M6a Ford – Shelby buon inizio di Challenge con questa convincente

4° piazza, poi tra ritiri e arrivi lontano dai primi di soddisfazioni ce ne saranno ben poche. (Pierre Epancelin)

                                                                       

La corsa scorre un po’ monotona, con Hulme che ha un distacco di ormai oltre 25 secondi sul suo coequipier che a sua volta ha un margine di tutta sicurezza su  Hall, Donohue e Revson che pur essendo molto vicini non accennano ad attaccarsi, ognuno preso dai suoi problemi; per Jim Hall i freni, che stanno cominciando a surriscaldarsi creandogli problemi di fading mentre gli altri due lottano con le gomme che degradano più del previsto. Gli ultimi brividi arrivano nel finale con Denny Hulme che a cinque giri dalla fine rimane con sette cilindri e deve rallentare vistosamente e con Andretti che lascia la sua settima piazza con un bel botto del suo Ford.

 

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Denny Hulme - McLaren M8A (autodiva)

 

Hall molla  decisamente ormai senza freni e Donohue e Revson ne approfittano per passarlo, men-tre Hulme compie l’ultimo giro tutto in quarta per cercare di non rompere il suo Chevy.

Alla fine Hulme, Mclaren, Donohue e Revson i prim quattro. tutti nello stesso giro. Completano i piloti a punti Jim Hall e Motschenbacher migliore Ford al traguardo.

                                                                          

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Bruce McLaren - McLaren M8A (auodiva)

 

Si prospetta una stagione nuovamente dominata dalle McLaren “ufficiali†di Denny Hulme e Bruce Mclaren, ma soprattutto con una presenza di Mclaren clienti decisamente performanti, veloci ed affidabili che con il solo interposi della Chaparral di Jim Hall, oggi hanno monopolizzato le posizioni a punti. Si è fatto tanto parlare della nuova Chaparral, la 2H, ma Hall è ancora in pista con la sua 2G evoluta nelle sospensioni e con un ala decisamente abbondante, ma pur sempre un modello che corre ormai dal 1966. La Ferrari intanto annuncia imminente il debutto della sua nuova 612P ed a livello di Federazioni, c’è chi spinge per fare del Gruppo 7 la massima espressione in ambito di Campionato Costruttori vendicando la scomparsa dei “mostri†voluta dalla CSI.

 

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John Cordts – McLaren M1C (Larry Schmidt)

 

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Candido Da Mota – McLaren M1C 15° ad Elkhart lake approfittando del duello tra Kumnick

e Pipin. L’altra sua uscita si chiuderà  con una bandiera nera. (Roger Pena)

 

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Pedro Rodriguez – Ferrari 350P due partecipazioni per un 13° posto qui a Elkhart Lake ed un mesto ritiro a Bridgehampton; il messicano sperava certo in qualcosa di meglio. (autodiva)

 

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Ludwig Heimrath – McLaren M1C si qualifica discretamente in settima fila con il 13° tempo

ma in gara il motore lo tradisce a pochi giri dalla fine quando la Top-ten non era così lontana.(Canadian Motorspot)

 

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Gary Knutson motorista capo e Tyler Alexander al lavoro sullo Chevy di Denny Hulme. (forum-auto)

 

Bruce McLaren ha sempre cercato di chiarire un punto riguardo al fatto che spesso fior di costruttori venivano sonoramente battuti dalle sue macchine “… finche si ostineranno a venire in Can-Am convinti che bastino i soldi per assicurarsi la vittoria finiranno sempre per tornare a casa con un pugno di mosche … ci vogliono buone idee e tanto lavoro, con una grande attenzione ai particolari e mi stupisce che in molti non se ne rendano conto …â€

 

Alla prossima con Paddock - McLaren

 

Franz

 
 
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Salve a tutti,

 

avanti con ...

 

 PADDOCK – McLaren

 

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(autodiva)

 

Ottenuta la vittoria, con un impegno totale, la Mclaren si trova in questo 1968 a lottare anche nella massima Formula per il titolo con Denny Hulme, contrapposto alla Lotus di Graham Hill ed alla Matra di Jackye Stewart.

Il prototipo della M8A, prima McLaren ad abbandonare il telaio fatto da un traliccio di tubi per adottare la monoscocca, ha fatto soltanto 800 miglia a Goodwood e vestita ancora della carrozzeria della M6a dell’anno prima. Sembra trascuratezza, ma sotto questa apparente distrazione, la vettura risulta più leggera di 15 kg e sopratutto ha guadagnato quattro pollici, più bassa e larga della sorella che l’aveva preceduta. Di questo il merito va a Gordon Coppuck e Jo Marquart, nuovo arrivato dalla Lotus, che succeduti a Robin Herd, si sono divisi i compiti, l’anteriore a Gordon ed il posteriore a Jo. Se il telaio è pensato, costruito e collaudato  in Inghilterra, il motore è il classico sette litri Chevrolet con basamento in alluminio assemblato da Bartz e curato in casa dal Dipartimento Motori di McLaren Car’s guidato da Gary Knudson con l’aiuto di Colin Beanland.

Un nuovo carter secco e alimentazione ad iniezione Lucas ed accensione Vertex garantiscono un centinaio di cavalli in più rispetto alle unità  impiegate nel 1967. Questa evoluzione nell’arco della stagione darà  problemi di affidabilità , come del resto agli Chevrolet curati da Traco. Per arginare il problema Knudsen lavora nuovi segmenti per garantire una migliore lubrificazione interna e dota il carter secco di una pompa ausiliaria per garantire una estrazione ed un ricircolo più accurati.

Anche il cambio viene curato in casa, modificandolo per ricevere solo quattro velocità ; dato che ormai con le partenze lanciate, una prima corta non serve assolutamente più.

 Le M8A  costruite  sono come al solito tre ; le due che verranno usate in gara e il telaio dei test che rimarrà  come muletto per un caso di necessità , con la possibilità , ovviamente, di costruirne altri se la stagione lo richiedesse.  

 

La Trojan produce poi con la collaborazione di Elva, ben 28 telai nelle specifiche M6A del 1967, definendole M6 “B†; molti Team si dotano di queste vetture, alcuni di primo livello.

 

Team Penske - Sunoco Spécial

Tra tutte le M6 clienti questa è l’unica che non è « made in Trojan Â» in quanto si tratta del telaio M6a/3 che era la vettura test del Team McLaren nel 1967, che non ha mai corso ed è stata la vettura che è servita per fare le prime prove in questa stagione prima di essere ceduta al Team Penske.

 

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(Phil Binks)

 

Dopo aver vinto nuovamente il Campionato Nazionale Usrrc, con la vettura 1967, il telaio M6A/1 ex Bruce McLaren, Mark Donohue utilizza il nuovo telaio per partecipare al Challenge. Traco prepara uno Chevrolet in alluminio, partendo dal classico 427 (ormai per essere competitivi sembra essere la sola possibilità ), dotandolo di carter secco e di una iniezione Lucas modificata con le trombette di aspirazione sormontate da una presa d’aria profilata, che lo rendono di fatto lo Chevy più potente in campo ed anche, nel complesso, il più affidabile. Anche a livello di carrozzeria il Team Penske ha lavorato sulla vettura, modificando il cofano anteriore scavandolo nella parte centrale per generare più carico e mettendo in coda uno spoiler regolabile manualmente per migliorare la trazione, che era stato l’unico neo della vettura nel 1967. Queste modifiche hanno dato alla Sunoco Spécial la veloci-tà  di punta più alta tra le contendenti della stagione e fatto di Donohue l’avversario più pericoloso per il Team arancione tanto da tenerlo in corsa per il titolo fino all’ultima corsa.

 

Scuderia Leader Cards Racers

 

Il Team di Lothar Motschenbacher, dopo la parentesi Lola dell’anno passato, torna al vecchio amore McLaren ed è uno dei primi ad ordinare una M6B dotandola di un Ford 6,2 litri Gurney-Weslake rilevandolo dal Team AAR, in attesa di passare poi ad uno Chevy 7 litri in alluminio per l’ultima gara della stagione (anche se, altro mistero Can-Am, non risulta lo abbia usato).

Lothar, impegnato tutto l’anno, prima nel Campionato nazionale Usrrc e poi nella Can-Am, ottiene un supporto finanziario dalla Stp e utilizza pneumatici Goodyear. Questo pacchetto tecnico economico lo mette in condizioni di fare una stagione decisamente buona.

 

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(Ron Laymon)

 

Prima in Usrrc ottiene un quarto posto finale finendo quattro volte sul podio e poi continuando iltrend positivo nel Challenge con una quinta piazza nella generale, primo degli “indipendentiâ€, bat-tuto solo dai due alfieri della Mclaren, dal binomio Donohue-Penske e dalla Chaparral di Jim Hall.

Ultima nota, Motschenbacher sarà  la causa involontaria del ritiro di Jim Hall dalle competizioni attive in seguito al suo incidente di Las Vegas dovuto ad un contatto con il pilota di origine tedesca.

 

Scuderia Shelby Racing Co

 

Dopo la sconcertante stagione ’67 con la King Cobra, Carroll Shelby acquista due McLaren M6B (M6B/50-11 ed M6B/50-12). La Scuderia, cliente privilegiato di Ford, monta il 7 litri in lega leg-gera. Phil Remington si incarica di modificare l’alimentazione dapprima montando condotti d’am-missione incrociati per poi utilizzare le trombette rettilinee stile McLaren. La carrozzeria non viene modificata se non con l’aggiunta su certi circuiti di un nolder in coda a tutta larghezza per recupera-re carico. Il pilota designato è Peter Revson. Sembrerebbe un buongiorno, visto che il debutto a Elkhart Lake porta un buon quarto posto; ma rimane il solo sprazzo di sole in un a giornata buia fatta di noie di tutti i tipi con un solo altro traguardo, il 12° di Laguna Seca (neanche a dirlo in mezzo ad un vero diluvio!).

 

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(Fuji Coll.)

 

La consolazione arriva sul finire dell’anno, alla 200 miglia del Fuji; Nella classica giapponese, vo-tata al Gruppo 7, Peter domina la gara (foto) davanti al meglio del plateau 68, con la sola esclusione delle McLaren Casa.

 

Scuderia Terry Godsall

 

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Compra una McLaren M6B (M6B/50-09) e la equipaggia con uno Chevrolet 6 litri (ex Penske) e monta pneumatici Firestone. Sicuramente viene curata molto la messa a punto e Jerry Titus, pilota di molta esperienza, sa che un risultato è possibile solo a condizione di vedere il traguardo; ci riesce tre volte su quattro partenze, prendendo punti in due occasioni, 6° a Laguna Seca sotto quell’incre-dibile diluvio e addirittura terzo a Las Vegas dopo aver evitato la carambola del primo giro.

     

All American Racers – McLeagle M6B-AAR

 

McLeagle non è nient’altro che la contrazione delle parole McLaren ed Eagle, ovvero quello che è stato fatto di una Mclaren M6B acquistata e modificata nella factory AAR da Dan Gurney.

Lo chassis (M6B/50-10) è stato alleggerito variando la pannellatura di rinforzo della monoscocca d’origine, lavorando poi sulle sospensione e sugli scarichi, ora in titanio. Il Ford è una ulteriore evoluzione del blocco 4 litri di derivazione Indy, ora portato a 5,3 litri con teste Gurney-Weslake, con soli 515 cavalli, ma un rapporto peso/potenza decisamente favorevole. Un grosso lavoro è stato anche fatto sulla carrozzeria partendo con lo stringere la carreggiata anteriore e quindi riducendo la sezione frontale, abbassando nel contempo il cofano in una corsa alla miglior configurazione profilandolo in maniera molto marcata.

Nonostante questo gran lavoro, la McLeagle non sarà  mai all’altezza delle M6B “normali†pur vantando una maggior velocità  di punta. Dopo Laguna Seca Dan Gurney abbandona la vettura, scambiandola con Savage senza per questo veder cambiare il leit-motiv della sua stagione.

 

Ecurie Suisse

 

Jo Bonnier acquista una delle M6B dalla Trojan e la usa nell’interstagione anche in alcune prove a casa sua, come il Gran premio di Svezia dove Pole e giro più veloce non bastano contro la Ferrari P3 di David Piper. Poi viene in America per il Challenge, ma i risultati saranno deludenti con al me-glio l’8° posto a Las Vegas. Certamente la sua Scuderia ha una più che buona solidità  economica dovuta alle sue indubbie doti manageriali ed ai contratti stretti con partner tecnici prestigiosi, quali Stp, Champion e Goodyear. Anche per lui un raggio di Sol Levante al Fuji con un terzo posto, pur se staccatissimo dal vincitore Revson.

 

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(autodiva)

 

Scuderia Green Inc.

Schiera una M6B (Chassis M6B/50-07) che viene affidata al pilota Dick Brown. Monta un motore Chevrolet da 6 litri curato da Traco e pneumatici Goodyear.  Dopo una rottura al debutto a Elkhart Lake, vede tre volte il traguardo prendendo anche dei punti a Bridgehampton.

 

Ancora con una M6B:

 

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Jerry Hansen - McLaren M6A Chevrolet (Dave Friedman)

 

Sono poi schierate molte M1 costruite dalla Trojan sulle specifiche del modello 1966 nelle varie versioni “B†e “Câ€:

 

Ron Courtney -  McLaren M1B Chevrolet

Candido Da Mota – McLaren M1C Chevrolet

 

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John Cannon – McLaren M1C Chevrolet (Dave Friedman)

 

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Gorge Eaton – McLaren m1C Ford (Nat Pritzker)

 

John Cordts – McLaren M1C Chevrolet
Leonard Janke – MCLaren M1C Chevrolet

 

Alla prossima con ... Elva Car ...

 

Franz

 
 
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Salve a tutti,

 

certo che stasera tutto funziona alla grande ... prima mi perdo una foto e poi la stessa ricompare i calce al messaggio che doveva integrare la mancanza ... vabbe il webmaster può rimediare cancellandola ( perchè io non ho la possibilità  di modificare i miei post).

 

alla prossima

 

Franz

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Bruce McLaren ha sempre cercato di chiarire un punto riguardo al fatto che spesso fior di costruttori venivano sonoramente battuti dalle sue macchine â€œâ€¦ finche si ostineranno a venire in Can-Am convinti che bastino i soldi per assicurarsi la vittoria finiranno sempre per tornare a casa con un pugno di mosche … ci vogliono buone idee e tanto lavoro, con una grande attenzione ai particolari e mi stupisce che in molti non se ne rendano conto …â€

 

ma infatti la M8A è assolutamente convenzionale ma si capisce che è particolarmente curata, diciamo che all'epoca ancora non era chiaro a tutti la necessità , come si dice oggi, della professionalità .... 

e però il fascino di questa categoria sta, secondo me, proprio in questo, che chiunque ci puo provare...

che bei macchinoni  :wub: 

dai Franz tirem inanz.  :asd: 

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Salve a tutti,

 

per dirla con v6DINO ... tirem innanz ...

 

PIT LANE - ELVA Cars – Frank G. Nichols

 

Frank G. Nichols è un militare che ha sviluppato ottime abilità  meccaniche sotto le armi durante la guerra. Finito il conflitto e tornato a casa, nel 1947 rileva un garage a Westham. L’attività  ha presto successo e per Frank è necessario trovare locali più ampi per poter gestire al meglio il lavoro.

 

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La soluzione è a Bexhill, in London Road, dove il garage riapre dedicandosi  anche ai clienti sportivi, che in zona sono piuttosto numerosi (a Bexhill si è svolta la prima corsa su strade aperte). Quindi i primi lavori sono la semplice revisione e l’assistenza tecnica pre e post gara per i corridori locali, poi arrivano le esperienze dirette con una Lotus VI ed una CSM che raccolgono molti allori, soprattutto a Goodwood. Questo porta altra notorietà  al garage ed il passo successivo è pensare alla costruzione di un proprio telaio. ELVA è in affari!

Elva è una contrazione delle parole “elle và â€, “lei và â€, ed effettivamente l’azienda propone prepa-razioni sui motori che comprendono valvole e lavorazioni specifiche per Climax, Ford DOHC, BMC, Dkw, MGA, Porsche, Bmw ed anche la costruzione di Formula Junior che si dimostrano presto un ottimo prodotto sotto il profilo costo/prestazioni.

Le Formula Junior che sono molto richieste in patria, vanno forte anche sul mercato statunitense, e questo mercato con le sue immense potenzialità , sarà , in momenti alterni, fortuna e disgrazia per Frank e suo fratello maggiore John che lo aiuta sul lavoro.

 

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Proprio dall’ambiente delle corse giunge la richiesta per la costruzione di un telaio Sport.

Siamo nel 1958 e nasce la Courier. Archie Scott-Brown, mette in contatto Frank Nichols con un neolaureato, Peter Nott e con il supporto finanziario di un distributore americano, viene pensato, progettato e costruito il primo telaio Sport: Courier appunto, un traliccio in tubi tondi di vario diametro, con la tecnica space-frame. La carrozzeria in alluminio viene lavorata da Williams & Pritchard e copre un motore MGA 1500 cc con una velocità  di 100 mph.

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Le vendite sono subito molto buone, sia tra i patri confini sia oltre atlantico e nuovi spazi diventano necessari per sviluppare ulteriormente le potenzialità  dell’Elva Engineerings.  Altro trasferimento, questa volta ad Hastings in una sede decisamente più grande dove vengono allestiti altri reparti per costruirsi in casa molti altri pezzi oltre al telaio ed ai kit di sviluppo sui motori.

 

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L’accresciuto numero delle vendite, porta anche alla commercializzazione in kit delle Courier, onde evitare la tassa d’acquisto che, per le vetture montate, è quattro volte superiore a quella per le vetture in scatola di montaggio, e che richiede solo diciotto ore per avere la vettura pronto marcia.

 

elva_c14.jpg  Ormai la Elva occupa circa sessanta persone e ha prodotto quattrocento Courier.

 

Questo incremento nella produzione e nelle vendite, porta ad una crisi che rischia di cancellare l’Elva, non solo dal “mercatoâ€. L’ultimo lotto di Courier prodotte è già  sulle banchine di New York, ma il distributore non ha la liquidità  per saldare il debito e Frank Nichols è costretto ad una liquidazio-ne volontaria.

Il gruppo Lambretta-Trojan, subentra ed acquista i diritti del Courier, di cui riprende la produzione nel 1961. Frank Nichols riesce così a  continuare l’attività  in forma più ridotta, nei nuovi locali di Rye, dedicandosi alle modifiche “racing†ed alle Formula Junior e stringendo comunque una colla-

borazione con Carl Haas per la commercializzazione del prodotto negli States.

La Trojan invece, avendo a disposizione strutture molto più ampie intraprende la produzione su scala industriale della Sport di Elva, utilizzando le linee di Purley Way. Il progetto iniziale viene modificato utilizzando tubi quadri in alcuni punti del telaio aumentandone la rigidezza e semplificandone la struttura. Con l’ambizione di produrre su scala industriale (500 pezzi anno) si opta anche per dotare il telaio di pezzi non prodotti direttamente, come le sospensioni di origine Triumph complete di impianto frenante a dischi e dotandolo dell’MGA da 1,6 litri.

 

Quando McLaren, a fine ’64 pensa e costruisce la sua prima vettura e decide di commercializzarla, l’accordo stretto con il Gruppo Lambretta-Trojan prevede che i modelli siano costruiti e commer-cializzati dall’Elva, che fa parte del gruppo, e che alla McLaren rimangano la progettazione e  l’assistenza tecnica.

 

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La McLaren M1a, prima idea del compianto Bruce sarà  quindi La McLaren Trojan Mk1 (1965), se-

guita nel 1966 dalla Mk2 (clone della M1b) e dalla Mk3 nel 1967 (clone della M1c) ultimo telaio tubolare per McLaren.

 

Nello stesso periodo il Gruppo Lambretta-Trojan continua la produzione dei vari step del modello Courier, Mk3 e Mk4 Coupè, con un telaio totalmente in tubi quadri, dotato di sospensioni indipen-denti  “Tru-Track†ed offerta con differenti motorizzazioni, MGB 1800 o il Ford Gt1500.

 

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Sono questi gli anni in cui, mentre tra Lambretta-Trojan ed Elva Cars le cose vanno benissimo, Frank Nichols comincia a tagliare le sue presenze e le sue attività  con il gruppo per dedicarsi, dopo alcune collaborazioni con Len Terry e Carroll Shelby, all’ideazione ed alla produzione di splendide barche da lavoro e scialuppe di salvataggio RNLI (Royal National Lifeboat Institution).

Preso dai suoi progetti il gruppo finisce con il lasciar cadere il nome Elva che comunque grazie all’interesse di persone che hanno compreso il reale valore delle piccole produzioni di qualità , non morirà . Prima Ken Sheppard, poi Tony Ellis e Eaton Wick hanno portato a compimento i progetti in essere fino ad arrivare alla Cougar, ultima erede delle Courier, spinta dal un possente Ford V6.

Questo per non dimenticare che nella prima metà  degli anni sessanta una piccola Elva-Porsche a Elkhart Lake ridicolizzava avversari del calibro di Shelby Cobra e Ferrari.

 

Alla prossima con ... Bridgehampton Grand Prix

 

Franz

 
 
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Salve a tutti,

ma nessuno ha niente da aggiungere? una foto o chessò un articolo a completamento (niente è definitivo) o semplicemente un aneddoto?

Alla prossima ... se riesco stasera ma ne dubito ...

Franz

Caro Franz, ma chi ne sa più di te sulla Can Am? (e non intendo su questo forum ma quantomeno in Italia).

Stai scrivendo storie che non si trovano da nessuna parte e che sono bellissime da leggere (magari il sabato mattina presto per rilassarsi dopo una settimana di lavoro) per cui trovo normalissimo che nessuno possa aggiungere qualcosa. Anche perché ci vorrebbe gente che avesse seguito la serie almeno fino a 40 anni fa e non se ne trovano mica tanti.

Io ad esempio ricordo solo qualche modellino di mio cugino più grande e gli anni della decadenza finale, per cui ti prego di continuare perché, al di là  di qualche racconto di amici (sempre più grandi) conosco pochissimo la storia di queste gare, meno che meno quella dei primi anni.

Grazie.

Gio.

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Salve a tutti,

 

avanti con ...

 

Salve a tuttiBridgehampton Grand Prix – Bridgehampton 15/09/1968

 

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Quello che non ti aspetti! Bridgehampton ha dato la scossa ad un Challenge che era apparso già  ingessato dopo la corsa di Elkhart Lake. Mark Donohue con la Sunoco Special (una McLaren M6B) ha vinto, con un poco di fortuna certo, ma è stato il più veloce tra quelli giunti al traguardo. Dopo le prove, il responso era stato il classico “tutto arancio†della prima fila, con la variante di Hulme davanti al suo caposquadra, con due M8A che palesavano però problemi agli Chevrolet Traco, con due rotture tra venerdì e sabato mattina. Peter Revson con un Ford veramente veloce precedeva Mark Donohue ed a seguire Jim Hall , Gurney, Motschenbacher, Mario Andretti con la Lola T70 Ford di Bignotti, Skip Scott e Surtees con due nuove Lola T160 Chevrolet.

 

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Mark Donohue – McLaren M6B Penske Vittoria fortunata? Forse, ma chi rompe paga … (Bill Kutz)

 

Via regolare con Bruce McLaren che sopravanza Hulme e dietro a ranghi serrrati Revson, Donohue, Gurney, Jim Hall ancora con la vecchia 2G a Andretti. I primi quattro restano molto vicini tra loro, mentre Gurney ed Hall perdono qualcosina così come Andretti che presto saluta la compagnia in una nuvola di fumo del suo Ford out. Surtees e Motschenbacher offrono il miglior spettacolo con un bel duello e sorpassi ripetuti.

 

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Lothar Motschenbacher – McLaren M6B Ford (Dave Friedman)

I nuovi cerchi in alluminio montati da Revson creano problemi di surriscaldamento ai freni e Peter deve far passare Donohue e le due McLaren non sono lontane. Surtees è fermo con una sospensione rotta in conseguenza, forse, del montaggio frettoloso dato che la macchina è arrivata il mercoledì prima della gara. Gurney e Hall operano il ricongiungimento con i primi tre, dopo aver passato un                   Revson in evidente difficoltà  ed il pilota della Chaparral al momento è il più veloce in pista. Posey si tocca con Pedro Rodriguez e la Ferrari 350P del messicano esce di strada urtando il terrapieno senza problemi per il pilota, mentre Posey passerà  parecchi giri ai boxes per una riparazione. Le due McLaren in testa fanno l’elastico ma non riescono ad allungare e tra gli applausi del pubblico la Chaparral passa prima Gurney e poi Donohue per la terza piazza.

 

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Dan Gurney – McLaren M6B (McLeagle) Ford Un sesto posto che sarà  la prima

ed unica soddisfazione stagionale (Jack Webster)

 

Il ritmo dell’Americano è impressionante, in un attimo è addosso ai due di testa, con Hulme che pressato passa McLaren; passano pochi giri ed il boato della folla saluta Jim Hall al comando.

La gara è interessantissima anche nelle retrovie dove un Bob Nagel in forma si affaccia tra i primi dieci , dalla ventesima posizione al via anche se dura poco e si ferma con il cambio bloccato in seconda. Con la Chaparral in testa McLaren passa Hulme e comincia a riavvicinarsi approfittando anche di un rallentamento di Jim Hall che sembra accusare problemi ai freni.

 

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Bob Nagel – Lola T70 Mk3 Ford Due uscite per lui nel 1968, un ritiro qui

e poco meglio, 13°, a Las Vegas. (PaulEpancelin)

 

Dalle ultime file arriva anche Swede Savage, il secondo pilota di Gurney, con la Lola T160 Ford del team AAR; il suo ritmo è consistente e l’ex centauro sembra veramente a suo agio sulle quattro ruote. Intanto davanti Bruce e Jim danno spettacolo con il pilota della Chaparral che è al limite in tutte le curve con i suoi freni ormai cotti ed alla fine cede al pressing della McLaren.

 

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Swede Savage  - Lola T160 Ford – AAR Buon 4°,meglio del suo caposcquadra Gurney,

ma è tutto per una stagione avara di risultati e soddisfazioni. (Roger Pena)

 

Il duello in testa fa si che i tempi si alzino e Hulme e Donohue approfittandone si accodano riformando un quartetto molto vivace. A dieci giri dalla fine primo colpo di scena; con un botto del suo Traco-Chevy Hulme abbandona lasciando McLaren a vedersela con Donohue che ha anche lui passato Hall. Neanche due giri ed il pubblico saluta Donohue che transita primo sul traguardo con Hall ormai a debita distanza mentre McLaren arrica sferragliando ai boxes con il suo motore decisamente out. Gli ultimi giri sono una passerella per Mark Donohue e la sua Sunoco Special che vanno a vincere comunque con pieno merito davanti a,un Jim Hall con una sempreverde Chaparral 2G.

 

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Jim Hall – Chaparral 2G Chevrolet Un podio meritato, altri punti per una stagione che non farà  altro che confermare la bontà  del progetto, datato 1966, cui manca però sempre qualcosa.

(Jaloupy Journal)

 

Completa il podio Lothar Motschenbacher con la sua M6B Ford e finiscono nei punti anche Savage, Dick Brown  con la McLaren M6B Chevrolet e Dan Gurney con la sua McLeagle Ford.

Quello che non ti aspetti abbiamo detto; la notizia sono i tre Ford nei primi sei con addirittura uno sul podio e “solo†quattro Mclaren a punti.

 

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Dick Brown – McLaren M1C Dopo il ritiro di Elkhart Lake quando era in rimonta, due punti guadagnati a suon di sorpassi. Il pilota americano correrà  ancora le ultime due gare stagionali arrivando sempre nella top-ten per coronare una più che buona annata.

(Jeffrey B.Payne)

 

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Brian O’Neill - Lola T70 Mk3 Dopo la squalifica di Elkhart Lake un buon risultato, 7°, dopo una corsa consistente tutta in rimonta dalla 22° piazza al via. Arriverà  altre due volte,

di cui ancora una top-ten ma non così in alto. (RSC Racing Sports Cars)

 

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Ron Courtney riduce così la sua McLaren M1C al 51° giro a portata di top-ten. Ad Elkhart Lake, sua altra uscita ’68, aveva visto la bandiera a scacchi anche se solo 20°.

(Robert Raymond)

 

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Pensare che era cominciata come la solito, ovvero bene per le due McLaren “casaâ€, con

Denny & Bruce a menare le danze … (Dave Friedman)

 

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Guardando questa foto sembra di poter sentire il boato che ha accompagnato il sorpasso

di Jim Hall che lo ha portato al comando, poi i freni … (Pete Lyons)

 

Alla prossima con ... Paddock - Lola ...

 

Franz

 

 
 
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Salve a tutti,

 

ancora 1968, con ...

 

PADDOCK – Lola

 

La Lola non si occupa più della commercializzazione diretta dei telai e delle vetture complete per il mercato Americano, ma ha raggiunto un accordo di collaborazione con il Team Haas (Carl Haas, proprio lui!) che si occuperà  degli ordini e dell’assistenza clienti per gli Strati Uniti, diventando al contempo il Team di riferimento.

Eric Broadley constatata l’inadeguatezza della T70 a contrastare le McLaren M6A nel 1967, ha cominciato dalla fine dello stesso anno a lavorare sul nuovo progetto; la T160 scende in pista per i primi test gia nel febbraio del 1968. Il telaio è interamente in alluminio, con l’acciaio riservato agli attacchi delle sospensioni e del motore ed il suo peso non supera i 70 kg. Questo alla fine si rivelerà  più un handicap che non un vantaggio; l’eccessiva leggerezza non garantirà  quella rigidità  necessaria a trasmettere le potenze dei sette litri alle ruote e da queste all’asfalto. La carrozzeria è completamente ridisegnata dalla Spécialized Mouldings ed è interamente in fibra di vetro, il passo è portato a 240 cm, praticamente come la McLaren e, manovra commerciale non necessariamente votata alla ricerca della prestazione pura, tutti i possessori delle vecchie T70 (Mk3 o Mk3b) possono comprare solo il telaio in quanto sospensioni e impiantistica sono assolutamente intercambiabili. La vettura nasce per utilizzare i sette litri di Chevrolet, ma non ci sono problemi ad installare anche i Ford.

Resta il fatto che la T160 non solo non sarà  mai in grado di rivaleggiare sul piano prestazionale con la McLaren M8A ma addirittura le vecchie M6A rieditate da Trojan si dimostreranno nel complesso più redditizie.

 

Carl Haas Racing Team

 

Carl Haas importatore per gli States della Lola, iscrive due vetture alla serie, per Chuck Parsons e Skip Scott.

Il motore è un V8 Chevrolet col basamento in alluminio curato da Bartz e dotato a stagione in corso del carter secco e di alcuni sviluppi sull’alimentazione. Una curiosità  è la sponsorizzazione del Team da parte della “Simonizâ€, che è una casa produttrice di prodotti per l’auto, diretta concorrente della Johnson Wax , “Title Sponsor†del Challenge.

Chuck Parsons (chassis T160-09) va due volte a punti, mai sul podio, ma è vittima di tre ritiri di cui due nelle prime due gare a causa della rottura del V8 ancora con problemi di lubrificazione, risolti poi da Bartz nel corso della stagione con l’adozione del carter secco..

 

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(Pete Lyons)
 

Skip Scot debutta con una Lola T70 a Elkhart Lake, dato che il suo Patron ha venduto tutti i telai T160, tranne uno che per contratto va a Chuck Parsons. Riceverà  anche lui una T160 (T160-05) a partire dalla seconda gara, ma non sarà  certo una buona notizia. Arriverà  due volte, entrambe ad un niente dalla zona punti.

 

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(Dave Friedman)

 

Carl Haas iscrive anche lui una Lola T160 alla 200 miglia del Fuji in novembre affidandola a Chuck Parsons (probabilmente il telaio T160-05).

Team Surtees

 

John Surtees cerca in tutti i modi di ottenere una delle tre M6A del Team ufficiale del 1967 ma non gli viene concessa ed allora per ripicca, l’ex centauro è spesso vittima del suo caratteraccio, non ripiega su una M6B, cosa che parrebbe la logica conseguenza, ma acquista da Haas una T160.

 

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(Pete Lyons)

 

Questo ovviamente rende evidente il fatto che il team Surtees non è più una delle squadre di riferimento per Eric Broadley, che da parte sua ha mal digerito il tentato tradimento, e nelle tre gare che John effettuerà  nell’arco della stagione non vedrà  mai il traguardo, entrando nella top ten in qualifica solo a Riverside. A parte la questione telaio, uno dei problemi grossi del Team è stato il motore; il V8 dotato delle teste volute da Surtees, delle Gurney-Weslake ulteriormente modificate e marchiate Surtees, non hanno mai reso al meglio ed il motore pagava sia in termini di cavalli che di coppia a tutti i Chevrolet dei Team di punta. Ciononostante la cocciutaggine di Surtees si vede nei tentativi attuati per rendere un minimo competitiva la sua Lola; prima a livello di sospensioni, cercando una maggior rigidità  ed a livello aerodinamico con un ala in perfetto stile Chaparral, che però non ha mai portato al salto di qualità  tanto auspicato.

Il Team ha utilizzato pneumatici Firestone, che ha ormai colmato il gap con la Goodyear ed anzi, ha negli pneumatici da bagnato un deciso vantaggio sia di carcassa, una spalla che muove leggermente di pìù, che di mescola.

 
George Bignotti

 

Sempre contando su un supporto tecnico ed economico di Ford, anche Bigotti iscrive il suo team alla Can-Am. Le prime due gare vengono ancora affrontate con la Lola T70 Mk3b (73-127) che l’anno precedente Gorge Bignotti aveva affidato a Parnelli Jones, poi, saltate le due gare centrali per gli impegni di Mario, da Riverside il Team schiera una T160 nuova. Non è un debutto fortunato dato che il motore non gli permette di partire, come nelle precedenti occasioni aveva interrotto anzitempo la sua gara. A Las Vegas arriva finalmente un traguardo, 12°.

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    (Ron Christensen)

 

Questa Lola sarà  poi schierata al Fuji per la 200 miglia e guidata da Al Unser sarà  ottava in qualifica e decima al traguardo.

Agapiou Brothers

 

Dopo la stagione 1967, Shelby rileva una Lola T70 Mk3b (chassis SL75/124 ex Donohue-Penske) e

la schiera con Peter Revson al volante nel campionato Usrrc, ottenendo un podio a Mexico City ed una Pole a Kent, che sono le uniche soddisfazioni in una marea di rotture del Ford 427 in alluminio.

Arrivata l’ora della CanAm Carroll Shelby convince alcuni dei suoi migliori meccanici, i fratelli Charlye e Kerry Agapiou, a mettere in piedi un team Nelle prime tre corse è Ronnie Bucknum al volante con ben scarsi risultati; a partire da Laguna Seca, la vettura viene affidata a George Follmer e al di la di un incidente nel diluvio proprio a Laguna Seca e di un problema di surriscaldamento del Ford a Riverside, arriva un fantastico quanto insperato secondo posto a Las Vegas, ma stavolta con un Ford sette litri con basamento in ghisa pesante ma potente ed anche più affidabile,  complice an-che il caos del primo giro che proietta tra i primi il pilota americano qualificatosi come tredicesimo.

 

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(Lola Heritage)

 

Follmer guiderà  un ultima volta la T70 in occasione della gara del Fuji in novembre.

 

Abbiamo ancora una Lola T160 schierata nelle ultime gare della stagione da Brian O’Neill in sostituzione della Lola T70 Mk3.

 

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(canepa)

 

Sono ancora presenti ed i n gran numero le vecchie Lola T70:

 

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George Bignotti affida a Mario Andretti una Lola T70 Mk3 Ford per Elkhart Lake

e Bridgehampton. (Ron Laymon)

 

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Anson Johnson – Lola T70 Mk3b Chevrolet (Roger Pena)


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Lyn Kysar Lla T70 Mk3 Chevrolet (Roger Pena)

 

alla prossima con ... I piedi in due scarpe: AAR & Autodynamics Corp. ...

 

Franz

 

Modificato da znarfdellago
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Salve a tutti,

 

avanti ...

 

PADDOCK – I piedi in due scarpe: All American Racers & Autodynamics Corp.

 

All American Racers – McLeagle M6B-AAR

 

McLeagle non è nient’altro che il soprannome dato alla vettura di Gurney e che è la contrazione delle parole McLaren ed Eagle, ovvero quello che è stato fatto di una Mclaren M6B, acquistata e modificata nella factory AAR, da Dan Gurney.

Lo chassis (M6B/50-10) è stato alleggerito variando la pannellatura di rinforzo della monoscocca d’origine, lavorando poi sulle sospensione e sugli scarichi, ora in titanio. Il Ford è una ulteriore evoluzione del blocco 4 litri di derivazione Indy, ora portato a 5,3 litri con teste Gurney-Weslake, con soli 515 cavalli, ma un rapporto peso/potenza decisamente favorevole. Un grosso lavoro è stato anche fatto sulla carrozzeria partendo con lo stringere la carreggiata anteriore e quindi riducendo la sezione frontale, abbassando nel contempo il cofano in una corsa alla miglior configurazione e profilandolo in maniera molto marcata.

 

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Swede Savage sulla McLeagle  a Riverside (Dave Friedman)

 

Nonostante questo gran lavoro, la McLeagle non sarà  mai all’altezza delle M6B “normali†pur vantando una maggior velocità  di punta. Dopo Laguna Seca Dan Gurney abbandona la vettura, scambiandola con Savage senza per questo veder cambiare il leit-motiv della sua stagione.

Il Team, che conta ancora su un discreto appoggio di Ford, parte con molte ambizioni e per questo non lascia nulla di intentato, dotandosi, come abbiamo visto, di una Mclaren e di una Lola T160 che affida a Swede Savage, giovane promessa dell’automobilismo americano. Se sulla Mclaren viene fatto un gran lavoro, la Lola corre in configurazione “factoryâ€.

 

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Dan Gurney sulla Lola T160 a Riverside (Ernie Buckels)

 

La vettura monta un Ford 5,3 litri con teste Gurney-Weslake passando poi al sette litri, blocco in alluminio, curato da Holman & Moody quando passa a Gurney per le ultime due gare.

 

 

Autodynamic Corporation

 

Oltre alla  Caldwell  D7C il Team iscrive una  Lola T160  (chassis T160-06 o 10) per  Brett Lunger,

 

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Brett Lunger ad Elkhart Lake sulla Lola T160

(Canadian Motorsport)

 

che però avrà  il “piacere†di usarla solo a Elkhart Lake in quanto a partire dalla seconda prova sarà  Sam Posey a guidarla, abbandonando scoraggiato la sua Caldwell.

 

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Sam Posey con la Caldell D7C sempre ad Elkhart Lake (Jim Hayes)

 

Per entrambe le vetture il motore è un V8 Chevrolet, il 377 da 6,2 litri e gli pneumatici sono i Goodyear. A parte Riverside, ritiro per problemi all’iniezione, Sam Posey vedrà  sempre il traguardo e prenderà  punti in due occasioni, ma sempre distante dai primi.

Poco da dire di Brett Lunger lontanissimo dai primi nell’unica occasione in cui ha guidato la T160.

Il Team iscrive poi al Fuji una T160 per Sam Posey che dopo una quinta piazza in qualifica, sarà  buon secondo in gara.

 

Alla prossima con ... "Money!!" ...

 

Franz

 
 
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PIT LANE – Money!!

 

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(Pete Lyons)

 

Il Canadian American Challenge Cup, in arte Can-Am, è un progetto ambizioso. Lo è stato da su-bito, quando si è ritagliato un suo spazio, a fine stagione, lontano da altri Campionati con i quali non è voluto entrare in concorrenza diretta, ma dai quali ha attinto piloti, costruttori e sponsor per poi proporsi come la possibile massima serie di corse Sport su strada.

Dopo la prima stagione di rodaggio, dalla quale comunque traspariva già  il potenziale spendibile, il 1967 è stato l’anno della consacrazione; una serie ricca, con 500.000 $ di premi, pagati “cashâ€, il che non guasta nel motorsport, con dualismi a tutti i livelli, Chevrolet/Ford, Goodyear/Firestone, Stati Uniti/Resto del Mondo; senza però dimenticare che una decina di potenziali vincitori non è in automatico un successo, ci vogliono le piccole realtà , slegate dalle logiche delle grosse aziende che possono “inventare† senza il problema dell’immagine e soprattutto ci vogliono quei piloti appassio-nati che inseguono la loro giornata di gloria anche sapendo che potrebbe non averla mai.

Una serie per soli costruttori, in America lo sanno bene, farebbe la fine del Mondiale, strozzato da una CSI che legifera seguendo ora questa ora quella chimera, su pressioni di parte o più semplicemente  “contro†ed una serie riservata ai privati non richiamerebbe ne il grande pubblico, allora ancora si volevano le tribune piene, ne i grandi sponsor e la grande risonanza su giornali e televisione,

dato che già  all’epoca la serie andava in video.

Insomma uno spettacolo fatto di nomi e tecnica, con una ricerca spinta dai dualismi cui accennava-mo poco sopra, in diretta controtendenza con la Usac e le sue gare continuamente interrotte dalle bandiere gialle e dove non si corre se piove. Certo che il 1967 può ben dire di dovere il suo fascino ai dualismi in campo, perché di lotta in pista non se ne è vista molta; ma le due Federazioni Nazio-nali, credono nel pubblico specializzato, che preferisce la “Questione Tecnica†allo spettacolo ma-gari un poco artefatto ed è per questo che la filosofia del Gruppo 7 è stata sposata in toto.

Quindi un Campionato ricco, tecnicamente interessante e con gare che devono spremere vetture e piloti in una tenzone di circa due ore dato che normalmente le corse hanno una lunghezza di circa 200 miglia che, per la tipologia dei circuiti americani non propriamente velocissimi, porta proprio a quel lasso di tempo. Niente maratone di 24, 12 o 6 ore vinte magari a ritmi da crociera turistica ma corse in cui non si debba sacrificare la velocità  alla durata.

 

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Money dicevamo e money è, dai 300.000 $ del 1966 ai 500.000 del 1967 ed il 1968? Ancora tanti dollari, 500.000 suddivisi nelle 6 corse, con premi per la Top-Ten in qualifica ed in gara, con premi di partenza assicurati  ai Best-Team  ed una visibilità  che permette ai “piccoli†di potersi assicurare sponsor personali attirati dai passaggi televisivi e dalla cassa di risonanza della stampa locale.

Non è assolutamente raro vedere livree che cambiano da una gara all’altra, con nomi alle volte improbabili ma che garantiscono, se non un guadagno da “professionistiâ€, almeno di recuperare le spese e di giustificare la presenza alla prossima corsa.

Ma l’interesse muove sempre una ricerca capillare per svelare questo o quel segreto, per capire come un Team possa “guadagnare†di corse.

Consideriamo un Team di due vetture, diciamo 40.000 $; utilizzando una motorizzazione all’avanguardia ma affidabile (Chevrolet Traco) con quattro unità  a rotazione a 5000 $/unità , altri 20.000; poi ricambi per 10.000 $; trasferte con una media di 1.200 $ a gara ed i meccanici, almeno 3 o 4  a 200 la settimana, altri 20.000 $. Se la stagione si chiude senza incidenti gravi, con solo un paio di rotture possiamo chiuder il conto con 100/110.000 $. Per rientrare dobbiamo centrare almeno una vittoria e mettere in carniere altri tre o quattro podi e per il resto finire stabilmente nei primi dieci.

Non nascondiamoci che per rendere il gioco interessante a molti e non a pochi Team che hanno il budget garantito o da Sponsor storici o da partnership tecniche con grandi case, gli altri ricorrono alla figura del pilota con la valigia. Un Team quindi corre spendendo per una vettura e garantendo l’assistenza alla seconda che è pagata dal pilota stesso; gli accordi con il primo pilota  possono essere molto diversi tra loro, passando dalla concessione allo stesso di una percentuale sui premi di partenza fino a corrisponderglieli totalmente, riconoscendogli anche una percentuale sui premi di arrivo. In totale dato che si corre sei volte e che i podi sono al massimo diciotto, perché mai un team dovrebbe spendere una cifra che difficilmente può recuperare? Solo per l’immensa fiducia nelle proprie possibilità ? O magari confidando nella buona sorte? Più probabilmente perché le cifre conosciute e che arrivano a superare il mezzo milione, sono solo una parte della torta, forse nemmeno la più grande. L’interesse intorno al campionato, i dualismi che ha creato, hanno portato tutte le parti coinvolte a spendere per rincorrere il successo. Questo si ottiene vendendo il prodotto, Chevrolet ne è un esempio, oppure coinvolgendo altre realtà  nel proprio progetto, Ford è il caso più eclatante del 1967. Gli pneumatici per esempio, si pagano, almeno i piccoli pagano, ma non sempre; l’apposizione del logo sulla carrozzeria e il risultato conseguito possono portare alla fornitura gratuita ed anche ad un contributo. Questo sommerso è la realtà  sostanziosa della serie, ma anche il suo problema at-tualmente più preoccupante. Preoccupazione che nasce dalla considerazione che i 500.000 $ hanno un nome e un cognome: Johnson Wax sponsor della serie e gli organizzatori che mettono mano al portafoglio o sono supportati da loro sponsorizzazioni. Se una di queste fonti viene meno, ad esem-pio un organizzatore, un altro può prendere il suo posto garantendo la copertura ed al momento c’è la fila per quello che concerne la copertura dei premi finali, in quanto molte aziende ambirebbero essere sponsor della serie. Ma il sommerso, quello che non vedi? Se venisse a mancare la copertura da parte dei produttori “tecnici†siano gomme o candele o quant’altro? Se quel fiume di soldi arriva per vie traverse, non è possibile gestire un’alternativa in caso di necessità .

Sembra anacronistico, ma il successo rischia di creare più problemi del dover pagare lo scotto di un noviziato che non c’è stato; al momento è questa la preoccupazione (o il problema) più grande da affrontare. Aver privilegiato la tecnica inseguendo un pubblico che avesse la “cultura†delle corse ha creato una dipendenza diretta dai “nomi†che scendono in pista. Nel 1967 si è visto qualche Eu-ropeo in meno ed è subito scattato l’allarme; al momento non sono quelli che pagano per correre a far mancare il loro appoggio, magari con grossi sacrifici, al contrario sono quelli “pagati†che non fanno dormire sonni tranquilli.

 

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(Pete Lyons)

 

Almeno sulla carta il 1968 pare aver mantenuto le aspettative, tranquillizzando chi era preoccupato con l’annuncio di un interesse di Ferrari per questo tipo di corse, tanto da progettare una vettura dedicata e con gli assi della Usac che si sono dati appuntamento in diverse occasioni. Non resta che augurarsi la tanto attesa competitività  di Ford. 

Ma alla fin fine sono più quelli che vorrebbero un volante delle macchine che ne hanno uno libero; elencati McLaren, Penske, Surtees, Gurney, Bignotti, Jim Hall chi resta?

Lo stesso Jim Hall lo ha detto “… facciamo tutti parte di un progetto, che si vinca o che si perda non fa differenza, abbiamo deciso di partecipare alla Can-Am e se la Can-Am non funziona noi non funzioniamo…†Suonano forse come parole di circostanza, ma ad Elkhart Lake ad un John Holman che gli chiedeva cosa pensasse della sua Honker più lenta di dodici secondi della Chaparral a sua volta più lenta di cinque della McLaren, Jim Hall rispondeva “E’ perfetta!â€

 

Alla prossima con ... Klondike Trail 200 - Edmonton ...

 

Franz

 
 
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Salve a tutti

 

invio prandiale ....

 

Klondike Trail 200 - Edmonton  29/09/1968

 

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Sono in venticinque ad attraversare la frontiera per la tappa canadese del Challenge sul circuito aeroportuale di Edmonton, ma non ci sono grosse sorprese; la prima fila è al solito dedicata alla McLaren Cars con Denny Hulme, in Pole e Mclaren al suo fianco.

 

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Denny Hulme – McLaren M8A – McLaren Cars (Ron Laymon)

 

Ma Hall, ancora con la 2G (la nuova 2H sembra sempre più un miraggio) e Donohue sono molto vicini nei tempi. Terza fila tutta Ford con Revson, con la McLaren M6B di Shelby e Gurney, con la McLeagle M6B,  che precedono Motschenbacher con un’altra M6B Ford,  Posey che si affida anco-ra alla Lola T160 del Team Autodynamics, Titus al debutto stagionale con l’ennesima M6B iscritta da Godsal e Parsons con la prima delle T160 di Carl Haas.

Ma la tappa canadese è gara di debutti stagionali non solo per Jerry Titus ma anche per  Bill Young,

con una Lola T70 Mk3 Chevy, per Richard Calloway, anche lui con una T70 Mk3 Chevy che dopo il ventesimo tempo in qualifica deciderà  di  non partire, per Jeff Stevens, che qualificato in ventitre-esima posizione concluderà  stropicciando la sua T70 Mk3 in un incidente e per Roger McCaigh con la sua M6B Chevy la cui pre-stazione è in linea con i sopraelencati, diciannovesimo in prova e fermato dalla meccanica in gara.

 

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Roger McCaig in tre uscite non vedrà  mai la bandiera a scacchi con la sua McLaren M1C;qui a Edmonton e a Las Vegas per noie meccaniche, a Riverside sarà  il motore a tradirlo. (Pete Lyons)

 

Allo start Bruce McLaren è un fulmine, prendendo la testa, ma è altrettanto veloce a perdere la leadership a favore di Hulme alla prima curva per una staccata troppo ritardata.

 

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(forum-auto)

 

Hulme forza subito ed in pochi giri prende un margine di tutta sicurezza mentre sia Jim Hall che Mark Donohue non riescono a ripetere i tempi delle qualifiche e si trovano subito lontani.

 

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(Pete Lyons)

 

Surtees scattato male si ritrova in fondo al gruppo, ma solo per due giri poi il suo Chevrolet rende l’anima e per l’inglese è un mesto ritiro. Distanti tra loro in qualifica gli alfieri del team AAR si ri-trovano presto insieme in gara accomunati da problemi di varia natura che li costringeranno all’ab-bandono prima del ventesimo giro. Ma se qualcuno scende, c’è chi invece dal fondo si affaccia a posizioni più avanzate, come Gary Wilson su una vecchia M1B Chevy da diciassettesimo a settimo o come Brian O’Neill, da venticinquesimo qualificato alla top-ten, nona posizione finale, con una recentissima Lola T160. La Chaparral di Jim Hall accusa noie meccaniche che lo costringono ai boxes per una quindicina di giri. Ripartito per onor di firma si produrrà  in una serie di giri veloci con il record della pista battuto più volte; dimostrazione che nonostante l’età , la 2G è ancora una buona macchina ed accrescendo il rammarico per il mancato debutto della 2H. Peter Revson con l’ultimo dei Ford “casa†resiste fin oltre metà  gara in sesta piazza per poi arren-dersi con un cuscinetto out. Finisce con una doppietta Hulme-McLaren, con Donohue che approfitta dei problemi di Hall per completare il podio; a punti anche Sam Posey con la Lola T160 Chevy …

 

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Abbandonata la Caldwell, Sam Posey trova i suoi primi punti; ne prenderà  altri

a Las Vegas, ma tutti con la Lola T160. (Dave Friedman)

 

… Chuck Parsons con la T160 di Haas e Charlie Hayes con la McKee Mk10 Oldsmobile. Finiscono nei dieci anche Gary Wilson, Skip Scott, Brian O’Neill e George Eaton con una M1C Ford. Per la casa dell’ovale blu non c’è fine alla crisi di risultati.

 

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Charlie Hayes ancora con una McKee, la Mk10 Oldsmobile, coglie l’unico punto della stagione dopo la 7° piazza a Elkhart Lake; da qui in poi non finirà  più una gara.

(Ralph Salyer Coll.)

 

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Gary Wilson tradito dal motore della sua McLaren M1B a Elkhart Lake, arrivando 7° coglie il miglior risultato di questo suo 1968; arriverà  ancora nella top-ten, 10°, a Las Vegas. (Canadian Motorsport)

 

 

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Ronnie Bucknum con la Lola T70 dei fratelli Agapiou, ha fatto il suo meglio

nel debutto di Elkhart Lake, 17°,poi a Bridgehampton e qui a Edmonton,

due ritiri prima di lasciare il Challenge.  (Petter Photograph)

 

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Una sospensione a Bridgehampton, noie meccaniche qui a Edmonton ed ancora sarà  la pompa dell’acqua a fermarlo a Riverside; per John Surtees e la sua Lola T160

questo 1968 assomiglia più ad un incubo che non al Challenge. (Ernie Buckels)

 

Alla prossima con ... Paddock - tecnica motori ...

 

Franz

 

 
 
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Salve a tutti,

 

avanti con ...

 

TECNICA MOTORI

 

Il 1968 è un anno di evoluzione incredibile per quello che concerne i motori; l'escalation delle cilindrate, assestate ormai per le motorizzazioni top sui 7 litri, ha portato con se la necessità  di avere una crescita proporzionale delle potenze. Dalla fine del 1966, con la comparsa dei primi 7 litri Ford, si prendeva per buona la cavalleria che ne derivava cercando di portarla lle ruote e quindi di metterla per terra nel migliore dei modi. Poi con lo stabilizzarasi verso l'alto delle motorizzazioni è diventato chiaro che cercare i cavalli negli 8 litri avrebbe aperto la strada ai 9 e così via. Quindi già  la stagione precedente aveva visto un gran lavorom degli ingegneri sun sistemi di alimentazione sempre più raffinati, con notevoli progressi nel trovare i cavalli e nel gestiren l'erogazione, ma con ancora molti problemi nel conservarne la funzionalità  per la durata della gara e ancora più importante nell'evitare quelle antiestetiche fumate bianche che evidenziavano la rottura traumatica del blocco o lo sfondamento del carter.

Il 1968 segna anche, almeno in parte, un raffreddamento nei rapportin tra Jim Hall. e la Chaparral, e la General Motors. Se fino ad ora la factory era una sorta di braccio armato della GM, ed aveva accersso a tecnologia e fondi per lavorare sui motori e in primis fare ricerca sui sistemi di alimentazione, ora è diventata un fornitore di lavorazioni specifiche, tanto che ad ubn costo stabilito dalla GM stessa, tutti possono dotare il loro Chevy delle modifiche studiate da Jim Hall e dai suoi ingegneri.

 

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Chevy Chaparral con "pipe" rettilinee

 

Ma la grande battaglia si svolge ormai all'interno delle officine dei Top-Team, dove fior di tecnici lavorano sulle teste alla ricerca della miglior detonazione della miscela e sugli stessi sistemi di alimentazione.

 

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Gli stessi ingegneri scoprono così una stretta relazione tra l'aerodinamica dei flussi d'aria e la "respirazione" dei motori; quindi data per scontata la posizione posteriore centrale del motore, bisogna che i condotti di aspirazione si trovino in una zona pulita dove poterla trovare; largo allora a tromboncini rivolti all'interno o lateralmente.

 

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Chevy Traco con testat Surtees

 

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Ford Shelby

 

Sin dalla prima prova di Elkhart lake, Penske ha dotato la sua M6B di una vistosa presa d'aria profilata, conn lo scopo di garantire un minimo di sovrappressione ai suoi Chevrolet ...

 

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così come fatto, con lo stesso intento, da Jim Hall per gli Chevy, curati in casa, della sua Chaparral, strada seguita dal Team Autodynamics per la Lola T160,

 

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che aveva comunque già  perfezionato sulla Caldwell.

 

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A tale proposito una frase di Jim Hall fa il punto: "... l'aria è l'unica cosa gratis nel motorsport, ma anche quella non arriva da sola, te la devi andare a cercare ..."

Summa di tanta ricerca, glòi ultimi fuochi di fine stagione, con gli iniettori portati da Hall a circa venticinque centimetri di altezza sui tromboncini ...

 

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ed i condotti "variabili sui Ford di Shelby destinati a Peter Revson, con gli iniettori a valle della regolazione.

 

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Ford Shelby

 

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Oldsmobile con iniezione in alto

 

Tutta questa serie di studi e di interpretazioni ha di fatto allontanato, almeno per ora, la crescita smisurata delle cilindrate ed il ricorso a sistemi di sovralimentazione. Che arriveranno certo, ma questa sarà  un altra storia ...

 

Alla prossima con ... Jim Hall ed il mistero 2H

 

Franz

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Salve a tutti,

 

ora, come promesso ...

 

Jim Hall ed il mistero 2H

 

JIm Hall ha lavorato duramente negli anni che hanno portato all'avvio della Can-Am, prima con la 2A che ha dominato la scena americana USRRC, vincendo una classica come la 12 Ore di Sebring, e con la 2C per poi buttarsi anima e corpo nel Challenge con la 2E, mentre la sua campagna d'Europa lo porta a vedere vincente anche la 2D nel '66 alla 1000 Km del Nurburgring e poi la 2F nel '67 in quella che molti, per me a ragione, giudicano l'ultima vera gara per Sport Prototipi, la Boac 500 a Brands Hatch. Intanto in America lui metteva in pista la 2G, per una stagione, il 1967, avara di vittorie. Uno dei problemi di quel progetto era stato ad esempio il non adattarsi alle nuove gomme extra-large, che non erano molto in sintonia con le sospensioni posteriori. Modificate queste la macchina aveva cambiato passo, ma ormai la stagione era belle che andata. Proprio questo stato di cose aveva spinto il vulcanico Jim ad elaborare un nuovo progetto o meglio ad approfondire certi concetti che da un po' di tempo affollavano la sua mente. Concetti decisamente rivoluzionari, nati dalla permissività  del regolamento Gruppo 7, che ha sempre trovato nel geniale texano un grande estimatore. Abbiamo accennato ad un certo raffreddamento dei rapporti tra Hall e GM ma ciò non toglie che all'R&D fossero tutti molto attenti nel seguire i suoi progetti.

Qui ha origine il primo mistero; Paul Van Valkenburgh è un ingegnere che lavora al reparto R&D di GM dalla fine del 1965e che in tale veste si è occupato del lavoro in galleria sul progettom 2E. Lui stesso definisce così i rapporti tra il colosso americanoe la piccola factory di Midland "...non siamo mai stati informati da Hall sul procedere dei lavori, o sullo sviluppo in corso, più semplicemente se c'erano dei problemiche la sua piccola realtà  non poteva risolvere in tempi stretti si rivolgeva ll'R&D ed i nostri tecnici collaboravano con lui a cercare, ed il più delle volte an trovare, la soluzione ..."

 

General Motors GsIV

 

Rimanendo al momento, in GM ed in particolare in R&D avevano apprezzato molto il lavoro sui compositi fatto da Hall per la sua 2A, e poi 2C, tanto da seguire con interesse lo sviluppo di tali materiali, anche in campo aeronautico. Quando Hall decide di tornare all'antico per il progetto 2H, in GM avviano un lavoro parallelo, di cui non fanno menzione al di fuori del reparto e usano un nuovo tipo di plastiche rinforzate con fibre di vetro ed incollate con nuove resine epossidiche che non reagiscono più in presenza di un catalizzatore, ma vengono cotte in forno. I dati sulla rigidità  sono sconvolgenti, così come quelli sul peso del rolling-chassis; lo stop arriva però dal fatto che tutto è stato pensato intorno al blocco 327, che con l'escalation delle cilindrate ormai arrivate al limite del 427, rendono il tutto assolutamente inutile. Dato che doveva più che altro essere una prova di fattibilità  e che il budget è stato ampiamente sforato, il risultato viene confinato in un magazzino con il numero di progetto "GsIV".

 

Chaparral 2H

 

chap2h10.jpg

 

Jim Hall invece come al solito parte da un'idea di base che è la minima resistenza aerodinamica possibile. Tutto viene pensato per essere basso e filante, partendo da una posizione di guida sdraiata e da una configurazione di linee proprie di un coupè.

Una forma molto profilata, che sfrutta tutte le esperienze fatte in precedenza, con il muso che è profilo alare con l'aria che non ha ostacoli nel percorrere tutto il corpo vettura fino allo spoiler posteriore perchè, questa è un po' la rivoluzione di Jim Hall, non c'è più l'ala posteriore elevata su due supporti fissati ai porta-mozzo. Così pensata la 2H, è bassa, sfruttando la posizione del pilota, sdraiato, che non offre alcuna resistenza in quanto è completamente all'interno del profilo e la sua visione esterna è garantita da ampie superfici vetrateche sono incorniciate dalla struttura del telaio.

 

chap_210.jpg

 

Questa foto rubata al rattlesnake Raceway, la pista di prova situata giusto dietro la factory di Midland, mostra chiaramente quello che intendeva Jim Hall con "... niente che interferisca con l'aria che passa sopra la vettura ..." i problemi che incontra durante i collaudi sono però altri; la scelta di avere una rigidità  al posteriore che permetta un appoggio sempre perfetto degli pneumatici a terra (non sembra il pensiero di larrabee a riguardo della Caldwell?) crea una serie di vibrazioni parassite che strappano letteralmente le sospensioni dal telaio. Il debutto programmato per l'inizio della stagione viene rimandato di volta in volta, ma anche con l'intervento degli ingegneri di R&D non si riesce ad ovviare in maniera soddisfacente. Si arriva così a sviluppare in tutti i modi la 2G, lavorando su sospensioni ed assetti evidenziando ancora una volta la bontà  di un progetto che se debitamente seguito e sviluppato a quattro mani con la GM avrebbe poturo raccogliere molto di più. L'incidente con Motschenbacher a Las Vegas e la conseguente immobilità  di Hall nei mesi invernali, nei quali normalmernte viene svolta la parte più importante del lavoro di collaudo, non fa altro che creare i presupposti per un'altra stagione di delusioni. Viene chiamato John Surtees per curare lo sviluppo e soprattutto per portare in gara la 2H nella stagione '69, ma questa è la storia di un matrimonio nato per necessità  che purtroppo non ha dato i frutti sperati...

 

Alla prossima con ... il Monterey Grand Prix a Laguna Seca e la stiooria di un uomo felice ...

 

Franz

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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veramente impressionante la ricerca fatta sui motori in un paese come gli USA, dove praticamente fino a ieri si andava con gli aste e bilancieri 5000cc. e un doppio corpo pure striminzito... come dire che nulla venne riversato nel commerciale ma a "qualcuno" avrebbe potuto interessare detta ricerca... ;)

senza parlare poi della ricerca sulla aerodinamica, quando ad esempio, la F1 dell'epoca stava...cercando la grande scoperta. :rolleyes:

mha! caro Franz, non farci caso le mie sono solo riflessioni cosi, ma poi quella Chaparral 2H si è vista un po meglio di quella foto che hai messo??

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Ciao Franz,sono stato assente tutto questo tempo per motivi di impegno e di computer guasto e vedo con piacere che le premesse con cui ti avevo lasciato sono state abbondantemente sorpassate. Non solo lo scritto, esauriente,ma anche il materiale fotografico è molto interessante. Molte foto sono prese quà  e là  nel web,come avevo fatto un pò anch'io quando ho iniziato il 3D,ma molte altre che hai pubblicato e che spero continuerai a pubblicare sono vere chicche e posso dirlo con cognizione perchè ci ho speso un bel pò di serate a caccia di immagini.

Il mio intento quando ho creato il 3D era di ripassare un pò la lezione dopo oltre quarant'anni e soprattutto di condividere l'approfondimento con i forumisti interessati perchè sinceramente la mia preparazione in tema Can-Am era ed è "a grandi linee generali". 

L'idea che tu ne faccia in futuro un libro sarebbe allettante ma poi penso che tutto quello che stai mettendo quì difficilmente potrebbe trovare spazio in qualcosa che non sia trasformato in tomi,quindi questo 3D ha il privilegio per tutti gli interessati di avere la Storia della Can-Am fin nelle viscere a portata di un click.

So cosa significa,in termini di tempo e fatica, per te fare tutto questo e ciò anche se lo fai con passione,e non potrebbe essere altrimenti,ti rende grande merito.

Ma un libro condensato fossi in te lo proporrei a Nada o altri editori che sappiano apprezzare l'opera e sicuramente con il grande vantaggio di essere in italiano,non potrebbe poi mancare in una biblioteca del motorsport degna di tale nome.

Avanti così! :up:  :up:  :up:

 

P.s. di foto da postare ne ho ancora molte e ancora ne stò raccogliendo ma ormai ho deciso di non interrompere il tuo percorso,il ritmo. Quindi quando poi avrai finito magari continueremo il 3D con la sequela di foto sullo stile di "Foto d'epoca" ecc.

Modificato da Lotus72
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Salve a tutti,

Ancora qualche giorno per recuperare parte del materiale dall''HD frizzato ... Acc dannaz malediz ...

Anche perché le altre due macchine sono all'estero per permettere agli altri di farsi le loro traduzioni.

Alla prossima con la cronaca di quella che probabilmente è stata la più bella corsa della CanAm ...

Franz

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  • 2 weeks later...
  • 3 weeks later...

Salve a tutti,

 

il problema è stato, ed è tuttora, più grave del previsto ... ma, scopiazzando da certi cartelli che conpaiono nella bella stagione sulle autostrade ... prometto che passato il ponte dell'8 dicembre ricomincerò a dedicare un po' di tempo anche al web.

 

alla prossima ...

 

Franz

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  • 3 weeks later...

Salve  a tutti

 

ogni promessa è debito, anche se con qualche giorno di ritardo ...

 

Laguna Seca – Oct.13 1968 – Monterey Grand Prix

 

ls10.jpg

 

Laguna Seca è una depressione in una zona semidesertica vicino a Monterey, è un posto caldo, alle volte torrido, asciutto; l’acqua c’era, lo dice il nome, Laguna, ma ora a parte pozze di riflusso o a meno di scavare in profondità , l’acqua non c’è più, lo dice il nome, Seca. La temperatura nelle prove non è da record e questo favorisce la lotta per la Pole: Anche i motori rotti sono molti meno del solito. Questo porta con se alcune novità , una delle quali è la prima fila, per la prima volta in stagione, ospita un pilota che non guida per McLaren Cars. La pole è di Bruce McLaren ed il posto accanto a lui è di Jim Hall con la sua sempre più incredibile Chaparral 2G. Denny Hulme guida la seconda fila con Revson, sempre primo dei Ford, con la McLaren M6B di Carroll Shelby.

 

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 (Jim Serniuck)

       

Terza fila per Donohue con la McLaren Penske e Parsons con la T160 di Haas, quarta per Follmer con la Lola T70 Mk3B Ford dei fratelli Agapiou e per Skip Scott con la seconda Lola di Haas ed a chiudere i primi dieci Jerry Titus con una M6B Chevy e Savage con la Loa T160 del team AAR.

La domenica mattina il circo della Can-Am si sveglia a  … Mont Tremblant … Piove, anche se la definizione adatta sarebbe “diluviaâ€. Dalla parte bassa del circuito, non si vedono le colline che circondano il tracciato perché c’è addirittura la nebbia. La pista è allagata, e le prove della domenica mattina sono la sagra del testa coda, con pochissimi danni alle vetture fortunatamente, anche perché la media sul giro è ridicola; ma nessuno parla di rinviare, di non correre o altro, tutti cercano soltanto il miglior compromesso per riuscire a rimanere in strada e in fondo allo schieramento in molti sperano che non smetta, perché in quest’acqua vedono un’occasione per fare risultato. In molti tra i privati comprano al volo un treno di gomme della marca concorrente, privilegio di chi le gomme le paga; anche alcuni dei top Team vorrebbero farlo!

 

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(Jim Serniuck)

 

Tra alti e bassi la pioggia non cessa ed il via lanciato scatena una nube d’acqua dentro la quale tutto può succedere.

 

Al primo giro, già  abbastanza staccati tra di loro transitano McLaren, Revson, Hulme, Donohue, Cannon dalla quindicesima posizione al via e poi Follmer, Parsons, Hansen, Titus e Scott. La prima vittima e Savage che finisce fuori impossibilitato a ripartire con la Lola piena di fango. “Stavo seguendo qualcuno, non si vedeva niente ed ho creduto di poterlo passare nella successiva curva a destra, ma la curva era a sinistra! Semplicemente non sapevo dov’ero!†Questo il suo commento con i giornalisti. Per il resto a dispetto della pioggia i ritiri si contano sulle dita di una mano; al secondo giro, McLaren, Revson, Cannon, Donohue, Hulme, Parsons, Scott, Follmer.  Il giro seguente sul traguardo gli steward annotano Revson, Cannon, McLaren, Hulme, Donohue, Scott, Parsons, Lothar Motschenbacher (al via era 17°) con la sua McLaren M6b Ford e George Eaton (al via era 18°) su una McLaren M1C Ford.

 

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Bill Fullhorst)

 

Lothar Motschenbacher – McLaren M6b Ford, ancora una volta a punti, quarto, dopo Elkhart Lake e Bridgehampton. Sarà  ancora così a Riverside per un quinto posto finale nella classifica generale del Challenge con in più il fatto di essere il primo Ford.

 

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(Roger Pena)

 

George Eaton – McLaren M1C Ford La giovane promessa canadese coglie un bel podio in una corsa difficile; 8° a Elkhart Lake, 10° a Bridgehampton, sarà  poi 7° a Las Vegas.

 

Quarto giro, Cannon è in testa con dietro la muta sfilacciata, McLaren, Hulme, Revson, Donohue, Scott, Motschenbacher, Parsons, Eaton. Bisogna annotare la scomparsa di Jim Hall che non è riuscito a schierare la sua Chaparral 2G per problemi elettrici; e lo stesso ha fatto Charlie Hayes con la sua Mckee Oldsmobile ammutolita sulla griglia.

 

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(Road&TRack)

 

Il,vantaggio di Cannon continua a crescere, è l’unico a stare sotto il minuto e sedici, gli altri viag-giano oltre il minuto e venti. Chi fa i numeri è Mark Donohue, che è quinto soltanto grazie ad una classe infinita, sempre in bilico tra una derapata da brivido ed un fuori pista inglorioso. Dalle retrovie arrivano anche Sam Posey, era quattordicesimo in griglia, a suo agio sul bagnato e Stan Burnett, con la sua Burnett Mk3 Chevy.

 

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(Road&TRack)

 

Stan Burnett – Burnett Mk3 Chevy Forse centra la fortuna ma fior di campioni hanno fatto errori finendo ingloriosamente anzitempo, quindi il pilota costruttore ha di che essere fiero di questa decima piazza. A Riverside sarà  invece fermato da un surriscaldamento.

 

Passata da poco la metà  gara abbiamo il primo ritiro tra i piloti dei Top Team; Dan Gurney si ferma lungo il tracciato con problemi di alimentazione. Alla fine commenterà  â€œSin dal via dell’acqua do-veva essere entrata nei tromboncini, il motore spesso mancava e strattonava; in cuor mio speravo che il calvario finisse prima.† La pioggia ora è decisamente meno intensa, ma Cannon è comunque sempre almeno un paio di secondi più veloce degli altri; fa segnare il giro più veloce al 49° giro in 1’14â€4 mentre Hulme che è secondo più veloce gira in 1’16â€8-1’17â€0. Al sessantesimo giro, venti dalla fine, manca Follmer, anche lui in crisi di gomme esce nella parte in discesa e non riesce a rientrare. Cannon è leader ed ha doppiato anche Hulme, Motschenbacher ed Eaton, due Ford in lotta per la terza piazza, McLaren, Donohue e Titus. Le posizioni sono ormai stabilizzate e tutti cercano solo di arrivare in fondo senza far danni. La pioggia è quasi cessata ma Donohue non se ne accorge e resistendo a Titus prima e Skip Scott, con la Lola di Haas, poi fa due testacoda senza conseguenze.

 

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  (Roger Pena)

 

Skip Scott – Lola T160 Chevrolet Settima piazza per lui sotto il diluvio; in precedenza aveva visto il traguardo a Elkhart Lake, 19° e Edmonton, 8°; per il resto solo ritiri in una stagione deludente.

 

L’ultimo brivido lo regala Chuck Parsons che perde una ruota per rottura del mozzo ed è costretto a fermarsi a bordo pista: “la pioggia stava calando d’intensità  ed ero più veloce di quelli che mi precedevano, c’era possibilità  di fare dei punti, poi ho avvertito una vibrazione al posteriore ma non ho neanche fatto in tempo a rallentare che una ruota mi ha sorpassato, ed era la mia!â€

Finisce con John Cannon e la sua vecchia McLaren M1B Chevrolet meritatissimi vincitori; solo gomme buone? Forse ma il pilota non ha commesso errori e guidato forte come nessun altro.

 

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                                               (John Wilson)

 

Sul podio con lui, Hulme e Eaton che ha piegato la resistenza di Lothar Motschenbacher, a punti anche Bruce McLaren e Jerry Titus. Completano la Top-Ten Skip Scott con la Lola T160 di Haas,

Mark Donohue, che nulla a potuto contro il, forcing di Titus e Scott, Sam Posey e Stan Burnett.

Come ogni stagione la discesa al West per le tre corse finali porta nuovi personaggi al via delle

gare, Merle Brennan, con una Genie Mk10 che ha sfiorato la top-ten con un bellissimo undicesimo posto, Jack Millikan e Tony Settember con le Lola T70,  Monte Shelton con un Porsche 906 e

Don Jensen col la Burnett Mk2 Chevy a completare il buon risultato di squadra, con un bel 13°;

 

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(Jim Serniuck)

 

Monte Shelton – Porsche 906 Unica uscita per Shelton; un 19° posto non male per una due litri.

Don Jensen – Burnett Mk2 Chevy Una corsa badando a non sbagliare premiata da una tredicesima piazza; anche per lui Riverside sarà  meno fortunata con la rottura di una sospensione.

 

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(Jim Serniuck)

 

Merle Brennan – Genie Mk10 Chevy Corre con l’esperienza di una carriera piena e ricca ma con l’intensità  di un ragazzino, non fa errori e sfiora la Top-ten. Grande!

 

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(Dave Friedman)

 

Tony Settember – Lola T70 Webster Racing Debutto stagionale e 14° posto finale; a Riverside un cerchio ed a Las Vegas il motore gli regaleranno altrettanti ritiri.

 

E ancora Jim Paul con la sua McLaren M1C,  Ed Leslie con la Lola T70 Mk3 CoupéRon LaPeer con una Genie Mk10 Chevrolet ed il solito Jerry Entin con un'altra Lola T70 Mk3 Chevrolet.

 

 

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(Jim Serniuck)

(A

Ed Leslie – Lola T70 Coupé La curiosità  di essere al via di una vettura chiusa in un mondo di vetture scoperte, non sembra averlo aiutato; qui il motore, a Riverside la pompa dell’acqua e a Las Vegas una perdita d’olio lo fermeranno sempre anzitempo.

Ron LaPeer – Genie Mk10 Chevrolet La macchina è la stessa di Brennan il talento no! Il motore gli nega il traguardo ma sarebbe stato comunque lontano dai primi.

 

                     

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    (autodiva.fr)

 

Jerry Entin – Lola T70 Mk3 Chevrolet Un 18° posto qui a Laguna Seca ed un ritiro a Riverside ; passano gli anni ed alle volte la sola esperienza non basta.

 

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(Bill Fullhorst)

 

Rich Galloway – Lola T70 Tra le mancate partenze di Edmonton e Las Vegas ed il ritiro a Riverside, arrivare 17° sembra molto più di quanto non sia in realtà .

 

 

Dovevamo ricominciare e come farlo meglio del raccontare questa corsa vinta da un uomo felice?

 

alla prossima

 

Franz

Modificato da znarfdellago
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  • leopnd changed the title to Can-Am: 1966-1974

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