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sundance76

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Contenuti inviati da sundance76

  1. Lungo e corretto servizio di Pino Palumbo e Francesca Pasetti su Hannu pubblicato in "Auto d'Epoca" di aprile 2021. Viene anche dato ampio spazio alla sua militanza in Lancia nel '67-'68, chiamato da Cesare Fiorio.
  2. Sono passati solo tre anni, e oggi siamo già a gare di 290 km. Non so quale sia l'obiettivo finale.
  3. Bjorn Waldegard e Hans Thorszelius in controsterzo su Mercedes impegnati al Safari rally 1979, quando chiusero al 6° posto.
  4. L'Auto Union di Momberger davanti all'Alfa Romeo di Varzi sulla curva sopraelevata (diversa dall'attuale).
  5. Interessantissima intervista con illuminanti aneddoti ad Ari Vatanen, l'acrobatico finlandese campione del mondo 1981: https://www.rallyssimo.it/2021/10/02/ari-vatanen-il-consiglio-di-mikkola-e-altri-ricordi/
  6. [..] Un altro pezzo di Ferrari, solo un motore, in Giappone giunge sesto montato su di un telaio Sauber. Roba svizzera fino a un certo punto, perché di solito si rompe. Al volante del marchingegno c’è un piccoletto dagli occhi azzurri. Un tipo piuttosto iracondo che al volante di monoposto improbabili riesce a fare cose impossibili. Si chiama Jean Alesi e ha sangue di Trinacria diluito nelle acque della Loira. È cresciuto ad Avignone. Quando i francesi ci portano via papi e piloti, poi li fanno crescere lì, in cattività. [..] Pugile crepuscolare, farfalla d’inverno, guerriero di ghiaccio quando l’estate è ormai alle porte. Sì, il Jean che va a correre nel ’98 per la Sauber perché non trova di meglio. L’ex enfant prodige cresciuto e divenuto d’un tratto uomo senza illusioni. Con gli occhi azzurri ora cerchiati da rughine a ragnatela, coi capelli pronti a diventare fili stanchi della vita. Uno che in testa ha i ricordi che, spietati, premono sui sogni, schiacciandoli col martello del realismo duro e maturo. Lo sa benissimo, il Jean che giunge sesto a Suzuka con la Sauber. È consapevole che quel punticino è un latte della vecchiaia e nient’altro. Sa che non vincerà un titolo mondiale, sa che il Gran Premio del Canada 1995 resterà il solo da lui vinto, sa che sarà dura anche tornare sul podio, un giorno. Sa che la Formula 1 per uno col suo passato, è una promessa di ieri che adesso corre lontana, una barchetta di carta sull’acqua, con la quale giochi, giochi, poi lei fugge e ti pianta lì. Ma a Jean, a questo Jean, la cosa non importa più di tanto. Quando ha un volante tra le mani o un microfono appoggiato al mento reagisce d’istinto, come sempre. È meravigliosamente incontrollabile e romanticamente imprevedibile. Quando parla e quando guida è solo azione, eroico furore, impeto dionisiaco allo stato puro. A noi quest’uomo piace così, piace adesso più di prima, perché comunque vada non si arrenderà mai, perché anche senza Ferrari combatte, guida da Dio, si agita, ci prova sempre e a volte ci riesce. Piace perché non è decaduto anche se sa di essere decadente. Dal setaccio del destino, che con gli anni gli ha tolto sogni, giorni di test a disposizione, qualche zero nello stipendio e alcuni cavalli dal motore, è sfuggita la cosa più bella. La voglia di continuare ad essere Jean Alesi. (Mario Donnini, AutoSprint eXtra, dicembre 1999)
  7. Altro importante documento sulla vittoria al rally dell'Oman 1988:
  8. Vabbè Montecarlo è sempre stato così, anche nel 1935 ci si lamentava che non si poteva sorpassare. La peculiarità di Montecarlo sta tutta nel correre tra le case ed evitare di toccare le barriere. E su un campionato di 15 gare (pardon, 25) ci può stare benissimo.
  9. Il Sanremo '76 visto da Guido Rancati sulle pagine di Rombo nell'autunno '90:
  10. Ma è proprio questa malintesa "concretezza" che ci ha portato nel circo delle griglie invertite, delle Q1, QN, delle garette-1, garette-2, del parco chiuso permanente, delle macchine che da siluri aeronautici diventano impacciati cubetti di ghiaccio appena cadono due gocce, delle architetture di motore IDENTICHE fino all'ultima vite (vabbé so che a nessuno frega l'aspetto motoristico), della standardizzazione delle componenti, fino ad arrivare alla presentazione del manichino della F1 2022 progettata in pratica dalla FIA. Il problema sono le macchine, i regolamenti tecnici. Quelli sportivi li stanno già massacrando al punto che di sportivo non hanno nulla. E con macchine del genere, i circuiti migliori sono stati cancellati. L'ultima pista della penultima generazione, Francorchamps, sta sull'orlo della cancellazione. Ma di quale concretezza possiamo mai parlare...?
  11. Da quello che scrivi è ulteriormente chiaro che il problema sono le vetture attuali. Quindi i regolamenti tecnici.
  12. Beh, con le auto è molto diverso.
  13. Bisognerebbe cercare di ripeterlo in modo martellante che il problema sono le macchine, anche sui social e nei pseudo-sondaggi.
  14. Sì, perché ci saranno le macchine next-gen, come nel 2014.
  15. Ferrari ce la farà a essere quinta forza l'anno prossimo?
  16. E' ovviamente una sensazione, dunque irragionevole, ma non vedo come Verstappen possa perdere questo titolo.
  17. In effetti io, in modo equo tra noia e disgusto personale per il contesto tecnico e sportivo, e la circostanza di dover pagare addirittura un abbonamento agli autori di questo disgusto, già da anni perdo il 90% delle dirette annuali di F1.
  18. Certo che sentire Nino Vaccarella che racconta di quando alcuni suoi avversari o compagni di squadra arrivavano per la prima volta sul Piccolo circuito delle Madonie di 72 km (il Grande era quasi 150) tra strapiombi, rocce, folla, e gli chiedevano: "Ma dobbiamo correre qui?", e lui diceva: "Sì", e loro incassavano e poi correvano, crea un pesantissimo straniamento quando torno a occuparmi di F1 e c'è il circuito (!) di Sochi (!!) e si annulla la sessione perché piove. E' il progresso, intendiamoci, ma è come la piscina Kneipp...
  19. Da "Quattroruote" del 1970 il servizio sulla lunghissima e massacrante gara:
  20. ADDIO, NINNI Di Gianni Cancellieri Nino era proprio il suo nome. Non derivava in scala diminutiva, come tanti, da Antonio: Vaccarella Antonio-Antonino-Nino. Per gli amici era Ninni, che è una forma affettiva. Lui non era il diminutivo di nessuno. Portava con limpida fierezza la sua sicilianità colta e ironica, pazientemente attento al dettaglio: “intendiamoci bene”. A chi lo chiamava “Preside volante” precisava che dell’Istituto Oriani di Palermo, scuola privata ereditata dai genitori, preside era sua sorella: lui, il vice. Ma si sa, i nomi di battaglia, specie nello sport, divengono immortali e a un certo punto si arrese. Non si arrese mai, invece, al vedersi indicare con una sorta di marchio quasi esclusivo come “il re della Targa Florio”. Ricordo una conferenza stampa in cui fu presentato con questa qualifica prestigiosa ma riduttiva. Si alzò per ringraziare e si disse orgoglioso delle sue vittorie in quella corsa, la più antica del mondo e una delle più difficili, “addirittura un mito per noi siciliani”… e da lì passò a un irresistibile plurale maiestatis: “ma è anche bene chiarire che da tempo abbiamo attraversato lo Stretto per andare a correre e a vincere al Nürburgring e a Le Mans, a Sebring e a Daytona, a Monza, al Mugello, a Imola e così via”. La pacatezza quasi sorridente con cui rivendicava quell’incontestabile credito di considerazione me lo fece ammirare oltre ogni dire. La prima volta che lo vidi correre guardò davvero in faccia la fetida Signora in Nero: prove della 1000 Km del Nürburgring 1963, volo agghiacciante e cappottamento con la Ferrari 250 P che divideva con Bandini… l’attesa dei soccorsi imprigionato nelle lamiere con 200 litri di carburante e concreto pericolo di incendio… Era venerdì 17 ma se la cavò con un braccio massacrato e mesi di convalescenza. L’anno dopo al Nürburgring era primo con Scarfiotti e due settimane più tardi trionfava con Guichet nella 24 Ore di Le Mans… appena sceso dal podio lo ricordo preoccupato per problemi di coincidenze aeree che rischiavano di impedirgli di essere l’indomani a Palermo all’apertura della sua scuola. Passò da Bologna tre anni dopo, diretto a Maranello, e venne a far visita alla minuscola redazione di Autosprint. Mi ero sposato da poco e lo presentai a Daniela, mia moglie, che lavorava nell’amministrazione della casa editrice. E che, da buona bolognese, lo invitò a pranzo da noi: la nostra casa era a due passi dal giornale, a sua volta vicinissimo a un laboratorio di pasta fresca. I tortellini erano appena usciti dalle mani dell’artigiana (per la storia, Maria Franceschi) e Ninni – che per inciso si era presentato con un vassoio di… micidiali dolcetti di pasta di mandorle – li gustò moltissimo. Trovò il Lambrusco leggerino (e per forza, direi, conoscendo la media dei “volumi svolti” nei vini della sua isola) ma si trattenne amabilmente rievocando episodi e retroscena vari. Ci facemmo raccontare la premiazione di Collesano dopo la vittoria nella Targa del 1965, con Ninni, atteso dal sindaco, che arrivò in paese durante una processione religiosa e che riconosciuto dai fan fu acchiappato e portato in trionfo. Rise quando parodiai gli ultimi versi di “Bocca di rosa”, la canzone di Fabrizio de André appena uscita e già di grande successo: “...e con la Vergine in prima fila / e Vaccarella poco lontano / si porta a spasso per il paese / l’amore sacro e l’amor profano”… Poi il tempo creò fatali distanze, rari incontri, qualche telefonata, il ricordo dei tortellini, gli auguri di Natale. Poi il colpo atroce del destino e l’incidente d’auto dell’amatissimo figlio Giovanni, condannato alla quasi immobilità. E Ninni a lottare per reggere il peso della tragedia e ancora presente fino all’ultimo a eventi dello sport mai uscito dal cuore. Come lui mai uscirà dal nostro. Nella foto di Franco Varisco: Nürburgring, 5 giugno 1966. Internationaler ADAC 1000-Kilometer Rennen. Nino Vaccarella e Lorenzo Bandini. Tra di loro, l'autore del pezzo, Gianni Cancellieri all'epoca inviato di AutoSprint.
  21. Finalmente ho trovato qualche fotografia e documenti sulla vittoria di Waldegard al rally dell'Oman 1988:
  22. Nino Vaccarella spiega le differenze tra la dominante Porsche 917 e la sfidante Ferrari 512S, rivali della titanica stagione '70 con le grosse Sport da 5000 cc.
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