Vai al contenuto

znarfdellago

Appassionati
  • Numero messaggi

    1216
  • Registrato

  • Ultima Visita

  • Days Won

    5

Contenuti inviati da znarfdellago

  1. Salve a tutti. Si penso sarebbe stato logico, cercare un altro driver e non snaturare il progetto ma ... chissà cosa è passato nella testa di Jim! Posso affermare che non potendo più guidare, dopo l'incidente con Lothar, probabilmente aveva scelto John per le sue indubbie, nonostante tutto, doti di collaudatore è che si sia trovato impreparato quando l'inglese gli ha detto "...non ho nessuna intenzione di guidare sdraiato dentro quella cosa..." La storia per il resto ci aveva già indicato che gli anni d'oro di Surtees erano passati ... Alla prossima Franz
  2. Salve a tutti, chiudiamo il Challenge 1969 ... Houston – 9 novembre 1969 – Texas International Grand Prix Siamo all’ultima fatica stagionale, con i due alfieri di McLaren Cars che si giocano il titolo in queste ultime 200 miglia, su un tracciato che alla parte mista unisce un tratto superveloce con un banking di 15 gradi che metterà nuovamente a dura prova motori e gomme. A dispetto dei quindici punti di vantaggio di Denny su Bruce, entrambi devono vincere per avere la certezza del titolo; una battuta d’arresto ora sarebbe veramente inopportuna. Danny esorcizza così l’ipotesi “… Bruce ha fatto cambiare tutti i motori, anche sul muletto, le due macchine sono state smontate e rimontate per non lasciare nulla al caso. I ragazzi hanno fatto un gran lavoro, come in tutto il resto della stagione, visto che non mi sono mai dovuto fermare …†Mentre Bruce ammette di essere in vantaggio “…non ho assolutamente niente da perdere, se arrivo secondo perdo, se arrivo primo sarò Campione, se vince Denny lo farà con una mia vettura ed io sarò Campione lo stesso! Viste le alternative non mi resta che spingere al massimo e sperare che i due ritiri che ho avuto in stagione siano un tributo sufficiente alla sfortuna …†Il contatto tra Jack Brabham e la Ford, si prolunga a questa corsa conclusiva, cambiando soltanto la cavalcatura; per Houston Sir Jack piloterà la Open Sport di Alan Mann, che ha incuriosito parecchio a Riverside e che ha lasciato intravedere notevoli possibilità . Due sono le assenze che si fanno sentire; John Surtees ha lasciato in malo modo la Chaparral, anche se i maligni parlano di una decisione di Jim Hall stufo delle bizze del pilota inglese che non pago di avergli stravolto il progetto non si è poi nemmeno impegnato per cercare una soluzione ai problemi che aveva creato. Al suo posto Tom Dutton che aveva frequentato il Challenge fino a Bridgehampton con una Lola T70 Mk3 Chevrolet. La seconda è quella di Dan Gurney che è impegnato in Formula Indy dove è in lizza per il titolo. Dalle prove arrivano le prime vere sorprese, in quanto per la prima volta nella stagione la prima fila non è tutta arancione; alla Pole della McLaren M8B di Denny Hulme risponde Mario Andretti che mette un Ford al suo fianco. (Tom Piantanida) Per Bruce McLaren prove molto travagliate con un trafilaggio d’olio che lo costringe ad un altro cambio di motore sulla sua M8B ed a perdere molto tempo ai boxes per problemi ai freni e poi con fastidiosi vuoti di alimentazione sul banking. (Pete Lyons) Sembra un cattivo presagio, ma Bruce è abituato ai rovesci e minimizza “… la Pole o anche solo la prima file sarebbero state meglio, ma il terzo tempo non mi preoccupa più di tanto! Meglio che tutta questa serie di problemi mi abbia attardato oggi, in un certo qual modo ho potuto porvi rimedio, domani sarebbe stata la fine …†Chapeau Bruce! A fargli compagnia con il quarto tempo Amon che si trova una Ferrari veramente in palla col nuovo motore 6,9 litri (tanto che in Entry-List la Ferrari e nominata come 712P) ora a punto con la modifica del doppio radiatore dell’olio. Terza fila per Peter Revson, ancora una volta primo tra le Lola con la T163 Chevy e Oliver che ha per le mani una Autocoast molto veloce e stabile. Quarta con Jack Brabham che porta la Open Sport Ford al settimo posto e Chuck Parsons che si lamenta per un motore fiacco e che non ha migliorato molto sostituendolo, ed in quinta Jo Siffert con la Porsche 917PA la cui povertà in termini di cavalleria qui è evidenziata dalla percorrenza del banking dove “… ad un certo punto mi sono messo a contare tutti quelli che mi passavano nella parte veloce, ma ho fatto in fretta a perdere il conto …â€affiancato da George Eaton su una McLaren M12. (Dave Friedman) Tutto si risolve in dieci giri, o quasi; al via Hulme e Andretti si involano ed Amon fa meglio di McLaren tagliando il traguardo del primo giro in terza posizione. Per Hulme sembra girare tutto bene, per McLaren tutto sembra congiurare contro. Hulme e Andretti hanno un passo incredibilmente veloce e non sembrano curarsi del banking e della forza centrifuga che già in prova ha mietuto vittime in quantità . Jo Siffert con la 917Pa imposta la sua gara sulla regolarità . Amon è appena più lento e McLaren non sembra avere il passo per restare con i primi. (Ernie Buckels) Al quinto giro McLaren sembra aver trovato un ritmo migliore e ricuce lo strappo col neozelandese anche se non sembra avere lo spunto sufficiente per passarlo. Ancora cinque giri e tutto cambia. Andretti e Amon lasciano con il motore out, McLaren è così secondo ma per lui non è cambiato niente; il secondo posto non gli serve, ma non riesce a fare i tempi di Hulme. Dietro Revson, Oliver, Jack Brabham e Parsons fanno corsa tra loro per un posto sul podio, con la Ford Open Sport che è veramente una gradita sorpresa, (Pete Lyons) mentre Eaton e Siffert stanno risalendo dopo una partenza non proprio felice. A metà gara Hulme conserva quasi cinque secondi di vantaggio su McLaren che fa un poco di elastico sfruttando i doppiaggi, mentre dietro il duo di testa Oliver si è ritirato col motore rotto (versione ufficiale, anche se pare che a cedere sia stata la sospensione posteriore, che è in titanio …) e Brabham precede un Eaton velocissimo con la sua McLaren M12 che si è sbarazzato in un niente di Siffert e Parsons. (Gerald "Jerry" Melton) Da dietro rinviene anche Dave Causey che porta la sua McLaren M6A nei primi dieci. Per lui in stagione tre gare e tre arrivi, 12° a Elkhart Lake, 9° in Michigan e 7° alla fine qui a Houston per 6 punti e la 25° piazza nella generale. La gara è avvincente con sorpassi ed inseguimenti continui, condotti ad un ritmo sostenuto e nessuno sembra curarsi del rischio provocato dal tenere una velocità troppo elevata sul banking. Passati i cinquanta giri McLaren è un poco più vicino, appena due secondi lo separano da Hulme; ma non è Denny ad aver rallentato, piuttosto è Bruce che ha cambiato passo. Eaton ne frattempo ha preso e passato Brabham ed ora è in caccia di Revson buon protagonista anche lui con la sua Lola T163. L’australiano sta regalando qualche soddisfazione alla Ford con la Open Sport che marcia con buona velocità ((Gerald "Jerry Melton) Dopo Causey è la volte di Leo Janke, qui al volante di una McLaren M1C ad affacciarsi nei dieci a punti. In stagione si è alternato al volante di due vetture; con la lola T160 ha colto il suo miglior piazzamento, un 7° posto a Edmonton ma 5 dei suoi 9 punti sono arrivati con la vecchia McLaren. (Gerald "Jerry" Melton) Alle sue spalle Roger McCaig che artiglia il punto del 10° posto con la sua McLaren M6B; in precedenza era stato 9° a Riverside ed 11° a Laguna Seca, per un finale di stagione decisamente meglio degli inizi con il forfait a Mosport e gli incidenti a Edmonton ed in Michigan. Hulme controlla la situazione, mantenendo quei due secondi sul suo caposquadra che dal canto suo sembra aver esaurito la spinta che lo stava riportando sul battistrada; ma le sorprese non sono finite, quando ormai tutto pare definito, una nuvola di fumo tradisce la fine vicina dell’8V di Denny Hulme che non può far altro che accostare a bordo pista. Mancano undici giri, che si trasformano in una passerella per il nuovo Campione, il primo a fare il bis dopo il titolo del 1967. A caldo Denny ha detto “… pensavo fosse cosa fatta, ma evidentemente avevo chiesto troppo al mio motore, le cose non capitano mai per caso, e Bruce ha fatto un lavoro stupendo in questi ultimi anni e mi ha dato una macchina incredibilmente veloce; non parlerei di fortuna o sfortuna, se ha vinto è perché e stato più veloce, semplice …â€Onore al merito e questo chiarisce anche il clima che si respira in un team che ha fatto tutto quello che ha voluto, dimostrando una superiorità incredibile e regalando al pubblico del Challenge una suspence lunga quanto la stagione. Sul secondo gradino del podio un Eaton stratosferico con una McLaren M12 che si è sposata benissimo con le caratteristiche del percorso e mirabilmente condotta dal giovane canadese. Al terzo posto, finalmente soddisfazioni per la Ford che piazza il suo nuovo 8,1 litri montato sulla Open Sport sapientemente guidata da Jack Brabham. La stagione 1970 avrebbe potuto essere molto ricca di soddisfazioni per Ford invece questa vettura non si vedrà più sui circuiti per molti, molti anni. Quarta piazza per Siffert che è stato molto più veloce in gara di quanto non lo fosse stato in prova, approfittando anche delle caratteristiche del suo 12 cilindri boxer che ha sopportato molto meglio gli strapazzi della centrifuga sul banking di Houston. Quinto Parsons con la Lola T163 di Carl Haas che ha vinto il suo duello con Lothar Motschenbacher, sesto con la sua McLaren M12.Settima piazza per l’americano Dave Causey su McLaren M6A (una delle vetture ex “casaâ€), ottavo Tony Dean, Porche 908/2, nono Leo Janke con una McLaren M1C ed a completare i dieci a punti Roger McCaigh, McLaren M6B. (autodiva.fr) Dicevamo dell’assenza di John Surtees, che si è lasciato male con Jim Hall. A Riverside l’ennesimo tentativo di far andare la Chaparral 2H, tornando alla configurazione senza ala non ha dato esiti. Per Houston Tom Dutton chiede di poterla usare e viene accontentato. Rimontata l’ala folle di Laguna Seca purtroppo il pilota il venerdì mattina la pianta contro il muro del banking danneggiandola in modo irreparabile. Quella sopra è una rarissima foto di quel week-end. Chiuso il Challenge 69, quarto dalla creazione, cominciamo a pensare a quello '70, quello delle ali in posizione più bassa, quello del tutto di più ma anche il primo, purtroppo, senza Bruce ... Alla prossima Franz
  3. Salve a tutti, anche in questo '69 l'onda Can Am supera gli argini e arriva a lambire le terre d'oriente ... PIT LANE 1969 – Can-Am Export in Giappone Dopo l’esperimento del 1968, altri due appuntamenti chiave della stagione di corse in Giappone, vengono consacrati alle sport del Gruppo 7, il Gran Premio del Giappone, su una distanza di 120 giri pari a 720 km, a Ottobre e la 200 miglia del Fuji a novembre. Il primo evento è curato direttamente dalla JAF, secondo i dettami della CSI, ma con una forma decisamente “nipponicaâ€, mentre la 300 Miglia, che sarà il vero punto di incontro tra il mondo della Can-Am e l’Industria Motoristica Nipponica con i suoi rappresentanti di spicco Nissan e Toyota, sarà organizzata da Don Nichols, un passato lontano come agente della CIA ed un presente fatto di Import/Export tra gli States ed il Giappone con un futuro di cui avremo modo di parlare tra gli argomenti che riguarderanno la prossima stagione. Il circuito del Fuji, non lontano da Tokyo, ha uno sviluppo di seimila metri esatti con un allungo veramente importante, di oltre un km, completato da una serie di curve molto diverse tra loro e molto tecniche con una alternanza tra medio e veloce adatto a mettere in luce le caratteristiche di un buon telaio ma anche a svelare impietosamente le carenze di un altro. Non tutto è filato liscio per gli “stranieri†che hanno deciso di fare parte dell’avvenimento, e Siffert ci illumina in proposito “I problemi con la dogana ci hanno fatto perdere le prove preliminari, che per noi avevano una grande importanza in quanto non conoscevamo assolutamente il circuito, abbiamo quindi chiesto agli organizzatori di poter avere un paio di ore supplementari al mattino presto, prima degli ultimi trenta minuti che ci avrebbero permesso di definire un minimo di assetto. Con un sorriso tipicamente giapponese ci sono state concesse due ore a partire dalle cinque e trenta del mattino. Quando David mi ha svegliato abbiamo capito perché non c’erano stati problemi. Il circuito del Fuji in questa stagione al mattino è avvolto da una fitta nebbia che si solleva verso le otto, ovvero giusto quando avrebbero dovuto cominciare le ultime prove.†Tanto per la cronaca un paio di macchine in arrivo dagli Stati Uniti sono rimaste bloccate in Dogana dovendo di fatto rinunciare alla corsa e anche la Firestone e la GoodYear hanno avuto parecchi problemi, che solo la velata minaccia di non fornire le gomme a Nissan e Toyota ha fatto rientrare. In tutti i casi l’elenco degli ammessi al via è veramente interessante con l’ultima nata di casa Nissan, la R382 che dopo lo scandalo della vittoria nell’edizione dell’anno scorso, ottenuta montando un motore Chevrolet da 5,4 litri sui suoi telai, ha voluto correre ai ripari lavorando intensamente tutto la stagione per mettere a punto un V12 da cinque litri che è veramente un piccolo gioiello. (Nissan Heritage) Il cinque litri di Nissan è caratterizzato da quattro alberi a camme che comandano le quattro valvole per cilindro, una accensione a transistor ed una iniezione Lucas modificata dai tecnici della casa. Il cambio invece è l’universale Hewland ma a cinque velocità . Abbondante l’impiego di materiali leggeri come il titanio che oltre che per le sospensioni è stato utilizzato per gli scarichi, che risultano alla vista come una vera e propria scultura moderna. Al contrario di Nissan la Toyota si è sempre fatta tutto in casa e non cambia la filosofia per il 1969; l’evoluzione della Toyota 7 è ragionata e ponderata per le esigenze che sono maturate. Il motore è ora un V8 da 5 litri , quattro valvole per cilindro ma con due soli alberi a camme in testa, alimentato con una iniezione Denso di derivazione Bosch per la ragguardevole potenza di 540 cavalli messi a terra grazie ad uno Hewland a 5 velocità . Il telaio è un classico multi-tubolare pennellato in alluminio e magnesio che fanno pesare la vettura completa a vuoto solo 700 kg. (Fuji collection) Nelle prove la superiorità Nissan è evidenziata dalle prime tre posizioni al via, che non monopolizzano la prima fila solo perché la larghezza della sede stradale del circuito permette di schierare file alternate quattro-tre-quattro. (Fuji collection) Il via è un po’ caotico, ma le Toyota hanno tutte uno spunto decisamente felice tanto che alla prima curva tre Toyota precedono Siffert con la 917 e le tre Nissan. Per la Toyota però è solo un fuoco di paglia in quanto Siffert già al terzo giro le ha sopravanzate prendendo il comando. Il ritorno delle Nissan non si fa però attendere ed al settimo giro Takahashi, che con Tohiro forma l’equipaggio di punta, è già davanti alla 917 che presto viene riassorbita dal gruppo, anche a causa della precoce sosta per sostituire gli pneumatici che un assetto un poco raffazzonato brucia molto in fretta. A questo proposito va anche raccontata la guerra delle gomme; le due case nipponiche non hanno firmato alcun contratto per quello che riguarda le gomme, in quanto dopo quasi tre mesi di continui test sul circuito si sono rese conto della superiorità delle Goodyear sul giro singolo e della consistenza delle Firestone su percorrenze più lunghe. In prova le cinque Toyota e le tre Nissan gireranno con le GoodYear ed la via saranno tutte schierate con delle Firestone. Delusione in casa Porsche, sono parole di Siffert “non avrei mai potuto vincere, in quanto il circuito del Fuji richiede un assetto molto curato, con la sua varietà di curve, ma non siamo stati assolutamente messi nella condizione di poter almeno cercare di essere un minimo competitivi. I giapponesi non sono stati per niente sportivi con noi!†(Nissan heritage) La corsa ha un sussulto quando la Nissan favorita si ferma ai boxes per un problema di alimentarione che le fa perderete oltre 20 giri. Le due vetture superstiti però marciano come orologi e terminano nell’ordine con Kurosawa-Sunago vincitori davanti a Kitano-Yokoyama. (Fuji collection) La prova delle Totota è complessivamente buona in quanto a due ritiri per problemi di sospensioni, di cui in realtà tutte e cinque le vetture hanno più o meno sofferto, possono conteggiare il podio di Kawai con la prima delle Toyota 7 che ha fatto tutta la corsa da solo, facoltà concessa in deroga dal regolamento Jaf, ed il quarto e quinto posto con Elford Takahashi e Kukidome-Hosoya. Per Siffert bersagliato dall’olio “perso†dalle Nissan solo un sesto posto a quattro giri. A questo proposito qualche settimana dopo lo svizzero si sbottonerà così con Autosprint “Durante la corsa abbiamo cambiato le gomme quattro volte. Se avessimo potuto provare adeguatamente avremmo scelto un set-up diverso, ma questo è lo sport e c’è sempre da imparare. Poi in gara è successo qualcosa di molto strano. Stavo inseguendo una Nissan quando improvvisamente in piena velocità mi è arrivato uno spruzzo d’olio nel parabrezza. La visibilità era compromessa ed ho dovuto fermarmi per pulire il vetro ed ho perso molto tempo. Sono ripartito ormai attardato e poco dopo ero di nuovo nella scia di una Nissan e di nuovo all’improvviso uno schizzo d’olio mi ha investito costringendomi ad una fermata per fare pulizia. Ora sono un professionista e so che spesso le macchine da corsa hanno perdite d’olio, ma questo olio ti arriva sotto forma di nebbiolina, non come uno schizzo e soprattutto una macchina che perde olio si ritrova la coda tutta imbrattata mentre le Nissan erano pulite e non hanno patito alcun guaio tecnico. Potrei giurarlo che quella perdita d’olio era prevista nella lista dei trucchetti antri-stranieri. Con David abbiamo deciso di non sporgere alcun tipo di reclamo in quanto avevamo avuto abbastanza sorrisi per la questione delle prove supplementari.†Se il Gran Premio del Fuji è stato organizzato dalla Jaf, la 300 Miglia del Fuji è una corsa veramente “Americanaâ€, curata da Don Nichols e dalla sua organizzazione ed infatti non ci sono problemi di nessun tipo in “dogana†e le vetture come pure gomme e materiali vari arrivano in perfetto orario per i test previsti a partire dal giovedì mattina. Come per la 200 Miglia del 1968 c’è un’atmosfera molto più rilassata che non per il Grand Prix, i piloti approfittano di ogni momento per macinare km e conoscere il circuito. Al termine delle prove, Jackye Oliver e la sua Autocoast ottengono il miglior tempo, dimostrando quanto di buono già avevano fatto vedere in patria nelle ultime corse del Challenge. In prima fila con lui Fushida con la McLaren M12 Toyota (sotto), approntata dalla casa nipponica per non lasciare nulla di intentato per vincere la corsa e Kawai con la Toyota 7/1969. In seconda fila Peter Revson con la Lola T163 Chevrolet del team Jefferies & Robbins affiancato da John Cannon con la Ford G7A che arrivati a fine stagione sembra cominciare a dare qualche soddisfazione. Terza fila per Parsons con la Lola T163 Chevy del Team Haas con a fianco le altre due Toyota 7. (Fuji collection) Il via lanciato vede la partenza fulminante di Fushida e Kawai con Oliver che dalla Pole si piazza subito alle loro spalle con fare minaccioso ed alla fine del primo giro l’ordine è Oliver con l’Autocoast, Kawai con la Toyota 7 e Fushida con la McLaren M12 motorizzata Toyota. (AutoItalianaMagazine) Le concitate fasi della partenza con Fushida e Kawai davanti. Dietro è lotta vera tra le altre due Toyota, Motschenbacher e Cannon con una Ford G7A che appare trasfigurata rispetto alle ultime apparizioni nella Can-Am. Più indietro Revson e Parsons con le due Lola non sembrano a proprio agio e faticano a contenere la piccola Porche 908/2 di Tony Dean. (AutoItalianaMagazine) John Cannon con la Ford G7A finalmente veloce e affidabile. Parsons si ferma molto presto con problemi di guidabilità insormontabili mentre Fushida comincia a perdere terreno con un consumo anomalo delle gomme. Si scoprirà in seguito che per stare davanti a Kawai, pupillo di Toyota, abbia cercato un assetto esasperato che non ha pagato poi in gara. Risalgono da dietro Motschenbacher con la sua M12 e Gary Wilson con la terza Lola T163 Chevy che sono presto davanti alle altre due Toyota . Al giro 47 dei 75 previsti Oliver abbandona per un problema meccanico e Kawai eredità il comando con un buon margine su Cannon, risalito al secondo posto. Motschenbacher prova a forzare, ma fa un paio di in traversate che lo inducono più a difendersi dal ritorno di Gary Wilson che ad inseguire gli Yen del secondo posto. (AutoItalianaMagazine) Il Podio: Cannon, Kawai, Motschenbacher. Sul podio finiscono così un regolare Minoru Kawai con sua Toyota 7 ora veramente a punto, cui manca solo qualche cavallo, John Cannon che ha dato alla Ford G7A, erede del favoloso Project Calliope di Ford il suo miglior risultato in corsa e Motscehnbacher con una Mclaren M12. All’arrivo anche Gary Wilson con la Lola T163 superstite che precede nell’ordine Nagamatsu con una Porche 908 del Taki Racing, Asaoka con una Lola T70 Chevrolet iscritta come sperimentazione dalla Isuzu che ha lavorato sul suo telaio e Ooishi con una seconda McLaren M12 Chevy. (AutoItalianaMagazine) Kawai taglia vittorioso il traguardo. Alla prossima col gran finale del "Texas International Grand Prix a Houston" ... Franz
  4. Salve a tutti, come ho avuto già modo di dire in precedenza, leggendo le classifiche si ha una percezione "digitale" della corsa (che sia un 100 metri piani o un East African Safari ... se passo attraverso una cronaca, cosa che faccio tutte le volte che posso , soprattutto se sono fatti accaduti anni addietro e se a farla è magari "Lino Manocchia da New York", la classifica pur uguale e immutabile diventa molto più "analogica", si arricchisce di momenti che spiegano i pechè e, alla fine, rendono questo nostro sport veramente meritevole della passione che gli rivolgiamo. Sono stato al Monte a vedere la prova di Embrun e vedere Loeb mettere le ruote dove le metteva, come lui solo l'altro Seb e Robert, mi fa vedere la classifica finale con altri occhi. Diversamente leggendo il mero distacco potrei essere portato a pensare che i sedici mesi passati in pista gli sono pesati ... Ultima annotazione, pur con un febbrone non sono voluto mancare al via del Monte storico a Torino per salutare alcuni che ormai finisco col vedere solo in queste occasioni e che emozione vedere tanti ragazzini a bocca aperta davanti ad una Stratos piuttosto che davanti alla Borgward con un bambino che faceva al papà "... ma anche il nonno correva? sembra la sua!..." Alla prossima Franz
  5. Salve a tutti, ... Riverside – 26 ottobre 1969 – Los Angeles Times Grand Prix Siamo alla stretta finale e come sempre con le trasferte all’Ovest si torna a numeri importanti ; a Riverside sono in trentotto a partecipare alle prove ed anche qui abbiamo un debutto atteso ed importante. Alan Mann schiera infatti la Open Sport mossa dal blocco 429 della Ford. Il Team ed il progettista sono gli stessi che nel 1967 avevano portato in pista la Honker affidandola a Mario Andretti ottenendo ben poco; questa volta i presupposti sono decisamente diversi, la macchina ha girato a lungo nei test senza grossi problemi e quei pochi difetti di gioventù hanno trovato soluzione nelle modifiche apportate dal collaudatore Frank Gardner cui viene affidato anche il debutto in corsa. Rimanendo sempre in casa Ford, anche la McLaren M6B modificata da Holman & Moody e guidata da Andretti sta convincendo sempre di più; il motore, un 8,1 litri (blocco 494) con una coppia incredibile ed una cavalleria di tutto rispetto già a 3000 giri, è anche affidabile ed il telaio si sta rivelando sensibile alle regolazioni e facile da mettere a punto. A Riverside si ripresenta anche Oliver al volante dell’Autocoast, cui nei test tra le due corse californiane è stato aggiunto un alettone, montato in modo classico sui porta-mozzo e con regolazione manuale; il pilota inglese è molto fiducioso, almeno questo traspare dalle sue dichiarazioni “…prima di Laguna Seca nutrivamo qualche speranza di ben figurare, poi dopo le prove è subentrato un po’ di scoramento, la penultima fila non era certo il massimo, pur con tutte le giustificazioni del caso. Nei test successivi abbiamo potuto però girare con costanza e senza problemi e quando i tecnici hanno portato i nuovi porta-mozzo per poter montare la nuova ala, i tempi sono subito migliorati, ma soprattutto è stata la sensazione di avere una vettura molto ben bilanciata a darmi fiducia …†(Ernie Buckels) Questo non impedisce però la solita prima fila, stavolta con Hulme in Pole davanti a McLaren; in seconda fila Amon sembra aver risolto i problemi di lubrificazione, che lo hanno assillato non poco durante le prove, montando un secondo radiatore dell’olio: Di fianco a lui col quarto tempo un Jackye Oliver veramente soddisfatto della sua Autocoast Ti22; terza fila per due M6B decisamente diverse nell’aspetto, quella di Dan Gurney, McLeagle con uno Chevrolet che sembra ora sposarsi bene con il telaio “…le rotture in Michigan e di Laguna Seca erano dovute al fatto che il motore è stato montato sul telaio utilizzando pompe e circuiti che usavamo con il Ford – racconta Dan – quando abbiamo avuto il tempo di metterci mano e li abbiamo adattati allo Chevy, le temperature non sono state più un problema…†e la M6B Holman & Moody di Mario Andretti che è deluso solo dalla posizione di partenza perché per problemi di traffico non è riuscito a migliorare il suo tempo quando la pista è diventata più veloce “.. pensavamo che la pista fosse più lenta, ma quando tutti hanno cominciato a fare le loro migliori prestazioni, sono sceso in pista anch’io, ma ormai era tardi … ho fatto una decina di giri e nella miglior tornata ho dovuto superare quattro macchine …†La quarta fila vede affiancati Peter Revson con la Lola T163 del Team Jefferies & Robbins e la McLaren M12 di George Eaton, mentre in quinta ci sono Chuck Parsons con un’altra Lola T163 e Derek Gardner che ha portato nella top-ten la Ford Open Sport di Alan Mann. Al momento dello schieramento per il giro di lancio, Amon non riesca ad avviare la sua Ferrari; quando tutti sono già lontani i suoi meccanici lo spingono fuori dalla pit-lane e riescono a farlo partire per cui il neozelandese riprende il suo posto in seconda fila. Hulme scatta al comando, ma Amon è il più veloce ad accodarsi e comincia subito ad attaccare il leader, tanto che McLaren perde subito qualcosa. Il colpo di scena arriva al terzo giro quando ad Amon viene esposta la Bandiera Nera, per l’avvio a spinta. Amon si ferma non capendo il perché ed i commissari gli spiegano che se riesce a riavviare da solo lo lasceranno ripartire. Purtroppo quanto accaduto nel giro di schieramento si ripete ed il neozelandese riesce a riavviare solo con l’aiuto dei suoi meccanici. Per lui e la fine. Dietro lo spettacolo lo fanno Gurney, Parsons e Andretti che non si risparmiano certo. Il pubblico apprezza lo spettacolo e lo fa capire ad ogni passaggio del terzetto sotto le tribune gremite oltre ogni limite. (Dave Friedman) Fino a metà gara i tre corrono con distacchi minimi, poi i doppiaggi creano qualche problema ad Mario Andretti che con la sua McLaren M6B Holman&Moody perde contatto, mentre subito dopo è Parsons che deve fare una rapida sosta ai boxes. Gurney è così terzo solitario, abbastanza staccato dal duo di McLaren Cars che procede senza scossoni verso l’ennesima doppietta. Tutto succede passata la metà gara; prima è McLaren al trentaquattresimo giro a salutare la compagnia per un contatto con un doppiato che lo costringe ad un fuori pista che danneggia irrimediabilmente la sua vettura; (John Wilson) Dan Gurney si ferma con lo Chevy della McLeagle che tossicchia, dopo un controllo veloce, tornerà in pista quarto; Siffert che navigava tra la sesta e la settima posizione, dopo una gara tutto sommato anonima ed in cui una volta di più i tecnici di Stoccarda hanno realizzato che c’è una reale necessità di avere una motorizzazione che offra una maggiore cavalleria, si prende una Bandiera Nera per una perdita d’olio che lo ha assillato sin dalle prove e che in gara è diventata troppo evidente per i solerti marshall californiani. (Ernie Buckels) Finisce con Hulme primo e leader del Challenge. Alla vigilia dell’ultima tappa a Houston, quindici punti separano Hulme da McLaren ma in Texas McLaren potrà sommare tutti i punti che prenderà , mentre Hulme accrescerà il suo bottino solo in caso di vittoria. L’incertezza regna sovrana ed in un Challenge dominato dalle due McLaren arancione tutta l’incertezza del risultato finale garantisce lo spettacolo che attira il pubblico sui circuiti. (Daniel Mensinger) Sul secondo gradino del podio un Chuck Parsons che continua a trarre il meglio da una Lola T163 che è in continuo miglioramento, gara dopo gara, con nuovi affinamenti e che anche qui ha visto debuttare nuovi porta-mozzo che hanno permesso all’ala di lavorare meglio, con un bilanciamento migliore di tutta la vettura. Dopo tante tribolazioni, una gioia anche per Mario Andretti e la sua McLaren M6B Ford, che gli ha permesso, pur se un poco fortunosamente di salire sul gradino più basso del podio. Soddisfazione, pur nella sfortuna che lo ha privato di un piazzamento migliore, il secondo posto era alla sua portata prima della sosta, Dan Gurney ha potuto far vedere la bontà delle modifiche fatte alla sua McLaren M6B ora che equipaggiata di un motore pari a quelli della concorrenza riesce a vedere la bandiera a scacchi. (Ernie Buckels) Quinta piazza per Peter Revson con la Lola T163 Chevrolet, che pur non avendo le novità portate per Parsons è pur sempre un ottima vettura ed al sesto posto ancora una Lola, la T163 di Gary Wilson, autore di una bella corsa di rimonta dal tredicesimo posto in griglia. (Gerald "Jerry" Melton) La debuttante di rango, l’Open Sport motorizzata con il 429 Ford, guidata da Frank Gardner, dopo una buona partenza ha tenuto un buon ritmo ma ha dovuto dare forfait per un guasto meccanico poco dopo la metà gara, ma ha lasciato intravedere quel potenziale cui in Ford anelavano da tempo e come al solito sembrano intenzionati a sperperare con un’ennesima sovrapposizione di progetti. (Dave Friedman) Chuck Frederick – McKee Mk6 Oldsmobile Ancora della partita con questa datata Mk6, Frederick corre con uno Chevrolet ad Edmonton ed Elkhart Lake, per due ritiri, motore e trasmissione; si ripresenta per le ultime tre trasferte al caldo sole del sud spinto da un Oldsmobile e se una sospensione lo abbandona a Laguna, qui a Riverside sfiora la zona punti con un incredibile 11° posto. A Houston non verrà classificato. (Road Racing Car) Jack Millikan – Lola T70 Rimaneggiata nel muso e nella coda con vistosi spoiler che dovrebbero farle recuperare carico, questa T70, una delle più vecchie del lotto, vede comunque la bandiera a scacchi in quattordicesima posizione in quella che resterà l’unica uscita stagionale per il pilota. (autodiva.fr) Pur se nella foto (sotto) si vede benissimo la Lola T70 #24 di Bob Nagel, qui alla sua ultima uscita stagionale, terminata con un non classificato, e se si intravede la Porsche 917Pa di Jo Siffert voglio attirare l’attenzione sulla vettura che è coperta proprio dal pilota svizzero. Si tratta della BVC Special di Bruce Campbell che tradisce la sua età per quella vistosa carreggiata posteriore che si allarga ben oltre la larghezza della parte anteriore. Sfruttare le nuove gomme extra large è un imperativo ed allora si ricoprono con fazzoletti di lamierino che rendono queste “special†in qualche modo “mostruoseâ€. Comunque Campbell vede la bandiera a scacchi 15° ; a Riverside non sarà classificato. Pete Lyons) Nella foto sotto, tutta la filosofia delle corse oltreoceano; dove nel vecchio continente le ali, che erano proliferate e cresciute in dimensioni e posizionamento, sono state cancellate dal giovedì al sabato di un week-end di maggio a Montecarlo, venivano utilizzate da ben dodici vetture a Riverside , occupando al completo le prime cinque file dello schieramento. Non sarà mai più così, ma averci regalato un simile spettacolo sarebbe comunque valso il prezzo del biglietto. (Sport Auto Magazine) Alla prossima con ... Can Am esportazione! Franz
  6. Salve a tutti, ... PADDOCK 1969 – AUTOCOAST Ti22 La giovane società AUTOCOAST, diretta da Ernie Kanzler, ha la sua sede a Costa Mesa in California, dove costruisce battelli da pesca e da diporto. Kanzler, grande appassionato di corse e di tutto quello che è meccanica, tra il 1968 e 1969 ha già fatto costruire una vettura di formula, la Vaporizeer, con motore a vapore, ma per la stagione in corso ha in mente un progetto decisamente più ambizioso; l’iscrizione, a nome della società Autocoast, di una vettura nella Can-Am. L’idea generale è quella di acquistare una vettura clienti, McLaren o Lola, e modificarla, ma il responsabile tecnico del Team, Peter Bryant, arrivato in Autocoast per il tramite di Skip Scott, è molto convincente nel persuaderlo che è meglio costruire una propria vettura che cercare di ringiovanire o migliorare una vettura dell’anno precedente. Sarà lo stesso Bryant, esperto meccanico con un passato in Formula 1, trasferitosi nel 1963 negli Usa dove ha maturato esperienza lavorando con gente del calibro di Mickey Thompson, Carroll Shelby e Bill Thomas ad occuparsene. Il progetto passa dalla semplice idea al prodotto finito nel giro di cinque mesi, ed è proprio il ridotto lasso di tempo a disposizione a tracciare le linee guida della vettura. Peter Bryant la spiega così “… presa la decisione, visto il poco tempo a nostra disposizione, non abbiamo voluto lanciarci in un progetto molto complesso che avrebbe potuto crearci problemi al momento del collaudo su strada per i test e volevamo a tutti i costi debuttare prima di fine stagione per maturare esperienza …†(Pete Lyons) Niente voli pindarici, quindi ma un progetto semplice per una classica monoscocca a vasca larga con motore in funzione portante e, unica concessione, una ricerca aerodinamica per il disegno della carrozzeria. Ma non si tratta semplicemente di uno dei tanti telai artigianali costruiti in quegli anni da qualche appassionato; è sempre Bryant a spiegarcelo “… l’aver costruito un telaio semplice e tradizionale, non significava che anche noi non avessimo in mente un’idea precisa, un concetto da sviluppare per cercare di essere i migliori del lotto. La nostra idea era quella di schierare una vettura decisamente rigida ed assolutamente leggera, la più leggera tra quelle partecipanti al Challenge … †La sigla con la quale la Autocoast viene battezzata, Ti22, simbolo del titanio, dovrebbe anche chiarire il come. Il titanio come materiale è già stato impiegato nei telai automobilistici, sulla Autocoast però Bryant va oltre; il telaio è in titanio centinato in acciaio legato, poi ancora titanio per sospensioni, roll-bar, pedaliera e sterzo. Il lavoro svolto sulla carrozzeria è come sempre legato all’aumentare il carico ed a diminuire la resistenza; per questo Bryant ha pensato ad una linea di cintura un poco più alta ed un canale che dal muso a cuneo sale sdoppiandosi ai lati dell’abitacolo per convogliare l’aria verso la coda che presenta uno spoiler a cucchiaio. Per quanto riguarda il motore sarà uno Chevrolet 7 litri uguale a quello che equipaggia la McLaren accoppiato ad un cambio Hewland a quattro velocità . I primi test sono condotti da Bob Bondurant all’Orange County Raceway, ma Kanzler è stato molto chiaro in proposito, in gara la vettura deve essere guidata da un pilota da Gran Premio e la scelta cade su Jackye Oliver. Altri test vengono effettuati a Willows Springs e la vettura sembra essere ben bilanciata e soprattutto riesce ad inanellare parecchi giri dimostrando anche una discreta affidabilità . Il debutto a Laguna Seca è perciò frustrante, in quanto il Team arriva, per problemi logistici, solo nella tarda serata di venerdì e le prove del sabato sono utili solo per trovare una minima messa a punto, non certo per fare un tempo valido. Lanciatosi dalla ventinovesima posizione al via, al fianco di Amon che ha avuto un week-end della stessa natura, Oliver recupera posizioni su posizioni arrivando fino ad un più che soddisfacente settimo posto per poi doversi fermare ai box perdendo sei giri e finire classificato tredicesimo. Prima di Riverside altri test convincono il Team a dotarsi di un alettone posteriore, tipo quello McLaren con regolazione fissa. Variazioni anche nel settore motori; ora lo Chevy è un 454 da 7,5 litri con qualche cavallo in più e soprattutto una maggior coppia. La bontà delle scelte di Bryant sta tutta nel risultato: al temine delle qualifiche davanti ad Oliver ci sono solo le due McLaren e la Ferrari di Chris Amon. In gara il pilota inglese contenderà la terza piazza al neozelandese fino al cedimento del differenziale. (forum auto) L’ultima manche a Houston ribadisce le qualità della vettura che si qualifica al sesto poso e si produce in una gara tra i primi fino al ventiduesimo giro quando è costretta ai boxes, ufficialmente per un guasto al motore; la realtà , un po’ diversa, narra del cedimento di un puntone della sospensione posteriore. Essendo il particolare in titanio, il Team preferisce non comunicarlo alla stampa. In chiusura di stagione al Mont Fuji per la 300 Miglia, in assenza delle McLaren ufficiali Oliver ottiene il miglior tempo in prova ma deve abbandonare in gara per noie meccaniche. Le premesse per un 1970 di vertice ci sono tutte. Alla prossima ... Franz
  7. Salve a tutti, ... Laguna Seca – 12 ottobre 1969 – Monterey Castrol Grand Prix La terzultima corsa della stagione, sul tormentato circuito californiano, vede al via delle prove del venerdì oltre trenta piloti e tra loro il debutto della Autocoast Ti22, la vettura costruita per buona parte in titanio, che tanto ha fatto parlare di se, con al volante Jackye Oliver. Ma il vero “caso†che ha fatto versare fiumi d’inchiostro è un altro; Chris Amon, che ha portato la Ferrari 612P con ancora il 6,2 litri, in attesa del mostro 6,9, rompe il motorie durante le prove del sabato ed il motore di scorta è quello riparato alla meglio dopo i problemi del venerdì per cui il neozelandese dichiara forfait. Come accaduto in Michigan, Bruce McLaren, molto amico di Chris, gli offre il muletto ed Amon accetta volentieri. Tutto potrebbe essere semplicemente riconducibile alla voglia di correre del pilota, ma in precedenza c’erano stati problemi con il rinnovo del contratto con la Ferrari per la Formula 1. Il Drake aveva ripreso l’astro nascente belga Jacky Ickx, offrendogli un cospicuo ingaggio ed Amon aveva forzato la mano per avere un ritocco del suo “cachetâ€! Nell’impasse c’era stato un abboccamento tra il pilota e la nuova nata March, sfociato in un pre-contratto, pare con tanto di cifre ed impegni collaterali già fissati. Quando da Maranello era arrivato l’ok all’aumento, Amon si era trovato spiazzato e qualche gola profonda giura che l’accettare il muletto della McLaren senza prima avvisare in Ferrari sia stato un tentativo di forzare una rottura. Al di là di tanto gossip, Amon finirà col correre per la March alimentando la sua “fama†di “Paperino†delle corse. Come ebbe a dire una volta Gozzi in una intervista a proposito di una domanda sul neozelandese “… mai visto sprecare un talento così immenso con scelte fatte con la pancia, senza nessuna considerazione tecnica o anche soltanto economica … al volante non aveva niente da invidiare a nessuno come capacità di guida e come collaudatore è uno di quelli che a Maranello ricordano ancora per la sua sensibilità … tutto questo vanificato dalla sua sfortuna, ma dato che nelle corse non possiamo credere alla sfortuna …†Resta il fatto che Chris Amon purtroppo è costretto al ritiro per la rottura del differenziale la dove, al contrario, Dan Gurney in una occasione analoga era salito sul podio con lo stesso muletto M8B. (Dave Friedman) In casa Chaparral fa di nuovo la sua comparsa la 2H per John Surtees, ma non ha niente a che vedere con l’idea originale di Jim Hall; per tentare di rendere guidabile la vettura è stato montato un alettone enorme sorretto da due piloni. anch’essi di dimensioni spropositate, fissati in maniera posticcia a meta fiancata. Nessuna regolazione dell’incidenza a comando idraulico, solo e soltanto un disperato tentativo di correggere un difetto congenito figlio di scelte sbagliate imposte dal pilota. Il commento di Bruce Mclaren rende l’idea di quello che era il comportamento dinamico della 2H così modificata “…quando l’ho vista montata sono stato curioso di vederne il comportamento in pista … veder caracollare la Chaparral con quegli angoli di rollio così accentuati giù dal cavatappi mi stringeva il cuore …†(GP library) Le prove danno la Pole a McLaren, con al suo fianco Hulme, seconda fila per Revson con la Lola T163 e Gurney, finalmente al debutto con la McLeagle Chevrolet; terza fila per Eaton con la McLaren M12 e Siffert con la Porsche 917PA; in quarta Parsons Lola T163 e Andretti con la McLaren M6B di Holman & Moody anche lui al rientro nella serie dopo la pausa per risolvere i problemi del nuovo Ford 8,1 litri; chiudono la top-ten Motschenbacher con la Mclaren M12 e Surtees con la Chaparral 2H. Per l’inglese e la sua 2H la corsa dura lo spazio del giro di schieramento, anzi qualcosa meno, visto che la parcheggia all’entrata dei boxes ammutolita con la pressione dell’olio a zero; Gurney si schiera ma il suo Chevy brontola in maniera strana e lascia presagire una gara in salita. La corsa, persi i suoi possibili protagonisti è una fotocopia di quella in Michigan con ancora Bruce McLaren a vincere davanti a Denny Hulme, per l’ennesima doppietta M8B, stavolta senza lotte intestine. (Pete Lyons) Completa il podio un Chuck Parsons in recupero che con qualche sorpasso e approfittando di qualche ritiro fa sua la terza piazza con una Lola T163 che di gara in gara si dimostra più prestazionale. (Tony Ferari) Abbiamo parlato del debutto della Autocoast Ti22, in parte deludente, vista la penultima fila col ventinovesimo tempo; purtroppo per problemi logistici la vettura è arrivata giusto per tentare la qualifica il sabato pomeriggio e Jackye Oliver è andato incontro ai classici problemi di gioventù. Resta una prestazione comunque lusinghiera, con una rimonta fatti di tanti sorpassi e di un ritmo consistente fino al settimo posto, vanificato da una sosta ai boxes lunga sei giri che lo ha relegato ad una tredicesima piazza finale. (Pete Lyons) Mario Andretti agguanta una quarta piazza in parte grazie ai molti ritiri, ma certamente anche in virtù di una McLaren M6B, seguita da Holman & Moody, molto a punto e di un Ford finalmente soddisfacente sia in termini di potenza pura che di affidabilità . (Pete Lyons) Completano la top-ten: Siffert nuovamente nei primi cinque con la Porsche 917PA; Johnn Cordts con una McLaren M6B Chevrolet; Tony Dean, che non è più una sorpresa con la sua Porsche 908/2; Motschenbacher, con la sua McLaren M12, Rick Galloway con una M6B dalla trentunesima ed ultima posizione allo start e Dick Brown anche lui con una M6B. (Harvey Lasiter Collection) Harvey Lasiter ottiene il suo miglior risultato con una vecchia McLaren M1B Chevy, quindicesimo. In precedenza c’era stato un ritiro a Elkhart Lake ed a Houston non prenderà il via dopo una qualifica non certo brillante. (Pete Lyons) Vic Nelli con una Lola T70 che accusa il peso delle stagioni non viene classificato; a Riverside, seconda ed ultima partecipazione per lui ci sarà un ritiro per la rottura del cambio. (Dave Fiedman) Ron Dykes – #88 Lola T162 Chrysler debutta con l’originalità della sua motorizzazione Chrysler; per il resto la pompa dell’olio lo fermerà qui a Laguna Seca, dopo una buona qualifica in sesta fila e il motore lo tradirà a Riverside. Sullo sfondo, ultimo del gruppo, si vede Don Jensen con la sua Burnett Mk2 dotata di una vistosa ala; 16° al via e 16°al traguardo sarà il suo miglior risultato dato che a Riverside, scattato dalla 32° piazza un contatto che gli danneggerà la carrozzeria lo costringerà al ritiro già al sesto giro. (Ernie Buckels) Prosegue anche la stagione di Dan Gurney, con la sua McLeagle M6B ora motorizzata Chevrolet. Ma ancora nessuna soddisfazione per il pilota americano che scattato dalla quarta casella al via è finito con un'altra fumata bianca dagli scarichi del suo Chevrolet. Alla prossima con qualche dettaglio in più sull'Autocoast Ti22 di Pete Bryant ... Franz
  8. Salve a tutti, ... PADDOCK 1969 – Special Stars & Stripes Burnett Mk2 & Mk3 Stan Burnett ha costruito la sua vettura (Mk2) per correre a livello locale, nel campionato Usrrc regionale ed in un paio di occasioni anche in quello nazionale. La vettura si presenta come le più classiche Special americane, ovvero un telaio in tubi saldati ed un cocktail di pezzi Chevrolet, tra cui spicca sempre il V8, nel caso specifico un 6 litri. Come tutte le speciali vive di continui affinamenti, più o meno funzionali ma che ne modificano spesso anche l’aspetto esteriore, arrivando così a battezzare l’ennesima modifica come Mk3. Nel 1969, come abitudine Stan Burnett e Don Jensen si iscrivono ad un paio di corse della Can-Am. Per Stan la Mk3, dalle linee più angolose, che le hanno fatto perdere quella ingenua eleganza che aveva (non va dimenticato che la carrozzeria era frutto di un disegno di Joe Huffacher, quindi molto vicina a quelle delle Genie) mentre Don è al volante della Mk2 che gli era stata affidata dallo stesso Stan Burnett l’anno precedente e che poi lui ha comprato. Per le gare della stagione 1969 anche la motorizzazione subisce una variazione, sostituendo il V8 da 6 litri con un più recente 6,2 litri. (Road&Track) Edmonton #71 – Stan Burnett Burnett Mk3 Chevrolet (Stan Burnett) / 14° in prova DNF motore in gara Bridgehampton #71 – Stan Burnett Burnett Mk3 Chevrolet (Stan Burnett) / 19° in prova – DNF incidente in gara Laguna Seca #60 – Don Jensen Burnett Mk2 Chevrolet (Don Jensen) / 16° in prova – 16° in gara Riverside #60 – Don Jensen Burnett Mk2 Chevrolet (Don Jensen) / 32° in prova – DNF carrozzeria in gara HAYMAN Mk1 A Mont Tremblant, solo in prova perché non riuscirà a schierarsi per la gara, Ross Murray ha schierato la sua Hayman in una ventunesima posizione che è in linea con l’età della vettura. Ross Hayman è un fabbricante di particolari “racing†che su richiesta di Murray nel 1965 decide di fare il salto costruendo una vettura completa. Murray ci correrà in alcune tappe del Campionato nazionale ed infine debutterà in Can-Am. (autocourse.ca) Le caratteristiche tecniche sono abbastanza classiche, telaio multitubolare in cromo-molibdeno spinto da uno Chevy 5,7 litri. L’unica altra annotazione è una certa somiglianza con la Cooper Lang, anche se questa somiglianza riguarda solo l’aspetto estetico e non la competitività . Mont Tremblant #32 – Ross Murray - Hayman Mk1 Chevy - 21° in prova - DNS (conceptcarz.com) (conceptcarz.com) BVC Special Chevy Una rarissima vista della BVC Chevy di Bruce Campbell (Ecurie Vicky Racing Team). Non ci sono molte notizie al riguardo delle caratteristiche tecniche, se non la menzione “Lotus†tra parentesi in qualche Entry List (cosa che farebbe pensare ad un ex telaio 19 o 23), certo l’allargamento posticcio dei passaruota posteriori, al fine di poter ospitare i nuovi pneumatici extra-large, tradisce un telaio con diverse stagioni sul groppone. (Bruce Campbell Collection) Riverside #9 - Bruce Campbell BVC Mk1 Chevrolet - 20° in prova e 15° in gara Houston #6 - Bruce Campbell BVC Mk1 Chevrolet - 23° in prova e NC in gara per distanza minima non raggiunta Gli altri Unicamente per la statistica in quanto presenti solo in entry-list: Riverside #21 – Jerry Smith - Fiberfab Valkyrie Chevrolet (Fiberfab West, Inc) Fiberfab è un costruttore di kit che in questi anni propone i coupè Avenger e Walkyrie #45 – Nick de Courville - Lynn Terry Gr7 Chevrolet (Eric Hauser) Si tratta di una ex King Cobra di Shelby, costruita nel 1967 ma ora dotata di un V8 Chevy; la ritroveremo la prossima stagione. #89 – Ron Dykes - Ford GT40 (Dr.William Arterberry/Ron Dykes) Questa Gt40 è il telaio 1060 che il dr. William Arterberry di Culver City utilizza come vettura stradale sulle autostrade della costa ovest. Alla prossima con Laguna Seca ... Franz
  9. Salve a tutti febbre 39,1 uale miglior occasione per un week end dedicato alla Can Am ... ed allora proseguiamo con ... Michia gan – 28 settembre 1969 – International Can-Am Si presentano in ventotto per le prove e diverse sono le novità . John Surtees è malato, il team arriva sul circuito con la sola McLaren M12 in quanto le ultime modifiche apportate alla 2H non hanno dato esito positivo e dietro suggerimento dello stesso John, viene schierato Andrea De Adamich, promessa dell’automobilismo italiano che già corre in F.5000 per il Team del pilota inglese. (forum-auto) In casa McLaren, Jack Brabham è stato invitato a correre con la terza McLaren M8B, il muletto solitamente presente ma mai utilizzato finora, e la guida al venerdì; (Gerald "Jerry" Melton) ma dati i suoi buoni rapporti con la Ford e l’offerta faraonica che gli viene fatta, Black Jack, sensibilissimo al lato economico delle corse dice di si ed al sabato si qualifica con la Ford G7A (quarto pilota a correrci nella stagione). (primotipo.com) Il suo repentino cambio di vettura è una fortuna per Dan Gurney, anche lui di ritorno in Can-Am dopo la pausa di riflessione. Abbandonata l’idea di riuscire a trovare cavalli nel suo vecchio Ford 5,6 litri e resosi conto che da Detroit non gli arriverà mai uno dei più recenti 8,1 litri, che sembrano finalmente aver trovato anche l’affidabilità , Dan salta il fosso e si schiera con la sua McLeagle M6B, ulteriormente modificata con due grossi alettoni montati sui porta-mozzi anteriori e posteriori ed equipaggiata con uno dei tanti Chevy sette litri. (Gerald "Jerry" Melton) Il sabato però Dan vede letteralmente andare in fumo le sue speranze quando il suo nuovo Chevy sette litri si rompe improvvisamente. C’è chi giura di aver sentito un mormorio dalle parti del paddock Ford “…benvenuto nel mondo Chevrolet, Dan!...†(Ron Laymon) A questo punto Bruce con il muletto M6B disponibile, per la rinuncia di Jack Brabham, glielo offre e Dan pur dovendosi schierare in ultima fila per non aver potuto qualificarsi, potrà prendere il via. La gara dice veramente poco; il dominio di Denny Hulme e Bruce McLaren è addirittura imbarazzante, e l’unica incertezza è nei primi tre giri quando i due si scambiano la posizione di leader in un paio di occasioni, poi Bruce prende un minimo di margine e niente cambierà più. (Ron Laymon) L’unico vero motivo di interesse sono le scommesse raccolte tra gli “addetti ai lavori†su quanto tempo ci metterà Dan Gurney a risalire dall’ultima piazza al via fino al terzo posto. Non è riportato in nessun resoconto, ma pare che Jim Hall abbia raccolto la “posta†pronosticando, azzeccandoci, il trentunesimo giro. Finisce così con una tripletta del Team Mclaren, festeggiata con un giro d’onore che sembrava non finire più. Dalla foto si nota come Gurney abbia scelto una configurazione più scarica riaspetto ai suoi compagni, forse per sfruttare la parte veloce del banking nella sua rimonta. (Gerald "Jerry" Melton) Al quarto posto un anonimo Jo Siffert con la Porche 917PA; quinto al debutto De Adamich con la McLaren M12 di Jim Hall; sesto Chuck Parsons con la Lola T163 di Carl Haas; settimo, ancora una volta a punti Tony Dean con la Porche 908/2; ottavo Eaton in difficoltà con la sua M12; nono Dave Causey con una McLaren M6A “ex casa†e decimo David Hobbs con una McLaren M6B Ford. (Gerald "Jerry" Melton) Non è stato brillante come di consueto, Jo Siffert, certo non aiutato dalla scarsa cavalleria del suo motore, ma questo quarto posto, ottimo per i punti che porta, è arrivato più per fortuna che altro. (Gerald "Jerry" Melton) Dave Causey – McLaren M6A Con una delle vetture ex “casa†Dave si toglie qualche piccola soddisfazione, come finire 12° ad Elkhart Lake, prendere i due punti del nono posto qui in Michigan e arrivare settimo nella sua ultima uscita a Houston; 6 punti e 25° nella generale. (Gerald "Jerry" Melton) David Hobbs – McLaren M6B Fermato da un surriscaldamento a Elkhart Lake, debutto stagionale, qui in Michigan, nella sua seconda ed ultima corsa Can Am dell’anno, raggranella quel punticino che lo fa entrare nella classifica generale del Challenge seppur 32°. (Gerald "Jerry" Melton) Bob Dini – Lola T162 11° ad un passo dalla top-ten e dalla possibilità di entrare nella classifica generale. La stagione di Bob Dini è tutta qui, in questa possibilità sfumata che si aggiunge ai ritiri di Watkins Glen ed Elkhart Lake per la frizione, di Bridgehampton per il motore e le noie meccaniche che lo fermeranno a Laguna Seca. (Gerald "Jerry" Melton) Frank Kalich – McLaren M1C Chevy Kalich ha qui il suo canto del cigno, con l’unico arrivo, 16°, di una stagione che per il resto lo ha visto fermarsi a Mosport per una valvola, non classificarsi a Mont Tremblant e dare forfait al sabato a Mid Ohio per noie meccaniche. (Gerald "Jerry" Melton) Kurt Speet – McLaren M1C Nell’unica uscita stagionale il pilota non raccoglie nemmeno il classico pugno di mosche. Non riesce a fare un tempo nelle prove e, pur ammesso, non riesce a schierarsi per la gara “… quando i Marshall mi hanno comunicato che sarei stato ammesso al via avendo comunque fatto i cinque giri al venerdì mattina, ero al settimo cielo! Poi la domenica non c’è stato verso di avviare il mio Chevrolet ed a quel punto non c’era più tempo per niente …†Alla prossima con "Special Stars & Stripes" ... Franz
  10. Salve a tutti, sentiamo spesso parlare di "golden era" per definire un periodo "migliore" di altri ... errore in cui mi capita di cadere con una certa frequenza, poi mi scopro a ripensare, rimanendo agli sport-prototipi ed al pianeta Usa, a quanto ha portato alla nascita della Can Am, ovvero quegli anni '50 che hanno forgiato un modo di vedere le corse incredibilmente fantastico, ricci di campioni veri, "Special" dai nomi epici e dall'aspetto mostruoso ed allora penso che forse la Can Am non è il meglio ma ancora mi viene in mente l'Imsa degli anni d'oro e delle Gtp ed ecco che forse ... insomma quello che mi preme far capire del franz pensiero e' che forse il meglio non c'è, o almeno non c'è per come lo intendiamo noi ... E magari finita la Can Am ( a tale proposito il secondo periodo a dispetto di pensieri contrari non è propriamente una Cenerentola ma ha il suo perché) potremmo tornarci sopra ... Alla prossima Franz
  11. Salve a tutti, finiamo con i Project Ford del 1969 ... PADDOCK 1969 – Ford Open Sport Alan Mann Dopo il fallimentare tentativo del 1967 con la Honker II disegnata e costruita per Holman & Moody, che non volle mai saperne di funzionare, la Ford chiede nuovamente ad Alan Mann, da sempre braccio Ford per le competizioni in Inghilterra, di mettere mano ad una Gruppo 7 per la Can-Am. Len Bailey si mette al lavoro e rispolvera le linee che lo avevano ispirato per il progetto del 1967, solo in un ottica nuova, con meno voli pindarici e molta più praticità Mario Andretti - Honker II Ford - Holman & Moody (autodiva.fr) Ford P69 roadster – Jack Brabham – Alan Mann Racing (forum-auto) Confrontando le linee della Honker del 1967, commissionata da H&M per la Can-Am e quelle della Ford P69 roadster, derivata dalla P68 e che cercava di correggerne gli infiniti difetti senza per altro riuscirci, con quelle della Ford Open Sport richiesta da Ford ad Alan Mann per la Can-Am 1969, sono subito evidenti le linee guida che hanno ispirato tutti e tre i progetti. La matita di Len Bailey le ha disegnate tutte e tre ma, dove aveva clamorosamente fallito in termini di risultati, perché in quanto a bellezza non sono mai state in discussione, con la Open Sport è riuscito a portare in pista le sue idee riviste e migliorate, grazie ai due fallimenti precedenti ed a dare a Ford quella macchina che da tempo il colosso americano aspettava. Frank Gardner – Ford Open Sport – Alan Mann Racing (forum-auto) Il progetto è stato commissionato in ritardo sull’avvio della stagione, quando in Ford si sono resi conto che dalla G7A non si poteva ottenere niente di buono e che il progetto di Holman & Moody era in forte ritardo. La Can-Am ha già corso sei delle sue undici gare quando il prototipo viene messo in pista per i primi collaudi con un blocco 429 in ghisa di derivazione Nascar, preparato direttamente in Ford. Sin dal primo giorno di test, vengono effettuati diversi long-run senza grossi problemi. La vettura è sincera e reagisce alle regolazioni e Frank Gardner, chiamato ad occuparsene è decisamente ottimista sul potenziale del telaio. E per il resto anche il motore gira molto, con una coppia molto buona ed una cavalleria utilizzabile da 3000 giri, merito anche di un ritorno all’iniezione Lucas, modificata in casa, in luogo di quella Hillborn che tanti problemi aveva creato in precedenza. Il debutto a Riverside con Frank Gardner al volante è discreto, con una quinta fila, decimo tempo ed un ritiro in gara per la rottura di un alberino del cambio quando era in netto recupero. A questo punto la Ford vuole un pilota in grado di fare la differenza e la scelta cade su Jack Brabham, che in precedenza aveva guidato quel disastro di G7A in Michigan. Quindi per l’ultima gara della stagione a Houston, Brabham è al volante dell’Open Sport e la qualifica col nono tempo. In gara, dopo una partenza non fulminante, l’australiano comincia ad inanellare una serie di giri molto veloci che lo portano sui primi in lotta per la seconda piazza. Solo una perdita d’olio con conseguente calo della pressione lo consigliano a rallentare accontentandosi del terzo gradino del podio che, con tutti i precedenti, è da considerarsi un ottimo risultato. Continueremo a chiederci cosa avrebbe potuto essere, e non è stato, se Ford avesse seguito uno solo dei progetti messi in cantiere in questi anni invece di metterli in competizione tra loro, spendendo montagne di dollari per perdere sempre la sua partita contro Chevrolet. Pensiamo a Mario Andretti al volante di una Open Sport sviluppata lungo tutta una interstagione ed equipaggiata con l’ultima versione del blocco 494 finalmente affidabile e veloce; non sarà mai in quanto quella di Houston è stata l’ultima apparizione della Open Sport in pista, fino a quando un appassionato non ne ha recuperato il rottame in un granaio di uno sperduto paesino della provincia americana riportandolo all’antico splendore e facendolo tornare a rombare almeno nelle gare per vetture storiche. (conceptcarz.com) (conceptcarz.com) Alla prossima con l'International Can Am Trophy al Michigan International Speedway ... Franz
  12. Salve a tutti, ancora Ford ... PADDOCK 1969 – Mc Laren M6B Ford Holman & Moody Holman & Moody stanno lavorando sui blocchi in alluminio 429, che hanno il loro mercato in Nascar, quando Ford prepara dei blocchi 494, degli 8,1 litri, che vengono subito montati su un telaio M12 per effettuare dei test. La vettura non convince Mario Andretti, incaricato dello sviluppo ed allora si ripiega su una M6B rivista negli attacchi delle sospensioni e nella carrozzeria, decisamente più spigolosa e dotata di un alettone alto montato sui porta-mozzi posteriori. (Tom Piantanida) Il progetto è decisamente buono, sia per quanto concerne il motore che per quello che riguarda la parte telaistica. Il lavoro effettuato dal team sulle sospensioni garantisce un buon appoggio agli pneumatici che riescono così a trasferire all’asfalto l’abbondante cavalleria, c’è chi parla di aver visto 660 cavalli al banco, anche se più realisticamente potrebbero essere 630. E sicuramente anche l’imponente coda, decisamente più alta della media e altrettanto decisamente spigolosa pare funzionare egregiamente garantendo un “carico†adeguato in parallelo all’ala senza risultare penalizzante in resistenza. Il debutto è decisamente tardivo, alla sesta corsa ad Elkhart Lake ma molto promettente con un bel terzo tempo subito dietro le due McLaren “casaâ€. Purtroppo nel giro di lancio un cuscinetto cede impedendo a “piedone†di lanciarsi in gara. Gli impegni del driver italo-americano impediscono al team di schierare la vettura fino alle tre gare conclusive. A Laguna Seca Andretti è ottavo al termine delle qualifiche e dopo una bella partenza coglie un meritato quarto posto. A Riverside le prove lo vedono in terza fila con il sesto tempo ed in gara, pur se sfruttando la squalifica della Ferrari di Amon coglie un buon terzo posto. Per la trasferta di Houston c’è molta trepidazione, perché effettivamente il pacchetto vettura/motore/pilota sembra molto buono e pur non parlandone le aspettative mirano molto in alto. Le prove vedono Mario sempre con i primi ed al sabato, montato un motore fresco di officina, per la prima volta in stagione la prima fila non è monopolio McLaren Cars, in quanto Andretti stacca il secondo tempo relegando Bruce McLaren in seconda fila. La gara purtroppo non risponde alle aspettative della vigilia; Mario prende il comando, ma a partire dal quarto giro un progressivo indurimento del propulsore lo costringe a rallentare fino al definitivo ritiro. (TNF) Una curiosità , quasi un aneddoto, è la scritta sulle fiancate della McLaren del Team. Il motore usato nella stagione è il blocco 494 da 8,1 litri, ma sulla fiancata appare la scritta 429, per pubblicizzare il nuovo motore messo in produzione da Ford con destinazione Nascar. (forum-motorlegend) La scritta 429 sulla McLaren M6B di Andretti indica un sette litri, ma il blocco montato è già in realtà un 8,1 litri ! Alla prossima per finire con la Ford ... Franz
  13. Salve a tutti, parliamo di Ford ... PADDOCK 1969 – FORD G7A R&D – Agapiou Brothers Racing Ricordiamo tutti la Callioppe, nel 1967, derivata da un telaio Ford Mk IV, ed avveniristica in certe sue soluzioni rivelatesi poi errate ed impossibili da mettere a punto tanto da far rimandare prima ed abbandonare poi l’ipotesi di un suo debutto in corsa; chiudevamo la presentazione dicendo che se mai il progetto avesse avuto un seguito, il suo aspetto sarebbe stato probabilmente diverso.Ora a distanza di più di un anno Ford riesuma il progetto, lo semplifica e lo utilizza come banco di prova “viaggiante†per il suoi propulsori. (TNF) Per farlo vende il telaio su cui fù sviluppato il progetto (G7A-J9) e l’ultimo costruito (G7A-J10) ai fratelli Agapiou, ex meccanici di Carroll Shelby ai tempi del programma Ford Mk IV per Le Mans. La vettura è decisamente diversa nel suo aspetto, prima di tutto il suo caratteristico alettone composto da due semi-ali ha lasciato spazio ad una più classica ala alta; poi non c’è più traccia del “Calliope†anche lui sostituito da un meno avveniristico blocco in alluminio da sette litri destinato a diventare uno smisurato 8,5 litri; niente più trasmissione automatica, ma un bel Hewland a quattro velocità e per finire anche la carrozzeria ha perso quelle belle linee morbide per fare spazio a qualche impersonale spigolosità . Nell’arco della stagione, in alcuni test privati, i fratelli Agapiou proveranno anche una versione turbocompressa (non è mai stato chiarito su quale blocco) ma senza dare un seguito alla cosa. Per la stagione viene chiamato Peter Revson, orfano del Team Shelby, che la guida nelle prime due gare e poi si defila per l’inconsistenza del progetto: 01/06/1969 – Mosport #15 – Peter Revson Ford G7A – 22° in prova – DNS motore. 15/06/1969 – Ste Jovite #15 – Peter Revson Ford G7A – 24° in prova – DNS forfait. (Dave Friedman) Saltata la trasferta a Watkins Glen il Team contatta allora John Cannon, al momento impegnato con lo Young American Racing per la gara di Edmonton: 27/07/1969 – Edmonton #15 – John Cannon Ford G7A – 8° in prova – DNF iniezione. Per le due corse successive è la volta di Gorge Follmer, al momento libero da impegni: 07/08/1969 – Mid Ohio #15 – George Follmer Ford G7A – 10° in prova – DNS motore. 31/08/1969 – ElkhartLake #15 – George Follmer Ford G7A – 9° in prova – DNF Trasmissione Il valzer della guida continua e dopo la pausa di Bridgehampton, al Michigan International Speedway al capezzale si presenta Sir Jack Brabham: 28/09/1969 – Michigan #15 – Jack Brabham Ford G7A – 10° in prova – DNF perdita ruota (leggenda vuole che fino all’uscita precedente gli ancoraggi del porta-mozzo fossero sei e che per questa gara fosse stata approntata una versione a quattro) … (Pete Lyons) Altra pausa di riflessione e saltate le trasferte a Laguna Seca e Riverside, i fratelli si ripresentano a Houston con di nuovo John Cannon: 09/11/1969 – Houston / Texas #15 – John Cannon Ford G7A – NT – DNS forfeit motore Alla prossima ancora e sempre con i progetti Ford ... Franz
  14. Salve a tutti, riprendiamo da dove avevamo lasciato ... Bridgehampton – 14 settembre 1969 – Inver House Scotch Grand Prix Sono solo venti gli iscritti alla settima tappa del Challenge 1969, ma sicuramente ci sono tutti quelli che contano ed anche qualche presenza interessante. Pedro Rodriguez dopo l’esperienza di Watkins Glen con la Matra, qui a Bridgehampton si schiera con una Ferrari 312P Coupè per i colori della Nart di Luigi Chinetti. Leonard Janke lascia la Lola T160 e torna alla sua datata ma fidata McLaren M1C mentre Surtees ha fatto portare sul circuito sia la Chaparral 2H che la McLaren M12 rivista nelle sospensioni e negli attacchi dell’ala e dopo aver fatto dei test comparativi, per le qualifiche opta per la McLaren. Su questa scelta il pilota inglese e Jim Hall sembrano concordare, anche se per motivi diametralmente opposti. Surtees motiva così la decisione “…la differenza di comportamento dei due telai si sente soprattutto nella parte veloce dove la 2H continua a soffrire di una leggerezza dell’avantreno che provoca un sottosterzo che non siamo riusciti a correggere ... la M12 è decisamente più precisa nell’inserimento in curva e di conseguenza questo le da una miglior accelerazione in uscita dalle curve …†Un Jim Hall sconsolato chiarisce “…nella prima versione, (quella chiusa ndr) la macchina aveva un buon bilanciamento, le modifiche volute da John (Surtees ndr) non hanno certo dato una mano allo sviluppo … è come avere una coperta corta, quando riusciamo a correggere il sottosterzo la macchina perde il retrotreno e viceversa, chiaro che in questa situazione la M12 era la nostra unica possibilità di partecipare alla corsa.â€In tutto questo l’unica certezza è quella che ci viene data dalla prima fila, una volta di più tutta Kiwi con McLaren che si riprende una Pole che gli mancava ornai da Watkins Glen. Amon con la Ferrari 612P col nuovo motore, ancora afflitto da un consumo anomalo di olio, ma decisamente più a punto e Surtees con la Mclaren Chaparral si prendono la seconda fila mentre Peter Revson, Lola T163 Chevy ed Eaton, McLaren M12 Chevy occupano la terza; a seguire Siffert con la Porche 917PA, Parsons con la Lola T163 di Haas, Motschenbacher con la terza M12 e una faccia nuova, Bob Dini con una Lola T162 Chevrolet. Il via è regolare con la sola inversione tra Surtees ed Amon che comunque restano molto vicini alle due McLaren; dietro Jo Siffert con la Porsche 917PA si libera in fretta di Eaton anche se nella parte veloce la mancanza di cavalleria si fa certo sentire. (Ron Laymon) Surtees, decisamente in palla, si libera di Hulme subito imitato da Amon e Revson. Per il neozelandese della Ferrari è una sorta di canto del cigno in quanto subito dopo una scia di fumo azzurrognolo lo accompagna mentre si arresta a bordo pista con la pompa dell’olio out. Lothar Motschenbacher, sta risalendo dalla nona piazza al via con la sua McLaren M12. (Nate Pritzker) McLaren aumenta il suo vantaggio e Hulme rompe gli indugi cominciando a pressare Revson che ne risente, comincia a guidare sporco e si trova con una sospensione out per un contatto un po’ troppo rude con un cordolo. Con pista libera Hulme riduce in fretta il suo distacco da Mclaren che a sua volta sembra avere dei problemi in quanto i suoi tempi sono altalenanti. A ricongiungimento avvenuto non c’è lotta, Hulme lo passa ma a quel punto è Bruce che sembra ritrovare regolarità e il suo distacco non sale mai sopra al secondo. Altro finale al fotofinish con Denny Hulme che taglia il traguardo con la sua McLaren M8B appena un decimo davanti a quella di Bruce. (Ernie Buckels) A completare il podio un tenace Siffert che compensa con una prestazione da campione la scarsa cavalleria del suo 12 boxer raffreddato ad aria. A seguire Motschenbacher con la McLaren M12, Pedro Rodriguez con la Ferrari 312P della Nart … (Nate Pritzker) … Tony Dean con la sua piccola Porsche 908/2 è per la quarta volta a punti su quattro parte cipazioni e così sarà anche nelle altre quattro corse che disputerà nella stagione, a coronamento di un annata veramente fantastica con 31 punti marcati e l’ottavo posto nelle generale. (Nate Pritzker) Finiscono a punti anche Parsons Lola T163 Chevy, settimo, Dick Brown McLaren M6B Chevy, ot- tavo, Leonard Janke McLaren M1C Chevy, nono e Kris Harrison McLaren M1C Chevy, decimo. Dato l’esiguo distacco tra i due, appena un decimo e la strana corsa di Bruce Mclaren che era in testa ha rallentato e quando è stato passato ha ritrovato velocità , questo è il commento di Denny “Credo che ogni tanto Bruce mi faccia vincere per farmi contento! Non saprei spiegare diversamente il mio successo di oggi!†(Gerald "Jerry" Melton) Due gare e due arrivi fuori dalla Top-ten per William Wonder e la sua McLaren M1C Ford, dodi- cesimo qui a Bridgehampton, sarà diciassettesimo in Michigan. (Gerald "Jerry" Melton) Prima uscita stagionale in Can-Am per Ron Goldleaf e la sua à§Lola T70 Mk3 Chevy qui a Bridgehampton per un tredicesimo posto finale. Vedrà un altro traguardo, dodicesimo, a Riverside mentre in Michigan sarà un ritiro per noie meccaniche, a Laguna Seca un DNS ed a Houston un non classificato. (Dave Friedman) Due ferraristi in pista a Bridgehampton; detto di Pedro Rodriguez e della 312P, Chris Amon, qui out a causa della pompa dell’olio, prosegue la stagione con il Team da lui allestito e di cui Bill Gavin, qui a colloquio con i due piloti, è Direttore Sportivo. (Ron Laymon) E continua anche la stagione sempre più soddisfacente di Chuck Parsons che anche qui a Bridgehampton, pur con qualche problema mette in carniere altri quattro punti (che poi scarterà come peggior risultato della seconda parte di Challenge) e nel paddock rafforza l’immagine di Marlboro man “…dopo i due ritiri e la sfuriata di Carl (Haas ndr) la vettura è ulteriormente migliorata. Risponde alle regolazioni ed io mi limito a tenere giù il piede quanto più posso …†. Al di la del Challenge 1966, vinto con il modello T70, la Lola non aveva più vissuto una stagione così bella; almeno con le McLaren clienti al momento il duello è vinto! Alla prossima con i progetti dell'Ovale Blu ... Franz
  15. Salve a tutti, Robert e' veramente un grande ed è sicuramente possibile far andare in pelo più piano uno che va forte che non il contrario ... Quindi credo che quest'anno ci toglieremo qualche soddisfazione e chissà .... Alla prossima Franz
  16. Salve a tutti, Personaggio controverso si, ma con la P maiuscola ... Un vero aziendalista! Se lavoro per la Lancia non mi interessa chi vince, ma voglio che sia una Lancia. La famosa teoria dei dubbi preventivi ... "Se solo penso che possa succedere faccio in modo che non succeda anche se devo passare sopra a qualcuno" E del resto i risultati certo gli danno ragione, considerando anche che per qualche sua esagerazione un altro mondiale, anzi due, lo ha buttato nel cesso (tirando lui stesso la catena) con il famoso reclamo del Sanremo 86. Se solo non avesse usato tutte le sue conoscenze per fermare le 205T16 sarebbe stata doppietta molto probabilmente è di certo Alen sarebbe stato premiato con un vero Titolo di Campione del Mondo e invece per schiacciare un altro "grande" come lui, il Napoleoncino di Francia, ha fatto la cagata. Sia chiaro i vincenti come lui non sono mai particolarmente simpatici e certo molte delle cose scritte e raccontate su di lui sono vere ma leggendo nelle bellissime interviste di Delli Carri anche i piloti si sputtanano tra di loro e spesso dello stesso episodio escono versioni molto contrastanti rispetto a quanto raccontato magari a caldo al giornalista di turno e riportate su quotidiani locali e poi sui settimanali specializzati .... Dove starà la verità ? Forse davvero nel giusto mezzo? Alla prossima Franz
  17. Salve a tutti, chiudiamo la settimana con la ... PIT LANE 1969 – NORDIC CUP L’Europa ammicca al Challenge In Europa il fenomeno Can-Am arriva un poco attutito dallo scarso seguito che ha sui media, che per lo più usano cronache dei corrispondenti locali e hanno seguito con un giornalista solo la corsa di Watkins Glen in quanto si è corsa nello stesso week-end della Sei Ore del Mondiale Marche. La tipologia delle corse Americane non raccoglie il massimo dei consensi di qua dell’Atlantico, più abituati alla tecnica che non allo spettacolo, ma certo la crescita esponenziale di questi quattro anni un segno lo ha lasciato e tra i costruttori così come tra i piloti la semplice curiosità ha finito col lasciare lo spazio ad un più che profondo interesse. Quindi dal momento che l’America è comunque lontana, l’idea che prende corpo è quello di creare una Serie Europea sulla falsariga della Can-Am, ovvero “ricca†. Questa miniserie di quattro gare debutta male proprio sulla questione per cui era nata. Un problema finanziario sugli ingaggi garantiti ai piloti e poi ritrattati dall’organizzatore con scuse peraltro pretestuose fa si che i piloti decidano di non affrontare la trasferta in Finlandia vista l’incertezza. KEIMOLA – 24 agosto 1969 (Kuvat Y. Kalvitie) Per la corsa del debutto al circuito si presentano così solo tre piloti, il locale Antero Laine con una vecchia Porsche 906, Leo Kinnunen, altro pilota finlandese di belle speranze al volante di una Porsche 908/2 del Team AAW e Jochen Rindt, anche lui con una Porsche 908/2 dell’Escuderia National CS. Jochen Rindt domina ovviamente la corsa davanti a Kinnunen e Laine, anche se fonti giornalistiche come Autosport, parlano di una sfilata di vetture sportive più che di una vera corsa. 1° Jochen Rindt - Porsche 908/2 2° Leo Kinnunen - Porsche 908/2 3° Hans Laine - Porsche 906 MANTORP PARK – 31 agosto 1969 (Kuvat Y. Kalvitie) La Nordic Cup debutta quindi il 31 agosto con l’inaugurazuione del Circuito di Mantorp Park, finanziato dalla BP Svezia. Il parterre degli iscritti è questa volta di discreta qualità , con le Lola T70 di Bonnier, Redman, Herbert Muller, David Piper e Trevor Taylor che dara forfait al via. Juan Manuel fangio in Svezia per reclutare piloti di grido per la Temporada 70 giudica il nuovo circuito molto bello, difficile e sicuro. Al via il più lesto è Redman che prende la testa davanti a Kinnunen e Craft ; Brostrom non parte e tutti lo sfilano, riparato il guasto riparte attardato all’inseguimento. In testa Redma e Kinnunen sono in lotta serrata mentre Craft perde leggermente terreno. Al quinto giro Kinnunen dopo aver affiancato l’esperto inglese, gli resiste alla staccata e lo passa; Redman per resistergli fa un testacoda e perde il contatto e viene passato da Craft. Da dietro stanno risalendo Muller con una Lola in lotta con Bonnier. Brostrom è autore di una grandissima gara di rimonta ed a metà gara è gia nei primi dieci. Kinnune mantiene il vantaggio suCraft e Redman che deve ora vederse la con Muller, che lo sopravanza per qualche giro ma non riesce a resistergli e gli cede nuovamente la posizione. A pochi giri dalla fine Redman doveva dare forfait per un problema alla sospensione dietro e Brostrom con un forcing deciso cercava di migliorare la sua già fantastica quinta posizione, senza peraltro riuscirci. Vince così Kinnunen davanti ad un regolare Craft ed a Muller con la Lola di Filipinetti. 1° Leo Kinnunen - Porsche 908/02 2° ChrisCraft - Porsche908/02 3° Herbert Mà¼ller - Lola T70 Mk.3B 4° David Piper - Lola T70 Mk.3B 5° Richard Brostrà¶m - Porsche 908/02 6° Jo Bonnier - Lola T70 Mk.3B HAMEENLINNAN – 7 settembre 1969 La terza prova, in programma il primo week-end di settembre, non ha miglior sorte, in quanto i problemi legati agli ingaggi rimangono ed in più circolano voci che anche i proprietari del circuito non siano dell’idea di accollarsi un rischio “economicoâ€. Solo cinque vetture prendono parte alla corsa che vedrà la vittoria di Brostrom con una Porche 908/2 dopo il ritiro della Lola T70 di David Piper. ANDERSTORP – 14 settembre 1969 (Kuvat Y. Kalvitie) Lo Scandinavian Raceway di Anderstorp accoglie il secondo week-end di settembre l’ultima delle quattro prove previste. Leo Kinnunen raccoglie la sua seconda vittoria dopo Mantorp Park. Dopo una fuga iniziale di Redman, poi fermato da un testa coda, Kinnunen non ha più rivali e vince precedendo lo stesso Redman, Muller, Bonnier, Attwood e Oliver tutti su Lola T70 Mk3B. 1° Leo Kinnunen - Porsche 908/02 2° Brian Redman - Lola T70 Mk.3B 3° Herbert Mà¼ller - Lola T70 Mk.3B 4° Jo Bonnier - Lola T70 Mk.3B 5° Richard Attwood - Lola T70 Mk.3B 6° Jackie Oliver - Lola T70 Mk.3B Questo doppio successo, considerato anche che non vengono conteggiati i risultati di Karlskoga e Hameenlinnan, vede Leo Kinnunen svettare anche nella classifica finale della Nordic Cup. Poche settimane dopo Jhon Wyer, voluto da Porche a dirigere la campagna del Mondiale Marche con le nuove 917, lo chiamerà per far parte del Team. Classifica finale Nordic Cup 1° Leo Kinnunen - Porsche 908/02 : 60 points 2° Herbert Mà¼ller - Lola T70 Mk.3B : 42 3° Jo Bonnier - Lola T70 Mk.3B : 33 4° David Piper - Lola T70 et Porsche 908/02 : 30 5° Chris Craft - Porsche 908 : 25 5° Brian Redman - Lola T70 Mk.3B : 25 7° Barrie Smith - Lola T70 Mk.3B : 24 8° Teddy Pilette - Alfa Romeo 33 : 23 9° Richard Brostrà¶m - Porsche 908/02 : 16 9° Richard Attwood - Lola T70 Mk.3B : 16 Risulta abbastanza chiaro il fallimento dell’operazione ma il seme della futura Interserie, la Can Am Europea, è stato gettato ed il germoglio avrà tutto l’inverno per maturare. Alla prossima Franz
  18. Salve a tutti, ed ora ... PADDOCK 1969 – McKee Mk14 Oldsmobile tra Turbo e 4wd Bob McKee, certo uno dei costruttori americani più innovatori, per la stagione 1969 ha pensato ad un progetto Turbo a trazione integrale. I suoi rapporti con Oldsmobile, che fa parte del gruppo GM, come la Chevrolet, gli hanno permesso di poter avere il nuovo blocco 455, 7460 cc la cilindrata effettiva che ha modificato per avere un rinvio all’asse anteriore ed a cui ha applicato un turbocompressore. L’idea di McKee ha origine poi anche nei suoi rapporti con la Armco, una ditta specializzata nella produzione di acciai speciali e leghe leggere, che vuole sperimentare i nuovi prodotti nella costruzione di un telaio più rigido e più leggero di quelli presenti attualmente sul mercato, col chiaro intento di lanciare ai costruttori automobilistici il messaggio di quello che potrebbe essere il futuro per la produzione di auto stradali. Presso la Armco, deliberato il progetto si comincia la ricerca dei migliori materiali per ogni singola parte del telaio e dell’impiantistica, strizzando l’occhio anche alla ricerca aerospaziale. La Oldsmobile dal canto suo gira una delle nuove unita 455 completamente in alluminio a Gene Crowe che provvede a prepararlo per la sovralimentazione. Il cambio è un Hydramatic a due velocità . (Ralph Salyer Collection) Il telaio, abbandonata la tecnica space-frame dei telai multi-tubolari, è una monoscocca classica a vasca larga con centinature trasversali in acciai legati e presenta un grado di finitura decisamente elevato, con la centina alle spalle del pilota che è integrata dal roll-bar di sicurezza su cui è montato un alettone comandato idraulicamente e che principalmente ha una funzione di freno aerodinamico più che quella di una ala classica. (Ralph Salyer Collection) Nella foto precedente vediamo la monoscocca con il differenziale anteriore gia collocato; tutta la monoscocca è in acciai legati di diversa natura, studiati dalla Armco per le esigenze dinamiche del singolo pezzo. Con questo sistema e questi materiali, il costo finito della sola monoscocca è esorbitante, ma essendo la monoscocca stessa un “veicolo†pubblicitario, mi si passi il gioco di parole, il costo è interamente scaricabile e per la società è un sicuro investimento finanziario. (Ralph Salyer Collection) I collaudi iniziano in primavera ed è lo stesso Leonard, ingaggiato per portarla in corsa, ad occuparsene. I problemi vengono essenzialmente dalle tante novità presenti tutte in contemporanea sulla vettura, il sistema di sovralimentazione perde spesso pressione per problemi alle valvole ed ai raccordi, che per ovvi motivi non sono in acciaio Armco ed in più la trazione sulle quattro ruote toglie ancora troppi cavalli. (TNF) Per il debutto stagionale si opta in via provvisoria per la Mk10, derivata dalla Mk7B, sulla quale viene montato l’Oldsmobile 455 Turbo. A Mosport Joe Leonard ha tanti di quei problemi nei due giorni di prove che non riesce a finire un giro cronometrato e si decide di non partire in quanto non ci sono più pezzi di ricambio. (autocourse.ca) Per la corsa successiva, viene rivista tutta la parte dei condotti in pressione del turbo e con l’accortezza di non spingere la sovrappressione ai limiti precedenti, Joe Leonard riesce a centrare la Top-ten col nono tempo ed con un condotta di corsa accorta, approfittando anche di temperature non certo estive coglie un ottavo posto che porta i primi punti ad una vettura turbo nella Can-Am. (autocourse.ca) (autocourse.ca) Tutto questo non basta ed il programma viene temporaneamente sospeso per potersi dedicare in pieno allo sviluppo della Mk14. I problemi non mancano, ma affinando le tarature dei differenziali si perdono meno cavalli e lavorando sui circuiti di alimentazione se ne trovano altri per poter avere quella potenza che era prevista in fase di progettazione. Arriva così la fine di agosto ed a Elkhart Lake la McKee Mk14 Oldsmobile Turbo partecipa alle prove del venerdì; i risultati sperati però non arrivano; un 35° ed ultimo tempo in prova portano alla decisione di non partire, in attesa di altri test. (Ron Laymon) Purtroppo dai dirigenti della Oldsmobile, su pressione dei Grandi Capi della GM, di cui la casa fa parte, arriva lo stop alla prosecuzione del programma “turboâ€. Le prove di Elkhart Lake sono stata l’ultima occasione di vedere in pista l’avveniristica McKee Mk14 Oldsmobile Turbo & 4wd. Giusto come dato statistico, un altra McKee è scesa in pista nella stagione 1969; una vecchia Mk6 guidata da Chuck Frederick in cinque gare nell’arco del Challenge. Ad Edmonton ed ad Elkhart Lake per due ritiri con uno Chevrolet sette litri ed in altre tre corse, Laguna Seca, Riverside e Houston con un Oldsmobile 425 con rispettivamente una sospensione rotta, un undicesimo posto ed un non classificato per non aver raggiunto il minimo della distanza. (Ralph Salyer Collection) Alla prossima con qualche appunto sulla ... "Nodic Cup" ... Franz
  19. Salve a tutti, come promesso ... Elkhart Lake – 31 agosto 1969 – Road America Can Am Trophy Finalmente Holman & Moody, un braccio armato di Ford, debutta in corsa con una McLaren M6B decisamente rivista nella veste aerodinamica, con una linea squadrata, molto meno morbida del modello da cui deriva ed un cofano dietro più rialzato con due prese d’aria ai lati dell’abitacolo molto generose. Se dalle prove emerge come al solito una prima fila tutta McLaren “casaâ€, con Denny alla terza Pole consecutiva ad eguagliare le tre di Bruce di inizio stagione, Andretti è terzo e la sua prestazione velocistica è stata veramente impressionante, tanto che sono in molti a credere che quello che si legge sulle fiancate della M6B, “429†ovvero 7 litri, sia solo pubblicità e che sotto l’imponente cofano posteriore ci sia un più corposo “494â€, ovvero un 8,1 litri. Sarà il tormentone della stagione e anche se John Holman non lo ammetterà mai esplicitamente, certi silenzi saranno più chiarificatori di una conferenza stampa. Al suo fianco Peter Revson con la Lola T163 Chevy e in terza fila Parsons con un'altra Lola T163 ed Eaton con la sua McLaren M12. Abbastanza problematiche le prove di Amon, la cui Ferrari ha continuato ad accusare problemi al circuito di lubrificazione con perdite di lubrificante e cali di pressione che lo hanno costretto a continue soste per i rabbocchi ed al rischio di prendersi una bandiera nera; alla fine il settimo tempo appare quasi un piccolo miracolo cosi come l’ottavo di Siffert che si è accorto subito di quanto siano importanti i cavalli che il suo Porche 4,5 litri non ha. In quinta file completano la Top-ten Follmer con la Ford G7A, che almeno in prova sul giro singolo non è malaccio e Surtees con la Chaparral 2H. Purtroppo per lo spettacolo che avrebbe potuto essere e non è stato, Andretti ha un problema ad un cuscinetto nel giro di lancio ed invece di partire infila la corsia dei boxes per un mesto ritiro. (Elkhart Lake Collection) Così Hulme e McLaren si involano in testa indisturbati prendendo subito un piccolo margine. Dietro Revson e Parsons fanno un po’ da tappo ad Amon che si è subito liberato di Eaton. Al decimo giro finalmente Chris mette la sua Ferrari davanti ai due e comincia a rosicchiare qualcosa al duo di testa. Al venticinquesimo giro il ricongiungimento è cosa fatta ed i tre viaggiano molto vicini, disturbati solo dai frequenti doppiaggi. Intanto il duro tracciato di Elkhart Lake ha fatto le sue vittime; Follmer si ferma per la trasmissione, Surtees subito dopo fora e, cercando di rientrare ai boxes, rompe una sospensione posteriore; Siffert abbandona in una nuvola di fumo azzurrognolo del suo 12 cilindri esploso ed Eaton lo imita con la pressione dell’olio a zero prima che il suo motore faccia altrettanto. I tre di testa sono sempre incollati e nessuno dei tre sembra intenzionato a mollare, quando al quarantatreesimo giro, meno sette alla fine, Amon fa un fuori pista a causa di un vuoto d’alimentazione (pompa della benzina?). Gli ultimi sette giri si trasformano così in una passerella, anche se i due leader non mollano, continuando a spingere ed ad inanellare giri record finendo col giocarsela sul traguardo al fotofinish con Bruce McLaren che esulta solo al termine del giro di rientro quando la sua crew gli conferma la vittoria davanti al coriaceo Denny Hulme per la quinta doppietta del McLaren Cars in sei gare del Challenge. (Gary Guenther) Chi certo è contento è Chuck Parsons, il pilota di Carl Haas, rappresentante del marchio per gli Stati Uniti, che si prende, con un po’ di fortuna approfittando di una corsa ad eliminazione, il terzo gradino del podio con la sua Lola T163 Chevy, ma in una giornata come quella di oggi vedere il traguardo poteva già essere una garanzia di risultato. (Dave Friedman) Dietro di lui Peter Revson che comincia a trovarsi molto meglio con la Lola T163 Chevrolet del Team Jefferies & Robbins. Sicuramente la Lola non è a livello delle McLaren M8B dei due alfieri di McLaren Cars ma con l’arrivo dell’ala alta e l’irrobustimento di alcuni componenti delle sospensioni tanto richiesti da Carl Haas il telaio sembra aver trovato quell’equilibrio che permette una certa costanza nei tempi e di lottare alla pari con le migliori McLaren M12 che sono guidate da ottimi piloti ed assistite da Team di primo piano. (Larry Fullhorst) Seguono nella Top-ten quinto Tony Dean con la Porsche 908/2, sesto Lothar Motschenbacher McLaren M12 Chevrolet, settimo Dick Brown, McLaren M6B Chevrolet che scontato un inizio stagione problematico con ritiri a Mosport, Mont Tremblant e Watkins Glen, saltata Edmonton infila sei arrivi consecutivi, 9° a Mid Ohio, 7° qui a Elkhart Lake, 8° a Bridgehampton, 12° in Michigan, 10° a Laguna seca ed 8° a Riverside. Un problema ad un radiatore lo fermerà a Houston ma per lui ci saranno 13 punti ed un 14° nella generale. (Canadian Motorsport) ottavo Oscar Kovelesky con la McLaren M6B Chevrolet, nono Brooke Doran su Lola T160 Chevrolet e decimo Kris Harrison con una datata McLaren M1C Chevrolet. (Gerald "Jerry" Melton) Brooke Doran – Lola T160 Chevrolet Se a Watkins Glen era stato un cerchio a costringerlo al ritiro ed a Mid Ohio era stata la meccanica a tradirlo, ad Elkhart Lake agguanta un bel 9° posto e nella sua ultima uscita stagionale in Michigan, sarà ancora al traguardo pur se solo 14°. Per un privato ed un piccolo Team alla fine due punti che significano comparire nella generale seppur come 31°. (Gerald "Jerry" Melton) Clif Apel – McLaren M1C Quattro uscite per lui in questo 1969; 15° a Mid Ohio, una top-ten sfiorata con l’11° piazza qui a Elkhart Lake poi un incidente lo fermerà in Michigan e non si classificherà a Houston. (Sport Auto Magazine) Dopo una pausa durata tre corse si ripresenta Joe Leonard, questa volta con la McKee Mk14 Oldsmobile Turbo e 4wd, ma i problemi creati da tutte queste novità ne mortificano le prestazioni e dopo l’ultimo tempo in qualifica, 35°, il Team darà forfait rinunciando alla partenza. Al rientro in sede i vertici Oldsmobile, su pressione della dirigenza GM di cui il marchio fa parte, imporranno lo stop al programma. (Larry Fullhorst) Jerry Hansen – McLaren M6B Il pilota americano fa qui ad Elkhart Lake la sua unica uscita stagionale nel Challenge, ma è un puro atto di presenza; nessun tempo in prova e forfait per la gara. In queste prime quattro stagioni di avventura del Challenge abbiamo dato molto spazio ai primattori senza comunque tralasciare quei comprimari che hanno messo dollari ed impegno per poter correre senza magari ottenere quel riconoscimento che il loro sforzo avrebbe meritato. Rimanendo dunque ai comprimari parliamo ancora di Stan Burnett, un pilota costruttore che ha in diverse occasioni schierato le sue “special†sui circuiti della serie, in prima persona o affidandole ad altri. Dopo aver corso a Edmonton, tradito dal motore, Stan ha preso il via anche qui ad Elkhart Lake avviandosi dalla 19° piazza sullo schieramento. Purtroppo all’ottavo giro, sembra per una incomprensione con un altro pilota (la più probabile ma le versioni sono discordanti) ha terminato la sua corsa contro un terrapieno distruggendo la sua Mk4 Special ed uscendone miracolosamente illeso. (forum-auto.com) (forum-auto.com) Sembra che in questa occasione abbia sfruttato tutta la sua buona sorte; nel 1971, in occasione di una gara nazionale a Seattle, un altro incidente sempre al volante di una delle sue “Special†ce lo porterà via per sempre. Alla prossima con la McKee Mk14 tra turbo e 4wd ... Franz
  20. Salve a tutti, alcuni appunti di viaggio ... PITLANE 1969 - Can-Am Appunti Dal fortunato spot d’esordio “ ...six races 300.000 $ …†ad oggi di strada ne è stata fatta tanta. Se nel 1966 la SCCA era tra le Associazioni Automobilistiche Americane la più povera, ora la situazione è decisamente diversa. La USAC governa il mondo delle Formula tipo Indianapolis, e già un evento come la Indy 500 garantisce un’economia ricca; la NASCAR gestisce il mondo delle Stock Car, anche questa una serie di gare ricche di fascino di bei nomi e di soldi. Fino al 1965 la SCCA si occupava di gare per dilettanti, tante, fin troppe ma certo per niente ricche e delle gare per Sport Prototipi, tipo Sebring e Daytona, ovvero niente di più lontano dal pianeta corse Usa. La scommessa sulla Can-Am, fatta in accordo con la CASC, l’omologa canadese, puntava su un sistema di corse per vetture Sport con un regolamento semplice, nessun vincolo particolare se non, dicevamo, la struttura “biposto†, della durata di 200 miglia, poco più di 300 km per un massimo di due ore con soste ai box solo per guasti o forature; insomma una tipologia di gare in cui chi è in testa è primo, senza se e senza ma, con il pubblico in grado di seguire lo spettacolo e di capire cosa sta succedendo in pista. L’interesse suscitato da questo nuovo modo di correre ha fatto si che arrivassero anche i soldi. La pubblicità che è stata fatta riguardo i famosi “dualismiâ€, Stati Uniti contro Europa, Ford contro Chevrolet, Goodyear contro Firestone, di cui abbiamo già ampiamente parlato, ha creato una situazione di interesse in cui piccole, medie e grandi aziende hanno deciso che era conveniente investire pubblicitariamente, in questo aiutate anche dal sistema fiscale americano che permette di scaricare tutte le spese sostenute per l’attività , siano esse pubblicitarie o di rappresentanza. Nel 1968 il pubblico che ha assistito alle corse in America è stato di 240.000.000; ma gli spettatori sono stati così tanti solo perché lo spettacolo offerto è stato interessante. Non a caso tra le manifestazioni numericamente più povere ci sono proprio il Gran Premio degli Stati Uniti e quello del Canada. Allora si tratta solo di variare uno dei parametri ed il circolo diventa vizioso, ma se lo spettacolo è buono, il pubblico arriva, gli investitori spendono garantendo agli organizzatori la liquidità per offrire un ricco montepremi ed ingaggiare i nomi che attirano il pubblico e così all’infinito. La nota positiva è poi quella che l’interesse suscitato dalle nuove corse della Can-Am ha attirato investitori che poco o niente hanno a che fare con il mondo dell’auto; profumi per uomo o donna, abbigliamento, bevande alcoliche e bibite (una per tutte la Pepsi Cola), prodotti destinati al pubblico che incidentalmente sta assistendo ad una corsa automobilistica. (Pete Lyons) Spettacolo per un grande pubblico Senza tralasciare il discorso “mediaâ€; la TV americana e la carta stampata hanno iniziato col mandare cronisti agli eventi clou, per poi inviare sistematicamente qualcuno a coprire l’evento, fosse anche uno sconosciuto collaboratore locale, per poi cominciare a servirsi di “nomi†quali Stirling Moss che per la loro competenza riuscivano a spiegare al meglio quello che stava per o era appena accaduto in pista. (Road & Track) Per quello che riguarda il 1969 siamo andati dagli 80.000 spettatori di Riverside ai 68.000 di Lagu-na Seca ai 55.000 di Elkhart Lake e Watkins Glen, dove per inciso hanno assistito al Gran Premio in 22.000. In Canada la situazione è meno rosea ma stiamo sempre parlando di cifre vicino ai 30.000 spettatori (al Gran premio non sono arrivati a 20.000). Un paragone d’obbligo è con la 12 ore di Sebring, 25.000 spettatori e la 24 ore di Daytona, 60.000! Un contributo a quello che vediamo in pista e nel paddock è certamente quell’aria scanzonata che hanno i protagonisti stessi della Can-Am, quel modo di correre a volte anche un po’ rude, lascia spazio nel paddock ad una sorta di ingenua innocenza che permette di prestare un motore ad un avversario solo perché questi ha rotto i suoi e diversamente non potrebbe correre. I dualismi le hanno dato fascino, lo spirito della vecchia frontiera, un po’ “rude cowboy “ le sta dando solidità . Tyler Alkexander di McLaren Cars e Sweet di Chaparral aiutano la crew di Parsons a montare uno Chevy 7,2 litri di Jim Hall sulla Lola T163 Haas, dato che il pilota ha rotto i suoi ! Alla prossima con il Rpad America Trophy Challenge a Elkhart Lake ... Franz
  21. Salve a tutti, stuzzichino domenicale ... PITLANE 1969 – Jim Hall ed il sogno Chaparral 2H ("fotomontaggio" chaparralfiles.com) Le idee non mancano a Jim Hall, non sono mai mancate. Non gli manca neanche la lungimiranza di pensarle prima degli altri e la caparbietà per far si che funzionino. L’idea 2H arriva da lontano, da quando, ancora lui, era “quello dell’ala altaâ€! E siccome le idee in Chaparral lo rimangono giusto il tempo di essere messe sulla carta per poterle far diventare realtà , nel gennaio 1968, in previsione del Challenge si comincia a costruirla. Il cambiamento di filosofia è radicale, pensando alla 2E poi divenuta 2G, non tanto per la costruzione del telaio interamente in resine epossidiche che vengono cotte in forno, perché questa è la logica evoluzione del sistema di costruzione in Chaparral, ma per le linee che ne caratterizzano la carrozzeria. Niente più barchette , ali alte, carreggiate larghe, grande impronta a terra; spazio a una coupè filante, caratterizzata da un percorso dell’aria che ne lambisce tutta la parte superiore senza incontrare ostacoli fino alla coda caratterizzata da uno spoiler che conserva tutte le funzioni dell’ala alta, ma solo quelle. Alcune misure chiariscono meglio il concetto, un passo più corto di quello della 2G, una larghezza di soli 171 cm ed una altezza, nel suo punto più alto che sfiora appena i 75 centimetri. I collaudi nella stagione precampionato sono costellati da ogni sorta di problema, sempre e comunque riconducibile alla sospensione posteriore. Jim Hall macina km sulla pista di Rattlesnake a Midland, giusto dietro la sua factory, ma sembra non riuscire a venire a capo di quelle perdite improvvise di aderenza al posteriore. Quando la stagione è alle porte, seppur sofferta la decisione è di mettere mano alla 2G, allargare la carreggiata posteriore, per ospitare nuovi pneumatici maggiorati e migliorare l’aerodinamica, mentre si continua a lavorare sulla 2H. Sappiamo tutti come è andata e quanto la 2G fosse nel complesso ancora competitiva nonostante gli anni, poi l’incidente di fine stagione con Motscenbacher mette fine alla carriera di pilota del texano che tra ospedale e recupero successivo si trova a perdere nuovamente i mesi migliori per lo sviluppo. (chaparalfiles.com) La 2H comunque è andata avanti. Al posteriore, sempre al fine di contenere le misure, quindi di ridurre la larghezza, c’è un ponte De-Dion. Non è altro che un approfondimento, su basi che sembrano più solide, del concetto Caldwell Autodynamics, ovvero avere i battistrada degli pneumatici sempre in contatto con l’asfalto (aderenza e trazione dinamica) con la riduzione delle misure ed il disegno della carrozzeria a garantire una ridotta resistenza ed un aumento del carico aerodinamico. La carrozzeria è avvolgente, completamente chiusa, tanto che per rispettare il regolamento, anche se al minimo possibile, sono state inserite delle vetrature nella carrozzeria per poter permettere una visione laterale completa. Durante i test in cui i commissari concedono l’omologazione in gruppo 7, Franz Weiss, uno dei meccanici di Jim Hall, forse il più piccolo, scivola nell’abitacolo al fianco di John Surtees dimostrando l’effettiva configurazione “biposto†della nuova nata. ( chaparralfiles.com) Franz Weiss In realtà , dalle foto scattate quel giorno, sembra più un messicano che cerca di entrare illegalmente negli Stati Uniti piuttosto che un passeggero su una biposto corsa, ma i commissari prendono per buona la soluzione 2H che comincia così la sua, travagliata, storia. Proseguendo nei test sul circuito di Rattlesnake, Surtees, chiamato a seguire lo sviluppo della vettura in vista dell’imminente inizio della stagione, segna tempi migliori di quelli della 2G, ma non soddisfatto della posizione di guida e dell’abitacolo troppo angusto, chiede di rialzare la posizione di guida creando di fatto una barchetta dal coupè. Il concetto coupè viene così snaturato, parole di Jim Hall “Il lavoro da fare era tanto, ma i tempi, almeno nei primi test mi davano ragione e per questo spingevo nella direzione della diminuzione della resistenze all’avanzamento, che il carico aerodinamico era garantito dalla linea del coupè e dall’ala posteriore che era già prevista nel progetto originale. Ma John (Surtees ndr) è stato irremovibile. Così mi sono trovato con una barchetta con la distribuzione dei pesi spostata verso l’alto di quindici centimetri buoni e soprattutto con il profilo aerodinamico completamente stravolto!†La vettura presenta così tanti e tali problemi che in fretta e furia Jim Hall compra una McLaren M12 la dota di uno degli Chevy 7,2 litri preparati da Gary Knudsen, rientrato in factory dopo la parentesi in McLaren e la schiera nelle tre prove iniziali, Mosport, Mont Tremblant, Watkins Glen e poi ancora a Bridgehampton dove in prova John Surtees la preferisce alla 2H ed infine in Michigan dove sarà De Adamich ad usarla per la malattia del pilota inglese. La 2H così rivoluzionata non è competitiva e gli unici due risultati a punti resteranno il quarto al debutto ad Edmonton ed il quinto a Mid Ohio, frutto più dei problemi altrui che delle qualità del binomio pilota vettura. Di interessante resta l’ala posteriore, prevista dal progetto iniziale che prevedeva due parti regolabili separatamente. L’ala, vera e propria che lavorava in parallelo al De-Dion, ovvero i due pistoni idraulici venivano compressi o depressi a seconda degli scuotimenti della sospensione posteriore mentre la parte più piccola, delle dimensioni di un nolder lavorava indipendentemente dal profilo principale in parallelo al cambio, garantendo il massimo carico nelle accelerazioni dalle marce basse. (TNF) A Laguna Seca, più per disperazione che per vera convinzione tecnica, compare un’ala gigantesca ed altissima, sorretta da due enormi piloni montati posticciamente sulle fiancate. (Tony Ferrari) La trasferta di Monterey segna certamente il punto più basso della stagione per Jim Hall e la sua avveniristica creatura; vederla arrancare in preda ad un rollio con angoli incredibilmente ampi, affrontare il mitico “cavatappi†con scuotimenti dell’ala che ne annullavano probabilmente qualsiasi effetto aerodinamico ha fatto storcere il naso a tanta gente. Alla prossima per alcune considerazioni sulla stagione in corso ... Franz
  22. Salve a tutti, vai con Lexington, Mid Ohio ... Mid Ohio – 17 agosto 1969 – Buckeye Cup Race Per la quinta gara del 1969, in Ohio, ci sono parecchie novità . Siffert è riuscito a convincere i vertici Porsche a dare corpo al programma Can-Am; un telaio 917 viene modificato (vedi PITLANE precedente) ed iscritto a partire da questa gara. Peter Revson è un altro cavallo di razza di ritorno, dopo la deludente parentesi iniziale con la Ford G7A, si è accordato con il Team Jefferies & Robbins ed è al volante di una nuova fiammante Lola T163 Chevrolet. La Ford G7A, per restare in argomento, sarà guidata qui ed ad Elkhart Lake da George Follmer. In ultimo, ma non certo per importanza, finalmente vediamo schierata la Lola T163 di Penske per Mark Donohue, presissimo nel tentativo, poi riuscito, di vincere il Campionato Trans-Am per la scuderia del suo titolare. Le prove per i ventiquattro piloti presenti, iniziano col botto del nuovo motore di Chris Amon; il 6,2 litri è stato portato a 8400 giri, con una miglior erogazione ed un corposo guadagno in termini di cavalleria (Forghieri parla di 680); il cambio fa perdere la giornata di venerdì ed il sabato la pista più lenta relega il neozelandese al tredicesimo posto. Meglio va a Mark Donohue; la Lola T163 curata da Roger Penske sembra molto a suo agio sui dolci saliscendi del circuito vicino a Lexington ed il pilota risulta il migliore degli “altriâ€, dietro, ovviamente le due M8B con Hulme nuovamente più veloce di Bruce Mclaren. Che le Lola si trovino bene qui sembra confermato dalla quarta piazza sullo schieramento di Parsons con la T163 del team Haas. Terza fila per Surtees con la Chaparral 2H ed Eaton con la McLaren M12, mentre in quarta troviamo la debuttante Porsche 917PA di Siffert e l’altra Lola T163 di Revson. A chiudere la Top-ten Motschenbacher con la sua M12 e Follmer con la Ford G7A. Il via vede Hulme prendere il largo con una serie di giri veloci che neanche McLaren riesce ad eguagliare. Mark Donohue si accoda alla seconda McLaren e sembra riuscire a restare con Bruce guidando il gruppo degli altri, Surtees, Eaton, Siffert, Amon e Revson. Purtroppo, il primo motivo di interesse della corsa, capire se una Lola T163 ben preparata possa essere realmente competitiva con le McLaren M8B, viene a mancare intorno al decimo giro per la rottura di un braccetto. (Roger Penske Collection) Parsons è più staccato e subito dietro, Surtees ed Eaton sono in bagarre. Dietro la rincorsa di Amon alle prime posizioni, trova un ostacolo proprio nei due che continuano imperterriti il loro duello. Nel frattempo si ritirano anche Motschenbacher per la rottura di un cuscinetto ruota che provoca vibrazioni al volante e Parsons, pure lui out per una sospensione. A tale proposito un arrabbiatissimo Carl Haas “ … bisognerà che Eric (Broadley ndr) riveda geometrie e materiali perché a questo punto siamo stufi di veder vanificato tutto il lavoro per un niente …†Ormai a due terzi di gara, Hulme rallenta improvvisamente e McLaren lo raggiunge e lo passa senza apparente difficoltà ; Siffert raggiunge Amon, ancora dietro a Surtees ed Eaton. L’arrivo dello svizzero ha il potere di far accelerare il neozelandese, che riesce a portare la sua Ferrari 612P al terzo posto ed a mettersi all’inseguimento dei primi due. (Larry Fullhorst) La defaillance di Hulme si risolve presto e Denny non deve neanche tentare il sorpasso a Bruce in quanto il suo caposquadra si deve fermare per un rabbocco volante e perde il primato. Finisce così con Denny Hulme e Bruce McLaren che siglano l’ennesima doppietta, con l’efficientissima McLaren M8B, ed Amon che coglie il terzo podio consecutivo in tre gare. (Ron Laymon) Quarto Jo Siffert con una promettente Porsche 917PA, quinto John Surtees con la Chaparral 2H, ancora all’arrivo ma certo ancora lontana da prestazioni accettabili, sesto George Eaton che nel finale ha dovuto fare i conti con problemi di alimentazione dello Chevrolet montato sulla McLaren M12 e settimo Revson con la Lola T163 Chevrolet. A punti anche Tony Dean che riprende qui la sua campagna con la piccola Porsche 908/2 iscritta dalla casa esattamente come la 917PA, Dick Brown con una McLaren M6B Chevy e Gary Wilson con la quarta Lola T163 al via. (Larry Fullhorst) Hulme riesce ad interrompere l’alternanza di vittorie segnando un break che lo lancia in vetta al anche se deve scartare un secondo posto, mentre Bruce scarta una casella a zero per il ritiro patito ad Edmonton. Pete Lyons) Le insistenze di Jim Hall hanno costretto John Surtees a far debuttare la Chaparral 2H nella trasferta di Edmonton; quarto in Canada e quinto qui sul circuito di Lexington-Mid Ohio potrebbe sembrare un buon inizio ma in realtà i problemi sono infiniti ed appare fin troppo chiaro. Chi invece fa passi avanti è George Eaton, sulla cui McLaren M12 appare una ala alta fornita direttamente da McLaren Cars dopo l’apparizione di quella sulla M12 curata da Jim Hall per John Surtees. Non era previsto ma “…non avevamo nessuna intenzione di modoficare durante la stagione le M12 clienti – racconta Bruce – ma analizzati i tempi di Surtees e verificata direttamente la stabilità in uscita di curva non si poteva proprio farne a meno! Diavolo quando Jim si diletta con le ali non si può proprio stare a guardare e basta!...†(Larry Fullhorst) Duane Williamson – McLaren M1C Tre corse per Williamson; un ritiro a Edmonton, 11° qui, suo miglior risultato ed ancora out per un incidente a Elkhart Lake. (Larry Fullhorst) Al momento per il Team McLaren è una stagione da incorniciare, in prova non si è visto altro che prime file dominate dall’arancione, con tre pole per Bruce McLaren e due, le ultime in ordine di tempo per Denny Hulme, con a parti invertite il secondo tempo ed in gara quattro doppiette in cinque gare con tre vittorie per Denny e due per Bruce, l’unico ad avere, al momento, mancato un traguardo. Eppure guardando la foto sotto, un perplesso Teddy Mayer ed un corrucciato Tyler Alexander lascerebbero presagire problemi e mancanza di risultati … (Auto Italiana) Tempo di cambiamenti anche per Peter Revson, dopo la due trasferte iniziali con la Ford G7A, finite con due mancate partenze, sostituisce Ronnie Bucknum sulla Lola T163 del Team Robbins & Jefferies e acchiappa un settimo posto senza infamia e senza lode anche se in qualche momento il suo ritmo di gara non è stato poi così male. (Ron Laymon) Dick Brown – McLaren M6B Primi punti stagionali per Brown, dopo il non classificato a Mosport ed i ritiri a Mont Tremblant, pompa dell’olio e Watkins Glen, radiatore. Nono qui, sarà un filotto di arrivi, 7° a Elkhart Lake, 8° a Bridgehampton, 12° in Michigan poi ancora 10° a Laguna Seca e 8° a Riverside, per finire con un altro ritiro, surriscaldamento, a Riverside; 13 punti e 14° nella generale. (Pete Lyons) Alla prossima con Chaparral 2H ... Franz
  23. Salve a tutti, ed ora, come promesso ... PADDOCK 1969 – Ferrari vs Porsche La Porsche sta dominando il Mondiale Marche con le sue 908/2, sia con carrozzeria flunder, con la linea di cintura alta e meno sinuosa, che con la classica tipo Sebring, più ondulata, ma non basta, per non lasciare nulla al caso una nuova arma già molto affilata, la 917 che tra i tanti grattacapi che sta dando per i suoi mali di gioventù fa intravedere un potenziale smisurato. La Ferrari che nel 1968 ha lasciato il suo posto nelle competizioni Sport Prototipo, quest’anno è tornata con un 3000 in prefigurazione dei futuri regolamenti. La lotta tra queste due grandi forze si preannuncia al calor bianco. I regolamenti che prevedono per l’omologazione delle nuove 5000 la produzione di 25 esemplari, non hanno spaventato la “piccola†casa italiana e la Porche che invocava questa soluzione non si è certo tirata indietro. Sono ancora anni di ottimizzazione, in cui tutto viene usati e strausato ed a volte riciclato per far tornare i conti e la Can-Am resta in tutti i casi una Serie che può portare non solo “gloria†e pubblicità ma anche dollari. Così se è stato chiaro sin da subito che 25 esemplari non avrebbero mai potuto essere utilizzati “tutti†dalla casa costruttrice, bisognava trovare una soluzione e la Porche ha cominciato con l’usare due dei suoi telai 917 per preparare una vettura per la serie. In casa Ferrari il progetto veniva da più lontano e la sinergia c’è stata si ma con il prototipo 3000, la 312P, mentre le 512 si cercherà di venderle alla clientela sportiva. Non è quindi un caso che le vetture delle due marche incrocino i guantoni anche sul palcoscenico americano, entrambe hanno “sportive†da vendere a chi ci vuole correre o anche solo vuole sfoggiarle nei salotti bene. Ferrari 612P (712P) Dopo l’attesa per il debutto nella stagione precedente e soprattutto la delusione per come questo debutto ha avuto termine, la Ferrari lavora di buona lena nell’interstagione per modificare e migliorare (alleggerire?) il telaio e dare più consistenza al motore. L’ingegner Forghieri, con l’aiuto dell’ingegner Marelli, esaurito il lavoro sulla 312P e deliberata la 312 per la Formula 1 si dedica alla rivisitazione del telaio Can-Am. (Auto Italiana) (Auto Italiana) Per i test in pista si vede una 612P decisamente più snella, un muso più corto e decisamente più picchiato per trovare quel carico che mancava ed una linea meno sinuosa ma pulita ed un cofano posteriore molto meno imponente e con una apertura che permette l’accesso anche alle teste del V12 e che si interrompe subito dietro le imponenti ruote posteriori (cerchi da 15’ e larghezza 16’). (Auto Italiana) Al motore Forghieri dedica altrettanta cura; ora gira ad un regime prossimo agli 8000 e garantisce 640 cavalli con una coppia che garantisce un “tiro†già a intorno ai 4000. Ma non è che l’inizio, l’ingegnere ha già previsto una prima evoluzione per fine agosto, quando il Mondiale Marche avrà esaurito la sua stagione e la Formula 1 sarà in dirittura d’arrivo, che interesserà i manovellismi interni portando i regime a 8400 giri ed i cavalli intorno ai 680. La segreta speranza è che possa bastare, in caso contrario nel cassetto c’è un basamento nuovo che porterebbe la vettura a diventare una 712P: cilindrata 6,9 litri, 8500 giri con una coppia appena sopra i 3000 e 700 cavalli. Dal debutto di Watkins Glen, un terzo posto abbastanza lontano dalle due McLaren casa ma ampiamente davanti alle M12 clienti ed a tutta la concorrenza … (forum-auto) … alle uscite di fine stagione, altro lavoro è stato fatto e solo l’immancabile “sfortuna†di Chris Amon ed infiniti problemi hanno impedito alla vettura di raccogliere i risultati che erano alla sua portata; pompa della benzina, pompa dell’olio, differenziale, un motore e persino una bandiera nera per una spinta in fase di avvio. (Ernie Buckels) L’impressione degli addetti ai lavori è riassunta nelle poche parole con cui Bruce McLaren ha commentato l’ennesimo ritiro della vettura a Laguna Seca “Fino a quando non accetteranno il fatto che la Can-Am non è una serie di corse per dilettanti e dedicheranno al programma i ritagli di tempo, non otterranno che le briciole!†Lapidario, ma sicuramente anche McLaren si è reso conto che a seguire Formula 1 e Can-Am non può essere la stessa struttura e che se le due attività devono essere indipendenti il personale deve essere all’altezza, meccanici, diretto re tecnico, direttore sportivo e compagnia bella. Porsche 917 PA Parlando degli Europei a Watkins Glen abbiamo detto dei Team che per monetizzare la trasferta per la Sei Ore si sono iscritti alla gara Can-Am, tra di loro la Porche si è resa conto che le sue 908/2 non potevano certo contrastare le potenti sette litri dei Team più importanti, ma erano comunque decisamente competitive rispetto agli indipendenti che popolano numerosi gli schieramenti. Ai dirigenti della casa tedesca, che sono votati ad una immagine sportiva del marchio, l’aspetto tecnico e sportivo, nonché la questione finanziaria non è certo sfuggita ed incalzati da Siffert, che chiede una macchina, decidono di utilizzare due telai 917. I tecnici di Zuffenhausen modificano dunque due telai 917 in versione barchetta, denominandola PA. Lo chassis 917-028 è quello deputato a debuttare nel Challenge schierato come Porsche-Audi e seguito sulle piste dagli uomini dell’importatore negli Stati Uniti. Il secondo telaio, 917-027, rimane in Germania per essere sviluppato anche in previsione di poterlo vendere ai clienti sportivi della casa. Annotazione a margine: un dei progetti, che poi non vedrà mai la pista, è il sedici cilindri. Il telaio, a parte la mancanza del tetto, è identico a quello della 917 del Mondiale, le differenze sono a livello di carrozzeria con un muso senza fari ed una coda che si tronca subito dietro l’asse posteriore risultando così più corta della berlinetta. Il motore è il 4,5 litri classico, raffreddato ad aria, ma essendo le gare decisamente più corte la potenza è stata portata a 580 cavalli con una discreta coppia che ne garantisce una buona quantità già a 4000/4500 giri. In tutto questo lavoro c’è stato anche un guadagno in peso di circa 25 kg. Il tutto si traduce in un rapporto peso potenza molto interessante ma comunque lontano dalla resa dei settecento cavalli delle rivali anglo-americane. La vettura viene presentata alla stampa in forma ufficiale, la Porsche non si nasconde, viene immediatamente spedita negli States per la messa a punto. Il debutto a Mid Ohio è decisamente promettente; Siffert si piazza in quarta fila con il settimo ed arriva quarto in una corsa caratterizzata da pochissimi ritiri. (Nate Pritzker) Di corsa in corsa l’aspetto della vettura cambia, alla ricerca di un migliore appoggio dell’avantreno che, lamenta Siffert “spesso il comportamento della vettura cambia di giro in giro nella stessa curva, il sottosterzo sembra cronico, ma la tendenza in uscita di curva a diventare sovrasterzo denota che il problema che per primo va risolto è quello di trovare stabilità all’anteriore.†(Gerald "Jerry" Melton) C’è un fiorire di alette e spoiler e nolder, che deturpano non poco le belle e filanti linee della carrozzeria. Il Team lavora molto, i risultati sono di ottimo livello, e si issa subito a livello dei migliori, pur senza impensierire mai davvero le McLaren ufficiali, ma del resto chi è riuscito a mettere veramente paura a Denny e Bruce? Forse il solo Amon ad Elkhart Lake ha avuto una vera e reale possibilità di vincere, ma una pompa della benzina galeotta ci ha lasciato il dubbio. A fine stagione arriva anche un muso nuovo con un profilo completamente rivisto, un poco più lungo e profilato e con grosse aperture sui passaruota anteriori in luogo di semplici grigliature che sembra aver trovato la soluzione al sottosterzo cronico della 917PA. (Tom Piantanida) Per essere stato un semplice anno di studio, il risultato finale di Siffert, quarto nell’assoluta, è di assoluto rilievo. La possibilità di arrivare a lottare per la vittoria non è più un illusione, ma le priorità per la stagione a venire, vincere Le Mans, la sconfitta di quest’anno brucia tantissimo, e bissare il Mondiale Marche con la 917 allontanano un impegno più deciso nel Challenge. I due costruttori poi, per non farsi mancare niente, hanno supportato più o meno direttamente anche le piccole di casa, una 312P per Maranello ed una 908/2 per Stoccarda. Presenze con impegno diverso ma come sempre questa rivalità non può non segnare anche questa sfida. A corollario bisogna ricordare che a Bridgehampton, altra corsa che ha un suo seguito di fedelissimi, è presente Pedro Rodriguez con una 312P iscritta dalla N.A.R.T. di Luigi Chinetti. La piccola tremila si comporta in modo egregio sui saliscendi del circuito e se in qualifica manca la Top-ten, qualificandosi con l’undicesimo tempo, in gara fa sua la quinta piazza. (Ron Laymon) Rimane da annotare la stagione fantastica dell’inglese Tony Dean con una piccola 908/2 schierata come la 917 PA dal team Porsche-Audi. Dopo il debutto di Watkins Glen, il pilota ritorna a Mid Ohio e finisce la stagione con un bilancio di otto partenze ed otto arrivi nella Top-ten per un totale di 31 punti e l’ottavo posto nella generale. Miglior risultato una quinta piazza ad Elkhart Lake. (Pete Lyons) Alla Prossima con Mid Ohio Buckeye Cup - Lexington Race Franz
  24. Salve a tutti, pronto alla partenza ho ancora qualche minuto e allora ... Edmonton – 27 luglio 1969 – Klondike 200 Terza trasferta in Canada su quattro gare, la fase canadese è al termine e per le prove si presentano solo in diciassette. Il vero evento è il debutto della Chaparral 2H nelle mani di John Surtees. Dopo aver fatto stravolgere il progetto a Jim Hall (il cocciuto John non voleva correre in una macchina chiusa e soprattutto trovava scomoda la posizione di guida sdraiata) la vettura appare comunque molto originale e soprattutto in controtendenza con quella filosofia che aveva contraddistinto le vetture che l’avevano preceduta. (PeteLyons) Le prove seguono il copione previsto, prima fila McLaren, con la variante che è Denny Hulme a far sua la Pole, per la prima volta in questa stagione, anche se solo per aver fatto il tempo qualche minuto prima di Bruce McLaren che infatti è in prima fila con lo stesso identico tempo, 1’22â€900. Il neozelandese Amon con la Ferrari 612P divide la seconda fila con George Eaton sulla McLaren M12 Chevrolet, mentre la terza vede schierati Surtees con la debuttante Chaparral 2H e Motschenbacher con la sua M12 Chevy. Quarta fila per Parsons con la Lola T163 di Carl Haas e John Cannon con la Ford G7A (secondo pilota, dopo Revson; a portarla in gara) ed a chiudere i primi dieci Ron Grable con una Lola T70 Mk3 e Chuck Frederick al debutto con la sua McKee Mk6 dotata di uno Chevy sette litri al posto dell’Oldsmobile canonico. Al via Chris Amon è protagonista di uno scatto prodigioso con la sua Ferrari 612P, facendosi largo tra McLaren e Hulme, anche in maniera un poco rude secondo Denny “… sono scattato bene e controllavo Bruce che era all’esterno, non volevo sorprese, quando ho sentito un paio di colpi e mi sono trovato dietro la Ferrari, ero convinto che non ci fosse spazio sufficiente …†Il parere di McLaren è più o meno in sintonia “…Denny è partito molto bene ma anche Chris è stato molto rapido al via. Cercavo di tenermi la seconda posizione e di proteggere Denny ma lui forse preoccupato della Ferrari non ha chiuso troppo sulla corda e gli ha lasciato uno spazio … forse non sufficiente, ma Chris è uno che ci prova sempre…†Morale della favola Chris Amon vola in testa con la sua Ferrari 612P e le due M8B sono alle sue spalle con Denny davanti a Bruce. Dietro il duello più interessante è tra Surtees ed Eaton. La corsa va avanti con le due McLaren “casa†che fanno un po’ di elastico con la Ferrari e tra di loro, mentre al diciassettesimo giro Eaton vede coronati i suoi sforzi ed all’ennesimo sorpasso a John Surtees riesce a far seguire una fuga che gli garantisce un margine per poter gestire la sua corsa con più tranquillità . Al trentottesimo giro il pilota di Jim Hall è costretto ai boxes per problemi di guidabilità , pensando ad una foratura sulla sua Chaparral 2H; ripartirà ma attardato di un giro. (Ron Laymon) Chi ha problemi più seri è Parsons che lottando come un leone è rimasto aggrappato alla quinta posizione fin che ha potuto, ma un principio di incendio lo costringe ad accostare vicino ad una postazione di commissari che lo spengono prontamente salvando la vettura ma non la sua gara; è il ritiro. Era destino, nelle prove Chuck ha fatto fuori il suo Chevrolet al venerdì, montato quello di riserva è durato lo spazio di un turno di prove libere per poi rendere l’anima. Pronto a dare forfait, Jim Hall gli ha offerto uno dei suoi 7,2 litri e gli ha prestato uno dei suoi meccanici che con l’aiuto di Tyler Alexander di Mclaren hanno fatto il miracolo di adattare il motore al telaio e permettergli di qualificarsi e correre la domenica, anche se con poca fortuna. Quasi nello stesso momento anche McLaren rientra i boxes in una nuvola di fumo che tradisce la fine vicina del suo Chevrolet, primo ritiro stagionale di una McLaren ufficiale in quattro corse. A questo punto Hulme forza il ritmo ed in pochi giri riprende, passa e stacca Amon. Raggiunto il vantaggio di una decina di secondi stabilizza il suo ritmo su quello del ferrarista, che dal canto suo con un buon margine su Eaton non ha alcun interesse a forzare. Finisce così, senza altri sussulti con Hulme, McLaren M8B Chevy, Amon, Ferrari 612P e George Eaton, Mclaren M12 Chevrolet sul podio pur col brivido di un dechappamento all’ultima curva ed il traguardo tagliato su tre ruote. (John Denniston) Al quarto posto Surtees grazie ai numerosi ritiri per ereditare la medaglia di legno, anche se i problemi della 2H sono ancora molti. Quinta piazza per Tom Dutton su una Lola T70 Mk3 risalito dal tredicesimo posto al via; sesto per Kris Harrison con una datata McLaren M1C e settimo ed ultimo pilota all’arrivo Leonard Janke con la sua Lola T160 Chevrolet. (Larry Fullhorst) Kris Harrison – McLaren M1C Bel debutto, con una convincente sesta piazza qui a Edmonton, per una stagione ricca di soddisfazioni; Harrison raccoglierà altri due punti con i 10° posti di Elkhart Lake e Bridgehampton e vedrà il traguardo a Mid Ohio e Michigan in 13° posizione, a Laguna Seca 14° ed a Houston 11° con l’unica nota stonata del ritiro per incidente a Riverside. Alla fine 8 punti che gli valgono la 21° posizione nella generale. (Dav Friedman) Tom Dutton – Lola T70 Mk3 Bel quinto posto qui ad Edmonton dopo aver preso un punto anche a Mont Tremblant, nove punti che lo collocano in 16° posizione nel Challenge. Aveve già visto la bandiera a scacchi a Mosport, 11° e sarà al traguardo ancora a Mid Ohio da 14° ed a Bridgehampton da 11° con un ritiro a Elkhart Lake ed un NC a Watkins Glen. Chiuderà la stagione a Houston come sostituto di Surtees sulla Chaparral 2H ma lo vedremo meglio più avanti. (atodiva.fr) Leo Janke – Lola T160 Il concessionario pilota si alterna sulle sue due vetture, una Mclaren M1C e la Lola T160 con cui coglie il miglior risultato stagionale proprio qui ad Edmonton con il 7° posto, ultimo dei sopravvissuti. Sempre con la Lola si era ritirato per noie meccaniche a Watkins Glen e sarà fermato da una sospensione a Elkhart Lake. Finita la parte Canadese della Can-Am, la classifica è Denny Hulme punti 70, Bruce McLaren 55, George Eaton & Chuck Parsons 28, Chris Amon 27, John Surtees 22, John Cordts 18, Lothar Motschenbacher 10. Il dominio è chiaro e non lascia presagire una inversione di tendenza, almeno a breve termine. Eppure le corse sono state tutte abbastanza interessanti e vivaci, ed anche nella superiorità delle due vetture arancioni, l’alternanza delle vittorie lascia una incertezza che ha entusiasmato il pubblico ed i media che già hanno trovato il modo di darle un nome … Bruce & Denny Show!! (Martin Spetz) Seconda uscita stagionale per Chris Amon con la Ferrari 612P ed ancora un podio, questa volta da secondo anche grazie al ritiro di Bruce McLaren certo ma davanti a tutte le McLaren M12 ed alle Lola ufficiali e clienti; sembrerebbe proprio un buon giorno … (Road Racing Car) Dopo due uscite nelle altre tappe canadesi a Mosport e Mont Tremblant, nelle mani di Peter Revson, torna in pista la Ford G7A, per l’occasione affidata a John Cannon. (Pete Lyons) John Cannon – Ford G7A Dopo la bella stagione ‘68 per il forte pilota americano ci sono pochi sorrisi in questo Challenge. Con la G7A laboratorio dei Fratelli Agapiou si ritira qui a Edmonton per problemi di iniezione, mentre nelle uscite con la sua ormai datata McLaren M1C si era ritirato a Mosport per noie al motore e non era partito a Mont Tremblant e sarà ancora fermato da una perdita d’olio a Mid Ohio. Ritroverà la Ford G7A a fine stagione ma non supererà i problemi in prova rinunciando allo start. (Pete Lyons) Ron Grable – Lola T70 Unica partecipazione al Challenge per Grable che centrata la top-ten in qualifica, 9°, si ritira con la frizione andata a tre quarti di gara quando un buon piazzamento era più che probabile. Alla prossima con Ferrari vs Porsche ... Franz
  25. Salve a tutti, terminiamo la settimana con ... PITLANE 1969 – Gli Europei a Watkins Glen A partire dal 1969 diventerà un’ abitudine vedere al via della gara Can-Am di Watkins Glen alcuni protagonisti, vetture e piloti, della 6 Ore che si disputa il giorno prima. Per una semplice questione di ingaggio o anche solo per la curiosità di vedere e vivere dall’interno questo genere di corse che tanto fanno parlare noi europei, sempre un po’ scettici quando si tratta di cose, in questo caso corse, che non conosciamo. Quest’anno la Porsche che con le sue barchette 908/2 sta facendo sfracelli nel Mondiale marche e che ha in fase di test un mostro come la 917, iscrive due piloti alla manche Can-Am di Watkins Glen, Jo Siffert con una 908/2 con carrozzeria Flunder e Brian Redman con una 908/2 con carrozzeria tipo Sebring; in più fornisce assistenza all’inglese Tony Dean che alla Sei Ore ha iscritto una Porche 908/2 per se Redman e Attwood. (Dave Kutz) Jo Siffert - Porche 908/2 Flunder – 10° in prova e 6° in gara. (Dave Kutz) Brian Redman - Porsche 908/2 – 11° in prova e DNF in gara per waporlook Matra France Dopo Le Mans la Matra decide di partecipare alle due ultime prove del Mondiale, Watkins Glen e Zeltweg, poi al fine di ottimizzare la resa della trasferta oltreoceano, l’Equipe iscrive le due vetture anche alla corsa dell’indomani. A Johnny Servoz-Gavin viene affidata la 650, ultima nata di casa, mentre Pedro Rodriguez correrà con la 630/650 ovvero il vecchio telaio 630 con sospensioni e carrozzeria della nuova 650. (Dave Kutz) Johnny Servoz Gavin – Matra 650 – 15° in prova e 8° in gara. Pedro Rodriguez – Matra 630/650 – 17° in prova e 10° in gara. A margine una annotazione; anche se ai soli fini statistici, quelle della Matra è da considerare al momento l’unica partecipazione di una vettura francese ad una manche della Can-Am. Lola T70 Mk3 Coupè – Scuderia Filipinetti Altro Europeo al via, pur con un’iscrizione come Team Privato, con una Lola T70 Mk3 Coupè e motorizzata con un corposo Chevrolet 6 litri è Joaquim Bonnier, già conoscenza del Challenge. (Canadian Motorsport) Jo Bonnier – Lola T70 Mk3 Coupè – 9° in prova e 7° in gara. Alla prossima per la quarta prova del Challenge 1969 a Edmonton per la Klondike 200 ... Franz
×
×
  • Crea nuovo...