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  1. Elio11

    William Grover-Williams

    Avete notizie più circostanziate su William Charles Frederick Grover, pilota meglio conosciuto come "Williams" fra la fine degli anni Venti e gli inizi dei Trenta? Mi interesserebbe, tra l'altro, la sua 'carriera' post-agonistica - che prese il via dopo il suo secondo ritiro, avvenuto nel 1936 - tra le file dell'esercito britannico durante la Seconda Guerra Mondiale, in particolare le operazioni condotte nell'ambito della S.O.E.
  2. leopnd

    Giuseppe Campari

    L’8 giugno 1892 nasce a Graffignana, comune della Lodigiana, Giuseppe Campari, anima in precario equilibrio e pilota automobilistico. La velocità in quei primi anni del Novecento non era ancora diventata un affare sociale. Correvano tutti, i nobili e i meccanici, gli ingegneri e i garzoni, le donne e gli uomini, i baritoni e i banchieri. Quella smania contagiava cronisti e pittori, artisti e impiegati, pensatori e politici. Si lasciavano stregare dal graffio dell’aria, dall’enorme tensione del volante e da quel pedale rigido e lungo che, quando affondava la sua corsa sino in fondo, faceva urlare il motore al cielo scodando sulla ghiaia in un vortice di breccia, polvere e sassi. Le corse d’auto erano un fenomeno frequentato e popolare, sentito e sognato, più della nobile arte pedatoria, dell’atletica o della marcia. Perché le auto volavano sui selciati e sulle strade, sfioravano il quotidiano, sfidavano apertamente la lentezza di quel mondo antico facendo assaporare e intuire la bellezza furtiva di un futuro che si preannunciava esaltante e ringhioso quanto e più del rumore che si lasciavano in scia. Quell’automobilismo d’assalto e leggendario, al di là dei suoi eroi, non sopravvisse a quella grande stagione. Si spense, al pari delle speranze, in un’Italia tradita da un benessere predicato e mai conseguito, rimanendo per decenni l’ombra di una promessa, un inganno collettivo, dolce, sopito e crudele. Ma quella stagione, tra comparse e comprimari, conobbe anche molti fragili eroi e grandi leggende. Come Borzacchini, Nuvolari, Brilli Peri, Varzi, Ferrari, Ascari e Maserati. Come anche Giuseppe Campari da Graffignana, “el negher” per amici e avversari. A Giuseppe piaceva la vita, il bel canto, i motori, le sfide, la cucina e le strade. Era diventato collaudatore in Alfa dove si era fatto apprezzare per l’innata capacità di domare quei pesanti e instabili siluri d’acciaio su quattro ruote. Non era l’aria che sferzava il volto, che schiacciava gli occhialoni, che spingeva il berretto all’indietro quasi volesse strappare la testa dal collo. Non era nemmeno la pioggia che bruciava la pelle o il sole che accecava e confondeva l’orizzonte. Domare quei pesanti mostri significava mangiare e sputare polvere, come e più di un manovale in un cantiere stradale. Campari, il suo soprannome, lo doveva proprio a questo. Perché quando, dopo una giornata di prove, infine scendeva dalle auto che aveva testato era ricoperto di polvere e sabbia da capo a piedi ed aveva cambiato colore. E allora si ripuliva come poteva con il suo solito fazzoletto color cremisi e si infilava in qualche osteria a cercare compagnia, a rimediare vino e agnoli per fare notte, tra belle arie e romanze. Per Campari la lirica non era soltanto una passione. Era un modo di vivere e guidare. Più del virtuosismo gli apparteneva il respiro agrodolce del melodramma, della tragedia, di quel modo leggero e inquieto di accarezzare dossi e curve, dove peraltro era solito regalare brividi, emozioni e spettacolo. Perché Giuseppe era l’unico a cui riusciva la magia, l’unico in grado di cambiare marcia in frenata senza grattare, spingendo la frizione sino alla fine del mondo per due volte in rapida sequenza, in una sorta di diabolica doppietta. Sfidava la polvere e passava leggero volando sugli sterrati, scodando e fendendo il muro di gente che, trattenuta a stento dalla milizia, si rassegnava ad inseguirne tramortita il profilo sino a scivolare nel suo cono d’ombra. Campari era la velocità e tutto quello che le si poteva chiedere. Giuseppe era naturalmente dotato di una forza poderosa, aveva capelli neri e un corpo ricoperto da una fitta coltre di peluria. Era un baritono prestato al volante. Si portava appresso una voce discreta, un fisico rotondo e imponente, baffi volitivi, occhi scuri e profondi e, soprattutto, un coraggio da leoni. Sposò una cantante e provò anche a salire su di un palco in una notte d’opera al teatro Donizetti di Bergamo, cimentandosi nella «Traviata», il suo cavallo di battaglia, e rimediando ben pochi applausi e, pare, qualche aperta contestazione, perché, si sa, che i loggioni dei teatri mica si lasciano affascinare troppo dai miti. Forse anche per questo Campari divenne un asso del volante. Raccolse i suoi migliori e più esaltanti successi sul finire degli anni venti, quando ormai si cominciava a sentire il sordo e cupo rimbombo di un destino ineluttabile. Per tre anni sbaragliò la concorrenza di Nuvolari, Mazzotti, Strazza, Bornigia, Morandi e Varzi conquistando a ripetizione due edizioni della Mille Miglia, la Coppa Acerbo ed una manciata di Gran Premi, tra cui quello attesissimo di Francia per la “gioia” dei cugini transalpini. Si era ormai avviato ad entrare negli annali, a raccogliere i frutti della sua migliore stagione. Chissà dove sarebbe arrivato se il destino non gli avesse teso un tranello, se non lo avesse attirato nella trappola ordita da quella maledetta macchia d’olio durante il Gran Premio di Monza, nel tempio della velocità. La Duesenberg del conte Trossi rompe infatti il motore e inonda la pista di olio nel punto peggiore del tracciato, alla staccata della curva Sud, dove le monoposto arrivano alla massima velocità. In quel punto il macadam, reso già scivoloso per la pioggia, diventa una lastra di ghiaccio. Campari guida il plotone davanti al temibile e veloce Borzacchini, il pilota che di nome fa Baconin e che ogni volta imbarazza i gerarchi fascisti che lo devono premiare. Sono due compagni di scuderia, due colleghi, due anime inquiete e due strepitosi acrobati. Ma a quella velocità e in quelle condizioni precarie la bravura non serve a niente. Le due Alfa perdono aderenza, i due piloti lottano disperatamente con la gravità, poi scivolano lungo la tangente, si sfiorano e finiscono tragicamente fuori pista terminando la loro corsa nel fossato. Campari muore sul colpo, Borzacchini si spegne di lì a poco in ospedale. Nonostante le sonore proteste degli spettatori la gara continua crudele e feroce senza fermarsi, sino in fondo, come la vita e le inconsapevoli esistenze che la circondano.
  3. leopnd

    Gran Premio del Belgio 1933

    Dominio Nuvolari...
  4. Salve a tutti, pronto a partire per questo viaggio, che a differenza di quello precedente sulla Can-Am potrebbe non finire mai, tali e tante sono le storie da raccontare, perché ogni corsa e' un microcosmo fatto di mille mondi, abitati da creature fantastiche nate spesso dall'unione fra realtà così lontane tra loro da rendere impensabile il loro incontro ... a fra poco Franz
  5. 3D per il Gran Premio del Marocco del 1957...
  6. leopnd

    Le Foto d'Epoca 2018

    Thruxton, 1996... Ultimo round del campionato BTCC... Winklehock inesca il patatrak...
  7. 3D per il Gran Premio del Sudafrica 1966
  8. leopnd

    Solitude Racetrack

    Il Solitude Racetrack (in tedesco: Solitude-Rennstrecke o, più di rado, Solitude-Ring) è un circuito motoristico tedesco in disuso situato fra le città di Stoccarda, Leonberg e Bà¼snau, lungo la Mahdental (Valle di Mahden), in Baden Wà¼rttemberg, attivo tra gli anni venti e gli anni sessanta. Come molti circuiti ad esso contemporanei, il tracciato era composto da strade pubbliche chiuse in occasione delle competizioni, che erano denominate Solitude-Rennen. Deve il suo nome al vicino Schloss Solitude (in italiano: Castello della Solitudine), residenza di caccia del Duca di Wà¼rttemberg, costruito tra il 1764 e il 1769 e traguardo di molte cronoscalate disputatesi a partire dal 1903. La prima cronoscalata in questa zona risale al 1903, su un percorso che a pochi km di distanza dal circuito più famoso (quello del 1935à·1965). Nel 1925 viene usato per la prima volta un grande circuito stradale di 22,3 km - 13.8 mi, che utilizza fra l’altro la sezione Glemseck - Dreispitz - Schattengrund. Nel 1931 una nuova configurazione (pure non mostrata in mappa) usa invece la sezione di Mahdental (Valle di Mahden), da Schattengrund a Glemseck. Nel 1935 è stato finalmente inaugurato il tracciato definitivo, che ha ospitato negli anni seguenti leggendarie gara sia di auto che di moto e prove di collaudo di Mercedes, Porsche (entrambe con sede a Stoccarda) e NSU. La pista è stata abbandonata nel 1965 e sostituita da Hockenheim, appena ristrutturato e diventato un circuito permanente. Il circuito di Solitude è tornato ad essere una strada aperta al traffico. Il circuito di Solitude era molto veloce e la sua pericolosità era data dal fatto di svilupparsi in un bosco, con gli alberi a ridosso della sede stradale, che non era molto larga. Il rettilineo di partenza (il punto più basso del tracciato - 383m s.l.m.) era posto sulla strada della Mahdental e non era molto lungo, ma era ampio ed era caratterizzato dalla torre della direzione gara posta sulla sinistra (ancora oggi esistente) e dai box sulla destra, che avevano la particolarità di non essere paralleli alla pista: il primo distava da essa una ventina di metri, mentre l'ultimo solo una decina e questo espediente, unito all'assenza del muretto dei box (caratteristica diffusa sui circuiti dell'epoca), permetteva alle squadre di avere una migliore visuale dei concorrenti in arrivo, in quanto non si occludevano la visuale a vicenda. Subito dopo la partenza vi era un incrocio nei pressi dell'edificio chiamato Seehaus e il tracciato svoltava a sinistra su un corto tratto di strada seguito da un'altra svolta a sinistra di 90°, formando un ampio tornante da percorrere con un'unica traiettoria e denominato tornante di Glemseck. Subito dopo la pista si inerpicava sulla collina passando per uno stretto e ripido tornante a destra, la Hedersbachkurve, continuando a salire con punte di ripidità del 18% inoltrandosi in mezzo al bosco con gli alberi a ridosso del tracciato verso la sinuosa Hedersbachebene e FrauenKreuz (il punto più alto del tracciato - 502m s.l.m.), dove la pista svoltava a sinistra all'incrocio, formando una velocissima curva sulla cresta, seguita dall'altrettanto veloce svolta a sinistra di Dreispitz e dal curvone a destra in discesa di Lettenlà¶cher. Qui la strada scendeva rapidamente verso la successiva secca curva a sinistra nei pressi del lago Steinbachsee, dove la compressione delle sospensioni dovuta al cambio di pendenza aumentava l'aderenza e permetteva di mantenere alta la velocità di percorrenza, sfiorando gli alberi al bordo esterno della curva, senza possibilità di errore. Da qui in poi il tracciato era fondamentalmente piatto e livellato, con alcune leggere curve da affrontare in pieno, passando poi vicino al villaggio di Bà¼snau, fino allo stretto tornante a destra in discesa di Schatten, con l'albergo all'esterno della curva e il successivo tornante a sinistra, dove gli spettatori si assiepavano per veder ammirare i concorrenti costretti a rallentare per affrontare il tratto più lento del tracciato. Dopo i due tornanti, la pista picchiava dritta verso Schattengrund, l'incrocio dove si svoltava a sinistra sulla strada che, provenendo da Stoccarda, riportava i concorrenti verso il traguardo. Questi ultimi 3,5 km del tracciato, stretti tra il terrapieno a destra e il fiume Glems a sinistra erano i più impegnativi perché le 10 curve a sinistra e le 8 a destra non davano tregua ai concorrenti, che dovevano mantenere la massima concentrazione per non essere indotti all'errore dalla loro somiglianza e dalla mancanza di specifici punti di riferimento nell'ambiente circostante. Tanta era la difficoltà per i piloti che Phil Hill, il campione del mondo di Formula 1 del 1961, riteneva più difficile da memorizzare questo tratto di pista che l'intero Nà¼rburgring!
  9. Nurburgring, Rudolf Caracciola al Karussel, curva che prenderà il suo nome. Siamo all'Eifelrennen 1937.
  10. Tazio Nuvolari con l'Auto Union si apresta a vincere a Monza nel ultima gara valida per il campionato...
  11. leopnd

    Piero Scotti

    Piero Scotti (Firenze, 11 novembre 1909 – Samedan, 14 febbraio 1976) è stato un pilota amatoriale automobilistico italiano. Partecipò in Formula 1 al solo Gran Premio del Belgio 1956 a bordo di una Connaught, senza tagliare il traguardo. Scotti era un imprenditore di successo con interessi nel import/export e nelle acque minerali. Il primo successo l'ha avuto durante la Mille Miglia del 1951. dove e' arivato terzo con una Ferrari 212. Ha vinto un paio di cronoscalate durante il 1953. ed ha chiuso la stagione con la vittoria alla 12 ore di Casablanca in coppia con Giuseppe Farina su una Ferrari 375MM. Nel 1954. ha comprato un auto tutta sua con la qualle ha vinto in corse minori in Senegal, Toscana e Castelfusano. Nel 1956. ci prova in Formula 1, noleggia una Connaught B-type con opzione di compera, arriva settimo a Silverstone nell'International Trophy e poi si qualifica 12-mo in Belgio ma si ritira dopo un quarto di gara. Apparentemente insodisfato Scotti non rileva la macchina e non corre mai piu' in F1. Ha finito la carriera da pilota nel 1957. alla Mille Miglia, ritirato dopo 7 ore di gara con una Mercedes 300SL.
  12. leopnd

    Gran Premio di Sao Paulo 1947

    Chico Landi, l'eroe locale, ha fatto la pole col'Alfa Romeo 8C-308, Varzi ha poi vinto la gara, anche lui su Alfa Romeo...
  13. leopnd

    Aspern

    Il circuito ricavato all'interno l'aeroporto militare (dedicato dal 1967 a "Franz Hinterstoisser") di Aspern, in Stiria vicino a Zeltweg. Meglio conosciuto come Circuito di Zeltweg, ospitò la prima edizione del Gran Premio d'Austria valido per il campionato del mondo di Formula 1 il 23 agosto 1964. La gara fu vinta da Lorenzo Bandini su Ferrari, l'unica sua vittoria in carriera in un Gran Premio del mondiale. Nella stessa fece il suo esordio in Formula 1 il futuro campione del mondo Jochen Rindt. Il record sul giro lo detiene Graham Hill sulla BRM con 1:09.84. Il circuito ricavato all'interno dell'aeroporto era lungo 3.200 m ed aveva una curiosa forma ad "L". L'aerodromo aveva già ospitato l'edizione del 1963, non valida per il mondiale, il 1º settembre 1963, con una gara vinta da Jack Brabham. Nel 1961 aveva ospitato un'altra corsa non valida per il mondiale, la Flugplatzrennen, vinta da Innes Ireland. In seguito li non si è più svolta nessuna competizione a causa della superficie abrasiva. Zeltweg resta uno dei dieci circuiti ad aver ospitato solo un Gran Premio prima di essere stato rimosso per sempre dal calendario F1. Dal 1966 al 1968 si corse ance la 500km di Zeltweg della serie World Sportscar Championship.
  14. leopnd

    Benetton B186

  15. leopnd

    Roskilde Ring

    Oggi ho voglia di parlarvi del circuito danese Roskilde Ring... Il circuito venne realizzato nel 1955 dall'affarista Paul Tholstrup, e fu il primo circuito automobilistico permanente realizzato nel paese nordico. Era situato sul sito di un ex cava di ghiaia, su cui vennero costruite alcune curve sopraelevate. Nel 1957 il tracciato venne esteso ad 1,4 km dagli originali 670 m di lunghezza. Tra il 1960 e il 1962 ospitò il GP di Formula 1 di Danimarca, e successivamente vi furono svolte varie gare non valide per il campionato mondiale. Nel 1969 il percorso venne chiuso a causa delle lamentele degli abitanti delle zone limitrofe a causa del rumore generato dai mezzi in corsa.
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