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  1. leopnd

    Luigi Villoresi

    La famiglia di Villoresi era ben nota a Milano. Quando Luigi è nato nel 1909, suo padre ha diretto un'azienda che genera un'elettricità per la città, ma era il suo nonno che era il membro più famoso della famiglia. Ha costruito un grande canale che prende l'acqua dal fiume Ticino vicino all'aeroporto attuale di Malpensa de Milano per irrigare quella parte della Lombardia. Nel riconoscimento è stato denominato Canale Villoresi ed il nome ancora è contrassegnato sui programmi della zona. Il padre di Luigi, Gaetano e la madre, Esther hanno avuti cinque bambini ma la famiglia è stata inseguita tristemente da sfortune. Il fratello Emilio di Luigi è deceduto che provava una Alfa Romeo Alfetta a Monza, la sua sorella Rosa morta forse più tragicamente in un incidente stradale, e un altro fratello si suicidò. Il suo ultimo fratello, Eugenio, morì di cancro. Le prime gare di sport di Luigi erano i raduni locali nel 1931 con un Lancia lambda, ma due anni più successivamente comprò una Fiat Balilla, un modello che ha aperto la porta alla corsa a molti giovani italiani. Era in questa automobile che ha corso nella Mille Miglia, con il suo fratello più giovane Emilio come passeggero. Hanno finito con un quinto lodevole posto nella categoria sportscar 1100cc e da quel momento in poi Fiat è stata usata in un certo numero di eventi compreso la Coppa Ciano 1935 dove è arrivato terzo. Nel 1936 ha comprato uno della ex-fabbrica 4CMs ed immediatamente ha oscillato l'istituzione arrivando al sesto posto nella corsa di Voiturette che sostiene la Monaco Grand Prix; la sua prima corsa nell'automobile! Ha condiviso l'automobile con il fratello Emilio che è risultato essere un driver particolarmente rapido. Abbastanza rapidamente, infatti, da essere schioccato da Enzo Ferrari per guidare dalla Scuderia Ferrari Alfa Romeo nella stagione 1937. Nel frattempo, Luigi e lo Scuderia Ambrosiana - che aveva aiutato Giovannni Lurani - hanno comprato una Maserati 6CM (telaio 1541). Entro 1938 Villoresi era un membro titolare della squadra della Maserati ed ha avuto l'occasione di correre con 8CTF fabulous (Testa ad otto cilindri Fissa - a testina fissa) di cui soltanto tre sono stati costruiti mai. Ciò ha avuta i 3 litri in linea, un motore ad otto cilindri con i superchargers gemellati delle radici, quello eliminati la manovella e l'altro adattato all'albero a camme. Aveva 350 hp eccessivi ed era la risposta della Maserati alla Mercedes-Benz. La Seconda Guerra Mondiale che comincia, Villoresi ancora ha trovato ancora il tempo di correre nelle due corse principali tenute nel 1940 su terreno italiano, vale a dire XIV Gran Premio Di Tripoli, dove è arrivato quarto con Osca 4CL (1564) e la Targa Florio, che debitamente ha vinto. Era il 23 maggio 1940 e la corsa ultima del periodo era stata vinta da Villoresi. Quasi sei anni più successivamente, nel 1946, nella corsa ricominciata (ignorando le riunioni del settembre 1945 a Bois de Boulogne) e Villoresi, ora parte dello Scuderia Milano, comparso il 22 aprile 1946 alla riunione de Nizza, questo volta ricordare ai suoi colleghi sopravviventi che essendo l'ultimo vincitore, era aspetta per essere il primo vincitore di nuova era. Per la fine del giorno ha vinto anche, questo volta dalla stella aumentante Raymond Sommer. Per 1947 ha cominciato correre insieme al suo amico Alberto Ascari con il Maserati 4CLs della Scuderia Ambrosiana. Era un anno eccellente per Villoresi, che ha vinto le corse a Marsiglia, Nizza, Strasburgo e Losanna. Nel 1948 la situazione è rimasta la stessa, con Ascari che prende la relativa prima vittoria al San Remo, ma Villoresi, più fortemente che mai, ha guidato alla vittoria a Comminges, Albi, il Grand Prix britannico e le riunioni di Penya Rhin. In 1949 ha avuto una grande sorpresa: “Ho ricevuto un messaggio da Enzo Ferrari aveva trasmesso un singolo-seater Ferrari a Bruxelles affinché corresse a Bruxelles al Grand Prix e uno sportscar da correre a Lussemburgo. Ho vinto entrambe le corse e quando ho ottenuto di nuovo a Milano io ho avuto una telefonata da un giornalista denominato Corrado Fillipini mi che dice che Enzo Ferrari lo desiderasse guidare per lui.„ Ciò ha portato un dilemma per Villoresi; aveva avuto antipatia per Enzo Ferrari dal giorno dell'incidente che ha ucciso il suo fratello Emilio a Monza: “In quel giorno, il 28 giugno 1939, Enzo Ferrari mettere sopra un pranzo, realmente sul circuito, per mostrare la nuova Alfetta. Dopo pranzo, hanno rimosso le tabelle della pista ed il mio fratello “Mimi„ è uscito dall'automobile. Ha fatto due giri senza i problemi e sul terzo giro si è andato contro un albero ed è morto. Ho chiesto Enzo se potessi vedere quello che rimaneva dell'automobile ma si rifiutasse e quando gli ho chiesto che cosa è accaduto mi ha detto che il mio fratello avesse mangiato troppo a pranzo e forse avesse un indigestione quale lo aveva indotto ad andare fuori della strada. Tuttavia, ho deciso di andare vedere che cosa ha voluto dire.„ Quando è arrivato alla casa del Ferrari è stato trasmesso upstairs all'uomo grande, che era malato in base. Immediatamente ha fatto conoscere le sue sensibilità: “Gli ho detto sapessi che non lo ha gradito e non lo ho gradito neanche, ma comunichiamo. Alla conclusione della conversazione I ha lasciato Modena non solo con un accordo unire Ferrari ma anche con altri due contratti che dovevo passare ai miei amici Alberto Ascari ed al Farina del Nino. Tutti e tre i contratti erano esattamente gli stessi.„ La sua carriera era ora nel progresso completo, ma malgrado la sua luminosità Villoresi era di avere un certo numero di incidenti, essere più serio due a Ginevra. Uno era su una Maserati quando i suoi nuovi pneumatici messi dal meccanico sull'automobile, hanno sparato fuori della strada sul primo angolo (Grand Prix delle Nazioni del DES di I, 21 luglio 1946). Il secondo quando guidavo una Ferrari nel 1950, era molto più serio. “Non appena la corsa ha cominciato l'automobile non stava funzionando bene e potrei ottenere soltanto 10,000rpm quando dovrei potere prendere 11.000. Che cosa penso era accaduto era che il mio meccanico Meazza nel cambiare le spine dalla morbidezza a due mancati duro avuti di loro e questo erano perché l'automobile misfiring. Ero giù il campo e qualcuno sulla parte anteriore ha saltato il suoi motore ed olio di diffusione sopra la strada. Ho filato, colpito le balle della paglia e mi sono capovolto. Fortunatamente sono stato gettato dall'automobile, ma dalla menzogne nel mezzo del stavo leggendo. Il Farina del Nino realmente ha conservato la mia vita mentre lo ha visto a tempo swerve, ma anche ha colpito l'olio, è andato fuori della strada e si è arrestato.„ Villoresi è stato preso all'ospedale in un coma, perso la parte superiore di una delle sue barrette ma malgrado le sue lesioni, “Gigi„ recuperata in tempo utile per la riunione inter della tazza di 1951 Europa a Monza, dove Enzo Ferrari lo ha registrato con una Ferrari 340 America. Non solo ha vinto la corsa ma la ha goduta così tanto che la ha chiesta a Ferrari per correre con il Coupé nella Mille Miglia. Ferrari ha rifiutato, ad esempio avrebbe un Barchetta come Ascari, ma Villoresi ha persisto. Finalmente è stato permesso correre con il Coupé ed ha vinto l'evento. “Enzo Ferrari non ha capito che il Coupé era realmente l'automobile migliore per la Mille Miglia. La corsa era bagnata, ma ho ritenuto comodo ed ero molto felice di vincere.„ Alla fine di Alberto 1953 Ascari (che nota i campionati retro a retro) e di Villoresi è andato a Maranello vedere Enzo Ferrari e discutere apparentemente i loro contratti per 1954. Ma a quel punto, entrambi già avevano firmato con Gianni Lancia per correre per la nuova Grand Prix squadra di Lancia in 1954. Poiché la Lancia D50s non era di aspettare per la maggior parte della stagione 1954, Villoresi è stato prestato ai suoi amici anziani a Maserati ed ha guidato 250Fs. Al GP spagnolo la Lancia è comparsa ma Villoresi pensionato dalla corsa con i freni venenti a mancare. Durante la stagione 1955 ha guidato solamente per Lancia, aggiudicandosi un quinto posto al Grand Prix di Monaco, ma per Ascari le cose hanno preso un tuffo del naso quando famoso ha arato il suo Lancia nel porto della Monaco. Alcuni giorni più successivamente Alberto Ascari è morto a Monza durante le prova di una nuova Ferrari del Castellotti sportscar. Alla fine della stagione, Gianni Lancia ha consegnato le sue automobili a Enzo Ferrari e la Lancia-Ferrari ha trionfato nella stagione 1956, ma senza Villoresi. Ha rinviato al popolare di Maserati ed ha rifinito 5° nel GP del belga in un Sud 250F di Centro e 6° nel GP britannico in 250F di Luigi Piotti. Era quindi soltanto adattare quel lui dovrebbe concludere la sua grande carriera di Prix al GP italiano di 1956 in una fabbrica Maserati. Tristemente, si è ritirato. I suoi giorni di corsa sopra, Villoresi ha vissuto tranquillamente a Modena. Ma è rimasto un ambasciatore fine per Maserati ed era sempre presente sul basamento dell'azienda ai saloni dell'automobile. Il 24 agosto 1997, dopo aver raggiunto con successo i 88 anni, Villoresi, è morto pacificamente nella casa di cura della Santa Caterina a Modena, in cui aveva speso gli ultimi anni della sua vita.
  2. Via alla stagione 2017/2018
  3. leopnd

    Giuseppe Campari

    L’8 giugno 1892 nasce a Graffignana, comune della Lodigiana, Giuseppe Campari, anima in precario equilibrio e pilota automobilistico. La velocità in quei primi anni del Novecento non era ancora diventata un affare sociale. Correvano tutti, i nobili e i meccanici, gli ingegneri e i garzoni, le donne e gli uomini, i baritoni e i banchieri. Quella smania contagiava cronisti e pittori, artisti e impiegati, pensatori e politici. Si lasciavano stregare dal graffio dell’aria, dall’enorme tensione del volante e da quel pedale rigido e lungo che, quando affondava la sua corsa sino in fondo, faceva urlare il motore al cielo scodando sulla ghiaia in un vortice di breccia, polvere e sassi. Le corse d’auto erano un fenomeno frequentato e popolare, sentito e sognato, più della nobile arte pedatoria, dell’atletica o della marcia. Perché le auto volavano sui selciati e sulle strade, sfioravano il quotidiano, sfidavano apertamente la lentezza di quel mondo antico facendo assaporare e intuire la bellezza furtiva di un futuro che si preannunciava esaltante e ringhioso quanto e più del rumore che si lasciavano in scia. Quell’automobilismo d’assalto e leggendario, al di là dei suoi eroi, non sopravvisse a quella grande stagione. Si spense, al pari delle speranze, in un’Italia tradita da un benessere predicato e mai conseguito, rimanendo per decenni l’ombra di una promessa, un inganno collettivo, dolce, sopito e crudele. Ma quella stagione, tra comparse e comprimari, conobbe anche molti fragili eroi e grandi leggende. Come Borzacchini, Nuvolari, Brilli Peri, Varzi, Ferrari, Ascari e Maserati. Come anche Giuseppe Campari da Graffignana, “el negher” per amici e avversari. A Giuseppe piaceva la vita, il bel canto, i motori, le sfide, la cucina e le strade. Era diventato collaudatore in Alfa dove si era fatto apprezzare per l’innata capacità di domare quei pesanti e instabili siluri d’acciaio su quattro ruote. Non era l’aria che sferzava il volto, che schiacciava gli occhialoni, che spingeva il berretto all’indietro quasi volesse strappare la testa dal collo. Non era nemmeno la pioggia che bruciava la pelle o il sole che accecava e confondeva l’orizzonte. Domare quei pesanti mostri significava mangiare e sputare polvere, come e più di un manovale in un cantiere stradale. Campari, il suo soprannome, lo doveva proprio a questo. Perché quando, dopo una giornata di prove, infine scendeva dalle auto che aveva testato era ricoperto di polvere e sabbia da capo a piedi ed aveva cambiato colore. E allora si ripuliva come poteva con il suo solito fazzoletto color cremisi e si infilava in qualche osteria a cercare compagnia, a rimediare vino e agnoli per fare notte, tra belle arie e romanze. Per Campari la lirica non era soltanto una passione. Era un modo di vivere e guidare. Più del virtuosismo gli apparteneva il respiro agrodolce del melodramma, della tragedia, di quel modo leggero e inquieto di accarezzare dossi e curve, dove peraltro era solito regalare brividi, emozioni e spettacolo. Perché Giuseppe era l’unico a cui riusciva la magia, l’unico in grado di cambiare marcia in frenata senza grattare, spingendo la frizione sino alla fine del mondo per due volte in rapida sequenza, in una sorta di diabolica doppietta. Sfidava la polvere e passava leggero volando sugli sterrati, scodando e fendendo il muro di gente che, trattenuta a stento dalla milizia, si rassegnava ad inseguirne tramortita il profilo sino a scivolare nel suo cono d’ombra. Campari era la velocità e tutto quello che le si poteva chiedere. Giuseppe era naturalmente dotato di una forza poderosa, aveva capelli neri e un corpo ricoperto da una fitta coltre di peluria. Era un baritono prestato al volante. Si portava appresso una voce discreta, un fisico rotondo e imponente, baffi volitivi, occhi scuri e profondi e, soprattutto, un coraggio da leoni. Sposò una cantante e provò anche a salire su di un palco in una notte d’opera al teatro Donizetti di Bergamo, cimentandosi nella «Traviata», il suo cavallo di battaglia, e rimediando ben pochi applausi e, pare, qualche aperta contestazione, perché, si sa, che i loggioni dei teatri mica si lasciano affascinare troppo dai miti. Forse anche per questo Campari divenne un asso del volante. Raccolse i suoi migliori e più esaltanti successi sul finire degli anni venti, quando ormai si cominciava a sentire il sordo e cupo rimbombo di un destino ineluttabile. Per tre anni sbaragliò la concorrenza di Nuvolari, Mazzotti, Strazza, Bornigia, Morandi e Varzi conquistando a ripetizione due edizioni della Mille Miglia, la Coppa Acerbo ed una manciata di Gran Premi, tra cui quello attesissimo di Francia per la “gioia” dei cugini transalpini. Si era ormai avviato ad entrare negli annali, a raccogliere i frutti della sua migliore stagione. Chissà dove sarebbe arrivato se il destino non gli avesse teso un tranello, se non lo avesse attirato nella trappola ordita da quella maledetta macchia d’olio durante il Gran Premio di Monza, nel tempio della velocità. La Duesenberg del conte Trossi rompe infatti il motore e inonda la pista di olio nel punto peggiore del tracciato, alla staccata della curva Sud, dove le monoposto arrivano alla massima velocità. In quel punto il macadam, reso già scivoloso per la pioggia, diventa una lastra di ghiaccio. Campari guida il plotone davanti al temibile e veloce Borzacchini, il pilota che di nome fa Baconin e che ogni volta imbarazza i gerarchi fascisti che lo devono premiare. Sono due compagni di scuderia, due colleghi, due anime inquiete e due strepitosi acrobati. Ma a quella velocità e in quelle condizioni precarie la bravura non serve a niente. Le due Alfa perdono aderenza, i due piloti lottano disperatamente con la gravità, poi scivolano lungo la tangente, si sfiorano e finiscono tragicamente fuori pista terminando la loro corsa nel fossato. Campari muore sul colpo, Borzacchini si spegne di lì a poco in ospedale. Nonostante le sonore proteste degli spettatori la gara continua crudele e feroce senza fermarsi, sino in fondo, come la vita e le inconsapevoli esistenze che la circondano.
  4. leopnd

    Giuseppe Farina

    Giuseppe Emilio "Nino" Farina: Torino 30 ottobre 1906., Chambéry (Francia) 30 giugno 1966. Pilota. Sarà storicamente ricordato come il pilota che per primo si è fregiato del titolo mondiale quando, nel 1950., fu istituito il Campionato del mondo di Formula 1. Figlio di un fratello del celebre carrozziere Battista “Pinin” Farina, stile di guida «temerario e rischioso fino all’inverosimile», «si vantò sempre di essere stato l’unico allievo di Tazio Nuvolari». Debutto nel 1930. alla Aosta-Gran San Bernardo, finì fuori strada (prima frattura). Ritornato alle corse dopo tre anni, nel ’36 entrò nella Scuderia Ferrari (al seguito del rientrante Nuvolari). Secondo alla Mille Miglia nel ’36, ’37, ’40, al GP d’Italia nel ’38, raggiunse la completa maturità nel dopoguerra: noto per il vezzo di correre sempre con un grosso sigaro cubano stretto tra i denti, nel ’50 conquistò il primo mondiale di Formula 1 grazie ai successi nei GP di Gran Bretagna (Silverstone), Svizzera (Bremgarten), Italia (Monza), precededendo nella classifica finale l’argentino Juan Manuel Fangio, suo compagno di squadra (30-27). Nel ’51 dovette accontentarsi del successo nel GP del Belgio (Spa-Francorchamps), quarto nella classifica finale; nel ’52 non vinse alcun GP ma fu secondo in classifica, battuto solo dal ferrarista Alberto Ascari; nel ’53 vinse il suo ultimo GP, in Germania (Nürburgring), fu terzo in classifica e fu protagonista del primo grave incidente nella storia della Formula 1: «In Argentina, la Ferrari di Nino Farina, per evitare un bambino che attraversava la pista, piomba tra la folla uccidendo dieci persone, alle quali se ne aggiungono altre due, travolte da un’autoambulanza giunta ad alta velocità». Nel 1954. il mondiale riapre le porte alle vere Formula 1. Farina prende parte, alla guida di una Ferrari, a due soli gran premi, giungendo secondo in quello inaugurale di Argentina. Proprio questo evento è il primo caso di ricorso post-gara respinto: per un cambio gomme Fangio, vincitore della gara su Maserati, utilizza ben cinque meccanici al posto dei tre previsti dal regolamento. La Ferrari, certa della vittoria a tavolino, suggerisce a Farina e Gonzalez di non forzare. Il reclamo di Maranello è però respinto sia dagli organizzatori che, più tardi, dalla FIA. Nell'altro gran premio stagionale, Farina guida con un tutore di cuoio al braccio destro, fratturato in occasione della Mille Miglia. Nella stagione 1955. Farina disputa tre gran premi conquistando un curioso record. Il gran premio di Argentina, gara inaugurale del campionato, verrà ricordato per il grande numero di cambi di pilota, ben 15, dovuti sia alle particolari condizioni climatiche (35 gradi all'ombra e 55 sul circuito), che alla conseguente stanchezza: Farina, per il gioco dei cambi, finisce quindi al secondo posto (con Gonzalez e Trintignant) e al terzo (con Maglioli e Trintignant). La vettura è una Ferrari 625, la stessa con cui Farina si aggiudicherà il gradino più basso del podio in occasione del gran premio del Belgio. L'ultima presenza di Farina in Formula 1 è il gran premio d'Italia: schierato dalla Ferrari con le vetture rilevate dalla Lancia in seguito all'incidente mortale di Ascari, non riesce a prendere parte alla gara per problemi alle gomme. L'anno successivo volle partecipare alla 500 Miglia di Indianapolis con la Bardahl Ferrari Experimental, una monoposto assemblata dalla OSCA, impiantando un motore Ferrari tipo 446 su un telaio Kurtis Kraft. Il tentativo di qualificazione fallì a causa di non superate difficoltà nella messa a punto dell'impianto di iniezione meccanica Hilborn. Morì in un incidente stradale mentre si recava a Reims per assistere all’imminente GP di Francia.
  5. R18

    WRC - Italia

    until
    Rally d'Italia
  6. leopnd

    Luigi Musso

    Luigi Musso è stato un personaggio eclettico. Difficile da interpretare, oscuro nelle sue imprevedibili reazioni, impavido se si svegliava con l'umore giusto, infantile e poco affidabile nelle giornate no. Si poteva definirlo "leone" perché in pista sapeva essere davvero un re, agguerrito e coraggioso, e perché nella quotidianità era indolente, come il dominatore della savana, e dipendeva dalle donne che gli stavano accanto. Era purtroppo vittima dei suoi vizi: fumava fino all'ultimo secondo disponibile prima della partenza di ogni gara, dilapidava il denaro nei casinò, non sapeva mai accontentarsi. Ma la velocità gli scorreva nelle vene, e i suoi avversari lo sapevano. Luigi Musso nacque a Roma nel 1924 da una famiglia estremamente benestante: il padre Giuseppe era un intraprendente diplomatico e uomo d'affari, che aveva costruito la sua fortuna in Cina, e, al rientro, aveva fondato la ICI, una casa di produzione cinematografica di successo. Luigi era l'ultimo genito, il più coccolato, cresciuto in una meravigliosa villa vicino a Via Veneto, tra lusso e sfarzi, riverito da camerieri e maggiordomi. Purtroppo a 16 anni rimase orfano di padre, perdendo non solo un importante figura genitoriale, ma anche una guida che gli facesse comprendere il valore del denaro, del sacrificio e l'importanza del lavoro. Aveva due fratelli, Luciano e Giuseppe, e due sorelle Elena e Matilde. Nel 1945 si comprò la sua prima auto, una Fiat Topolino, nonostante ancora non avesse la patente. Nel 1947 suo fratello Giuseppe iniziò a correre con l'Alfa Romeo, ma era Luigi ad avere l'automobilismo nel sangue. Alto, magro, sempre elegantissimo, pareva a molti inadatto alla vita di pilota. Troppo lunatico, troppo viziato. Pensavano fosse il solito riccone che voleva togliersi lo sfizio di gareggiare per poi finire sui rotocalchi e crogiolarsi nel suo effimero successo. Luigi invece voleva davvero correre. Iniziò a prepararsi alla sua futura carriera studiando, analizzava i circuiti, le traiettorie, cercava di comprendere le leggi fisiche fondamentali, insomma, un approccio davvero teorico, ma che gli permetterà poi di diventare un pilota preciso e attentissimo. Non era uno spericolato: sapeva benissimo che con quelle monoposto si moriva, e lui era intenzionato a vincere senza troppi rischi. Non era uno che si risparmiava, ma preferiva calcolare piuttosto che azzardare. Sarà infatti un azzardo a portarselo via. Nella vita di tutti i giorni invece erano continui i colpi di testa: i casinò furono il suo tallone d'Achille. Si giocò cifre incredibili e perse, perse davvero tanto, ma sempre con signorilità. Non rinunciò mai a nulla, il lusso gli era necessario... D'altro canto vi era nato nel lusso, era nel suo dna. Investiva spesso in affari sbagliati, ma non si soffermava mai troppo a rifletterci. Le cose gli scivolavano addosso. Quando iniziò seriamente a correre inanellò un successo dietro l'altro. Gli esordi furono a bordo di una Maserati (l'unico investimento davvero redditizio), corse in tutte le occasioni più importanti vincendo spesso ricchi premi e facendosi pian piano un nome nel mondo delle corse. Vinse nel 1953 il titolo di Campione Italiano Assoluto Sport. Nel 1954 arrivò secondo alla Targa Florio su Maserati A6GCS e terzo alla Mille Miglia su Maserati A6GCS numero 500 con Augusta Zocca, nel 1954 fu primo al Gp di Pescara (Non titolato), nel 1953 divenne Campione Italiano Sport classe 2000 e due anni dopo Campione Italiano Sport classe oltre 2000. La Formula 1 era comunque il suo vero obiettivo. Voleva arrivare in alto. E nel 1954 incominciò la sua breve, ma incisiva, avventura nel circus di F1, come pilota ufficiale della scuderia Maserati. Nonostante alcuni importanti successi (nel 1955 arriva terzo al Gp d'Olanda, dietro Fangio e Moss e battendo quello che sarà il suo amico-nemico più agguerrito: Eugenio Castellotti, che correva per la Scuderia di Maranello), ma sapeva che per raggiungere i suoi scopi la Scuderia giusta era solo una: la Rossa di Enzo. Il 30 aprile 1955 partecipò alla Mille Miglia con la Maserati A6GCS numero 651 ma non riuscì a portare a termine la gara. Con il Drake i rapporti non furono mai totalmente sereni, Musso spesso si sentì trascurato a vantaggio dei suoi compagni di squadra, ed Enzo non amava del romano quei vizi e quelle manie di grandezza... Comunque il suo esordio con la Ferrari è datato 1956, anno in cui ottenne la sua più bella vittoria al Gp d'Argentina. Sempre nel 1956 Musso corse la Mille Miglia su una Ferrari 850 Monza numero 556 classificandosi 3°. Alla fine dello stesso anno furono presentati i piloti della scuderia: Luigi Musso, Eugenio Castellotti, Alfonso Portago, Mike Hawthorn e Peter Collins. Una schiera di campioni con un triste destino già segnato. Musso sapeva che, oltre a competere con gli avversari, i primi da battere erano proprio i suoi compagni di squadra. Nel 1957 vinse la 1000 miglia di Buenos Aires. La sua notorietà era ai massimi livelli, e il pubblico italiano lo osannava. La morte di Castellotti (Modena 14 marzo 1957) però lo segnò profondamente, e fu tanto colpito da cambiare anche nel carattere. A maggio morì anche Alfonso de Portago. Nel 1958, nonostante fosse l'unico italiano a competere per il titolo mondiale, venne retrocesso a terza guida dietro Hawthorn e Collins, perchè, l'anno precedente al Gp di Monza, si era rifiutato di cedere la sua monoposto a Fangio. Grande la sua voglia di riscatto. E l'occasione migliore per lui era conquistare il gradino più alto del podio a Reims. La vittoria inoltre significava un premio di 15 milioni, una cifra a lui necessaria per risolvere i suoi enormi problemi finanziari. Purtroppo non aveva fatto i conti con quella maledetta curva che tutti chiamavano il Calvaire. Il 6 luglio 1958 Luigi al decimo giro é secondo dietro Hawthorn. Al Calvaire Luigi decide di non alzare il piede dall'acceleratore per passare l'avversario all'uscita dalla curva. Ma nessuno poteva fare il Calvaire in piena, lo sapevano tutti. Per Luigi è la fine. Muore a soli 34 anni e raggiunge l'amico Eugenio. Quel giorno per la prima volta non aveva rispettato il suo rito scaramantico: l'ultima persona a parlargli prima della gara non era stata la sua compagna Fiamma. Un mese dopo morì anche Collins. E nel 1959 toccò a Hawthorn. Due anni di lutti che segnarono profondamente la storia della F1...
  7. leopnd

    Andrea Bertolini

    Andrea Bertolini nasce a Sassuolo (Modena), il primo dicembre 1973. Consegue il diploma di perito meccanico all'Istituto Tecnico 'Ferrari' di Maranello. Debutta all'età di 11 anni, nella categoria 'minikart', piazzandosi subito al secondo posto nel campionato italiano. Fra i 13 e i 16 anni disputa gare nelle categorie kartistiche superiori, sempre in ambito nazionale, per poi interrompere momentaneamente l'attività agonistica per motivi economici. All'età di 19 anni diventa il più giovane collaudatore delle vetture GT Ferrari stradali, occupandosi dello sviluppo sperimentale. Nel frattempo, a fine anni '90 riprende anche la sua attività agonistica, sempre nei kart, con numerose vittorie soprattutto nel 1999 e 2000 nella categoria 125 formula C. Nel 2001 gli viene offerta la possibilità di disputare il campionato FIA GT al volante di una Porsche di un team privato ed ottiene l'opportuna autorizzazione dell'Azienda. I risultati di quell'anno lo mettono in luce e, nel 2002, il team JMB - cliente Ferrari - lo ingaggia come pilota della 360, con la quale ottiene il 4° posto finale nel campionato FIA GT. Ad inizio 2003 la sua carriera professionale in Ferrari ha una svolta, con il passaggio dal reparto Esperienze stradali al dipartimento Corse Clienti Ferrari e Maserati, sempre con il ruolo di pilota collaudatore. In quell'anno prosegue il capitolo agonistico con JMB, al volante della 360 GT prima e 360 GTC poi, vincendo quattro gare ed arrivando ad un passo dalla conquista del titolo della categoria N-GT. Il secondo posto finale viene ulteriormente valorizzato dal premio "Driver Performance of the Year" che gli viene attribuito da una giuria di giornalisti internazionali, dopo aver valutato tutti i piloti impegnati nei Super Racing Weekend nei quali vengono disputate le gare FIA GT, WTCC e di altre prestigiose categorie automobilistiche. Nel 2004, Bertolini viene chiamato a svolgere il ruolo di collaudatore ufficiale dalla Scuderia Ferrari Marlboro di Formula 1. Nello stesso anno, il sassolese, inizia il programma di sviluppo della nuovissima Maserati MC12, la vettura scelta dalla Casa del Tridente per il suo rientro nel mondo delle competizioni. La MC12 prende parte alle ultime quattro gare della stagione e Bertolini divide il sedile con Mika Salo: a Imola i due chiudono al secondo posto davanti ai compagni di squadra (Herbert/De Simone), mentre già nell'appuntamento successivo, Oschersleben, sono in grado di conquistare il primo successo della straordinaria GT modenese. La sfortuna di Dubai viene ampiamente mitigata dal trionfo, in Cina, nella gara di Zhuhai, successo che gli permise di diventare una sorta di eroe per i milioni di appassionati cinesi. Il 2005 è un anno intenso per Bertolini che è impegnato su più fronti: oltre al tradizionale ruolo di collaudatore per Ferrari e Maserati, il sassolese affronta con grandi propositi il campionato FIA GT e l'esperienza negli Stati Uniti dove la Maserati schiera una MC12 ufficiale nel campionato ALMS, pur senza prendere punti. Nel FIA GT, Bertolini difende, assieme a Karl Wendlinger, i colori del JMB Racing al volante di una MC12. Sfiora il titolo grazie ad un successo (Magny-Cours) e numerosi podii (tra i quali spicca il secondo posto alla 24 Ore di Spa). Il pilota modenese va a punti in ogni prova, tranne l'ultima dove un problema al cambio lo costringe ad un ritiro anticipato (mentre era al comando) che gli costa, a conti fatti, anche il titolo. Nell'ALMS, invece, nonostante la MC12 risulti sfavorita rispetto alle altre vetture che prendono parte alla serie soprattutto per la mancanza di riferimenti per assetti e pneumatici, giungono due podii (Road America e Road Atlanta) e numerose ottime prestazioni. Il pronto riscatto dalla delusione provata nel 2005, arriva nel 2006 quando Bertolini opta per la compagine tedesca del Vitaphone Racing Team, dove corre assieme a Michael Bartels. La stagione è trionfale: tre vittorie, tra cui la mitica 24 Ore di Spa, due secondi posti e piazzamenti in tutti e dieci gli appuntamenti della serie. Andrea Bertolini si laurea campione piloti FIA GT ad Adria, con una gara di anticipo. Dopo il titolo conquistato nel 2006, il collaudatore ufficiale Maserati si è calato in una nuova sfida vestendo la casacca del Playteam Sarafree. Bertolini divide il sedile con il suo più acerrimo rivale del 2006, Andrea Piccini. I due sono protagonisti di una stagione di spessore, culminata con il successo sull'inedito circuito cittadino di Bucarest, che ha permesso loro di rimanere in lizza per il titolo sino alla gara di Zolder, grazie anche ai due secondi posti conquistati ad Oschersleben ed Adria. Ancora una volta, Bertolini conclude a punti tutte le gare ad eccezione della prima, in programma a Zhuhai, dove la benzina a bordo della sua MC12 finisce prima del suo rientro ai box. Non solo FIA GT, però, per Bertolini. Nel 2007, infatti, il pilota di Sassuolo prende parte ad una gara dell'ALMS, la Petit Le Mans, che festeggia in quel weekend il suo 10° anniversario. Bertolini, al volante della MC12 del Doran Racing, conquista la prima pole position della storia di Maserati in questa categoria, chiudendo poi al secondo posto la gara disputata assieme a Theys e Lienhard. La stagione 2008 prevede un ritorno al passato per Bertolini, dal momento che tornerà nel team con il quale ha conquistato il titolo nel 2006, ritrovando proprio il suo compagno di allora: Michael Bartels. Al termine di una stagione trionfale, il pilota di Sassuolo conquista nuovamente il titolo di campione, grazie anche a due formidabili successi, uno dei quali conquistato alla prestigiosa 24 Ore di Spa. Nel 2009 il binomio con Michael Bartels continua e, con esso, lo straordinario filotto di trionfi che si arricchisce di due vittorie - Budapest ed Adria - numerosi podii e il terzo titolo piloti. Nel 2010, Andrea non cambia ed affronta il neonato Fia Gt1 World Championship, il campionato del mondo FIA riservato alle vetture GT nato come evoluzione del FIA GT, assieme a Michael Bartels, sempre difendendo i colori del Vitaphone Racing Team. Dopo un inizio in sordina, i campioni attaccano e conquistano tre successi su quattro nelle gare di Brno e del Paul Ricard. Quando non riescono a vincere, i due chiudono comunque la gara a punti tanto che, dopo la splendida doppietta di Algarve, per Bertolini si paventa la possibilità di chiudere anzitempo i giochi per il titolo. Ma la zavorra di prestazione costringe l'equipaggio italo-tedesco a lottare in difesa, senza rinunciare a marcare punti importanti. Così, al termine della Qualifying Race di San Luis, ultimo appuntamento della stagione, per Andrea e Michael arriva la certezza matematica del titolo mondiale e per il nostro la duplice soddisfazione: quella di essere il pilota che ha vinto più titoli nel GT1, oltre ad essere uno dei sette italiani a fregiarsi del titolo di campione del mondo di uno sport automobilistico. Per il 2011 Andrea accetta la sfida dello Swiss Team per portare la Maserati Quattroporte al titolo nel campionato internazionale Superstars, imponendosi al termine di una stagione straordinaria, ma al tempo stesso difficile, dove il nostro campione ha dimostrato - ancora una volta - di avere un unico obiettivo: vincere. Dopo i successi con le insegne del Tridente, Andrea torna a difendere i colori del Cavallino Rampante, sedendosi nuovamente al volante di una Ferrari 458 del team AF Corse. Con questa vettura si impone autorevolmente nella 24 Ore di Spa 2012, nella categoria PRO AM. Il successo costituisce un perfetto viatico per la cavalcata trionfale che nel 2013 lo vede vincitore dell'Asian Le Mans Series nella classe GTC, dove partecipa ancora una volta con una Ferrari 458 del team di Amato Ferrari. Nel 2014 la striscia di successi non si esaurisce, nonostante un cambio di colori ma non di vettura, quelli del team SMP ed Andrea si aggiudica il titolo, nella classe GTE, della European Le Mans Series, salendo nuovamente sul gradino più alto del podio della 24 Ore di Spa, nella categoria PRO AM. Il 2015 del nostro Andrea ha prodotto un'altra stagione ricca di appuntamenti nel World Endurance Championship, nel quale porta in gara la Ferrari 458 del team SMP, vincendo la prestigiosa 24 Ore di Le Mans nella classe GTE ed aggiudicandosi al termine di un campionato combattuto, il titolo di campione nella categoria PRO AM. Sposato con Angela e padre di Alessandro ed Arianna, vive a Sassuolo. Tra i suoi hobbies, il kart, il cinema, la musica e il calcio.
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    Alberto Ascari

    Alberto Ascari (Milano, 13 luglio 1918 – Monza, 26 maggio 1955), probabilmente il più grande pilota italiano dopo Tazio Nuvolari, conquistò nella sua carriera due titoli mondiali di Formula 1, disputando 32 Gran Premi, di cui 13 vinti, con 17 podi in totale, e 14 pole positions, con 25 partenze in prima fila in totale. Fu l'unico pilota al mondo in grado di rivaleggiare seriamente con Juan Manuel Fangio. Ascari nacque a Milano il 13 luglio 1918. Suo padre, Antonio, era stato il più grande pilota italiano dei suoi tempi e aveva l'abitudine di portare spesso suo figlio con sé alle corse cui partecipava. Due settimane prima che Alberto compisse sette anni, Antonio Ascari rimase ucciso mentre stava conducendo il Gran Premio di Francia a Montlehry: da quel momento il desiderio di Alberto fu quello di diventare un pilota di macchine da corsa proprio come il padre. Fu così preso da questo suo sogno che scappò ben due volte da scuola e appena poté si comprò una motocicletta. La sua prima gara fu la Mille Miglia del 1940 e la macchina che guidò una Ferrari. Nel 1940 sposò una ragazza di Milano ed ebbero due bambini. Il maschio venne chiamato Antonio, in ricordo del nonno, e la femmina Patrizia. Alberto riprese a gareggiare nel 1947: comprò una Maserati 4CLT dai nuovi proprietari, la famiglia Orsi; racimolò, quindi, tre milioni di lire e con il suo caro amico Gigi Villoresi, che lo aiutò dandogli altri due milioni, corse con successo sui circuiti del Nord Italia. A causa della sua stazza, che non sembrava certo quella di un pilota, si conquistò il soprannome di Ciccio. Il 1948 si rivelò un altro anno di successi per la coppia di amici alla guida delle più evolute Maserati San Remo. Ascari gareggiò su un'Alfa 158, finendo terzo nel Gran Premio di Francia a Reims, dietro ai compagni di squadra Wimille e Sanesi. Nel 1949 Enzo Ferrari, che era stato un grande amico e compagno di squadra del padre di Alberto, colpito dai successi di Alberto, mise sotto contratto sia Ascari sia Villoresi: quell'anno Ascari vinse sei volte, una delle quali a Buenos Aires nel Gran Premio di Peron. Nel 1950, anno del primo campionato mondiale di Formula 1, ottenne nove vittorie con la Ferrari e nel 1951 sei, nonostante la Ferrari fosse inferiore rispetto alle più rodate Alfa Romeo 158/159. Il 1952 fu la sua stagione più ricca con addirittura 12 vittorie, ma anche la stagione con la prima gara cui non partecipò, il Gran Premio di Svizzera, essendo impegnato nelle qualificazioni della 500 Miglia di Indianapolis con la Ferrari 4500, gara nella quale forerà, ma per quanto riguarda le altre gare ebbe vita relativamente facile in quanto Fangio, della Maserati, fu messo fuori gioco per gran parte della stagione in seguito ad un incidente accaduto a giugno nel Gran Premio dell'Autodromo di Monza non valido per il mondiale: Ascari vinse così il suo primo titolo di Campione del Mondo. L'anno dopo gli riesce il bis, vincendo le prime 3 gare e stabilendo il record di vittorie consecutive, ancora imbattuto: 9! Quando si trovava in testa alla corsa, la guida di Ascari era molto più tranquilla, tanto che Enzo Ferrari, più tardi, disse di lui: «Quando guidava, non poteva essere sorpassato tanto facilmente, anzi di fatto era impossibile farlo». Quando invece era costretto a stare nelle retrovie, sembrava non dare mai il suo meglio, anche se non era certo rilassante averlo alle spalle: quando aveva fretta affrontava le curve con una serie di rischiose sterzate piuttosto che con un unico fluido movimento, mentre la sua mente era costantemente impegnata nella ricerca del sorpasso ad ogni costo. Si arriva al 1954: era stato un anno molto deludente per il campione del mondo del '52 e del '53. Ascari era uscito dalla Ferrari alla fine del 1953 e il 1° gennaio del 1954 aveva firmato per l'ambiziosa azienda Lancia, che aveva progettato e costruito la sua prima e alquanto innovativa macchina da Gran Premio. La messa a punto del mezzo però procedeva con lentezza e il suo debutto in pista veniva continuamente rimandato. Nel frattempo la Mercedes Benz annunciò che le Frecce d'Argento (Silver Arrows) sarebbero state pronte per gareggiare nel Gran Premio di Francia a luglio. A questo punto, per fronteggiare al meglio la minaccia al primato italiano, la Lancia permise ad Alberto e Villoresi di passare al volante delle Maserati 250 F: la mossa, però, si rivelò inutile. Fangio e Karl Kling, sulle loro W196, dominarono la gara: solo sei concorrenti su ventuno terminarono il gran premio e Alberto, come molti altri, fuse il motore al 2° giro, nel tentativo di mantenere il passo delle Mercedes. Dopo alcune gare decisamente sfortunate con la Maserati, ad Ascari venne generosamente prestata una Ferrari per correre il Gran Premio d'Italia. Alberto riuscì a conquistare la prima fila della griglia di partenza e al 6° giro era in testa. La corsa finì per diventare una sfida tra Ascari e Stirling Moss, sulla sua Maserati personale, ma al 49° giro il pilota italiano fu costretto al ritiro per noie al motore. Alla fine solo la spaccatura della coppa dell'olio della vettura di Moss permise a Fangio di vincere la gara. Bisognava fare qualcosa e così due Lancia rosso porpora nuove fiammanti furono messe a punto in fretta e furia per debuttare nell'ultima gara del 1954, il Gran Premio di Spagna, che si corse il 24 ottobre sul circuito di Pedralbes. Alberto partì alla grande e già all'8° giro aveva accumulato un grosso vantaggio. Al nono giro, però, fu costretto a fermarsi per problemi alla frizione: l'italiano percorse un altro giro lentamente e quindi si ritirò, mentre Villoresi si era già ritirato al quarto giro. Il Gran Premio, alla fine, fu vinto da Mike Hawthorn su Ferrari, mentre Fangio vinceva il suo secondo titolo iridato. Benché tutte e tre le Lancia si fossero ritirate nel Gran Premio di Argentina del 16 gennaio del 1955, le D50 vinsero due gare minori di F1 e con la formidabile squadra degli italiani, Ascari, Gigi Villoresi e il giovane Eugenio Castellotti, la Lancia era ormai pronta a misurarsi con i tedeschi, finora trionfatori, e a batterli. È il 22 maggio del 1955 e il Gran Premio di Monaco e d'Europa sta tenendo tutti col fiato sospeso. Alberto Ascari sulla sua Lancia D50 è autore di una rimonta incredibile, per raggiungere in testa alla corsa la Mercedes Benz W196 di Stirling Moss. È il 77° giro di pista e sta recuperando due o tre secondi per giro: da rapidi calcoli si capisce subito che il pilota italiano potrebbe raggiungere e sorpassare il suo avversario solo all'ultimo giro. All'81°giro, però, Moss finisce fuori pista con la Mercedes fumante: i pistoni non hanno retto alle sollecitazioni della corsa. Siccome Fangio si è già ritirato per la rottura di una trasmissione al 50° giro le speranze dei tedeschi svaniscono definitivamente, lasciando il campo libero alla Lancia e alla sua prima vittoria di Gran Premio. Ma succede quello che non ti aspetti: non appena Ascari si avvicina al Casinò, in quel fatidico 81° giro, gli altoparlanti stanno informando gli spettatori di ciò che lui ancora non può sapere, e cioè che Moss è uscito di pista e che i meccanici stanno fissando impotenti il motore. Conducendo la sua Lancia nel dedalo di curve, proprio mentre affronta la svolta del Casinò, Alberto all'altezza della stazione si accorge che la folla sta cercando di richiamare la sua attenzione. Il nostro non può certo immaginare che ciò che stanno cercando di dirgli è che non appena raggiungerà gli spalti sarà lui il vincitore. La sua ferma concentrazione, tesa a mantenere il controllo della sua Lancia alla maggiore velocità possibile, viene meno. Ha la sensazione che qualcosa non stia andando per il verso giusto non appena infila la curva della stazione e imbocca la Corniche. Guizza nel tunnel e poi fuori in pieno sole per trovarsi ancora faccia a faccia con la folla esultante e in preda all'entusiasmo. Ciò distoglie la sua attenzione proprio mentre deve affrontare la discesa che porta alla chicane e la curva gli diventa impossibile. Sceglie quindi l'unica via di fuga e si scaraventa in acqua oltre le barriere di protezione. Nascosto tra le balle di fieno c'è un pilastro di ferro. L'auto lo manca per soli trenta centimetri. Il vapore prodotto dal motore rovente mischiato alla polvere e ai frammenti della paglia si diffonde nell'aria. Per tre lunghissimi secondi tutti smettono di respirare. Poi un casco azzurro appare balenando sulla superficie dell'acqua. Ascari viene tratto in salvo da una barca prima ancora che i sommozzatori possano raggiungerlo. Vince la gara Maurice Trintignant, su Ferrari, che ha condotto una corsa veloce, ma regolare. Nel frattempo Alberto giace in un letto d'ospedale con il naso rotto e sotto shock, ma vivo. Quattro giorni dopo, a Monza, Ascari è di nuovo in piedi ad assistere alle prove di qualificazione a Supercortemaggiore. Appena prima di tornare a casa con sua moglie per il pranzo decide di fare qualche giro con la Ferrari del suo amico Eugenio Castellotti. in camicia e pantaloni e indossando il casco di Castellotti si avvia. Al 3° giro all'uscita da una curva l'auto imprevedibilmente sbanda, capovolgendosi due volte dopo un testacoda. Sbalzato fuori dal mezzo Ascari si ferisce gravemente e muore dopo pochi minuti. La morte di Ascari venne accolta come una perdita per l'intera nazione. Telegrammi di cordoglio vennero spediti da tutto il mondo. Alle colonne della chiesa di San Carlo al Corso furono appesi drappi neri e un'enorme scritta: «Accogli, o Signore, sul traguardo l'anima di Alberto Ascari.» Per i suoi funerali la piazza del Duomo, il cuore pulsante di Milano, era invasa di gente: la piazza più rumorosa d'Italia, quel giorno, fu così silenziosa che si potevano sentire i telefoni squillare a vuoto nelle case. Tre giorni dopo le esequie la Lancia sospese ogni attività agonistica e a luglio consegnò sei modelli D50, con motori, progetti e ricambi, alla Ferrari.
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    Andrea Montermini

    Andrea Montermini è nato il 30 maggio 1964 a Sassuolo in Italia. Ha iniziato a correre nel 1987 nella Formula Alfa Boxer italiana. Quarto posto in classifica nel campionato italiano di F3 ed è arrivato al secondo posto nella gara di Monaco F3 l'anno successivo. Montermini ha poi trascorso tre stagioni in Formula 3000 europea tra il 1990 e il 1992: il suo primo anno, con Madgwick, è stato promettente, la seconda, è stato difficile con la Ralt, e nella stagione finale lo ha portato al secondo posto in campionato con tre vittorie. Non riuscendo a trovare un posto in Formula 1, Montermini si dovette accontentare del ruolo di collaudatore offertogli dalla Benetton, disputando anche quattro gare nel Campionato CART, nelle quali ottenne un quarto posto come miglior risultato, guidando una vettura dell'anno precedente. Nonostante il buon debutto il pilota italiano non ottenne nessun contratto a pieno termine per il 1994. Partecipò alla prima corsa dell'anno con il team Payton Coyne, dovendo però rinunciare a prendere il via dopo un incidente nelle qualifiche. Rimasto senza un volante, fu ingaggiato, dietro pagamento di una somma di denaro, dalla Simtek per prendere il posto di Roland Ratzenberger, deceduto durante le qualifiche del Gran Premio di San Marino, a partire dal Gran Premio di Spagna e per la gara seguente. Questa esperienza fu però di brevissima durata: durante le qualifiche Montermini perse il controllo della propria vettura, andando a sbattere violentemente contro le barriere e riportando ferite ad una caviglia e ai piedi e l'incrinatura di una costola. L'episodio attirò, però, le critiche di Niki Lauda che accusò il pilota italiano di essere salito sulla propria vettura in condizioni non ottimali e gli attribuì interamente la colpa dell'incidente. Ripresosi dall'incidente il pilota italiano partecipò a tre gare del Campionato CART, con un settimo posto come miglior risultato. Nel 1995 Montermini fu ingaggiato dalla Pacific Racing per disputare il Campionato mondiale di Formula 1. Alla guida di una vettura poco competitiva e inaffidabile, il pilota italiano si qualificò regolarmente nelle ultime file, facendo comunque meglio dei suoi compagni di squadra e riuscendo a vedere la bandiera a scacchi solo in quattro occasioni; Montermini ottenne il miglior risultato della stagione nel Gran Premio di Germania, che chiuse in ottava e ultima posizione a tre giri dal vincitore. Al termine della stagione 1995 la Pacific chiuse i battenti e per l'anno successivo Montermini si accordò con la Forti. Nelle prime gare la scuderia schierò un'evoluzione della vettura dell'anno prima e, con l'introduzione della regola del 107%, né Montermini né il compagno di squadra Badoer riuscirono a qualificarsi per il Gran Premio inaugurale in Australia. In Argentina il pilota italiano portò a termine la gara in decima ed ultima posizione, ma nei due appuntamenti successivi mancò nuovamente la qualificazione. A partire dal Gran Premio di Monaco la Forti schierò per Montermini un secondo esemplare della nuova vettura (che Badoer aveva già portato in gara nel Gran Premio precedente), ma i risultati non migliorarono in maniera significativa. Montermini riuscì a qualificarsi solo in due altre occasioni, senza però vedere la bandiera a scacchi, prima che la scuderia abbandonasse il Campionato per mancanza di fondi. Si riavvicina alla F1 nel 1998, ricoprendo il ruolo di collaudatore per la Tyrrell. Passato alle competizioni con ruote coperte, nel 1997 Montermini disputò il Campionato del Mondo Sport Prototipi organizzato dalla IMSA al volante di una Ferrari 333SP del team Moretti e venne assunto come collaudatore dal neonato team di Formula 1 Lola (l'esperienza fu però piuttosto breve in quanto la scuderia chiuse i battenti dopo la prima corsa). In coppia con Antonio Hermann, Montermini vinse quattro gare, facendo segnare sei volte il giro più veloce e concludendo in sesta posizione in classifica generale. L'anno dopo fu assunto come collaudatore dalla TWR per sviluppare la Nissan R390 GT1 che avrebbe dovuto competere nella 24 Ore di Le Mans; il pilota italiano prese parte alla gara insieme a Jan Lammers ed Érik Comas, chiudendo in sesta posizione assoluta. Nel 1999 partecipò nuovamente alla 24 Ore di Le Mans al volante del prototipo Courage C52, giungendo nuovamente sesto in classifica generale insieme ad Alex Caffi e Domenico Schiattarella. Nel 1999 prese parte anche a quattro gare nel Campionato CART, senza però ottenere grandi risultati. Dopo un anno sabbatico, nel 2001 prese parte alla 24 Ore di Daytona, chiudendo in trentaseiesima posizione insieme a Fabian Peroni, Sergey Zlobin e Tony Ring; nel 2002 partecipò al Campionato FIA GT nella categoria N-GT, conquistando la terza posizione nella classifica di classe. Dopo alcuni anni di corse sporadiche, nel 2006 partecipò al Campionato FIA GT con una Saleen S7-R del team tedesco 'Zakspeed Racing'; insieme a Jarek Janis ha anche ottenuto una vittoria nel GP di Budapest. Ha vinto 3 volte anche in International GT al volante della Ferrari GT. Nel 2007 ha ottenuto il titolo campione internazionale classe GTA, sempre al volante della Ferrari GT del Playteam, con 4 vittorie e 6 podi. Divenne anche vice campione nella classe Open GT international. Nel 2008 conquistò il Campionato Internazionale GT assoluto con 5 vittorie e e 4 podi alla guida della Ferrari GT della scuderia Playteam. Nel 2009 partecipò alla Le Mans Series in classe GT2 con la Ferrari, mentre nel 2010 prese parte al Campionato Italiano GT, vincendo il Campionato nella categoria GT2. Nel 2011 tornò a competere nell'International GT Open con la nuova Ferrari 458 GT Italia, conquistando due vittorie e il terzo posto in campionato. Nel 2013 core nel Campionato Internazionale GT al volante della Ferrari GT2...
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    Piercarlo Ghinzani

    Piercarlo Ghinzani, detto "Ghinza", è nato il 16 gennaio 1952 a Bergamo. Inizia a 18 anni in Formula Ford. Nel 1973 vince due gare in Formula Italia. Solo nel 1976 ha i mezzi tecnici sufficienti per farsi notare in Formula 3: vince 3 corse ed ottiene il secondo posto nel campionato italiano. Dopo una stagione da dimenticare in Formula 2, ritorna in Formula 3 e, nel 1977, è secondo nel campionato italiano. Lo stesso anno, partecipando solo alle date italiane, riesce a vincere il titolo europeo. Nel 1979 è nuovamente campione italiano di Formula 3 e campione italiano di velocità. Nel 1980 corre in endurance con la Lancia. Nel 1981 è partecipe del titolo mondiale endurance della Lancia Martini. Lo stesso anno Enzo Osella gli offre l'opportunità di debuttare in Formula 1: Ghinzani, nonostante le modeste potenzialità della sua vettura, riesce a qualificarsi nel Gran Premio del Belgio. Non può fare altrettanto a Monaco. Ritorna in endurance e, nel 1982, vince la 1000 Km del Mugello assieme ad Alboreto. L'anno seguente Osella gli offre la possibilità di correre l'intera stagione in Formula 1. Ghinzani riesce a prendere il via solo in sette occasioni ed a vedere la bandiera a scacchi solo in una. La stagione successiva, sempre pilotando una Osella, a causa di un incidente durante il warm-up del G.P. del Sud Africa rischia di morire tra le fiamme. Viene salvato grazie al coraggio di un commissario di pista. Tre settimane dopo, nonostante le ustioni, è già al via del Gran Premio di Zolder. Quell'anno riesce ad arrivare settimo a Monaco e, nel G.P.di Dallas, può cogliere i suoi primi, ed unici, punti mondiali. Nel 1985 inizia la stagione ancora con l'Osella poi, a metà campionato, passa alla Toleman. I risultati però sono altrettanto deludenti e l'anno dopo è ancora con l'Osella. Lo stesso anno, in endurance, vince la 1000 Km del Fuji e la 200 Miglia del Kyalami con una Porsche. Nel 1987 troverà un buon volante, accanto a Renè Arnoux, alla Ligier. Nonostante riesca sempre a qualificarsi, non riuscirà mai ad andare a punti così, l'anno successivo, firma per la squadra tedesca Zakspeed. La stagione si rivelerà molto difficile e Ghinzani riuscirà a qualificarsi solo in otto occasioni. L'ultima stagione in Formula 1 lo vede ritornare, per l'ennesima volta, all'Osella. Qualificatosi solo tre volte, non riesce mai a terminare la gara. Ghinzani così lascia la Formula 1. Corre ancora in qualche occasione in endurance o con le GT poi si ritira definitivamente. Dopo aver appeso il casco al chiodo, nel 1992 fonda un team che porta il suo nome e che partecipa a campionati italiani ed europei in Formula 3, ma anche a livello mondiale correndo il campionato A1 Grand Prix World Cup.
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    Nicola Larini

    Buon 52. compleanno... Nicola Larini (Camaiore, 19 marzo 1964) è un pilota automobilistico italiano. Nel suo palmarès figurano le vittorie del titolo italiano di Formula 3 nel 1986 e del DTM nel 1993. Corse diversi anni anche in Formula 1, in cui legò il suo nome alla Ferrari per cui svolse per anni il ruolo di tester gareggiando occasionalmente e ottenne come miglior risultato un secondo posto al Gran Premio di San Marino 1994. Gareggiò anche per Coloni, Osella, Ligier, Modena Team e Sauber. Larini ereditò la passione per le corse dall'ambiente familiare: il padre era stato pilota, mentre lo zio correva nel campionato Turismo con l'Alfa Romeo. A 14 anni cominciò a gareggiare con le motocross, passando poi ai kart e alle formule; partecipò quindi al corso di guida veloce alla scuola di Henry Morrogh a Magione passando a pieno punteggio e risultando il più veloce pilota dell'anno. Si diplomò a pieni meriti anche alla Scuola Federale CSAI a Vallelunga. La prima gara fu nel 1983 in Formula Italia dove vinse all'esordio, poi passò al campionato Formula Fiat Abarth nel 1984 e si impose nel campionato Italiano under 23. Debuttò nell'ultima gara di F.3 lo stesso anno cogliendo un 4 posto. Nel 1985 corse sempre in Formula 3 e l'anno seguente rimase nella categoria con la scuderia Coloni, vincendo il titolo Italiano e risultando terzo all'Europeo. Fece anche una breve apparizione in Formula 3000 con una vettura laboratorio di Dallara, ma alla fine della stagione ebbe modo di debuttare in Formula 1 con la scuderia di Enzo Coloni. Nicola Larini esordì in Formula 1 al Gran Premio d'Italia 1987, al volante di una Coloni FC187, non riuscendo però a qualificarsi per la gara di casa a causa di problemi tecnici della nuova monoposto. Seguirono due anni senza soddisfazioni al volante della Osella. Nel 1989 sembrò potesse, dopo il gran Premio di San Marino, sostituire temporaneamente Gerhard Berger sulla Ferrari, dopo l'incidente che coinvolse quest'ultimo. Ma dopo una serie di test a Fiorano, il pronto recupero dell'austriaco vanificò questa possibilità. Nel 1990 corse in Ligier; la vettura era affidabile ma poco performante ed il pilota concluse quasi tutte le gare con 2 settimi posti ma senza raccogliere punti. A fine anno firmò con il Modena Team, squadra semi-ufficiale della Lamborghini, un contratto di un anno con un'opzione per il secondo. Alla prima gara ottenne un buon 7º posto, ma il resto della stagione non fu altrettanto positivo a causa dei gravi problemi finanziari che affligevano la scuderia, poi fallita. Divenne uno dei possibili papabili Ferrari 1991 e colse l'occasione di guidare la monoposto del cavallino nelle ultime due gare della stagione 1992 al posto del connazionale Ivan Capelli licenziato dal team. Il suo compito principale fu quello di provare nuove soluzioni per le sospensioni elettroniche per il 1993. Dopo l'esordio non molto fortunato, la vettura era un laboratorio, il pilota versiliese riuscirà a guadagnare i primi punti in F1 nel 1994 nel tragico Gran Premio di San Marino alla guida della Ferrari 412T1 conquistando una ottima seconda posizione alle spalle di Michael Schumacher e davanti a Mika Häkkinen. Dopo di lui, per 16 anni nessun italiano ha corso per la scuderia Ferrari in un Gran Premio di F1 fino al 23 agosto 2009, quando a scendere in pista per la "Rossa" è stato il trevigiano Luca Badoer. Larini rimane ad oggi l'ultimo Italiano ad essere salito sul podio per la casa di Maranello. Nel periodo dal 1991 al 1997 è stato tester ufficiale per la Ferrari in F1 e pilota di riserva nelle gare, collezionando due presenze nel 1992 e altrettante nel 1994. Gli fu anche assegnato il progetto di sviluppo e il sedile di prima guida della F50 GT per il campionato GT, ma per tagli di bilancio il progetto fu cancellato. Nel 1997, grazie all'intercessione di Jean Todt, venne assunto dalla Sauber per disputare la stagione. Al Gran Premio d'Austrialia, nonostante fosse stato penalizzato da un brutto risultato in qualifica dovuto a un contatto con Berger e a un dolore alla spalla manifestatosi durante la gara, riuscì a chiudere sesto guadagnando un punto iridato. Il prosieguo del campionato, però, non fu altrettanto soddisfacente: spesso non riusciva a trovare un assetto ideale per la vettura a causa dei pochi test di sviluppo del Team; dopo cinque Gran Premi tornò alla Ferrari come terzo Pilota. Il Gran Premio di Monaco 1997 fu l'ultimo della sua carriera in massima serie; il bilancio finale della storia di Larini in Formula 1 si chiudeva con 75 iscrizioni, 49 partenze e 26 arrivi, di cui un podio. I suoi maggiori successi non sono venuti dalla serie maggiore bensì dalle gare di vetture turismo, al volante delle Alfa Romeo. Vinse il Campionato Italiano Superturismo nel 1992. L'anno seguente la casa di Arese aveva programmato il proprio debutto nel DTM, affidandosi a Larini, Nannini, Danner e Francia come piloti. Al volante di una Alfa Romeo 155 V6 TI DTM, al debutto il toscano colse la pole position sul circuito di Zolder. In gara, grazie anche alle condizioni di bagnato che favorivano le vetture italiane munite di trazione integrale, Larini si impose in entrambe le manche e si portò immediatamente in testa al campionato. Dopo aver ottenuto due piazzamenti sul circuito corto dell'Hockenheimring, rafforzò la sua leadership vincendo al Nürburgring. Vinse anche entrambe le gare sul leggendario circuito del Nurbugrgring Nordsheleife di 28 km. Seguirono quattro vittorie consecutive, di cui una ottenuta rimontando dalla quattordicesima posizione, e Larini segnò il record di successi stagionali nel DTM, poi migliorato con due ulteriori successi. A berlino, nel penultimo appuntamento del campionato riuscì infine a laurearsi campione. In quello stesso anno giunse secondo nella Coppa del Mondo FIA riservata a vetture Superturismo, disputata a Monza. Nel 2004 venne richiamato dalla Ferrari per alcuni test per lo sviluppo della Maserati MC12. Dopo molti anni alla guida della Alfa Romeo, nel 2005 Larini venne messo sotto contratto dalla Chevrolet, al debutto nel Campionato del mondo turismo. Lo sviluppo della Chevrolet Lacetti era, però, iniziato in ritardo e lo stesso motore era meno performante delle aspettative. Le aspettative del pilota erano quindi di recuperare il gap con le scuderie di vertice e inserirsi nella lotta per le prime posizioni entro fine stagione. Nei fatti Larini non andò oltre un quarto posto e chiuse l'annata al sedicesimo posto, davanti ai compagni di squadra. Nel 2006 conquistò per due volte il 3º posto, mentre nella stagione 2007 segnò 5 secondi posti, lottando per il titolo fino all'ultima gara e chiudendo il campionato 4° a pari merito. L'ultimo successo arrivò nel mondiale 2009 con la Chevrolet Cruze in Marocco e poi dopo la conclusione del campionato, con la vittoria al Motor Show di Bologna (vittoria bissata l'anno successivo). Al termine del campionato 2009 ha annunciato il suo ritiro definitivo dal campionato WTCC indirizzandosi verso le gare GT. Chiude così il sodalizio con il team Chevrolet RML durato 5 anni. Larini chiude il 2009 con una vittoria all'esordio nella serie GT LMS winter series con una Ferrari 430 Gt2. Nel 2012 ha partecipato alla 24 Ore del Nürburgring in squadra con Fabrizio Giovanardi e Manuel Lauck nel team Global Partner Enterprise Sa con la vettura #1 Ferrari P4/5, vincendo la categoria E1-XP Hybrid e arrivando dodicesimo nella classifica generale...
  12. leopnd

    Arturo Merzario

    Buon 73. compleanno... Arturio Francesco Merzario nasce a Civenna (Como) l'11 Marzo del 1943. È sposato dal 1964 e ha due figli. Mondialmente conosciuto come Arturo (frutto di una svista all'anagrafe) mantiene ancora oggi il nome originale sul suo casco. È diventato famoso in tutto il mondo per i suoi cappelli da cow-boy, dopo che convinse, nel 1974, alla Philip Morris International a sponsorizzarlo con il marchio della Marlboro. Il debutto vero e proprio nelle corse avvenne con una Alfa Romeo Giulietta Spider, sulla pista di Monza il 14 ottobre del 1962 giungendo ottavo. Dopo una stagione con l’Alfa Romeo Giulitta SZ, acquista con l’aiuto del papà Giorgio, una Fiat Abarth 1000 e ne affida la preparazione a Samuele Baggioli di Milano. Nel 1964, con questa vettura, sfiora il titolo di Campione Italiano per vetture turismo. Dopo aver adempiuto al servizio militare, nel 1967, a bordo di una Fiat Abarth 1000 semi-ufficiale, si classifica terzo nel Campionato Europeo Turismo difendendo i colori della Scuderia del Lario. Viene quindi ingaggiato dall'Abarth prima come collaudatore e poi come pilota ufficiale. Nel 1968 vince il Campionato Italiano della Montagna grazie ai risultati ottenuti alla guida dalla barchetta 1000SP. La svolta della carriera giunse con la vittoria del Circuito del Mugello 1969, in una corsa stradale molto impegnativa, con una Abarth 2000 che non era la più potente fra le vetture schierate (presero parte numerose Porsche e Alfa Romeo di 3000 cc, incluse alcune vetture schierate ufficialmente dalle due Case). In quella stagione disputa anche il Campionato Europeo della Montagna dove si classifica secondo assoluto e primo nella categoria Sport. Questi successi aprirono a Merzario le porte di Maranello e della Ferrari. Nel 1970 partecipa al Campionato del Mondo Marche con una Ferrari 512S ufficiale e vince per la seconda volta consecutiva il GP del Mugello, sempre con Abarth. Nel 1971, continua alternadosi alla guida delle Abarth 2000 e delle Ferrari 512M private, vincendo la Coppa Shell Interserie di Imola e, a fine stagione, il Trofeo Ignazio Giunti a Vallelunga. Sempre nel 1971 incomincia a correre in F2 con una Tecno del Team Iris ceramiche ma senza troppo fortuna. Debuttò nella massima serie della F1 con la Ferrari nel 1972 con un sesto posto al Gran Premio d'Inghilterra sulla pista di Brands Hatch, vincendo anche il premio della combattività assegnato dai giornalisti specializzati del settore corse. Nello stesso anno ottenne, con la Ferrari 312P, un'eccezionale vittoria alla Targa Florio in coppia con Sandro Munari e s'impose anche nella 1000 km di Spa con Brian Redman. Seguirono altri brillanti piazzamenti che consentirono alla Ferrari di vincere il titolo Mondiale Marche. A fine anno vince la 500 km di Imola e la 9 ore di Kylami (in coppia con Regazzoni), prove non valide per il Mondiale. La stagione 1972 era quella del lancio definitivo: come pilota ufficiale Osella-Abarth, vinse il Campionato Europeo Sport 2000. Il 1973 fu purtroppo un anno di crisi per la Ferrari, nonostante l'impegno di Merzario: i risultati arrivavano con il contagocce nei prototipi (2º alla 1000 km del Nurburgring ed alla 24 ore di Le Mans) ed anche in F1 (4º in Brasile e Sud Africa). La Ferrari offrì a Merzario un ingaggio per il 1974, limitato alle sole corse dei prototipi ed eventualmente a qualche gara in Formula 1. In realtà il nuovo corso imposto dal direttore sportivo Montezemolo non contava con il pilota-fantino. Il comasco rifiutò l’ingaggio e venne preso dall'Alfa Romeo e dalla Iso-Williams. Il miglior risultato stagionale fu la vittoria alla 1000 km di Monza, il terzo posto al GP Presidente Medici di Brasilia ed un quarto posto al Gran Premio d'Italia. Nel 1975 alla guida di un'Alfa Romeo Tipo 33 ritornò ad imporsi nel Campionato Mondiale Marche vincendo le gare di Digione, Monza, Enna e Nurburgring. Vinse per la seconda volta la Targa Florio in coppia con Nino Vaccarella. In Formula 1, dopo molte delusioni, abbandonò il Team Williams a causa di gravi divergenze con il manager della squadra. Nel 1976 disputò il Campionato del Mondo di F1 alla guida di una March 761 e della Wolf Williams, così come qualche gara con l'Alfa Romeo 33SC12. Assieme a Guy Edwards, Brett Lunger ed Harald Ertl, partecipò al salvataggio di Niki Lauda dalla sua Ferrari in fiamme al Nürburgring nel 1976, essendo lui che lo estrasse dalla macchina salvandogli la vita. Un curioso intreccio del destino, visto che alla fine del 1973 Lauda era stato il giovane pilota scelto da Enzo Ferrari proprio per rimpiazzare il comasco. Fu l'episodio di maggior rilievo di quella stagione per il fantino lombardo: gli appassionati gradirono molto sia il 9º posto a pieni giri con una vettura privata, la March dotata di un motore non freschissimo, in Francia; e la rimonta realizzata al Gran Premio di Svezia, interrotta da un problema nel finale. Nel 1977, a causa di una caduta sui campi di sci, dovette disertare le prime gare del Mondiale di F1; decise così rientrare da privato con una sua squadra, alla guida di una March 761B, ma con poca fortuna. Per il 1978 tentò la strada del costruttore in Formula 1, ma dati i pochi mezzi economici a disposizione, la Merzario A1 lottò solamente per qualificarsi in ogni gara... Nel 1979, con i modelli A2 e A3, Merzario continuò la sua avventura nella massima formula ma i risultati stentavano ad arrivare. A metà stagione rilevò tutto il materiale della scuderia Kauhsen in un ultimo tentativo di riscossa; la nuova A4, che utilizzava alcune parti della Kauhsen, era spesso la più lenta del plotone. Per il 1980 Merzario aveva in progetto un nuovo modello per rientrare nel giro mondialista dal GP del Belgio ma fu soltanto una pre-iscrizione. La A4 venne adattata ai più piccoli motori BMW di Formula 2 e con questa macchina, chiamata M1, Arturo disputò tutto il Campionato Europeo della specialità. Nel 1981 e 1982 il Team Merzario decise di far correre in Formula 2 numerose March-Bmw, ottenendo buoni piazzamenti con Necchi e Gartner. Nel 1983, in collaborazione con l'Ing. Degan, ex Autodelta, veniva costruita una Merzario con telaio in carbonio che, affidato al francese Dallest, riusciva a dare finalmente qualche soddisfazione al pilota costruttore. Purtroppo ancora una volta i pochi mezzi a disposizione resero impossibile lo sviluppo della monosposto tanto che, a metà stagione 1984, Merzario ed il suo Team dovettero issare la bandiera bianca, ritirandosi dalle competizioni. Le disavventure non abbattono il fantino: chiusa definitivamente l´esperienza come costruttore nelle massime formule, Merzario si ripresentava vincendo nel 1985 il neonato Campionato Italiano Prototipi con una Lucchini-Alfa Romeo. Nel 1986 costruisce la Symbol, biposto corsa dotata anch´essa di un motore Alfa Romeo V6 3000. Con la Symbol disputava numerose edizioni del Campionato italiano fino al 1990, togliendosi ancora belle soddisfazioni di fronte a piloti molto più giovani e fabbricanti famosi. All'inizio della stagione 1991 soffre l'incidente più grave della sua carrirera automobilistica: esce di pista a Magione a bordo di una vettura prototipo riportando numerose fratture agli arti inferiori. Fedele al suo carattere combattivo e spregiudicato, nel mese di ottobre ritorna alle corse del Campionato Italiano Prototipi e pochi giorni dopo firma il 2º posto assoluto alla 6 ore di Vallelunga. Nel 1995 e con 53 anni, Merzario rientrava nel giro internazionale a richiesta della Maserati disputando il Trofeo Ghibli Open Cup nel quale contendeva fino all´ultimo momento la vittoria assoluta a Denny Zardo. Nel 1996 e 1997 metteva a punto la Centenari-Alfa Romeo nella neonata ISRS (International Sport Racing Series) vincendo la propria categoria e spesso minacciando alle vetture più potenti. Nel 1999 Tampolli gli affidava una delle sue macchine ancora per la ISRS, vincendo a Monza e Spa. Dall'anno 2000 in poi si concentra nuovamente nelle gare GT in Italia e all'estero con Ferrari e Porsche aggiudicandosi numerosissime vittorie di classe. Richiestissimo da numrosi trofei monomarca come Mazda, Mini Cooper, Nissan e Lotus, mantiene intatta la passione degli anni giovanili e da sempre filo da torcere ai piloti delle nuove generazioni verso le quali, comunque, è sempre prodigo di consigli. Nell'ambito extra deportivo, Merzario collabora da molti anni con il programma televisivo Griglia di partenza. Nel 2010 viene eletto come Presidente onorario della Scuderia del Portello che si dedica alla conservazione e preparazione dei modelli sportivi e storici dell'Alfa Romeo. Anche la nuova Abarth si avvale della sua enorme esperienza nel campo delle corse: nel 2011 porta al debutto in pista l’Abarth 500 Assetto Corse al Giro d’Italia automobilistico, classificandosi al quinto posto assoluto e 2º di classe dietro a una ben più potente Seat leon. Nel 2012 Arturo Merzario entra di diritto nella leggenda del motorsport, se ancora ce ne fosse bisogno. Infatti, salvo qualche breve interruzzione, è di gran lunga il pilota italiano con la carriera sportiva più dilatata: il 14 ottobre celebra le Nozze d'oro con le corse.
  13. Tazio Nuvolari con l'Auto Union si apresta a vincere a Monza nel ultima gara valida per il campionato...
  14. Drizzt

    Miki Biasion

    Rally Montecarlo 1985 Miki Biasion - Tiziano Siviero (Lancia 037 “Jolly Club”) seguono Henri Toivonen - Juha Piironen (Lancia 037 “Lancia Martini”)
  15. 61066

    Gran Premio di Monza 1930

    Monza 1930 Baconin Borzacchini con l'Alfa P2 della Scuderia Ferrari. Dietro c'è la vettura gemella di Campari.
  16. R18

    WRC - Italia

    until
    WRC - Rally d'Italia Sardegna
  17. leopnd

    Lorenzo Bandini

    Oggi sarebbero 80... Lorenzo Bandini è nato nella colonia italiana di Barce, in Libia, il 21 dicembre del 1935. Tre anni più tardi, la famiglia decide di far ritorno in Italia, a San Cassiano di Brisighella, paese originario del padre, dove gestisce un albergo. All’età di 9 anni, durante il conflitto mondiale, Lorenzo è già costretto ad affrontare un momento drammatico: la dipartita del padre e il bombardamento che distrugge quasi completamente l’albergo. Dopo il trasferimento a Reggiolo, in provincia di Reggio Emilia, Lorenzo inizia a lavorare nell’officina di Elico Millenotti, meccanico esperto nella riparazione delle motociclette. Gli anni trascorsi a Reggiolo consentono a Lorenzo di conoscere i motori e di coltivare il suo sogno. E nel 1950, all’età di 15 anni, decide di andare a Milano. Il periodo della gavetta in un paese di provincia è finito e per Lorenzo si aprono nuove prospettive. Nel capoluogo lombardo trova lavoro al Garage Rex di Goliardo Freddi e, giorno dopo giorno, cresce la passione per le automobili e per le corse. Per Lorenzo, Goliardo Freddi non è soltanto il proprietario del garage e il datore di lavoro: è come un padre, che lo aiuta e che lo accompagna al vicino autodromo di Monza per assistere alle imprese degli assi dell’epoca. Quello di diventare pilota di macchine da corsa non è più soltanto il sogno di un ragazzo, ma un obiettivo da raggiungere al più presto. Goliardo Freddi non lo ostacola. Al contrario, gli mette a disposizione la sua automobile, una Fiat 1100 TV, per consentirgli di partecipare alla Castell’Arquato – Vernasca del 1956, una gara in salita lontano dai riflettori, la prima di una serie di gare minori cui partecipa soprattutto con l’obiettivo di accumulare esperienza in vista del prosieguo dell’attività di pilota. Nella Castell’Arquato – Vernasca conclude al 15° posto e, tra le altre corse disputate in quel periodo, ottiene una vittoria nella prova in salita da Lessolo a Alice, in provincia di Torino. I primi passi di Lorenzo come pilota sono, per il tipo di gare cui prende parte, tutti in salita. Lo troviamo infatti, tra l’altro, nell’elenco dei partenti della Garessio – San Bernardo, della Trento – Bondone e della Bolzano – Mendola.L’esperienza accumulata alla guida della Fiat 1100 TV di Goliardo Freddi gli è utile quando passa alla Fiat 8V, duemila centimetri cubi di cilindrata per migliorare l’approccio al mondo delle corse e per prepararsi al primo risultato importante della carriera: la vittoria di classe, nella 2000cc Gran Turismo, alla Mille Miglia del 1958 con una Lancia Appia Coupé. Dello stesso anno il terzo posto conquistato nella sesta edizione della Coppa d’Oro, durissima corsa siciliana disputata sul circuito di Siracusa. La macchina è una Volpini Fiat. Analogo risultato nella Coppa d’Oro del 1959 con una Stanguellini Fiat. Lorenzo difende i colori della Scuderia Madunina. Il 1959 porta anche vittorie. A Innsbruck e nella Coppa della Madunina. Sullo stradale di Monza non ha fortuna nella seconda edizione della Coppa Junior, che lo vede fuori corsa con la Volpini Fiat dopo 18 giri. Da dimenticare anche la partecipazione al Trofeo Bruno e Fofi Vigorelli, sempre all’autodromo di Monza. Le battute a vuoto non affievoliscono la determinazione di Lorenzo. Ed eccolo di nuovo in gara a Roma, a Montecarlo e a Pau. Nel 1960, per Lorenzo si aprono le porte della Stanguellini, di cui diventa pilota ufficiale. Un traguardo da festeggiare con un risultato di rilievo. Come la vittoria nel Gran Premio de la Libertad a Cuba, ottenuta davanti a “Geki”, entrambi portacolori della Scuderia Madunina. Lorenzo continua a frequentare l’autodromo di Monza, non solo per le corse, e proprio lì conosce Giancarlo Baghetti, un altro talento dell’automobilismo italiano. La stagione si dipana senza risultati clamorosi, ma in Lorenzo si consolida l’obiettivo cui sta puntando con tutte le sue forze, cioè quello di guidare una Ferrari. L’anno successivo la grande occasione è soltanto sfiorata. Dopo una vittoria in Formula Junior all’autodromo di Monza, Lorenzo pensa di essere scelto per guidare la macchina messa a disposizione dalla Ferrari per un giovane pilota emergente, ma la scelta della Federazione cade su Giancarlo Baghetti. Una delusione cocente. Le doti di Lorenzo non erano però sfuggite a Mimmo Dei, titolare della Scuderia Centro Sud, che gli consente di scendere in pista a Pau con una Cooper equipaggiata di Maserati di 1500cc con la quale conquista un brillante terzo posto. Il passaggio in Formula 1 è la conseguenza di questo risultato e il debutto nella massima categoria avviene a Spa Francorchamps. Il sogno di guidare una Ferrari si concretizza alla “4 ore di Pescara”, messagli a disposizione ancora da Mimmo Dei. Per Lorenzo e per Giorgio Scarlatti, con cui si alterna alla guida, un trionfo. Alla fine dell’anno avviene il tanto desiderato contato con la Ferrari. Finalmente il sogno si avvera. Unico ostacolo il contratto firmato con la Scuderia Centro Sud per la stagione 1962, contratto che Mimmo Dei annulla per non intralciare la carriera di Lorenzo. Dopo il debutto di Pau, concluso con un quinto posto, arriva la Targa Florio da disputare in coppia con Giancarlo Baghetti. Il risultato è la conquista della piazza d’onore. Le corse successive vedono Lorenzo grande protagonista con una vittoria a Enna, un terzo posto a Montecarlo, un altro successo nel Gran Premio del Mediterraneo. Sul circuito di casa, a Monza, non va oltre l’ottavo posto. La stagione 1963 si apre con John Surtees e Willy Mairesse nelle vesti di piloti ufficiali della Ferrari e Lorenzo riesce a tornare alla guida di una Rossa dopo un incidente che costringe Mairesse a dare forfait. Nell’attesa, Lorenzo partecipa al Campionato Mondiale Marche con una Ferrari, mentre la Formula 1 lo vede in pista con la Cooper–Maserati e con la BRM. A Le Mans vince la mitica “24 Ore” in coppia con Ludovico Scarfiotti e alla fine della stagione si aggiudica il titolo di campione italiano. Nel 1964 parte come titolare con la Ferrari nel Mondiale di Formula 1 e conquista in Austria la sua prima, e purtroppo unica, vittoria nella serie più prestigiosa dell’automobilismo sportivo. Il suo aiuto a Surtees nella rincorsa al titolo iridato risulta determinante, come durante il Gran Premio del Messico, che lo vede tenere a bada Graham Hill per consentire al compagno di squadra di ottenere una vittoria fondamentale per il titolo. Dopo il debutto positivo con la vittoria nella Targa Florio, in coppia con Nino Vaccarella su una Ferrari 275 P2, la stagione 1965 si svolge senza particolari sussulti e con molta sfortuna. Il posto alla Ferrari è in dubbio. L’apertura della stagione seguente è però brillante e dopo un secondo posto nel Gran Premio del Belgio e un terzo in quello di Montecarlo balza al comando della classifica del Mondiale piloti. Tutto sembra procedere nel migliore dei modi anche a Reims, dove Lorenzo ottiene la pole position. Il Gran Premio di Francia ha un esito amaro e le chance iridate svaniscono. Alla fine del campionato è ottavo con 12 punti. All’avvio della stagione 1967, Lorenzo si presenta alla grande vincendo la “24 Ore di Daytona” e la “1000 km di Monza” in coppia con Chris Amon sulla Ferrari 330 P4. L’anno si preannuncia trionfale. La conferma sarebbe arrivata dal Gran Premio di Montecarlo. Lorenzo è prima guida della Ferrari. La rincorsa iniziata nella Castell’Arquato – Vernasca guidando una Fiat 1100 era finita. La corsa lo avrebbe confermato a tutti. La sua Ferrari ha il numero 18 ed è subito al comando. Il ritmo che imprime alla corsa è elevatissimo. Il miglior rivale perde un secondo e mezzo in un giro. Ma le posizioni si invertono troppo presto. Lorenzo si gira a causa dell’olio lasciato in pista dalla monoposto di Jack Brabham e riparte in terza posizione. La sua rimonta è rabbiosa. Davanti ha Hulme e Stewart. Poi soltanto Hulme e due doppiati, Rodriguez e Graham Hill. Supera il primo agevolmente, mentre impiega due giri per avere la meglio sul secondo. Intanto Hulme guadagna secondi. Fino all’ottantaduesimo giro. Lorenzo esce dal tunnel velocissimo ed affronta la chicane ad una andatura troppo elevata. Perde il controllo della Ferrari che sbanda e sbatte con violenza. L’auto si impenna. Poi l’incendio. Tra i soccorritori c’è anche Giancarlo Baghetti. Lorenzo Bandini muore dopo 70 ore. Il 10 maggio 1967.
  18. Tra dieci minuti via alle prove libere del Gran Premio d'Italia.
  19. Formula 1 Gran Premio d'Italia 2015 - Monza 929° Gran Premio Round 12/19 4-5-6 Settembre 2015 INFO Lunghezza del circuito: 5,793 km Giri da percorrere: 53 Distanza totale: 306,720 km Numero di curve: 11 Senso di marcia: orario Mescole Pirelli: soffice/media Primo Gran Premio: 1921 Apertura farfalla: 70% della percorrenza RECORD Giro gara: 1:21.046 - R Barrichello - Ferrari - 2004 Distanza: 1h14:19.838 - M Schumacher - Ferrari - 2003 Vittorie pilota: 5 - M Schumacher Vittorie team: 18 - Ferrari Pole pilota: 5 - J Fangio, A Senna Pole team: 19 - Ferrari Km in testa pilota: 1.368 - A Ascari Km in testa team: 7.271 - Ferrari Migliori giri pilota: 3 - vari Migliori giri team: 19 - Ferrari Podi pilota: 8 - M Schumacher Podi team: 64 - Ferrari Orari del Gran Premio d'Italia Venerdì 4 Settembre 10:00-11:30 Prove Libere 1 - Sky Sport F1/Rai Sport 1 14:00-15:30 Prove Libere 2 - Sky Sport F1/Rai Sport 1 Sabato 5 Settembre 11:00-12:00 Prove Libere 3 - Sky Sport F1/Rai Sport 1 14:00-15:00 Qualifiche - Sky Sport F1/Rai Due Domenica 6 Settembre 14:00 Gara - Sky Sport F1/Rai Uno -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Presentazione del Gran Premio d'Italia: http://www.passionea300allora.it/2015/08/31/gran-premio-ditalia-2015-anteprima/ Storia del Gran Premio d'Italia: http://www.passionea300allora.it/wiki300/index.php?title=Storia_del_Gran_Premio_d'Italia Descrizione del Circuito di Monza: http://www.passionea300allora.it/wiki300/index.php?title=Autodromo_Nazionale_di_Monza -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- Passione a 300 all'ora
  20. leopnd

    Alex Caffi

    Alessandro Alex Caffi nasce il 18 marzo 1964 a Rovato (Brescia). Appassionato di moto, inizia la propria carriera nel motocross prima di passare alle quattro ruote. Vince la sua prima corsa - con i kart - nel 1980 e l’anno seguente si cimenta con le Formula 4. Alex inizia a farsi notare tra gli addetti ai lavori nel 1983 quando, al secondo anno di Formula Abarth, vince il titolo Under 23. Questo successo gli apre le porte della Formula 3: nel 1984 diventa vicecampione italiano e l’anno successivo conquista addirittura il titolo europeo sul circuito Paul Ricard di Le Castellet (Francia). Alex Caffi debutta in F1 nel 1986 quando al volante di una Osella prende parte al GP d’Italia. L’anno seguente affronta l’intera stagione con una vettura tutt’altro che affidabile (13 ritiri in 14 GP, 12° a San Marino in una gara in cui rimane senza benzina) ma si rivela costantemente più veloce dei propri compagni di squadra - lo svizzero Franco Forini e il nostro Gabriele Tarquini - nelle occasioni in cui la scuderia piemontese decide di schierare una seconda monoposto. La situazione migliora nel 1988 con il trasferimento alla Dallara, vettura che gli consente di ottenere come miglior piazzamento un 7° posto in Portogallo. L’anno successivo ottiene risultati peggiori del compagno Andrea de Cesaris ma riesce comunque a realizzare due exploit: il quarto posto a Monte Carlo e il sesto in Canada. La migliore stagione di Alex Caffi in F1 è quella del 1990 con la Arrows: il suo miglior piazzamento è un quinto posto (sempre a Monte Carlo) ma conquista il 16° posto nel Mondiale Costruttori e, soprattutto, è più veloce del coéquipier, un certo Michele Alboreto. Più deludente l’annata seguente, quando il team viene ufficialmente ribattezzato Footwork: resta più veloce di Alboreto e del nuovo compagno Stefan Johansson ma si deve accontentare di un 10° posto in Giappone. Nel 1992 Alex Caffi viene ingaggiato dalla Andrea Moda ma non riesce a correre: nel primo GP, in Sudafrica, viene rifiutata l’iscrizione alla scuderia mentre nella seconda, in Messico, la vettura non è pronta per gareggiare. Alex abbandona la F1 ma non il motorsport: nel 1993 partecipa al Mondiale Sport Prototipi con la Mazda mentre nel 1995 affronta il campionato turismo spagnolo al volante di una Opel Vectra. Nella seconda metà degli anni Novanta Alex Caffi si concentra sulle gare di durata: nel 1996 (anno in cui si aggiudica la 6 Ore di Vallelunga nel Gruppo N con una BMW M3) e nel 1997 prende parte alla serie nordamericana IMSA mentre l’anno successivo si cimenta nel campionato ISRS. Nel 1999 corre nella American Le Mans Series con la Ferrari 333 SP e disputa la sua prima 24 Ore di Le Mans (l’unica delle tre terminata, 6° posto assoluto) con i connazionali Andrea Montermini e Domenico Schiattarella mentre l’anno successivo affronta senza brillare particolarmente altre prove endurance. Nel terzo millennio Alex Caffi continua con l’endurance ma le vittorie più importanti arrivano con le storiche: al volante di una Porsche RSR del 1974 porta infatti a casa nel 2004 (anno in cui corre la seconda Le Mans con una Porsche 911 GT3) la 2 Ore del Mugello e sale sul gradino più alto del podio sul circuito Paul Ricard. Il 2005 è l’anno in cui Alex vince una gara in un’altra nuova categoria: con una Lola domina il Trofeo Valle Camonica (6° tappa del Campionato europeo della montagna). Alex Caffi si conferma un pilota versatile anche nel 2006: diventa campione italiano GT2 con una Ferrari F430 in coppia con Denny Zardo e vince il Rally Ronde Camuna con una Peugeot 206 WRC. Nel 2007 corre l’ultima Le Mans con una Spyker C8 e due anni più tardi sale nuovamente sul gradino più alto del podio di un rally aggiudicandosi il Benacus nella classe R3C con una Renault Clio R3. Gli ultimi exploit di Alex Caffi - in attesa di vederlo trionfare ancora in futuro - sono il successo nella classe GT del Driver Rally Show nel 2010 con una Porsche GT3 RS, la seconda vittoria al Trofeo Valle Camonica (non più valido, però, per il campionato europeo della montagna) e - nei rally raid - il trionfo di classe alla Baja Espana Aragon del 2012 con un Unimog...
  21. Pep92

    Formula 4

    vista la presenza di Mick Schumacher direi di aprire il 3d sulla stagione 2015 dell'ADAC Formula 4, oltre a lui presenti tre ragazze (Schreiner, Halder e Niederhauser) e Harrison Newey figlio di Adrian Calendario 24-27 aprile Oschersleben 5-7 giugno Red Bull Ring 19-21 giugno Spa-Francorchamps 3-5 luglio Lausitzring 14-16 agosto Nurburgring 28-30 agosto Sachsenring 11-13 settembre Oschersleben 2-4 ottobre Hockenheim lista piloti Neuhauser: 1 Kim Luis Schramm, 2 Tim Zimmerman Mà¼cke: 3 Benjamin Mazatis, 4 Robert Shwartzmann, 5 David Beckmann, 6 Mike Ortmann, 12 Tommy Preining Motopark: 7 Joel Eriksson, 8 Jannes Fitje, 9 Jonathan Cecotto, 10 Michael Waldherr Team Timo Scheider: 11 Leon Wippersteg, 46 Mauro Auricchio Piro Sports: 13 Cedric Piro, 34 Toni Wolf, 35 Carrie Schreiner Jenzer: 14 Moritz Mà¼ller-Crepon, 15 David Kolkmann, 16 Marek Bà¶ckmann, 17 Ricardo Seller SMG Swiss: 18 Giorgio Maggi, 19 Mattia Drudi, 20 Nikolaj Rogivue Michelle Halder Team: 21 Michelle Halder Lechner: 22 Florian Janits, 66 TBA Race Performance: 23 Alain Valente, 55 Marilyn Niederhauser Robin Brezina Team: 24 Robin Brezina van Amesfoort: 25 Mick Schumacher, 26 Harrison Newey, 36 Joey Mawson HTP Junior: 27 Marvin Dienst, 28 TBA Yan Leon Shlom Team: 31 Yan Leon Shlom Prema: 32 Zhou Guan Yu, 99 Ralf Aron RS Competition: 33 Jan Jonck, 44 Glen Rupp Engstler: 38 Luca Engstler Provily: 77 Job van Uiter
  22. Via ai commenti del GP d'Italia.
  23. Già in corso le prime prove libere del GP d'Italia.
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