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sundance76

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  1. Perdonami, non ho visto notizie relative a tali festeggiamenti.
  2. MISSION IMPOSSIBLE ALLA TARGA La nave ci aspettava col portellone aperto, pronta ad inghiottirci e a portarci lontano, mi veniva sempre un senso d’angoscia nel salirci dentro ed annusare quell’odore di nafta e di mare che ristagna nel garage dei traghetti. Era un prezzo questo che bisognava pagare tre volte all’anno. Sardegna Elba e Sicilia in quell’anno 1986. La Sardegna prima gara della stagione era andata malissimo, dopo una decina di km. nella prima speciale raggiunsi Paola De Martini forse in difficoltà e appena la superai persi la ruota davanti. Era cambiata la squadra, il navigatore ma la terrificante Escort Turbo era intenzionata a rendermi martire ancora per un po’. Avevamo perso il bullone che tiene il puntone di reazione della sospensione anteriore, semplicemente perso per strada, stretto male, cose che capitano solo a me, pensai amaramente mentre rientravo in hotel. Ormai era diventata una barzelletta. All’Elba le cose non andarono molto meglio, riuscimmo a fare una decina di prove vincendole tutte prima che un semiasse si torcesse come un bigolo all’anitra. “Lo cambiamo” dissi con tranquillità a Repetto che guardava mestamente la scena. “Non ne abbiamo perché non ce li hanno ancora mandati” e così incassai l’ennesimo ritiro, senza nemmeno arrabbiarmi più. Ora ci stavamo imbarcando per la Sicilia, sperando che Qualcuno finalmente guardasse giù e ci facesse portare al traguardo qull’arnese maledetto. La traversata durava 26 ore, Genova-Palermo, mi tornava in mente mia nonna e mio nonno emigrati negli Stati uniti nel 1902 e ritornati verso il ‘20 con una cassa di dollari d’oro sotto il sedere sulla quale restarono seduti a turno per tre settimane in modo da custodire il frutto del loro lavoro di 20 anni. Il primo colpo di scena avvenne dopo sei ore dalla partenza della nave. Me ne stavo seduto sul ponte al sole a leggere un noiosissimo libro sullo sfondamento del fronte Isontino nel 1917 quando il traghetto fece marcia indietro. Si girò di 180 gradi e tornò indietro. L’agitazione a bordo aumentò, tutti si chiedevano cosa succedesse, per molto tempo ci rendemmo conto che la nave tornava indietro ma nessuno ne conosceva il motivo. “Avvisiamo i signori viaggiatori che per motivi tecnici stiamo tornando al porto di Genova” “Toh che ci ritiriamo anche qui” Adocchiai immediatamente le scialuppe e i salvagente, pur sapendo che non correvamo rischi di affondare visto che la nave pareva in ottima salute, ma ad analizzare le ultime gare era meglio pensarci. Finalmente entrammo nel porto scortati da due motovedette della polizia, quando attraccammo fecero mettere tutti vicino alla propria macchina mentre un nugolo di poliziotti salirono a bordo chiedendo i documenti a tutti, come nei film americani. Sotto la nave una squadra di sommozzatori perlustrava la chiglia, un’agitazione tremenda. “C’è stato un allarme bomba” disse un poliziotto armato mentre chiedevo gentilmente il motivo di tutto quel casino. La bomba non fu mai trovata e nemmeno ci fu, visto che 36 ore dopo attraccavamo a Palermo, nella meravigliosa Conca degli Aranci. Quello che succedeva in albergo era sempre un cinema, non so come non ci avessero buttato fuori l’anno prima quando buttammo in piscina due camerieri con tutta la scorta di biancheria, oppure quando entrammo con la lancia antincendio nel ristorante facendo volare i piatti come fossero di cartone, gli agguati erano all’ordine del giorno, gavettoni di tutti i generi anche con sacchi della spazzatura, addirittura buttammo un materasso in piscina sopra il quale (finchè rimase a galla) ci si sdraiava a turno fingendo di prendere il sole, i poveri gestori dell’hotel ci guardavano sgomenti e ogni tanto pensavamo che perdessero la pazienza chiamando i Carabinieri o qualche cosca locale disposta a fare del cemento coi nostri resti. Provando la macchina Folco e Sghedoni persero una ruota posteriore finendo miracolosamente illesi dentro un frutteto, demolirono una ventina di metri di recinzione e passarono illesi in mezzo agli alberi senza danni. Non riuscimmo a fare in tempo a rallegrarci dell’accaduto che arrivò il proprietario del frutteto con la doppietta. Micci ci mise tutta la diplomazia e un bell’assegno per calmare il picciotto incazzato “Siete nel mio territorio” diceva minaccioso. Finalmente alle 22 la Delta S4 di Cerrato Cerri lasciava rombando le tribune di Cerda gremitissime di folla per iniziare la prima prova speciale, la Targa lunga quasi trenta km. La macchina non andava poi male sicuramente meglio dell’anno prima, stava in strada come il gruppo N visto che l’assetto era identico, frenava meglio e più a lungo. Repetto aveva eliminato qualunque cosa fosse inglese come il complicato ponte posteriore e i braccetti allungati che facevano andare la macchina dappertutto. L’unica cosa rimasta era il cambio e il suo malefico leveraggio. Purtroppo ogni tanto la marcia scappava fuori e per rimetterla ero costretto a fermarmi e a ripartire, cosa incredibile che mi capitava almeno una volta a prova speciale. Il fondo viscido della Targa è una caratteristica che solo chi la conosce può capire, si scivola dappertutto soprattutto quando si pensa che la macchina ci stia. “Mio padre ha detto di stare attenta alle cacche dei somari” Mi disse Prisca Taruffi e suo padre di Targa Florio (quella vera) se ne intendeva. Vinsi le prime 6 prove con davanti le 2 Delta S4 di Cerrato e Tabaton la Peugeot T16 di Zanussi e 5 Lancia Rally 037 e pur fermandomi ogni tanto in prova riuscivo a difendermi bene dagli attacchi delle Opel che erano le più titolate del gruppo A. Dalla prova sette alla undici ebbi dei problemi con il leveraggio che mi fece perdere qualcosa ma terminai la tappa in testa al gruppo A con un minuto e sette secondi su Fabrizio Fabbri che con l’Opel di Conrero andava come un treno. Al primo controllo della seconda tappa le due Opel arrivarono al limite del loro orario. “Che succede alle Opel Carlo” Chiesi per radio a Micci mentre avevo già il casco in testa ed ero pronto a partire per la prima speciale della seconda tappa. “Stanno a lavorà, non fidarte che stanno a cambià qualcosa” Accidenti me lo immaginavo. Io sono qui per miracolo divino e ogni chilometro è regalato e loro cambiano l’iniezione ora mi bastonano. “Stai calmo e vediamo qui come va” Mi disse Enrico Riccardi che mi sedeva a fianco mentre la mano del cronometrista si apriva per darmi il meno cinque. Ero inquieto e guidavo un po’ strappato sempre con l’occhio dietro a scrutare la notte. A metà prova vidi piombare i fari di Fabbri dietro a me improvvisamente come una furia scatenata. “Porca puttana ci ha preso!!” “Ci ha mangiato almeno quaranta secondi” Urlai mentre lottavo più contro me stesso che contro la macchina. “Stai calmo e guida” Fu uno shock mi misi a picchiare il cambio per evitare che le marce uscissero e iniziai a fare l’impossibile. Al controllo stop ero affannato con il cuore a 200 e avevo guardato di più lo specchietto che la strada davanti a me, perdevamo 28 secondi ce ne restavano ancora 39 ma di quel passo e da come avevo dovuto fare la discesa di Caltavuturo se non durava la macchina non duravo di sicuro io. Una rabbia enorme dentro me e la gara che stava volgendo in una brutta direzione. “Ora qui a Polizzi o sistemiamo lui o sistemiamo noi” dissi al mio preoccupato passeggero. Mentre salivo dalla larga strada pensavo solo a non far uscire le marce, a volte la tenevo con la mano, soprattutto nelle curve a destra dove erano più soggette ad uscire. Mi sparai giù dalla discesa con decisione sfruttando tutto quello che potevo della povera Escort mai portata a quei limiti prima di quel momento, con una rabbia enorme. Recuperammo 15 preziosi secondi e poi nella prova dopo, quella di Lascari altri 12 a Castelbuono ne perdemmo solo uno e a Polizzi ancora ne guadagnammo altri 10. Il ritmo era infernale anche per la rapida successione delle speciali che non lasciavano respiro. A fine ps 19 il vantaggio era tornato a un minuto e quindici e la macchina stranamente teneva ancora. La lotta continuava spietata e nella 21 perdevo 15” più per un cosciente rallentamento in cerca di tirare il fiato e la paura che cedesse qualcosa, l’alba iniziava a rischiarare le colline sicule era l’ora più critica che già mi aveva creato problemi una volta all’Elba, ero stanchissimo la macchina impegnativa mi toglieva le forze e Fabrizio era un martello pronto a picchiarmi nel casco ogni volta che alzavo il piede, spietato, in forma più che mai. Mi fermai in un bar a bere un caffè e poi una lattina di Coca Cola rimedio incredibile contro il sonno e via di nuovo per le ultime quattro prove, sperando che la ormai stanca Escort ce la facesse a portarmi in fondo. Guidai molto bene nella 22 e nella 23 sentendo ormai la vittoria avvicinarsi. Alla fine della 23 aspettavo come sempre che arrivasse Fabbri allo stop per vedere che tempo aveva fatto. “Caspita non arriva più” Diceva Enrico quasi con un senso di preoccupazione. “Eccolo…ma non è lui questo è Milanesi, si è fermato… andiamo dai ora possiamo respirare” Mi sembra che uscì di strada o ruppe qualcosa quando ormai mancavano due prove alla fine. Tuttavia terminò la gara ma attardato di quasi 5 minuti. Ormai la via era spianata e mancavano solo due prove alla vittoria. Le affrontammo con calma senza sforzare la macchina e senza rischiare nulla, quasi all’andatura di trasferimento. Sull’ultima salita dell’ultima speciale improvvisamente la frizione iniziò a slittare, una doccia fredda, la fine che beffardamente si avvicinava a un soffio dal traguardo. “Non riusciamo più a salire, quanto manca” “Meno di cinque chilometri” “No non ci possiamo fermare qui! Questo no no e no….!” Ma la macchina si ferma e non sale più, un fumo azzurro esce dal cofano con un pessimo odore di olio da cambio che invade anche l’abitacolo. Enrico butta le note sul cruscotto e quasi inizia a piangere. “E no questa non me la fai! Enrico allunga la gamba e quando te lo dico schiaccia forte la frizione!” Gli urlo mentre scendendo afferro l’estintore a polvere che c’era sotto i suoi piedi. Apro il cofano e una fumata mi viene addosso quasi a scacciarmi per impedire il mio intervento. “SCHIACCIA” e pum….una nuvola di polvere bianca. Do un colpo di estintore dentro al foro di registro da dove si vede la frizione girare. “SCHIACCIA” e pum ancora. Gli ributto l’estintore “Tienilo in mano” risalgo in macchina e ripartiamo senza nemmeno rilegarmi le cinture dall’eccitazione. La macchina riparte come se la frizione fosse nuova, tiro poco le marce evitando strappi e in pochissimo arriviamo al controllo stop perdendo circa un minuto. La gara era virtualmente conclusa mancava solo l’ultimo trasferimento di una decina di km. “Rifacciamo l’operazione dai” Scendo e do ancora un paio di colpi di estintore….. “Vai adesso e se ti fermi ti carico in braccio e ti porto sulla pedana” Urlavo come un matto. Tagliamo il traguardo e vinciamo la Targa Florio in gruppo A sesti assoluti. Poche volte in vita mia ho provato una gioia tale, portare la recalcitrante Escort Turbo Gruppo A alla vittoria in una gara del Campionato Europeo, dopo una lotta bellissima con un finale da brivido, forse la più bella vittoria della mia carriera, credo sia stata l’unica volta che quel modello ha vinto qualcosa in Gruppo A. Erano due anni che non vincevo una gara, dal Rally di Teramo del 1984 e appena scesi dalla macchina mi misi a saltare come un pazzo dalla gioia, afferrai Repetto e lo sollevai di peso saltai sul cofano a braccia levate. Avevamo vinto, incredibilmente. Il trionfo fu completo perché anche Folco e Sghedoni vinsero il gruppo N. La macchina andò in verifica e mi feci riaccompagnare in hotel dal pulmino dei piloti Audi. “Me lo avevate detto” Disse ad un tratto il loro direttore che era al volante. “Me lo avevate detto ieri sera che oggi andavate a prendere Caneva… ma non mi avevate detto che lo prendevate per portarlo in albergo” Disse ridendo e giocando sul doppio senso della frase. Mi lasciai cadere sul sedile e in un attimo assaporai quel bellissimo momento, sembrava perfino che l’Escort fosse diventata una bella macchina. (Vittorio Caneva, "Rally - Il sapore della passione").
  3. Un articolo condivisibile, sulla ingiusta marginalità a cui gli scrittori di automobilismo vengono relegati: https://autosprint.corrieredellosport.it/news/sterzi-a-parte/2021/07/12-4482503/cavicchi_bravo_e_ci_fa_risarcire_/?fbclid=IwAR1lHHC-XTyFnw-Hf2oGCpBCXDxGLmUkijiN14FihXvi59Ck1e9TemsZq8o
  4. Le Auto Union sul prato di Monza e la griglia poco prima della partenza, foto colorizzate ma danno un'idea.
  5. Sì, ma a me serve una copia cartacea.
  6. Il via del GP di Svizzera 1936 al circuito del Bremgarten. Da sinistra, Rudi Caracciola su Mercedes (pole), Bernd Rosemeyer e Achille Varzi, entrambi su Auto Union. E' la gara delle polemiche tra Rudi e Bernd, col primo che viene accusato di aver pericolosamente chiuso più volte il rivale che tentava il sorpasso. Rosemeyer poi passerà e andrà a vincere, ma i due avranno un'accesa discussione in ascensore nell'hotel, e per diversi mesi non si parleranno. E' anche il week end in cui il direttore sportivo dell'Auto Union fa irruzione nella camera d'albergo di Varzi, sorprendendo la compagna, Ilse Hubitsch, con aghi, siringhe e morfina. Nel paddock, come una bomba sottomarina, la notizia fa il giro dei team. E' la conferma della dipendenza di Achille Varzi dalle sostanze stupefacenti. In gara, il campione italiano arriverà 2°, ma sarà l'ultimo sprazzo prima di un lungo e oscuro tunnel per uscire dalla tossicodipendenza.
  7. Se qualcuno si imbatte nell'AS n.1 del 1986 o nel n.44 del 1975 mi faccia un fischio.
  8. Sul numero di luglio di Ruoteclassiche un servizio sulla Ford Escort (a destra) che vinse il Safari '72 con Hannu Mikkola, primo non-africano a vincere la maratona.
  9. Dopo la scampagnata orario-pasti dei giorni scorsi, immagino siate tutti golosi di assaporare una cronaca del vero autentico Safari rally, come quello di 5mila km del 1982 col nuovo incredibile duello tra Mehta e Aaltonen, dopo i "veleni" dell'81:
  10. Comunque Fujimoto nel 1995 vinse il Safari, che era valido per il Campionato Mondiale Marche 2 litri, ma pur sempre "mondiale". https://www.p300.it/wrc-rally-safari-2021-neuville-tradito-da-una-sospensione-sebastien-ogier-vince-in-kenya/
  11. Verstappen ottiene il suo 13° successo, superando Mario Andretti, Carlos Reutemann, Alan Jones e raggiungendo Alberto Ascari. Ormai è chiaro: intende superare persino Graham Hill (14) Jack Brabham e Stirling Moss (16).
  12. 24h DI DAYTONA '76: MERZARIO IN STOCK "[..] Innanzitutto mi ha divertito l'idea delle porte saldate per cui per entrare ed uscire lo devi fare attraverso il finestrino [..] Quando sei dentro ti trovi ingabbiato. Non ho mai visto tanto roll bar dentro una macchina. Credo che tagliandoli basterebbero per tutte le F1 di un GP. Comunque alla faccia della sicurezza, dentro ti senti protetto, e non potresti esserlo meglio, ci sono più tubi dentro una stock-car che nella Torre Eiffel.. Appena metti in moto, ti aspetti un motore che borbotta in basso con tanti cavalli, tipo Pantera; invece appena acceleri i sette litri e i 900 cavalli si scatenano subito in un sibilo. Il borbottio dei soliti otto cilindri ad aste e bilanceri va a farsi benedire, qui sembra un motore di F1 come rumore, e due motori di F1 come cavalli... Daytona la conosco bene. In prova, dopo aver guardato per un'oretta il mio compagna Ed Negre e la sua Dodge mi sono messo anch'io a cercare di fare i tempi. Guidare come fanno gli specialisti di stock non mi divertiva, quindi dopo alcuni assaggi, ho guidato alla mia maniera... in tre giri ho tolto 12 secondi al tempo del mio compagno, il quale a bordo pista guardava a bocca aperta la sua Dodge blu e il cronometro.. Non sapeva capacitarsi. [..] Mi sono divertito molto anche in gara. Avevo girato poco in prova, ma in gara ho capito la macchina mia e le altre. Finché eravamo nelle posizioni di rincalzo, guidavo i miei 900 cavalli in modo normale all'americana, ma quando dopo ripetute fermate eravamo ormai tagliati fuori dalla lotta, mi sono divertito e ho fatto divertire il pubblico. Quando ho capito che non c'era più niente da fare ho cominciato a guidare come si guida una GT, derapate nelle curve, impostavo le traiettorie di traverso per utilizzare il meno possibile i freni. Questo è un capitolo a parte, le stock-car nate per gli ovali non sono curate nei freni e la mia Dodge aveva due minuscoli freni a disco come una "cinquecento", con 900 CV di potenza, e 16-17 quintali di peso, beh, non era il caso di adoperarli".
  13. Senza dubbio c'è qualche espediente: nessuno più slitta in partenza. Tutti maghi.
  14. Non male. Quanti erano in partenza, una cinquantina?
  15. Tanto alla fine gli altri rompono e vince di nuovo Ogier. Piuttosto, come sta andando Zasada?
  16. Chissà come sta andando la visita guidata in Kenya.
  17. Ma ormai non serve più indignarsi, in un Paese dove ci sono 25enni interpellati che credono che Aldo Moro fosse un terrorista e Berlinguer un poliziotto francese. Pensi faccia differenza sapere quando nacquero i GP? Sarebbero il meno.
  18. Fra l'altro ho letto che le prove speciali sono tutte ricavate in aree private... Altro che imprevisti, durezza e avventura.
  19. Oggi Michèle Mouton compie 70 anni. Curiosamente, ho letto che la sua navigatrice Fabrizia Pons è nata il 26 giugno.
  20. "LA" monoposto 2022. Liberty Media "la" mostrerà al pubblico. Vabbè, non parlo. https://www.livegp.it/f1-esclusiva-vi-sveliamo-le-prime-foto-della-monoposto-2022/?fbclid=IwAR0A5nttd9hNqyyFemGXDwZzXRKRL4nPcOHoBrNE7_yYBCFzVN8SSisy1dE
  21. Come dice lui, nel 1972 fu l'edizione più lunga 6500 km tutti cronometrati (al Safari non c'erano le prove speciali, ma solo i controlli orari a tempo imposto, e la classifica si faceva con le penalità dei ritardi a tali controlli), oggi siamo a 300 km scarsi. Al di là della diversità dei tempi, è del tutto impossibile recuperare il contesto d'avventura e durezza che caratterizzò il Safari.
  22. LA "QUASI" MACCHIA NERA "Ebbene sì. Anch'io. Lo sportivo integerrimo. Ci sono cascato anch'io. Una macchia nera. O meglio, una "quasi" macchia nera. Si correva il rally di Sardegna 1966. Estemporaneamente, tornavo al volante della Giulia Quadrifoglio. Più adatta. Su quelle stradine sassose la Gta non avrebbe retto. Io e Dante Salvay eravamo in lotta per l'assoluto contro la Fulvia HF di Cella. Prima di arrivare a Nuoro, affrontammo una prova in salita. E lì, improvvisamente, senza preavviso, il motore cedette, fuso. Riuscii a portare la Giulia fuori della prova speciale. Subito dietro arrivò un'altra Giulia del Jolly Club. Noi col numero 64, loro con il 66. - Invertiamo i numeri di gara - propose Salvay - mettiamo il 66 sulla vettura 64. Noi continuiamo, perché possiamo vincere, gli altri si ritirano... Voleva dire sostituzione di auto. Voleva dire "barare". Nella demenziale concitazione, tutti dissero di sì. Io compreso. I numeri cambiarono di portiera. Con la Giulia sana andai a fare la prova successiva, la salita Nuoro-Monte Ortobene. Finì la prima tappa. Eravamo primi. Notte. Insonnia, il rimorso. La coscienza si ribellava. E mi faceva star male. Dal cervello allo stomaco, era tutto sottosopra. "No Arnaldo - mi ripetevo -, queste cose no". Ero caduto nella frode, ma potevo ancora vanificarla. Il mattino dopo comunicai a Salvay che non si ripartiva. Tutti a casa. Non me la sentivo di continuare. Non era ancora giunto il momento di vendere l'anima al diavolo". (Arnaldo Cavallari, campione italiano rally 1962-1963-1964-1968) Foto di repertorio della stagione precedente
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