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znarfdellago

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  1. PIT LANE – Money!! (Pete Lyons) Il Canadian American Challenge Cup, in arte Can-Am, è un progetto ambizioso. Lo è stato da su-bito, quando si è ritagliato un suo spazio, a fine stagione, lontano da altri Campionati con i quali non è voluto entrare in concorrenza diretta, ma dai quali ha attinto piloti, costruttori e sponsor per poi proporsi come la possibile massima serie di corse Sport su strada. Dopo la prima stagione di rodaggio, dalla quale comunque traspariva già il potenziale spendibile, il 1967 è stato l’anno della consacrazione; una serie ricca, con 500.000 $ di premi, pagati “cashâ€, il che non guasta nel motorsport, con dualismi a tutti i livelli, Chevrolet/Ford, Goodyear/Firestone, Stati Uniti/Resto del Mondo; senza però dimenticare che una decina di potenziali vincitori non è in automatico un successo, ci vogliono le piccole realtà , slegate dalle logiche delle grosse aziende che possono “inventare†senza il problema dell’immagine e soprattutto ci vogliono quei piloti appassio-nati che inseguono la loro giornata di gloria anche sapendo che potrebbe non averla mai. Una serie per soli costruttori, in America lo sanno bene, farebbe la fine del Mondiale, strozzato da una CSI che legifera seguendo ora questa ora quella chimera, su pressioni di parte o più semplicemente “contro†ed una serie riservata ai privati non richiamerebbe ne il grande pubblico, allora ancora si volevano le tribune piene, ne i grandi sponsor e la grande risonanza su giornali e televisione, dato che già all’epoca la serie andava in video. Insomma uno spettacolo fatto di nomi e tecnica, con una ricerca spinta dai dualismi cui accennava-mo poco sopra, in diretta controtendenza con la Usac e le sue gare continuamente interrotte dalle bandiere gialle e dove non si corre se piove. Certo che il 1967 può ben dire di dovere il suo fascino ai dualismi in campo, perché di lotta in pista non se ne è vista molta; ma le due Federazioni Nazio-nali, credono nel pubblico specializzato, che preferisce la “Questione Tecnica†allo spettacolo ma-gari un poco artefatto ed è per questo che la filosofia del Gruppo 7 è stata sposata in toto. Quindi un Campionato ricco, tecnicamente interessante e con gare che devono spremere vetture e piloti in una tenzone di circa due ore dato che normalmente le corse hanno una lunghezza di circa 200 miglia che, per la tipologia dei circuiti americani non propriamente velocissimi, porta proprio a quel lasso di tempo. Niente maratone di 24, 12 o 6 ore vinte magari a ritmi da crociera turistica ma corse in cui non si debba sacrificare la velocità alla durata. Money dicevamo e money è, dai 300.000 $ del 1966 ai 500.000 del 1967 ed il 1968? Ancora tanti dollari, 500.000 suddivisi nelle 6 corse, con premi per la Top-Ten in qualifica ed in gara, con premi di partenza assicurati ai Best-Team ed una visibilità che permette ai “piccoli†di potersi assicurare sponsor personali attirati dai passaggi televisivi e dalla cassa di risonanza della stampa locale. Non è assolutamente raro vedere livree che cambiano da una gara all’altra, con nomi alle volte improbabili ma che garantiscono, se non un guadagno da “professionistiâ€, almeno di recuperare le spese e di giustificare la presenza alla prossima corsa. Ma l’interesse muove sempre una ricerca capillare per svelare questo o quel segreto, per capire come un Team possa “guadagnare†di corse. Consideriamo un Team di due vetture, diciamo 40.000 $; utilizzando una motorizzazione all’avanguardia ma affidabile (Chevrolet Traco) con quattro unità a rotazione a 5000 $/unità , altri 20.000; poi ricambi per 10.000 $; trasferte con una media di 1.200 $ a gara ed i meccanici, almeno 3 o 4 a 200 la settimana, altri 20.000 $. Se la stagione si chiude senza incidenti gravi, con solo un paio di rotture possiamo chiuder il conto con 100/110.000 $. Per rientrare dobbiamo centrare almeno una vittoria e mettere in carniere altri tre o quattro podi e per il resto finire stabilmente nei primi dieci. Non nascondiamoci che per rendere il gioco interessante a molti e non a pochi Team che hanno il budget garantito o da Sponsor storici o da partnership tecniche con grandi case, gli altri ricorrono alla figura del pilota con la valigia. Un Team quindi corre spendendo per una vettura e garantendo l’assistenza alla seconda che è pagata dal pilota stesso; gli accordi con il primo pilota possono essere molto diversi tra loro, passando dalla concessione allo stesso di una percentuale sui premi di partenza fino a corrisponderglieli totalmente, riconoscendogli anche una percentuale sui premi di arrivo. In totale dato che si corre sei volte e che i podi sono al massimo diciotto, perché mai un team dovrebbe spendere una cifra che difficilmente può recuperare? Solo per l’immensa fiducia nelle proprie possibilità ? O magari confidando nella buona sorte? Più probabilmente perché le cifre conosciute e che arrivano a superare il mezzo milione, sono solo una parte della torta, forse nemmeno la più grande. L’interesse intorno al campionato, i dualismi che ha creato, hanno portato tutte le parti coinvolte a spendere per rincorrere il successo. Questo si ottiene vendendo il prodotto, Chevrolet ne è un esempio, oppure coinvolgendo altre realtà nel proprio progetto, Ford è il caso più eclatante del 1967. Gli pneumatici per esempio, si pagano, almeno i piccoli pagano, ma non sempre; l’apposizione del logo sulla carrozzeria e il risultato conseguito possono portare alla fornitura gratuita ed anche ad un contributo. Questo sommerso è la realtà sostanziosa della serie, ma anche il suo problema at-tualmente più preoccupante. Preoccupazione che nasce dalla considerazione che i 500.000 $ hanno un nome e un cognome: Johnson Wax sponsor della serie e gli organizzatori che mettono mano al portafoglio o sono supportati da loro sponsorizzazioni. Se una di queste fonti viene meno, ad esem-pio un organizzatore, un altro può prendere il suo posto garantendo la copertura ed al momento c’è la fila per quello che concerne la copertura dei premi finali, in quanto molte aziende ambirebbero essere sponsor della serie. Ma il sommerso, quello che non vedi? Se venisse a mancare la copertura da parte dei produttori “tecnici†siano gomme o candele o quant’altro? Se quel fiume di soldi arriva per vie traverse, non è possibile gestire un’alternativa in caso di necessità . Sembra anacronistico, ma il successo rischia di creare più problemi del dover pagare lo scotto di un noviziato che non c’è stato; al momento è questa la preoccupazione (o il problema) più grande da affrontare. Aver privilegiato la tecnica inseguendo un pubblico che avesse la “cultura†delle corse ha creato una dipendenza diretta dai “nomi†che scendono in pista. Nel 1967 si è visto qualche Eu-ropeo in meno ed è subito scattato l’allarme; al momento non sono quelli che pagano per correre a far mancare il loro appoggio, magari con grossi sacrifici, al contrario sono quelli “pagati†che non fanno dormire sonni tranquilli. (Pete Lyons) Almeno sulla carta il 1968 pare aver mantenuto le aspettative, tranquillizzando chi era preoccupato con l’annuncio di un interesse di Ferrari per questo tipo di corse, tanto da progettare una vettura dedicata e con gli assi della Usac che si sono dati appuntamento in diverse occasioni. Non resta che augurarsi la tanto attesa competitività di Ford. Ma alla fin fine sono più quelli che vorrebbero un volante delle macchine che ne hanno uno libero; elencati McLaren, Penske, Surtees, Gurney, Bignotti, Jim Hall chi resta? Lo stesso Jim Hall lo ha detto “… facciamo tutti parte di un progetto, che si vinca o che si perda non fa differenza, abbiamo deciso di partecipare alla Can-Am e se la Can-Am non funziona noi non funzioniamo…†Suonano forse come parole di circostanza, ma ad Elkhart Lake ad un John Holman che gli chiedeva cosa pensasse della sua Honker più lenta di dodici secondi della Chaparral a sua volta più lenta di cinque della McLaren, Jim Hall rispondeva “E’ perfetta!†Alla prossima con ... Klondike Trail 200 - Edmonton ... Franz
  2. Salve a tutti, avanti ... PADDOCK – I piedi in due scarpe: All American Racers & Autodynamics Corp. All American Racers – McLeagle M6B-AAR McLeagle non è nient’altro che il soprannome dato alla vettura di Gurney e che è la contrazione delle parole McLaren ed Eagle, ovvero quello che è stato fatto di una Mclaren M6B, acquistata e modificata nella factory AAR, da Dan Gurney. Lo chassis (M6B/50-10) è stato alleggerito variando la pannellatura di rinforzo della monoscocca d’origine, lavorando poi sulle sospensione e sugli scarichi, ora in titanio. Il Ford è una ulteriore evoluzione del blocco 4 litri di derivazione Indy, ora portato a 5,3 litri con teste Gurney-Weslake, con soli 515 cavalli, ma un rapporto peso/potenza decisamente favorevole. Un grosso lavoro è stato anche fatto sulla carrozzeria partendo con lo stringere la carreggiata anteriore e quindi riducendo la sezione frontale, abbassando nel contempo il cofano in una corsa alla miglior configurazione e profilandolo in maniera molto marcata. Swede Savage sulla McLeagle a Riverside (Dave Friedman) Nonostante questo gran lavoro, la McLeagle non sarà mai all’altezza delle M6B “normali†pur vantando una maggior velocità di punta. Dopo Laguna Seca Dan Gurney abbandona la vettura, scambiandola con Savage senza per questo veder cambiare il leit-motiv della sua stagione. Il Team, che conta ancora su un discreto appoggio di Ford, parte con molte ambizioni e per questo non lascia nulla di intentato, dotandosi, come abbiamo visto, di una Mclaren e di una Lola T160 che affida a Swede Savage, giovane promessa dell’automobilismo americano. Se sulla Mclaren viene fatto un gran lavoro, la Lola corre in configurazione “factoryâ€. Dan Gurney sulla Lola T160 a Riverside (Ernie Buckels) La vettura monta un Ford 5,3 litri con teste Gurney-Weslake passando poi al sette litri, blocco in alluminio, curato da Holman & Moody quando passa a Gurney per le ultime due gare. Autodynamic Corporation Oltre alla Caldwell D7C il Team iscrive una Lola T160 (chassis T160-06 o 10) per Brett Lunger, Brett Lunger ad Elkhart Lake sulla Lola T160 (Canadian Motorsport) che però avrà il “piacere†di usarla solo a Elkhart Lake in quanto a partire dalla seconda prova sarà Sam Posey a guidarla, abbandonando scoraggiato la sua Caldwell. Sam Posey con la Caldell D7C sempre ad Elkhart Lake (Jim Hayes) Per entrambe le vetture il motore è un V8 Chevrolet, il 377 da 6,2 litri e gli pneumatici sono i Goodyear. A parte Riverside, ritiro per problemi all’iniezione, Sam Posey vedrà sempre il traguardo e prenderà punti in due occasioni, ma sempre distante dai primi. Poco da dire di Brett Lunger lontanissimo dai primi nell’unica occasione in cui ha guidato la T160. Il Team iscrive poi al Fuji una T160 per Sam Posey che dopo una quinta piazza in qualifica, sarà buon secondo in gara. Alla prossima con ... "Money!!" ... Franz
  3. Salve a tutti, ancora 1968, con ... PADDOCK – Lola La Lola non si occupa più della commercializzazione diretta dei telai e delle vetture complete per il mercato Americano, ma ha raggiunto un accordo di collaborazione con il Team Haas (Carl Haas, proprio lui!) che si occuperà degli ordini e dell’assistenza clienti per gli Strati Uniti, diventando al contempo il Team di riferimento. Eric Broadley constatata l’inadeguatezza della T70 a contrastare le McLaren M6A nel 1967, ha cominciato dalla fine dello stesso anno a lavorare sul nuovo progetto; la T160 scende in pista per i primi test gia nel febbraio del 1968. Il telaio è interamente in alluminio, con l’acciaio riservato agli attacchi delle sospensioni e del motore ed il suo peso non supera i 70 kg. Questo alla fine si rivelerà più un handicap che non un vantaggio; l’eccessiva leggerezza non garantirà quella rigidità necessaria a trasmettere le potenze dei sette litri alle ruote e da queste all’asfalto. La carrozzeria è completamente ridisegnata dalla Spécialized Mouldings ed è interamente in fibra di vetro, il passo è portato a 240 cm, praticamente come la McLaren e, manovra commerciale non necessariamente votata alla ricerca della prestazione pura, tutti i possessori delle vecchie T70 (Mk3 o Mk3b) possono comprare solo il telaio in quanto sospensioni e impiantistica sono assolutamente intercambiabili. La vettura nasce per utilizzare i sette litri di Chevrolet, ma non ci sono problemi ad installare anche i Ford. Resta il fatto che la T160 non solo non sarà mai in grado di rivaleggiare sul piano prestazionale con la McLaren M8A ma addirittura le vecchie M6A rieditate da Trojan si dimostreranno nel complesso più redditizie. Carl Haas Racing Team Carl Haas importatore per gli States della Lola, iscrive due vetture alla serie, per Chuck Parsons e Skip Scott. Il motore è un V8 Chevrolet col basamento in alluminio curato da Bartz e dotato a stagione in corso del carter secco e di alcuni sviluppi sull’alimentazione. Una curiosità è la sponsorizzazione del Team da parte della “Simonizâ€, che è una casa produttrice di prodotti per l’auto, diretta concorrente della Johnson Wax , “Title Sponsor†del Challenge. Chuck Parsons (chassis T160-09) va due volte a punti, mai sul podio, ma è vittima di tre ritiri di cui due nelle prime due gare a causa della rottura del V8 ancora con problemi di lubrificazione, risolti poi da Bartz nel corso della stagione con l’adozione del carter secco.. (Pete Lyons) Skip Scot debutta con una Lola T70 a Elkhart Lake, dato che il suo Patron ha venduto tutti i telai T160, tranne uno che per contratto va a Chuck Parsons. Riceverà anche lui una T160 (T160-05) a partire dalla seconda gara, ma non sarà certo una buona notizia. Arriverà due volte, entrambe ad un niente dalla zona punti. (Dave Friedman) Carl Haas iscrive anche lui una Lola T160 alla 200 miglia del Fuji in novembre affidandola a Chuck Parsons (probabilmente il telaio T160-05). Team Surtees John Surtees cerca in tutti i modi di ottenere una delle tre M6A del Team ufficiale del 1967 ma non gli viene concessa ed allora per ripicca, l’ex centauro è spesso vittima del suo caratteraccio, non ripiega su una M6B, cosa che parrebbe la logica conseguenza, ma acquista da Haas una T160. (Pete Lyons) Questo ovviamente rende evidente il fatto che il team Surtees non è più una delle squadre di riferimento per Eric Broadley, che da parte sua ha mal digerito il tentato tradimento, e nelle tre gare che John effettuerà nell’arco della stagione non vedrà mai il traguardo, entrando nella top ten in qualifica solo a Riverside. A parte la questione telaio, uno dei problemi grossi del Team è stato il motore; il V8 dotato delle teste volute da Surtees, delle Gurney-Weslake ulteriormente modificate e marchiate Surtees, non hanno mai reso al meglio ed il motore pagava sia in termini di cavalli che di coppia a tutti i Chevrolet dei Team di punta. Ciononostante la cocciutaggine di Surtees si vede nei tentativi attuati per rendere un minimo competitiva la sua Lola; prima a livello di sospensioni, cercando una maggior rigidità ed a livello aerodinamico con un ala in perfetto stile Chaparral, che però non ha mai portato al salto di qualità tanto auspicato. Il Team ha utilizzato pneumatici Firestone, che ha ormai colmato il gap con la Goodyear ed anzi, ha negli pneumatici da bagnato un deciso vantaggio sia di carcassa, una spalla che muove leggermente di pìù, che di mescola. George Bignotti Sempre contando su un supporto tecnico ed economico di Ford, anche Bigotti iscrive il suo team alla Can-Am. Le prime due gare vengono ancora affrontate con la Lola T70 Mk3b (73-127) che l’anno precedente Gorge Bignotti aveva affidato a Parnelli Jones, poi, saltate le due gare centrali per gli impegni di Mario, da Riverside il Team schiera una T160 nuova. Non è un debutto fortunato dato che il motore non gli permette di partire, come nelle precedenti occasioni aveva interrotto anzitempo la sua gara. A Las Vegas arriva finalmente un traguardo, 12°. (Ron Christensen) Questa Lola sarà poi schierata al Fuji per la 200 miglia e guidata da Al Unser sarà ottava in qualifica e decima al traguardo. Agapiou Brothers Dopo la stagione 1967, Shelby rileva una Lola T70 Mk3b (chassis SL75/124 ex Donohue-Penske) e la schiera con Peter Revson al volante nel campionato Usrrc, ottenendo un podio a Mexico City ed una Pole a Kent, che sono le uniche soddisfazioni in una marea di rotture del Ford 427 in alluminio. Arrivata l’ora della CanAm Carroll Shelby convince alcuni dei suoi migliori meccanici, i fratelli Charlye e Kerry Agapiou, a mettere in piedi un team Nelle prime tre corse è Ronnie Bucknum al volante con ben scarsi risultati; a partire da Laguna Seca, la vettura viene affidata a George Follmer e al di la di un incidente nel diluvio proprio a Laguna Seca e di un problema di surriscaldamento del Ford a Riverside, arriva un fantastico quanto insperato secondo posto a Las Vegas, ma stavolta con un Ford sette litri con basamento in ghisa pesante ma potente ed anche più affidabile, complice an-che il caos del primo giro che proietta tra i primi il pilota americano qualificatosi come tredicesimo. (Lola Heritage) Follmer guiderà un ultima volta la T70 in occasione della gara del Fuji in novembre. Abbiamo ancora una Lola T160 schierata nelle ultime gare della stagione da Brian O’Neill in sostituzione della Lola T70 Mk3. (canepa) Sono ancora presenti ed i n gran numero le vecchie Lola T70: George Bignotti affida a Mario Andretti una Lola T70 Mk3 Ford per Elkhart Lake e Bridgehampton. (Ron Laymon) Anson Johnson – Lola T70 Mk3b Chevrolet (Roger Pena) Lyn Kysar Lla T70 Mk3 Chevrolet (Roger Pena) alla prossima con ... I piedi in due scarpe: AAR & Autodynamics Corp. ... Franz
  4. Salve a tutti, avanti con ... Salve a tuttiBridgehampton Grand Prix – Bridgehampton 15/09/1968 Quello che non ti aspetti! Bridgehampton ha dato la scossa ad un Challenge che era apparso già ingessato dopo la corsa di Elkhart Lake. Mark Donohue con la Sunoco Special (una McLaren M6B) ha vinto, con un poco di fortuna certo, ma è stato il più veloce tra quelli giunti al traguardo. Dopo le prove, il responso era stato il classico “tutto arancio†della prima fila, con la variante di Hulme davanti al suo caposquadra, con due M8A che palesavano però problemi agli Chevrolet Traco, con due rotture tra venerdì e sabato mattina. Peter Revson con un Ford veramente veloce precedeva Mark Donohue ed a seguire Jim Hall , Gurney, Motschenbacher, Mario Andretti con la Lola T70 Ford di Bignotti, Skip Scott e Surtees con due nuove Lola T160 Chevrolet. Mark Donohue – McLaren M6B Penske Vittoria fortunata? Forse, ma chi rompe paga … (Bill Kutz) Via regolare con Bruce McLaren che sopravanza Hulme e dietro a ranghi serrrati Revson, Donohue, Gurney, Jim Hall ancora con la vecchia 2G a Andretti. I primi quattro restano molto vicini tra loro, mentre Gurney ed Hall perdono qualcosina così come Andretti che presto saluta la compagnia in una nuvola di fumo del suo Ford out. Surtees e Motschenbacher offrono il miglior spettacolo con un bel duello e sorpassi ripetuti. Lothar Motschenbacher – McLaren M6B Ford (Dave Friedman) I nuovi cerchi in alluminio montati da Revson creano problemi di surriscaldamento ai freni e Peter deve far passare Donohue e le due McLaren non sono lontane. Surtees è fermo con una sospensione rotta in conseguenza, forse, del montaggio frettoloso dato che la macchina è arrivata il mercoledì prima della gara. Gurney e Hall operano il ricongiungimento con i primi tre, dopo aver passato un Revson in evidente difficoltà ed il pilota della Chaparral al momento è il più veloce in pista. Posey si tocca con Pedro Rodriguez e la Ferrari 350P del messicano esce di strada urtando il terrapieno senza problemi per il pilota, mentre Posey passerà parecchi giri ai boxes per una riparazione. Le due McLaren in testa fanno l’elastico ma non riescono ad allungare e tra gli applausi del pubblico la Chaparral passa prima Gurney e poi Donohue per la terza piazza. Dan Gurney – McLaren M6B (McLeagle) Ford Un sesto posto che sarà la prima ed unica soddisfazione stagionale (Jack Webster) Il ritmo dell’Americano è impressionante, in un attimo è addosso ai due di testa, con Hulme che pressato passa McLaren; passano pochi giri ed il boato della folla saluta Jim Hall al comando. La gara è interessantissima anche nelle retrovie dove un Bob Nagel in forma si affaccia tra i primi dieci , dalla ventesima posizione al via anche se dura poco e si ferma con il cambio bloccato in seconda. Con la Chaparral in testa McLaren passa Hulme e comincia a riavvicinarsi approfittando anche di un rallentamento di Jim Hall che sembra accusare problemi ai freni. Bob Nagel – Lola T70 Mk3 Ford Due uscite per lui nel 1968, un ritiro qui e poco meglio, 13°, a Las Vegas. (PaulEpancelin) Dalle ultime file arriva anche Swede Savage, il secondo pilota di Gurney, con la Lola T160 Ford del team AAR; il suo ritmo è consistente e l’ex centauro sembra veramente a suo agio sulle quattro ruote. Intanto davanti Bruce e Jim danno spettacolo con il pilota della Chaparral che è al limite in tutte le curve con i suoi freni ormai cotti ed alla fine cede al pressing della McLaren. Swede Savage - Lola T160 Ford – AAR Buon 4°,meglio del suo caposcquadra Gurney, ma è tutto per una stagione avara di risultati e soddisfazioni. (Roger Pena) Il duello in testa fa si che i tempi si alzino e Hulme e Donohue approfittandone si accodano riformando un quartetto molto vivace. A dieci giri dalla fine primo colpo di scena; con un botto del suo Traco-Chevy Hulme abbandona lasciando McLaren a vedersela con Donohue che ha anche lui passato Hall. Neanche due giri ed il pubblico saluta Donohue che transita primo sul traguardo con Hall ormai a debita distanza mentre McLaren arrica sferragliando ai boxes con il suo motore decisamente out. Gli ultimi giri sono una passerella per Mark Donohue e la sua Sunoco Special che vanno a vincere comunque con pieno merito davanti a,un Jim Hall con una sempreverde Chaparral 2G. Jim Hall – Chaparral 2G Chevrolet Un podio meritato, altri punti per una stagione che non farà altro che confermare la bontà del progetto, datato 1966, cui manca però sempre qualcosa. (Jaloupy Journal) Completa il podio Lothar Motschenbacher con la sua M6B Ford e finiscono nei punti anche Savage, Dick Brown con la McLaren M6B Chevrolet e Dan Gurney con la sua McLeagle Ford. Quello che non ti aspetti abbiamo detto; la notizia sono i tre Ford nei primi sei con addirittura uno sul podio e “solo†quattro Mclaren a punti. Dick Brown – McLaren M1C Dopo il ritiro di Elkhart Lake quando era in rimonta, due punti guadagnati a suon di sorpassi. Il pilota americano correrà ancora le ultime due gare stagionali arrivando sempre nella top-ten per coronare una più che buona annata. (Jeffrey B.Payne) Brian O’Neill - Lola T70 Mk3 Dopo la squalifica di Elkhart Lake un buon risultato, 7°, dopo una corsa consistente tutta in rimonta dalla 22° piazza al via. Arriverà altre due volte, di cui ancora una top-ten ma non così in alto. (RSC Racing Sports Cars) Ron Courtney riduce così la sua McLaren M1C al 51° giro a portata di top-ten. Ad Elkhart Lake, sua altra uscita ’68, aveva visto la bandiera a scacchi anche se solo 20°. (Robert Raymond) Pensare che era cominciata come la solito, ovvero bene per le due McLaren “casaâ€, con Denny & Bruce a menare le danze … (Dave Friedman) Guardando questa foto sembra di poter sentire il boato che ha accompagnato il sorpasso di Jim Hall che lo ha portato al comando, poi i freni … (Pete Lyons) Alla prossima con ... Paddock - Lola ... Franz
  5. Salve a tutti, per dirla con v6DINO ... tirem innanz ... PIT LANE - ELVA Cars – Frank G. Nichols Frank G. Nichols è un militare che ha sviluppato ottime abilità meccaniche sotto le armi durante la guerra. Finito il conflitto e tornato a casa, nel 1947 rileva un garage a Westham. L’attività ha presto successo e per Frank è necessario trovare locali più ampi per poter gestire al meglio il lavoro. La soluzione è a Bexhill, in London Road, dove il garage riapre dedicandosi anche ai clienti sportivi, che in zona sono piuttosto numerosi (a Bexhill si è svolta la prima corsa su strade aperte). Quindi i primi lavori sono la semplice revisione e l’assistenza tecnica pre e post gara per i corridori locali, poi arrivano le esperienze dirette con una Lotus VI ed una CSM che raccolgono molti allori, soprattutto a Goodwood. Questo porta altra notorietà al garage ed il passo successivo è pensare alla costruzione di un proprio telaio. ELVA è in affari! Elva è una contrazione delle parole “elle và â€, “lei và â€, ed effettivamente l’azienda propone prepa-razioni sui motori che comprendono valvole e lavorazioni specifiche per Climax, Ford DOHC, BMC, Dkw, MGA, Porsche, Bmw ed anche la costruzione di Formula Junior che si dimostrano presto un ottimo prodotto sotto il profilo costo/prestazioni. Le Formula Junior che sono molto richieste in patria, vanno forte anche sul mercato statunitense, e questo mercato con le sue immense potenzialità , sarà , in momenti alterni, fortuna e disgrazia per Frank e suo fratello maggiore John che lo aiuta sul lavoro. Proprio dall’ambiente delle corse giunge la richiesta per la costruzione di un telaio Sport. Siamo nel 1958 e nasce la Courier. Archie Scott-Brown, mette in contatto Frank Nichols con un neolaureato, Peter Nott e con il supporto finanziario di un distributore americano, viene pensato, progettato e costruito il primo telaio Sport: Courier appunto, un traliccio in tubi tondi di vario diametro, con la tecnica space-frame. La carrozzeria in alluminio viene lavorata da Williams & Pritchard e copre un motore MGA 1500 cc con una velocità di 100 mph. Le vendite sono subito molto buone, sia tra i patri confini sia oltre atlantico e nuovi spazi diventano necessari per sviluppare ulteriormente le potenzialità dell’Elva Engineerings. Altro trasferimento, questa volta ad Hastings in una sede decisamente più grande dove vengono allestiti altri reparti per costruirsi in casa molti altri pezzi oltre al telaio ed ai kit di sviluppo sui motori. L’accresciuto numero delle vendite, porta anche alla commercializzazione in kit delle Courier, onde evitare la tassa d’acquisto che, per le vetture montate, è quattro volte superiore a quella per le vetture in scatola di montaggio, e che richiede solo diciotto ore per avere la vettura pronto marcia. Ormai la Elva occupa circa sessanta persone e ha prodotto quattrocento Courier. Questo incremento nella produzione e nelle vendite, porta ad una crisi che rischia di cancellare l’Elva, non solo dal “mercatoâ€. L’ultimo lotto di Courier prodotte è già sulle banchine di New York, ma il distributore non ha la liquidità per saldare il debito e Frank Nichols è costretto ad una liquidazio-ne volontaria. Il gruppo Lambretta-Trojan, subentra ed acquista i diritti del Courier, di cui riprende la produzione nel 1961. Frank Nichols riesce così a continuare l’attività in forma più ridotta, nei nuovi locali di Rye, dedicandosi alle modifiche “racing†ed alle Formula Junior e stringendo comunque una colla- borazione con Carl Haas per la commercializzazione del prodotto negli States. La Trojan invece, avendo a disposizione strutture molto più ampie intraprende la produzione su scala industriale della Sport di Elva, utilizzando le linee di Purley Way. Il progetto iniziale viene modificato utilizzando tubi quadri in alcuni punti del telaio aumentandone la rigidezza e semplificandone la struttura. Con l’ambizione di produrre su scala industriale (500 pezzi anno) si opta anche per dotare il telaio di pezzi non prodotti direttamente, come le sospensioni di origine Triumph complete di impianto frenante a dischi e dotandolo dell’MGA da 1,6 litri. Quando McLaren, a fine ’64 pensa e costruisce la sua prima vettura e decide di commercializzarla, l’accordo stretto con il Gruppo Lambretta-Trojan prevede che i modelli siano costruiti e commer-cializzati dall’Elva, che fa parte del gruppo, e che alla McLaren rimangano la progettazione e l’assistenza tecnica. La McLaren M1a, prima idea del compianto Bruce sarà quindi La McLaren Trojan Mk1 (1965), se- guita nel 1966 dalla Mk2 (clone della M1b) e dalla Mk3 nel 1967 (clone della M1c) ultimo telaio tubolare per McLaren. Nello stesso periodo il Gruppo Lambretta-Trojan continua la produzione dei vari step del modello Courier, Mk3 e Mk4 Coupè, con un telaio totalmente in tubi quadri, dotato di sospensioni indipen-denti “Tru-Track†ed offerta con differenti motorizzazioni, MGB 1800 o il Ford Gt1500. Sono questi gli anni in cui, mentre tra Lambretta-Trojan ed Elva Cars le cose vanno benissimo, Frank Nichols comincia a tagliare le sue presenze e le sue attività con il gruppo per dedicarsi, dopo alcune collaborazioni con Len Terry e Carroll Shelby, all’ideazione ed alla produzione di splendide barche da lavoro e scialuppe di salvataggio RNLI (Royal National Lifeboat Institution). Preso dai suoi progetti il gruppo finisce con il lasciar cadere il nome Elva che comunque grazie all’interesse di persone che hanno compreso il reale valore delle piccole produzioni di qualità , non morirà . Prima Ken Sheppard, poi Tony Ellis e Eaton Wick hanno portato a compimento i progetti in essere fino ad arrivare alla Cougar, ultima erede delle Courier, spinta dal un possente Ford V6. Questo per non dimenticare che nella prima metà degli anni sessanta una piccola Elva-Porsche a Elkhart Lake ridicolizzava avversari del calibro di Shelby Cobra e Ferrari. Alla prossima con ... Bridgehampton Grand Prix Franz
  6. Salve a tutti, certo che stasera tutto funziona alla grande ... prima mi perdo una foto e poi la stessa ricompare i calce al messaggio che doveva integrare la mancanza ... vabbe il webmaster può rimediare cancellandola ( perchè io non ho la possibilità di modificare i miei post). alla prossima Franz
  7. Salve a tutti, mi è saltata una foto e non capisco perchè ... rimediamo Jerry Titus McLaren M6B Scuderia Terry Godsall rimediato ... alla prossima ... Franz
  8. Salve a tutti, avanti con ... PADDOCK – McLaren (autodiva) Ottenuta la vittoria, con un impegno totale, la Mclaren si trova in questo 1968 a lottare anche nella massima Formula per il titolo con Denny Hulme, contrapposto alla Lotus di Graham Hill ed alla Matra di Jackye Stewart. Il prototipo della M8A, prima McLaren ad abbandonare il telaio fatto da un traliccio di tubi per adottare la monoscocca, ha fatto soltanto 800 miglia a Goodwood e vestita ancora della carrozzeria della M6a dell’anno prima. Sembra trascuratezza, ma sotto questa apparente distrazione, la vettura risulta più leggera di 15 kg e sopratutto ha guadagnato quattro pollici, più bassa e larga della sorella che l’aveva preceduta. Di questo il merito va a Gordon Coppuck e Jo Marquart, nuovo arrivato dalla Lotus, che succeduti a Robin Herd, si sono divisi i compiti, l’anteriore a Gordon ed il posteriore a Jo. Se il telaio è pensato, costruito e collaudato in Inghilterra, il motore è il classico sette litri Chevrolet con basamento in alluminio assemblato da Bartz e curato in casa dal Dipartimento Motori di McLaren Car’s guidato da Gary Knudson con l’aiuto di Colin Beanland. Un nuovo carter secco e alimentazione ad iniezione Lucas ed accensione Vertex garantiscono un centinaio di cavalli in più rispetto alle unità impiegate nel 1967. Questa evoluzione nell’arco della stagione darà problemi di affidabilità , come del resto agli Chevrolet curati da Traco. Per arginare il problema Knudsen lavora nuovi segmenti per garantire una migliore lubrificazione interna e dota il carter secco di una pompa ausiliaria per garantire una estrazione ed un ricircolo più accurati. Anche il cambio viene curato in casa, modificandolo per ricevere solo quattro velocità ; dato che ormai con le partenze lanciate, una prima corta non serve assolutamente più. Le M8A costruite sono come al solito tre ; le due che verranno usate in gara e il telaio dei test che rimarrà come muletto per un caso di necessità , con la possibilità , ovviamente, di costruirne altri se la stagione lo richiedesse. La Trojan produce poi con la collaborazione di Elva, ben 28 telai nelle specifiche M6A del 1967, definendole M6 “B†; molti Team si dotano di queste vetture, alcuni di primo livello. Team Penske - Sunoco Spécial Tra tutte le M6 clienti questa è l’unica che non è « made in Trojan » in quanto si tratta del telaio M6a/3 che era la vettura test del Team McLaren nel 1967, che non ha mai corso ed è stata la vettura che è servita per fare le prime prove in questa stagione prima di essere ceduta al Team Penske. (Phil Binks) Dopo aver vinto nuovamente il Campionato Nazionale Usrrc, con la vettura 1967, il telaio M6A/1 ex Bruce McLaren, Mark Donohue utilizza il nuovo telaio per partecipare al Challenge. Traco prepara uno Chevrolet in alluminio, partendo dal classico 427 (ormai per essere competitivi sembra essere la sola possibilità ), dotandolo di carter secco e di una iniezione Lucas modificata con le trombette di aspirazione sormontate da una presa d’aria profilata, che lo rendono di fatto lo Chevy più potente in campo ed anche, nel complesso, il più affidabile. Anche a livello di carrozzeria il Team Penske ha lavorato sulla vettura, modificando il cofano anteriore scavandolo nella parte centrale per generare più carico e mettendo in coda uno spoiler regolabile manualmente per migliorare la trazione, che era stato l’unico neo della vettura nel 1967. Queste modifiche hanno dato alla Sunoco Spécial la veloci-tà di punta più alta tra le contendenti della stagione e fatto di Donohue l’avversario più pericoloso per il Team arancione tanto da tenerlo in corsa per il titolo fino all’ultima corsa. Scuderia Leader Cards Racers Il Team di Lothar Motschenbacher, dopo la parentesi Lola dell’anno passato, torna al vecchio amore McLaren ed è uno dei primi ad ordinare una M6B dotandola di un Ford 6,2 litri Gurney-Weslake rilevandolo dal Team AAR, in attesa di passare poi ad uno Chevy 7 litri in alluminio per l’ultima gara della stagione (anche se, altro mistero Can-Am, non risulta lo abbia usato). Lothar, impegnato tutto l’anno, prima nel Campionato nazionale Usrrc e poi nella Can-Am, ottiene un supporto finanziario dalla Stp e utilizza pneumatici Goodyear. Questo pacchetto tecnico economico lo mette in condizioni di fare una stagione decisamente buona. (Ron Laymon) Prima in Usrrc ottiene un quarto posto finale finendo quattro volte sul podio e poi continuando iltrend positivo nel Challenge con una quinta piazza nella generale, primo degli “indipendentiâ€, bat-tuto solo dai due alfieri della Mclaren, dal binomio Donohue-Penske e dalla Chaparral di Jim Hall. Ultima nota, Motschenbacher sarà la causa involontaria del ritiro di Jim Hall dalle competizioni attive in seguito al suo incidente di Las Vegas dovuto ad un contatto con il pilota di origine tedesca. Scuderia Shelby Racing Co Dopo la sconcertante stagione ’67 con la King Cobra, Carroll Shelby acquista due McLaren M6B (M6B/50-11 ed M6B/50-12). La Scuderia, cliente privilegiato di Ford, monta il 7 litri in lega leg-gera. Phil Remington si incarica di modificare l’alimentazione dapprima montando condotti d’am-missione incrociati per poi utilizzare le trombette rettilinee stile McLaren. La carrozzeria non viene modificata se non con l’aggiunta su certi circuiti di un nolder in coda a tutta larghezza per recupera-re carico. Il pilota designato è Peter Revson. Sembrerebbe un buongiorno, visto che il debutto a Elkhart Lake porta un buon quarto posto; ma rimane il solo sprazzo di sole in un a giornata buia fatta di noie di tutti i tipi con un solo altro traguardo, il 12° di Laguna Seca (neanche a dirlo in mezzo ad un vero diluvio!). (Fuji Coll.) La consolazione arriva sul finire dell’anno, alla 200 miglia del Fuji; Nella classica giapponese, vo-tata al Gruppo 7, Peter domina la gara (foto) davanti al meglio del plateau 68, con la sola esclusione delle McLaren Casa. Scuderia Terry Godsall Compra una McLaren M6B (M6B/50-09) e la equipaggia con uno Chevrolet 6 litri (ex Penske) e monta pneumatici Firestone. Sicuramente viene curata molto la messa a punto e Jerry Titus, pilota di molta esperienza, sa che un risultato è possibile solo a condizione di vedere il traguardo; ci riesce tre volte su quattro partenze, prendendo punti in due occasioni, 6° a Laguna Seca sotto quell’incre-dibile diluvio e addirittura terzo a Las Vegas dopo aver evitato la carambola del primo giro. All American Racers – McLeagle M6B-AAR McLeagle non è nient’altro che la contrazione delle parole McLaren ed Eagle, ovvero quello che è stato fatto di una Mclaren M6B acquistata e modificata nella factory AAR da Dan Gurney. Lo chassis (M6B/50-10) è stato alleggerito variando la pannellatura di rinforzo della monoscocca d’origine, lavorando poi sulle sospensione e sugli scarichi, ora in titanio. Il Ford è una ulteriore evoluzione del blocco 4 litri di derivazione Indy, ora portato a 5,3 litri con teste Gurney-Weslake, con soli 515 cavalli, ma un rapporto peso/potenza decisamente favorevole. Un grosso lavoro è stato anche fatto sulla carrozzeria partendo con lo stringere la carreggiata anteriore e quindi riducendo la sezione frontale, abbassando nel contempo il cofano in una corsa alla miglior configurazione profilandolo in maniera molto marcata. Nonostante questo gran lavoro, la McLeagle non sarà mai all’altezza delle M6B “normali†pur vantando una maggior velocità di punta. Dopo Laguna Seca Dan Gurney abbandona la vettura, scambiandola con Savage senza per questo veder cambiare il leit-motiv della sua stagione. Ecurie Suisse Jo Bonnier acquista una delle M6B dalla Trojan e la usa nell’interstagione anche in alcune prove a casa sua, come il Gran premio di Svezia dove Pole e giro più veloce non bastano contro la Ferrari P3 di David Piper. Poi viene in America per il Challenge, ma i risultati saranno deludenti con al me-glio l’8° posto a Las Vegas. Certamente la sua Scuderia ha una più che buona solidità economica dovuta alle sue indubbie doti manageriali ed ai contratti stretti con partner tecnici prestigiosi, quali Stp, Champion e Goodyear. Anche per lui un raggio di Sol Levante al Fuji con un terzo posto, pur se staccatissimo dal vincitore Revson. (autodiva) Scuderia Green Inc. Schiera una M6B (Chassis M6B/50-07) che viene affidata al pilota Dick Brown. Monta un motore Chevrolet da 6 litri curato da Traco e pneumatici Goodyear. Dopo una rottura al debutto a Elkhart Lake, vede tre volte il traguardo prendendo anche dei punti a Bridgehampton. Ancora con una M6B: Jerry Hansen - McLaren M6A Chevrolet (Dave Friedman) Sono poi schierate molte M1 costruite dalla Trojan sulle specifiche del modello 1966 nelle varie versioni “B†e “Câ€: Ron Courtney - McLaren M1B Chevrolet Candido Da Mota – McLaren M1C Chevrolet John Cannon – McLaren M1C Chevrolet (Dave Friedman) Gorge Eaton – McLaren m1C Ford (Nat Pritzker) John Cordts – McLaren M1C Chevrolet Leonard Janke – MCLaren M1C Chevrolet Alla prossima con ... Elva Car ... Franz
  9. Salve a tutti, tirem innanz ... Sept. 1, 1968 - Road America Full International - Elkhart Lake Full International Road America – Elkhart Lake – 01/09/1968 Trenta piloti affrontano le bellissime curve dello spettacolare tracciato di Elkhart Lake il venerdì mattina; Ci sono delle sorprese, con alcuni protagonisti lontani dai migliori tempi e con alcuni com-primari che vivono il loro quarto d’ora di notorietà . Al sabato sera però le gerarchie sono ristabilite e la prima fila veste il caratteristico arancione delle Mclaren “casa†con Bruce ancora una volta più veloce del lotto. Hulme lo affianca e dietro in sequenza con tempi abbastanza vicini tra loro Jim Hall con la 2G dell’anno prima e Donohue con la M6b di Penske, Motschenbacher con la M6b a motore Ford e Parsons con la Lola T160 Chevy del team Haas, Peter Revson con la McLaren M6b Ford del team Shelby e Mario Andretti con la vecchia T70 Mk3 di Bignotti anche lui con motore Ford, Charly Hayes con la nuova McKee Mk10 e Pedro Rodriguez con la Ferrari 350P leggermente rivista nel telaio, ora più leggero di una decina di Kg e nel motore, sempre il 4,2 litri, ma con qualche cavallo in più. Al via i più lesto è Hulme, che allunga subito sul suo compagno di squadra impegnato nei primi giri a tenere a bada le due M6b di Donohue e Motschenbacher che ha scavalcato Hall la cui 2G non sembra essere particolarmente a suo agio con il pieno. Le posizioni al vertice sembrano stabilizzate ed è un poco più in giù che la lotta è decisa, per esempio tra le due Lola T70 Mk3 di Fred Pipin e Roy Kumnick, che si scambiano più volte la posizione anche se sarà il secondo a prevalere. Fred Pipin Lola T70 Mk3 Chevrolet per lui due gare con il 16° posto di Elkhart Lake come miglio risultato; a Bridgehampton sarà out per una panne elettrica. (Dave Friedman) Roy Kumnick LolaT70 Mk3 Chevrolet un 14° posto nella sua unica partecipazione ’68. (Petter Photo) Appena passata la metà gara Parsons, fino ad allora ottimo quinto in lotta con Revson e Motschenbacher, saluta la compagnia con una spettacolare esplosione del suo Chevrolet e Pedro Rodriguez sempre più in crisi con le sue Firestone scivola indietro uscendo dai primi dieci, Hulme, McLaren, Hall, Donohue, Revson, Motschenbacher, Andretti, Hayes, Bucknum e Hansen. Peter Revson McLaren M6a Ford – Shelby buon inizio di Challenge con questa convincente 4° piazza, poi tra ritiri e arrivi lontano dai primi di soddisfazioni ce ne saranno ben poche. (Pierre Epancelin) La corsa scorre un po’ monotona, con Hulme che ha un distacco di ormai oltre 25 secondi sul suo coequipier che a sua volta ha un margine di tutta sicurezza su Hall, Donohue e Revson che pur essendo molto vicini non accennano ad attaccarsi, ognuno preso dai suoi problemi; per Jim Hall i freni, che stanno cominciando a surriscaldarsi creandogli problemi di fading mentre gli altri due lottano con le gomme che degradano più del previsto. Gli ultimi brividi arrivano nel finale con Denny Hulme che a cinque giri dalla fine rimane con sette cilindri e deve rallentare vistosamente e con Andretti che lascia la sua settima piazza con un bel botto del suo Ford. Denny Hulme - McLaren M8A (autodiva) Hall molla decisamente ormai senza freni e Donohue e Revson ne approfittano per passarlo, men-tre Hulme compie l’ultimo giro tutto in quarta per cercare di non rompere il suo Chevy. Alla fine Hulme, Mclaren, Donohue e Revson i prim quattro. tutti nello stesso giro. Completano i piloti a punti Jim Hall e Motschenbacher migliore Ford al traguardo. Bruce McLaren - McLaren M8A (auodiva) Si prospetta una stagione nuovamente dominata dalle McLaren “ufficiali†di Denny Hulme e Bruce Mclaren, ma soprattutto con una presenza di Mclaren clienti decisamente performanti, veloci ed affidabili che con il solo interposi della Chaparral di Jim Hall, oggi hanno monopolizzato le posizioni a punti. Si è fatto tanto parlare della nuova Chaparral, la 2H, ma Hall è ancora in pista con la sua 2G evoluta nelle sospensioni e con un ala decisamente abbondante, ma pur sempre un modello che corre ormai dal 1966. La Ferrari intanto annuncia imminente il debutto della sua nuova 612P ed a livello di Federazioni, c’è chi spinge per fare del Gruppo 7 la massima espressione in ambito di Campionato Costruttori vendicando la scomparsa dei “mostri†voluta dalla CSI. John Cordts – McLaren M1C (Larry Schmidt) Candido Da Mota – McLaren M1C 15° ad Elkhart lake approfittando del duello tra Kumnick e Pipin. L’altra sua uscita si chiuderà con una bandiera nera. (Roger Pena) Pedro Rodriguez – Ferrari 350P due partecipazioni per un 13° posto qui a Elkhart Lake ed un mesto ritiro a Bridgehampton; il messicano sperava certo in qualcosa di meglio. (autodiva) Ludwig Heimrath – McLaren M1C si qualifica discretamente in settima fila con il 13° tempo ma in gara il motore lo tradisce a pochi giri dalla fine quando la Top-ten non era così lontana.(Canadian Motorspot) Gary Knutson motorista capo e Tyler Alexander al lavoro sullo Chevy di Denny Hulme. (forum-auto) Bruce McLaren ha sempre cercato di chiarire un punto riguardo al fatto che spesso fior di costruttori venivano sonoramente battuti dalle sue macchine “… finche si ostineranno a venire in Can-Am convinti che bastino i soldi per assicurarsi la vittoria finiranno sempre per tornare a casa con un pugno di mosche … ci vogliono buone idee e tanto lavoro, con una grande attenzione ai particolari e mi stupisce che in molti non se ne rendano conto …†Alla prossima con Paddock - McLaren Franz
  10. Salve a tutti, possiamo passare al 1968 ... con la presentazione della stagione ... Alla terza stagione il Challenge offre uno spettacolo incredibile; pur nel dominio McLaren con la nuova M8A, i modelli vincenti sono in realtà tre. La M8A che è a disposizione solo dei due alfieri di Mclaren Cars, la M6B, copia esatta della M6A vincente nel 1967 (ma costruita da Elva e commercializzata dalla Trojan) e la anziana M1, nelle varie versioni “B†o “C†che con John Cannon fa sua una rocambolesca vittoria a Laguna Seca. Lo spettacolo è assicurato da una serie di Team ormai organizzati in modo molto professionale, che pur nell’ambito della politica McLaren di commercializzare le vetture dell’anno precedente possono dotarsi di un prodotto valido, che con una buona motorizzazione può lottare sempre e comunque per il terzo posto, volendo considerare superiori le vetture casa; ma nel corso della stagione vedremo che in almeno un paio di occasioni così non è stato. Sotto il profilo della partecipazione, anche il 1968 è stato un anno notevole come numeri e certo an-che come qualità , pur nella minore affluenza di “europei†a caccia di dollari e nel continuo allontanarsi della data del debutto di due nuove ed attesissime vetture: la Ferrari 612P, questa volta sì pensata e costruita per la Can-Am e non semplice adattamento e la Chaparral 2H, che invece proprio non si è vista è che si attende per il 1969. Continua il momento magico di Denny Hulme, dopo l’iride F.1 nella passata stagione e la vittoria sfiorata nel Challenge, quest’anno ha lottato per tutta la stagione con Graham Hill e Jackye Stewart per riconfermarsi nella massima formula (mancando di poco l’obiettivo) ma centrando con pieno merito il successo sul suolo Americano a suon di gare consistenti e sonanti vittorie. Sono ancora sei le gare in calendario, con la sola tappa canadese che quest’anno si disputa a Edmonton, nell’Ontario, abbandonando, provvisoriamente, Mosport. 01/09/68 – Elkhart Lake 1° Denny Hulme / McLaren M8A Chevrolet 15/09/68 – Bridgehampton – 1° Mark Donohue / McLaren M6B Chevrolet 29/09/68 – Edmonton 1° Denny Hulme / McLaren M8A Chevrolet 13/10/68 – Laguna Seca – 1° John Cannon / McLaren M1B Chevrolet 27/10/68 – Riverside – 1° Bruce McLaren / McLaren M8A Chevrolet 10/11/68 – Las Vegas – 1° Denny Hulme / McLaren M8A Chevrolet Classifica Finale 1° Denny Hulme - 35 pts 2° Bruce McLaren - 24 pts 3° Mark Donohue - 23 pts 4° Jim Hall – 12 pts 5° Lothar Motschenbacher – 11 pts 6° John Cannon – 10 pts 7° George Follmer – 6 pts 8° Jerry Titus – 5 pts ex Sam Posey – 5 pts ex Chuck Parsons – 5 pts 11° George Eaton – 4 pts 12° Peter Revson – 3 pts ex Swede Savage – 3 pts 14° Dick Brown – 2 pts 15°Charlie Hayes – 1 pt ex Dan Gurney – 1 pt I protagonisti di questa combattuta stagione Denny Hulme – McLaren M8a Chevrolet, tre vittorie, un secondo posto, un quinto ed un ritiro. (Pete Lyons) Bruce McLaren - McLaren M8a Chevrolet, una vittoria, due secondi posti, un quinto, un sesto ed un ritiro. (Curt Anderson) La M8a nella sua essenzialità vincente. No agli alettoni, no all’estrema riduzione della sezione frontale ma un gran lavoro nei test ed grande attenzione ed una massima cura per i particolari. Salve a tutti Franz
  11. Salve a tutti, si è vero, il dominio 67 della McLaren c'è ed è chiaro, ma senza gli odierni BOP è facile che ci sia un team o una vettura che fa meglio degli altri ... i motivi di interesse sono altri, la lotta tra i piloti, la questione tecnica, che con il Gr7 è sempre in evoluzione e ancora le singole corse. Ecco perchè è sempre meglio leggere le cronache e poi dare una scorsa ai meri numeri ... perchè se è vero che i numeri non mentono, comunque ci nascondono molto del fascino ... alla prossima Franz
  12. Salve a tutti, visto che funziona v6DINO è accontentato ... alla prossima ... Franz1967 - CanAm Punti.xls1967 - CanAm Numeri.xls1966 - CanAm Numeri.xls
  13. Salve a tutti, proviamo a vedere di accontentare v6DINO ... 1966 - CanAm Punti.xls
  14. Salve a tutti, Ho una tabella con risultati di prove, gara ed eventuale motivo del ritiro, è ovviamente un file Excel; come posso postarlo? Come file dal mio archivio o devo trasformarlo in immagine? Alla prossima Franz
  15. Salve a tutti, ci avviamo alla conclusione della stagione 1967 ... November,12 1967 - Stardust Grand Prix - Las Vegas Siamo alla fine ma sono comunque in 33 a scendere in pista per le prime prove del venerdì. Le prime note sono dolenti per Hulme che continua la sua discesa all’inferno; inanella una serie impressionante di fermate ai boxes per cercare una soluzione ai suoi problemi e non va più in la della quinta posizione preceduto dal suo caposquadra, alla terza Pole dell’anno, da Jim Hall con una Chaparral che sembra veramente a posto e dal duo Ford Gurney e Parnelli Jones. Completano la Top-ten Revson, Donohue, Spence, Surtees e Motschebacher. Las Vegas – Pace-lap. Jim Hall, Bruce Mclaren, Dan Gurney, Parnelli Jones, Denny Hulme e Mike Spence. (Pete Lyons) Al via Parnelli Jones s’invola al comando dalla seconda fila, seguito da McLaren, Hulme, Gurney, Jim Hall e Peter Revson. Il ritmo è decisamente veloce ma Parnelli Jones non riesce a staccarsi, anzi in un paio di occasioni McLaren sembra tentare un sorpasso. Al quinto giro fine dei giochi per il primo Ford; Parnelli Jones non trova più le marce per la rottura del selettore e deve accostare. McLaren seguito come un ombra da Hulme accelera ed i due fanno un break su Gurney e Revson che nel frattempo ha passato Jim Hall che ha evidenti problemi di velocità . Tra il settimo e l’ottavo giro il Challenge sembra passare di mano due volte; prima è Mclaren che abbandona in una nuvola di fumo del suo Chevrolet ed un giro dopo Hulme deve fermarsi a cambiare una gomma, probabilmente forata sui detriti del motore del suo caposquadra. Gurney si ritrova leader con un margine di quasi cinque secondi su Revson seguito da Jim Hall cha ha a ruota Surtees, Mike Spence e Motschenbacher. Mike Spence conferma la buona messa a punto della sua McLaren M1b cogliendo il suo secondo podio stagionale ed agguantando la sesta piazza nell’assoluta. (Dave Friedman) Dura poco la fuga di Gurney, al 14° giro si ferma per le forti vibrazioni del suo nuovo Ford che qui è in configurazione Weber quadri-corpo ed il giro dopo anche Jim Hall abbandona con la pressione dell’olio a zero. Revson, nuovo leader, ha poco margine su Surtees, Donohue, che ha passato Mike Spence, l’inglese e Motschenbacher. Da dietro stanno arrivando anche Charly Hayes con la McKee e Follmer con la seconda Lola di Penske. Hulme fa una serie di record sul giro cercando un possibile quarto posto per il titolo. Surtees e Donohue cominciano il loro duello in prossimità di metà gara. Revson fa un po’ di elastico, ma sembra mantenere un seppur piccolo margine. Passata la metà gara è Motschebacher a salutare la compagnia per un guasto imprecisato e pochi giri dopo Follmer, che sembrava avviato ad un bel recupero, rientra all’improvviso col motore ammutolito. Charly Hayes McKee Mk7 Chevy Salyer (che qui precede la Shelby Cobra di Jerry Titus) si prende quei punti solo sfiorati a Riverside, e il Team Salyer dimostra che lavorare bene paga sempre, come capire che il problema non stava nel motore Oldsmobile, rinunciando così al Chevrolet provato a Laguna Seca. (autodiva) Spence si è staccato ed è l’ultimo a pieni giri. La corsa si trascina verso la fine con i tre di testa che si ricompattano a cinque giri dalla fine; Revson sembra avere dei problemi e Surtees sembra aver perso alcune marce. A due giri dalla fine il colpo di scena che non t’aspetti, Revson rientra per un rabbocco, il motore si spegne ed i meccanici lo spingono. La bandiera nera è automatica. Vince Surtees al rallenty con le marce rimaste e Donohue non riesce ad approfittarne con le gomme ormai sulle tele. A completare il podio Spence con la sua McLaren M1b (telaio 1/66 ex Amon), seguono a punti Charlye Hayes che porta la sua McKee ad un ottimo risultato, Morley e Rick Muther con le Lola T70 Mk2. Rick Muther Lola T70 Mk2 Chevy; ha corso solo le ultime due gare della stagione ma è comunque riuscito a finire a punti con una T70 molto a punto. (John Wilson) John Surtees Lola T70 Mk2 Chevy La consolazione viene in un finale di stagione che lo ha visto cambiare gomme in più di una occasione ed addirittura tornare all’antico, rispolverando la vecchia Lola T70 Mk2. (Ron Laymon) Mark Donohue Lola T70 Mk3b Chevy Penske Tre podi e tre ritiri, chiaroscuri che evidenziano una certa approssimazione. La vittoria in estate nel Campionato Usrrc ha forse illuso più del dovuto e dopo correre ai ripari è stato impossibile. (Dave Friedman) In tutto questo baillame che è stato lo Stardust Grand Prix, Jerry Entin, risalendo dal fondo, porta la sua McLaren M1b al settimo posto; uno dei tre arrivi in quattro gare che confermano le doti di passista di questo pilota. (Dave Friedman) Gary Wilson McLaren M1b, ha aperto e chiuso la stagione, correndo a Elkhart Lake e qui a Las Vegas, con due ritiri dopo qualifiche lontane dai primi; ma per lui vale il discorso fatto per tutti quelli che partecipano senza grandi ambizioni ma che sono parte integrante del gioco e ne garantiscono la sopravvivenza. (Dave Friedman) Hugh Powell Lola T70 Mk2 A Las Vegas fa la miglior qualifica (27°) di una deludente stagione in cui il traguardo continua ad essere un miraggio. (Jim Hayes) Ron Herrera McLaren M1c, ha corso le ultime due prove con un ritiro a Riverside ed un arrivo, pur NC per la distanza minima percorsa, a Las Vegas. (Pete Lyons) Ross Greenville Lola T70 Mk3. Finalmente un traguardo, nono. (Tom Grannis) (talesofakiwy.com) A caldo, nel paddock dove si sono ritrovati prima della bandiera a scacchi Bruce McLaren ancora incredulo rende l’onore delle armi al suo coequipier “… queste sono le corse … se me l’aveste chiesto dopo Mosport non so se avrei scommesso su di me …†Queste sono le corse, certo, ma chiedetelo a Denny, che pur consolandosi con l’Iride Formula 1 masticherà amaro per tutto l’inverno in attesa della rivincita. (talesofakiwy.com) Alla prossima ... Franz
  16. Salve a tutti, quando nacque la CanAm, uno dei pochi punti fermi fu la scelta del tipo di gara; qualcosa che non fosse una ripetizione delle endurance europee da 6ore/1000 km, che in america erano giudicate "noiose" e comunque più lunga di quelle classiche SCCA dei meeting negli aeroporti della durata variabile da pochi giri a 25/30'. Proprio per questo si optò per il format "200 miglia" che garantiva una durata intorno alle 2 ore, visto anche che gli stradali americani non erano certo superveloci, permetteva di coprire la distanza senza rifornimenti lasciando anche lo spazio per le gare di contorno,che nel pianeta USA sono sempre state tenute in grande considerazione. alla prossima Franz
  17. Salve a tutti, chiudiamo la serata con le protagoniste in primo piano ... McLaren M6A (Ron Laymon) Bruce Mclaren è uscito dal 1966 un poco con le ossa rotte; le sue macchine sono state abbastanza affidabili ed anche veloci, ma non abbastanza affidabili ne sufficientemente veloci. Dalla domenica sera di Las Vegas 1966, Bruce non ha pensato che alla vittoria nel Challenge 1967; prima ha fatto firmare subito Denny Hulme, che si è fatto un nome come pilota e come collaudatore in seno al Team Brabham in F.1, poi ha messo in cantiere la nuova macchina, M6A, non più traliccio in tubi ma monoscocca ed ha ridisegnato i suoi Chevrolet dotandoli di nuove teste. Sin dal marzo 1967, Bruce & Danny hanno macinato miglia su miglia a Goodwood, per preparare al meglio la versione definitiva del telaio, che sarebbe stata esclusiva del team, mentre la M1B del ‘66 sarebbe diventata la macchina per i clienti sportivi. Sul finire della stagione precedente McLaren aveva provato sui suoi Chevy l’alimentazione a iniezione in sostituzione dei classici Weber doppio-corpo, trovandola ancora poco affidabile. Per il ‘67, ridisegnate le teste, la primavera e l’estate sono state dedicate anche alla messa a punto di un sistema di iniezione basato sul Lucas, ma modificato in casa con l’aiuto di BRM (una società specializzata in sistemi di alimentazione per motori aeronautici) e John Willment (compagno di John Wyer nell’avventura Mirage della JW Automotive). Per le vacanze il pacchetto è veloce, battuti tutti i record dei tracciati usati per i tests e, soprattutto, affidabile. Il debutto ad Elkhart Lake è decisamente da incubo per la concorrenza e lo resterà per tutta la stagione, conclusa con cinque vittorie e due secondi posti e le prime due posizioni nella classifica finale del Challenge. Lola T70 Mk3B (Ron Laymon)) Eric Broadley non ha certo avuto di che lamentarsi per la stagione appena conclusa. La sua vettura sia nella configurazione 1966 (Mk2) che 1965 (Mk1) è stata l’assoluta dominatrice della serie. Chiaro che bisogna pensare al nuovo anno, ma Eric non fa stravolgimenti, lavorando ad una evoluzione delle sospensioni, anche per le nuove misure degli pneumatici e per i nuovi motori che annunciano potenze cresciute nell’ordine del 10%. Anche il telaio è rivisto in piccoli dettagli come per esempio la possibilità di adottare altre motorizzazioni al di fuori di quelle sin qui viste, predisponendolo per eventuali sovralimentazioni. La Mk3B viene pronta in tre esemplari che saranno affidati all’AAR per Dan Gurney, al Team Surtees per John e al Team Penske per Donohue. Gurney (AAR) monterà il Ford , cambiando quasi ad ogni gara le specifiche tecniche senza venire a capo di niente se non facendo mostra di velocità sul giro notevoli. Magra consolazione sarà sempre il primo Ford in griglia. Surtees utilizzerà gli Chevrolet ma scoprirà presto che anche qui senza l’iniezione “McLaren†il divario in termini di potenza e incredibile ed a metà stagione tornerà all’Mk2 dell’anno precedente vincendo poi l’ultima gara della serie Penske, curandosi direttamente in factory i suoi Chevy avrà qualche problema in meno ma a fine stagione la valutazione sull’efficienza delle modifiche fatte sulla T70 nell’interstagione porteranno ad un divorzio. Chaparral 2G (Pete Lyons) Mentre tutti parlano delle copie della Chaparral 2E, Caldwell D7A e Ford G7A, Jim Hall ha lavorato di fino sulla sua vettura, portando a Elkhart Lake la 2G, evoluzione tecnica della precedente. Lo chassis è lo stesso come pure l’ala ed il flap anteriore regolabili tramite un pedale, le modifiche sono solo di dettaglio e riguardano soprattutto i flussi interni con l’aria che viene canalizzata verso li sfoghi posteriori attraverso un percorso più rettilineo per poter avere bocche d’entrata più piccole. Ci sono poi cerchi da 16’ ed un nuovo motore. Il 327 del 1966 viene sostituito da un 427 in alluminio (sempre Chevrolet, che intrattiene ottimi rapporti con la factory di Jim Hall) con un sistema a carter secco sviluppato in casa e alimentato da 4 Weber doppio corpo da 58 mm con aspirazione in basso. La potenza stimata è sui 560 cavalli, oltre cento in più del 1966. Con la possibilità di provare ogni singola modifica sul Rattlesnake Motorway, circuito dietro la factory, Jim Hall ha l’esatta percezione di miglioramenti della 2G nei confronti della 2E. Il circuito di prova è quanto di più evoluto ci sia in quegli anni, con ben tredici punti di rilevamento dei tempi parziali, grazie ai quali Hall riesce a capire dove c’è guadagno e dove invece la vettura ha bisogno di aggiustamenti. Ma tutto questo “sapere†è relativo alla sua vettura, che è migliorata e molto, ma non abbastanza per poter contrastare in maniera efficace le due McLaren “casaâ€. Il motivo del gap che ancora divide la Chaparral dalla M6A verrà poi trovato nella pausa prima del finale di stagione; l’accresciuta larghezza degli pneumatici mal si è sposata con la sospensione po-steriore, che non ha mai lavorato come avrebbe dovuto. Rimesso mano ai punti di ancoraggio la vettura ha subito fatto un salto di prestazioni. “Questo è il progresso piccola!†Questa famosa frase centra benissimo la questione tecnica della stagione: il gruppo 7 ha i presupposti per fare di ogni inter-stagione una vera rivoluzione tecnica. Alla prossima con ... le questioni tecniche ... Franz
  18. Salve a tutti, avanti con ... Oct.29, 1967 Los Angeles Times Grand Prix - Riverside Arrivano in 39, presenza massima nella stagione in corso e con 18 punti ancora da assegnare, i pre-tendenti al titolo sono ormai solo i due alfieri della McLaren. La sorpresa, anche se parlando di qualifiche sorpresa non è, è la pole di Gurney, che monta sulla Lola l’ultima versione del Ford, quello da 5,7 litri già visto a Laguna Seca, ma ritornato a quattro Weber doppio-corpo. (autodiva) Per tutta l’ultima sessione Gurney ha inanellato giri record fissando il limite a 1’39â€3 lasciando McLaren a 3/10 e Hulme a 1â€3. Quarto in griglia Jim Hall che precede un'altra sorpresa, Andretti con la Honker II che guida una terza fila tutta Ford avendo al fianco Parnelli Jones con la Lola di Bignotti. Completano la Top-ten Revson, Motschenbacher, Surtees e Donohue. Si vede anche la King Cobra Shelby finalmente; nel suo tredicesimo tempo però c’è tanto di Jerry Titus. Tra i piloti non partiti, Jim Adams conclude qui la sua Can-Am con un altro DNS dopo Laguna Seca. Jim Adams McLaren M1b Chevy (Dave Friedman) Al via Gurney conserva la leadership davanti a McLaren, P. Jones, Andretti, Jim Hall e Hulme che non sembra essere venuto a capo dei problemi sulla sua M6a. Per Jerry Titus e la King Cobra è stato un debutto tardivo, veloce al contrario la sua sparizione al terzo giro, pompa della benzina out. Jerry Titus King Cobra Ford (Gary Wheeler) Più veloce di lui a fermarsi è solo Hulme, che tentando un forcing per non perdere il treno del suo caposquadra si tocca con Parnelli Jones e si becca la bandiera nera. Parnelli Jones Lola T70 Mk3 Ford (Dave Friedman) Gurney fa in tempo a fare un piccolo break che sente il suo motore esplodere al quarto giro. Mentre McLaren è indisturbato al comando, dietro è un’ecatombe. Al decimo giro è Andretti che saluta la compagnia con il cambio che gli lascia solo le marce pari. Se a qualcuno va male c’è a chi va meglio: Don Morin sta risalendo con la sua McLaren M1C verso la zona punti. Don Morin McLaren M1C coglie un bel 10° posto con una gara di rimonta dalla 26°piazza; è il suo unico traguardo in questa CanAm (Dave Friedman) Intanto Jim Hall trova un buon ritmo ed in due giri raggiunge, attacca e passa P.Jones, mettendosi in coda a McLaren e cominciando una serie di attacchi tentando di innervosirlo. Al 34° giro, tra un boato del pubblico Jim Hall passa Mclaren. A fine gara commenta così il suo sorpasso“L’ho attaccato sperando che fosse al limite come me e che una volta dietro mollasse!†McLaren è sorpreso e cede qualche decimo, anche lui a fine gara ha qualcosa da dire “Mi ha sorpreso, non me lo aspettavo proprio! Credevo che fosse già al suo limite per starmi dietro.†Jim Hall & Bruce McLaren (Ernie Buckels) Passano pochi giri e McLaren ritrova il suo ritmo avvicinandosi di nuovo a Jim e cominciando, a parti invertite, una serie di manovre di disturbo. Dietro di loro Parnelli Jones comincia ad accusare problemi ai freni, sollecitati oltre misura nel suo duello con Donohue., che infatti lo passa pochi giri dopo. McLaren è negli scarichi della Chaparral ed al 43° giro attacca con successo; Jim Hall non tenta una risposta ed anzi alza il ritmo considerato anche il buon margine che ha sul terzo, Donohue. Bruce McLaren & Jim Hall (Pete Lyons) Surtees è l’ultimo dei primi a cedere le armi con problemi alla trasmissione. Finisce con McLaren vincitore con meno di 4†su Jim Hall ed un giro su Donohue. A punti anche Parnelli Jones con la Lola T70 Mk3 Ford (come abbiamo sottolineato sarà il miglior risultato di un Ford quest’anno), Spence e Follmer, A ridosso dei punti ancora Charly Hayes con la McKee e Amon con la Ferrari 350P. Mark Donohue, 3° e George Follmer, 6° hanno dato una buona giornata al Team Penske (John Lacko) Questo risultato ha portato ad uno stravolgimento impensabile solo quindici giorni fa; Bruce McLaren è il nuovo leader con 30 punti davanti al suo coequipier Denny Hulme con 27. Denny Hulme, tre vittorie su tre gare ad inizio stagione non sono bastate ed ora è costretto ad inseguire il suo caposquadra. (Road & Track) Roy Kumnick al volante di una Hamill Sr3 Chevy è alla sua prima partecipazione dell’anno; 38° in prova, non parte per problemi meccanici. (Dave Friedman) Jay Hills, anche per lui unico start in stagione, si qualifica come 22° ma la trasmissione della sua McLaren M1C lo tradisce poco dopo metà gara. (Dave Friedman) Alla prossima ... con le protagoniste in primo piano ... Franz
  19. znarfdellago

    Aspern

    Salve a tutti, Questo è in effetti "Zeltweg", mentre quello che molto spesso identifichiamo come Zeltweg è in realtà "Spielberg" altro circuito mito! Alla prossima Franz
  20. Salve a tutti, Riverside è belle che pronto, domani sera posto il tutto e finisco le traduzioni del '67 ... Alla prossima Franz
  21. Salve a tutti, ma nessuno ha niente da aggiungere? una foto o chessò un articolo a completamento (niente è definitivo) o semplicemente un aneddoto? Alla prossima ... se riesco stasera ma ne dubito ... Franz
  22. Salve a tutti, andiamo avanti con ... Bob McKee Bob McKee è un classico artigiano “american styleâ€, che ha cominciato la sua carriera modificando vetture Stock per Tiny Lund per poi diventare il chief-crew di Dick Rathmann in Indy. Ma la sua aspirazione di tecnico era di costruire vetture che portassero il suo nome. (TNF) Bob McKee e Signora Cosi agli inizi degli anni sessanta, Bob Mckee tira fuori dalla sua officina la Mk1, un telaio tubola-re “space frame†con motore posteriore centrale che utilizza moltissime parti General Motors, principalmente di Chevelle e Corvette, da qui il nomignolo dato alla vettura “Chevetteâ€. Da semplice artigiano, Bob non registrò il nome e GM lo utilizzo in seguito per un suo modello. La Mk1 fu un pezzo unico destinato ad un rivenditore Chevrolet dell’Illinois, Dick Doane, che intendeva utilizzarlo in corse amatoriali. Certo che il V8 363 Chevrolet che lo spingeva con i suoi 450 cavalli aveva poco dell’amatoriale. Così furono adottati freni a disco Girling da 11,5 pollici e per contenere il peso la carrozzeria era tutta in alluminio. A questa seguirono altre quattro Mk, che fino appunto alla Mk5 furono pezzi unici. (forum-auto) Mk3 - 1964 (forum-auto) Mk4 – 1965 Superate le difficoltà insite nel progetto di diventare costruttore, avendo già lavorato su commissione (la Mk3 è stata fatta per Carroll Shelby) per Bob McKee diventa una necessita ottimizzare la produzione con obiettivo vendere le sue vetture. A proposito della Mk3, pare che la “commessa†di Shelby, fosse in realtà una copertura per le curiosità di Ford. Si credeva, cosa poi smentita dai fatti, che le prime McKee fossero nate come progetto GM, in alternativa o in affiancamento a Chaparral volendo capire fin dove arrivassero le conoscenze di GM in materia di telai e sospensioni “racingâ€. Tornando alla produzione McKee, del modello Mk6 verranno prodotti 3 telai. Per la stagione in cor-so Bob McKee costruisce la Mk7 e quando si dice costruisce si fa riferimento alla sua partecipazione materiale. Con la Mk6, si era puntato sulla riduzione del peso, con carrozzeria in fibra di vetro e la cosa si ri-pete con la Mk7 che in più prevede la possibilità di adottare diverse motorizzazioni, dai classici Chevy all’Oldsmobile Turbocompresso. I freni a disco sono stati mutuati, modificandoli dalla Ford Mustang ed un cambio manuale a quattro velocità si incarica di portare la potenza alle ruote. Così fatta la McKee appare una vettura decisamente moderna ed adattabile, anche se certo non competitiva come McLaren, Lola o Chaparral. Nell’arco di questa e delle successive due stagioni, fino al 1969 , fior di piloti si avvicenderanno al suo volante, da Charly Hayes a Joe Leonard. Anche la Mk7 è stata dotata di un ala mobile molto alta comandata tramite due cavi durante le prove ad Elkhart Lake, ma la novità finì subito nel dimenticatoio. Lo stesso chassis è poi stato dotato, nel 1968, di una carrozzeria tutta nuova, con una forma a cuneo decisamente pronunciata e rinominato Mk10. Uno degli esemplari ha avuto un esperienza decisamente originale; nelle mani di Paul Newman ha partecipato alle riprese del film “Winning†che narra la storia di un pilota che dalla gavetta arriva alla 500 miglia di Indianapolis e, appunto lungo questa gavetta vince corse in ogni angolo d’America con la sua McKee. Il resto della storia è incentrato poi sulla produzione di una telaio con propulsione a turbina, quella che tutti conosciamo come Howmet e di F.5000 per il Campionato Scca. Boac 500 Brands Hatch 1968 - Howmet Turbina (McKee Mk9) Alla prossima con la quinta gara della stagione, penultima della serie, il Los Angeles Times Grand Prix a Riverside ... Franz
  23. Salve a tutti, continuiamo con alcune "Special" presenti nel 1967 ... Special US, gli artigiani della meccanica. PLATYPUS – Porsche, Oldsmobile, Ford Nata dal sodalizio tra Hans Adams, Scooter Patrick e Don Mitchell, la PAM Automotive è l’artefice della creazione della Platypus. L’idea data 1963 e la Platypus deriva direttamente dalla Merlyn Mk8 di proprietà dello stesso Mitchell. Hans Adams si occupa del telaio, a Manattan Beach, aumentando la sezione di una parte dei tubi che lo formano al fine di renderlo più rigido. Come motore all’inizio viene montato un Porsche , tolto dalla RS Spider di Miles Gupton, posizionato in posizione posteriore centrale. La parte caratteristica della vettura è certamente la carrozzeria, che è stata disegnata con linee piuttosto curiose. La vettura viene iscritta a corse Usrrc ed a fine stagione al Times GP a Riverside ed allo Stardust GP a Las Vegas. Ben presto il Porche è sostituito da un Oldsmobile in alluminio. Anche l’Oldsmobile farà poi posto ad un Ford “small-blockâ€. Poco prima del suo incidente fatale Ken Miles sostituisce la carrozzeria con quella della Lotus 19 avuta da Frank Harrison. (tamsoldracecarsite.net) Quindi è sotto le mentite spoglie di una Lotus 19 che la Platypus si presenta alle prove di Laguna Seca per la manche della Can-Am 1967. Gli spettatori stessi sono tratti in inganno dalla carrozzeria e possono certo confondere la Platypus guidata da Miles Gupton con la Lotus 19 condotta da Bobby Unser. In questo week-end d’ottobre 1967, la vettura si qualifica 26° sulla griglia a quasi 8†dalla pole position ed abbandona a venti giri dalla fine dopo una corsa anonima. Non si ricordano foto della carrozzeria Platypus. MATICH SR3 Repco (Curt Anderson) L’interesse per la Can-Am si è dimostrato trasversale già nel 1966 e anche la seconda stagione non cambia. Non sono solo i colossi, Ford e Chevrolet ad essere attirati dalla serie, e non solo i costruttori con a disposizione fondi e tecnologia. Gli esempi sono stati molteplici nella prima stagione e la seconda darà chiare indicazioni che negli schieramenti si vedranno molte novità ; non tutte saranno competitive, non tutte riusciranno a durare almeno l’arco di una stagione, ma di tutte resterà traccia, per la tenacia e la caparbia volontà di chi le ha pensate, costruite ed anche “solo†guidate. La Matich è una di queste. Dopo aver dominato la scena automobilistica australiana con 137 vittorie negli ultimi tre anni, Frank Matich è venuto in America con due vetture, una per lui ed una venduta a Tony Settembre, per partecipare al Challenge 1967. (TNF) La Matich SR3 – Repco, utilizza uno chassis abbastanza convenzionale, composto da un traliccio tubolare, con tubi di diverso diametro in modo da garantire rigidità solo dove può realmente servire, rinforzato con pannelli di alluminio rivettati. L’obiettivo di Matich è chiaro, fare della “leggerezza†il punto di forza della vettura. L’obiettivo viene perseguito per ogni parte che compone la vettura; così anche per il motore si opta per un Repco, con basamento in alluminio di origine Oldsmobile, con architettura simile a quello che ha portato al titolo Brabham nel 1966 e sta facendo lo stesso con Hulme quest’anno. La cilindrata è portata a 4,4 litri ed eroga una potenza di 400 hp per sole 363 libbre. La vettura pronta a scendere in pista da sulla bilancia un peso di 1360 libbre, ovvero la più leggera tra le contendenti. (autodiva.fr) Nonostante questi presupposti, i risultati non sono certo di rimordine. In qualifica, sul giro secco Frank può cercare il colpo, anche se la Top-Ten è un miraggio, ma in gara una serie infinita di noie lo porta quasi invariabilmente al ritiro. Diserterà l’ultima prova. Stessa sorte per Tony Settembre con il secondo telaio. Corre le ultime tre prove con gli stessi risultati . Il progetto di ritornare per il Challenge 1968 con un Repco cinque litri, non si avvererà e la Matich maggiorata proseguirà la sua carriera in Australia e nuova Zelanda. Alla prossima con Bob McKee ... Franz
  24. Salve a tutti, Laguna Seca - Oct.15, 1967 - Monterey Grand Prix Il Challenge è arrivato al giro di boa, tre gare, un solo vincitore, un dominio assoluto di Denny Hulme, al suo primo anno da ufficiale in quella squadra che è destinata a diventare la sua famiglia. Ora tutta la carovana si sposta all’ovest, per le tre gare conclusive, cominciando da Laguna Seca. Sono passate tre settimane da Mosport e tutti hanno trovato il tempo per lavorare sulle vetture e cercando la soluzione ad eventuali problemi. Si presentano in 37 ed in 31 saranno al via, dopo che dalle prove per la prima volta in stagione usci-rà una prima fila arancione solo a metà . Torna alla Pole Bruce McLaren che sembra aver trovato nuovamente il feeling di inizio Challenge con la sua M6A. Al suo fianco, continuando una serie di performance velocistiche veramente fantastiche, si è issato Dan Gurney con un ennesima evoluzione del motore Ford, ora 5,7 litri e dotato di iniezione Tecalmit. Hulme ha il terzo tempo, ma la pausa non sembra avergli giovato, la sua guida non è fluida e la sua macchina sembra essere decisamente più scorbutica dei quella del suo “patronâ€, al suo fianco un altro Ford, quello della Lola T70 di Bignotti al debutto stagionale con Parnelli Jones. Dietro in fila Jim Hall, Mike Spence, Lothar Motschenbacher, Charly Hayes con la Mckee, Mark Donohue e Peter Revson. Chris Amon e Jonathan Williams debuttano anche loro con due Ferrari 350P della NART; sedicesimo e ventesimo non sono un gran biglietto da visita ma il pubblico è entusiasta per la presenza delle “rosseâ€. Chris Amon Ferrari 350P (foro-motorweb.es) La domenica mattina il circuito è sotto una cappa di caldo incredibile; alle dieci ci sono gia trenta gradi ed al momento dello start l’asfalto brucia a oltre cinquanta gradi. Il via è regolare, McLaren questa volta non sbaglia e s’invola al comando seguito come un ombra da Hulme da Gurney e Parnelli Jones. Il duo arancione prova a fare il vuoto, ma questa volta Gurney tiene il ritmo con apparente facilità e Parnelli Jones segue a breve distanza ingaggiando un bel duello con Lothar Motschenbacher. A dispetto del calore il ritmo è molto buono, ma non dura molto. Gurney è il primo del gruppo di testa a mollare per surriscaldamento mentre da dietro Morley (18°) ed Eve (23°) stanno risalendo. (John Lacko) Bud Morley Lola T70 Mk2 da 18° a 4°, il caldo nemico per molti alleato per pochi. (Dave Friedman) Bill Eve Lola T70 Mk3, anche lui da 23° a 6° approfittando dei tanti ritiri, ma vedere il traguardo oggi è sicuramente un titolo di merito. Le due McLaren fanno ormai corsa a se, Parnelli Jones perde tutti i giri qualche decimo; dietro di lui Jim Hall, Spence, Motschenbacher, Revson e Donohue che sta facendo una gara incolore. Al sedicesimo giro è Parnelli a cedere vittima del vapor-look che ammutolisce il suo Ford. Spence spinge ed avvicina Jim Hall ma non fa in tempo a gioirne che i suoi freni spremuti lo abbandonano e deve rientrare. Il ritmo comincia a calare, molti sono già a pensare in ottica “arrivareâ€; non certo i due davanti che si inseguono a suon di giri veloci facendo un bell’elastico. La corsa è un’ecatombe, Surtees, che è in corsa con la vecchia Mk2, esce di pista e si ferma, Motschenbacher si ferma con il radiatore danneggiato in un contatto precedente e Parsons rompe il cambio. Da dietro vengono fuori i comprimari di lusso come John Cannon che sarà settimo alla fine. (Dave Friedman) JohnCannon McLaren M1B Quando si arriva all’ultimo quarto di gara dietro le McLaren casa, ormai doppiati si trovano ancora Jim Hall, Revson, Donohue in crisi e Follmer. Le difficoltà di Donohue si concretizzano poco dopo in una gran fumata e l’ultimo vero sussulto lo regala Hulme che non è da meno inondando d’olio il rettilineo d’arrivo. McLaren vince e recupera nove punti a Hulme, sul podio con lui Jim Hall che ora sembra aver trovato quel pizzico di velocità in più per lottare con le McLren e Follmer che fa la formichina e si ritrova con un signor risultato senza aver fatto un gran che. (Ron Laymon) Jim Hall Chaparral 2G Chevrolet gli manca ancora un pizzico per lottare con le McLaren casa. (Jaloupy-Journal) Gorge Follmer Lola T70 Mk3 Penske Il suo merito è l’aver portato la macchina al traguardo; in giornate come questa il risultato è una diretta conseguenza. Sono a punti Morley quarto, Amon quinto e Bill Eve sesto. Finiscono in nove stremati per il gran caldo e per i meccanici ci sarà un gran lavoro prima di andare a Riverside per il Los Angeles Times Grand Prix. (Dave Friedman) Bruce è tornato alla grande, facendo volare la sua M6A e rosicchiando una bella fetta del vantaggio di Hulme su di lui. (autodiva) Con la seconda 350P Jonathan Williams chiude 8°, ottenendo quella che sarà la sua miglior performance nelle sue tre partecipazioni. (Dave Friedman) Frank Matich torna, dopo la pausa di Mosport, con l sua Matich Sr3 Repco ed ottiene la sua miglior qualifica, 13°; in gara sarà out per surriscaldamento e non andrà meglio a Riverside, sua ultima uscita per questo tribolato 1967 (Merle Brennan Coll.) Merle Brennan, con la sua Genie Mk10 Chevy, fa meglio di tanti giovani rampanti e si prende di ritmo un bellissimo 9° posto. Alla prossima ... Special US, gli artigiani della meccanica. Franz
  25. Salve a tutti, dopo qualche giorno di vacanza proseguiamo ... “Lo sport del motore è pur sempre fatto di, e da, uomini … la miglior macchina del mondo da sola non va da nessuna parte!†Bill France Sr. (Ron Laymon) John Surtees in piena crisi di gomme (Firestone in debito di grip rispetto a Good Year) controlla con “sofisticati strumenti di precisione†il precarico dei suoi ammortizzatori a Bridgehampton. (TNF) Giulio Borsari fa buttare acqua ad un accaldato Chris Amon a Laguna Seca. Un quinto posto si porta a casa anche così. La temperatura è elevatissima, ma Chris sembra comunque sorpreso. (Karl Kainhofer) Un futuro protagonista della Can-Am , un giovanissimo Al Holbert si occupa della Lola T70 di Donohue nel Team Penske, sotto l’attento controllo di Karl Kainhofer Chief-Crew di Penske; sono le radici che ci fanno volare! (TNF) Ralph Salyer & Charly Hayes a colloquio, ed il pilota sembra perplesso. Che Salyer gli abbia appena detto : “benzina e cammina!†? (Ron Laymon) Meccanici! Primi ad arrivare ed ultimi ad andare via, “nastro americano e filo di ferro†spesso erano la strada per successi insperati. Alla prossima ... Laguna Seca ... Franz
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