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L'angolo dei poeti


Clarissa

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Dino Campana - Genova

Quando,

Melodiosamente

D'alto sale, il vento come bianca finse una visione di Grazia

Come dalla vicenda infaticabile

De le nuvole e de le stelle dentro del ciclo serale

Dentro il vico marino in alto sale,

Dentro il vico che rosse in alto sale

Marino l'ali rosse dei fanali

Rabescavano l'ombra illanguidita,

Che nel vico marino, in alto sale

Che bianca e lieve e querula salì!"

Come nell'ali rosse dei fanali

Bianca e rossa nell'ombra del fanale

Che bianca e lieve e tremula salì:..."

Ora di già  nel rosso del fanale

Era già  l'ombra faticosamente

Bianca

Bianca quando nel rosso del fanale

Bianca lontana faticosamente

L'eco attonita rise un irreale

Riso: e che l'eco faticosamente

E bianca e lieve e attonita salì...

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Pablo Neruda - La Povertà 

Ahi, non vuoi,

ti spaventa

la povertà ,

non vuoi

andare con scarpe rotte al mercato

e tornare col vecchio vestito.

Amore, non amiamo,

come vogliono i ricchi,

la miseria. Noi

la estirperemo come dente maligno

che finora ha morso il cuore dell'uomo.

Ma non voglio

che tu la tema.

Se per mia colpa arriva alla tua casa,

se la povertà  scaccia

le tue scarpe dorate,

che non scacci il tuo sorriso che é il pane della mia vita

Se non puoi pagare l'affitto

esci al lavoro con passo orgoglioso,

e pensa, amore, che ti sto guardando

e uniti siamo la maggior ricchezza

che mai s'è riunita sulla terra.

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Charles Baudelaire - Il Vampiro (Le vampire)

Tu che t'insinuasti come una lama

Nel mio cuore gemente; tu che forte

Come un branco di demoni venisti

A fare, folle e ornata, del mio spirito

Umiliato il tuo letto e il regno-infame

A cui, come il forzato alla catena,

Sono legato; come alla bottiglia

L'ubriacone; come alla carogna

I vermi; come al gioco l'ostinato

Giocatore, - che tu sia maledetta!

Ho chiesto alla fulminea spada, allora,

Di conquistare la mia libertà ;

Ed il veleno perfido ho pregato

Di soccorrer me vile. Ahimè, la spada

Ed il veleno, pieni di disprezzo,

M'han detto: "Non sei degno che alla tua

Schiavitù maledetta ti si tolga,

Imbecille! - una volta liberato

Dal suo dominio, per i nostri sforzi,

Tu faresti rivivere il cadavere

Del tuo vampiro, con i baci tuoi!"

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Non c'entra niente con la poesia però mi piace un bel po

Filosofia del rifiuto

Agire come Bartleby lo scrivano. Preferire sempre di no. Non rispondere a inchieste, rifiutare interviste, non firmare manifesti, perché tutto viene utilizzato contro di te, in una società  che è chiaramente contro la libertà  dell’individuo e favorisce però il malgoverno, la malavita, la mafia, la camorra, la partitocrazia, che ostacola la ricerca scientifica, la cultura, una sana vita universitaria, dominata dalla Burocrazia, dalla polizia, dalla ricerca della menzogna, dalla tribù, dagli stregoni della tribù, dagli arruffoni, dai meridionali scalatori, dai settentrionali discesisti, dai centrali centripeti, dalla Chiesa, dai servi, dai miserabili, dagli avidi di potere a qualsiasi livello, dai convertiti, dagli invertiti, dai reduci, dai mutilati, dagli elettrici, dai gasisti, dagli studenti bocciati, dai pornografi, truffatori, mistificatori, autori ed editori.

Rifiutarsi, ma senza specificare la ragione del tuo rifiuto, perché anche questa verrebbe distorta, annessa, utilizzata. Rispondere: no. Non cedere alle lusinghe della televisione. Non farti crescere i capelli, perché questo segno esterno ti classifica e la tua azione può essere neutralizzata in base a questo segno. Non cantare, perché le tue canzoni piacciono e vengono annesse. Non preferire l’amore alla guerra, perché anche l’amore è un invito alla lotta. Non preferire niente. Non adunarti con quelli che la pensano come te, migliaia di no isolati sono più efficaci di milioni di no in gruppo.

Ogni gruppo può essere colpito, annesso, utilizzato, strumentalizzato. Alle urne metti la tua scheda bianca sulla quale avrai scritto: No. Sarà  un modo segreto di contarci. Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì. I quali si chiederanno che cosa non viene apprezzato nel loro ottimismo.

Ennio Flaiano

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Questa è piuttosto conosciuta, dai... :asd:

Trilussa - L'uccelletto

Era d'Agosto e il povero uccelletto

ferito dallo sparo di un moschetto

andò, per riparare l'ala offesa,

a finire all'interno di una chiesa.

Dalla tendina del confessionale

il parroco intravvide l'animale

mentre i fedeli stavano a sedere

recitando sommessi le preghiere.

Una donna che vide l'uccelletto

lo prese e se lo mise dentro il petto.

Ad un tratto si senti' un pigolio:

cio cio, cip cip cio.

Qualcuno rise a 'sto cantar d'uccelli

e il parroco, seccato, urlo': "Fratelli!

Chi ha l'uccello mi faccia il favore

di lasciare la casa del Signore!"

I maschi, un po' sorpresi a tal parole,

lenti e perplessi alzarono le suole,

ma il parroco lascio' il confessionale

e: "Fermi - disse - mi sono espresso male!

Tornate indietro e statemi a sentire,

solo chi ha preso l'uccello deve uscire!".

A testa bassa e la corona in mano,

le donne tutte uscirono pian piano.

Ma mentre andavan fuori grido' il prete:

"Ma dove andate, stolte che voi siete!

Restate qui, che ognuno ascolti e sieda,

io mi rivolgo a chi l'ha preso in chiesa!"

Ubbidienti in quello stesso istante

le monache si alzaron tutte quante

e con il volto invaso dal rossore

lasciarono la casa del Signore.

"Per tutti i Santi - grido' il prete -

sorelle rientrate e state quiete.

Convien finire, fratelli peccatori,

l'equivoco e la serie degli errori:

esca solo chi e' cosi' villano

da stare in chiesa con l'uccello in mano!"

Ben celata in un angolo appartato,

una ragazza col suo fidanzato,

in una cappelletta laterale,

ci manco' poco si sentisse male,

e con il volto di un pallore smorto

disse: "Che ti dicevo ? Se n'e' accorto!"

Ma in un angolo ancor piu` appartato,

un'altra ragazza col suo fidanzato,

disse: "caro non s'e` accorto, perche`io non sono sciocca,

in quanto io l'uccello, lo tenevo in bocca!"

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Boris Pasternak - Amleto

S’è spento il brusio. Sono entrato in scena.

Poggiato allo stipite della porta,

vado cogliendo nell’eco lontana

quanto la vita mi riserva.

Un’oscurità  notturna mi punta contro

mille binocoli allineati.

Se solo è possibile, Abba padre,

allontana questo calice da me.

Amo il tuo ostinato disegno,

e reciterò, d’accordo, questa parte.

Ma ora si sta dando un altro dramma

e per questa volta almeno dispensami.

Ma l’ordine degli atti è già  fissato

e irremeabile è il viaggio, fino in fondo.

Sono solo, tutto affonda nel fariseismo.

Vivere una vita non è attraversare un campo.

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  • 3 weeks later...

 

Vladimir Majakovskji - In Morte di Esenin - 1926

 

Ve ne siete andato come suol dirsi all’altro mondo.
Il vuoto.. Volate, fendendo le stelle.
Senza un acconto, senza libagioni.
Sobrietà . No, Esenin, questo non è dileggio.
-in gola un groppo di pena, non un ghigno.
Vedo che con la mano recisa, esitando,
dondolate il sacco delle vostre ossa.
Smettetela,
cessate! Siete matto?
Lasciarsi imbiancare le guance
dal gesso mortale?
Proprio voi che sapevate sbizzarirvi,
come nessun altro a questo mondo.
Perché, a che scopo?
L’incertezza ha provocato scompiglio.
I critici borbottano :“Le cause
sono queste e quelle, e in specie lo scarso affratellamento
per effetto della molta birra e del molto vinoâ€
Si dice che se aveste sostituito la boheme
con la classe, la classe avrebbe influito su di voi
e non vi sareste più accapigliato.
Già , come se la classe spegnesse la sete
con la spuma. La classe anche lei
non scherza col bere.
Si dice che, a mettervi accanto
qualcuno di Na-Postù,
sareste diventato assai più bravo nel contenuto:
voi avreste scritto al giorno centinaia di versi
stucchevoli e lungagginosi
come Doronin.
Ma, a parer mio,
se si fosse avverata
una tale incongruenza
vi sareste soppresso ancor prima.
Meglio infatti morire di vodka che di tedio.
A noi non sveleranno i motivi della perdita
né il cappio né il temperino.
Forse ci fosse stato inchiostro all'â€Angleterreâ€
non avreste avuto ragione di tagliarvi le vene.
Gli epigoni si rallegrarono:
“Imitiamolo!â€
Poco mancò che un drappello di loro
non facesse di sé giustizia.
Perché aumentare il numero di suicidi?
Meglio accrescere la produzione d’inchiostro!
Ora per sempre la lingua è chiusa fra i denti.
àˆ inopportuno e penoso coltivare misteri..
Il popolo, creatore del linguaggio,
ha perduto un roboante sbornione apprendista.
E c’è già  chi porta rottami di versi
in suffragio da precedenti esequie,
quasi senza rifarli.
Nel tumulo conficcano palidi ottuse rime,
-è così che bisogna onorare un poeta?
Per voi non è stato finora fuso alcun monumento
-dov’é il bronzo squillante o il granito a faccette?
-e già  ai cancelli della memoria poco per volta
hanno ammucchiato le ciarpe delle dediche
e delle ricordanze.
...Bisogna strappare la gioia ai giorni futuri.
In questa vita non è difficile morire.
Vivere è di gran lunga più difficile?

Modificato da Clarissa
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  • 2 weeks later...

Quando ero bambino amavo scrivere poesie. Alle elementari dicevo alla mia maestra che da grande avrei voluto fare il poeta. Le cose che scrivevo venivano portate ai ragazzi delle medie. Ora, al massimo, scrivo criptici e brevi testi per le mie canzoni. Ogni tanto, però, mi piace ancora leggere qualche poesia senza sentirmi troppo debole.

 

Sento che troverò il mio fato

In un luogo tra le nuvole lassù;

Coloro ch'io combatto io non odio,

Coloro ch'io difendo io non amo;

Il mio paese è Kiltartan Cross,

E tnici compaesani i suoi pezzenti,

Non può alea nessuna menomarli

O rendere più lieti che in passato.

Non legge né dovere m'imposero la guerra,

Non uomini politici, né folle plaudenti,

Un impulso gioioso e solitario

Trasse a questo tumulto fra le nubi;

Ho soppesato tutto, valutato ogni cosa,

Gli anni avvenire parvero uno spreco di fiato,

Spreco di fiato gli anni del passato,

In bilico con questa vita, questa morte.

 

William Butler Yeats

 

Sul mio libro la traduzione è più bella, ma va bene anche così

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Uomo del mio tempo, Salvatore Quasimodo, 1946:

 

 

 

 

Sei ancora quello della pietra e della fionda,

uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,

con le ali maligne, le meridiane di morte,

 

t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,

alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,

con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,

senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,

 

come sempre, come uccisero i padri, come uccisero

gli animali che ti videro per la prima volta.

E questo sangue odora come nel giorno

Quando il fratello disse all’altro fratello:

«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,

è giunta fino a te, dentro la tua giornata.

Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue

Salite dalla terra, dimenticate i padri:

le loro tombe affondano nella cenere,

gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

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  • 3 weeks later...

Sempre dalla raccolta di Kavafis dell'Einaudi, una delle mie poesie preferite:

 

 

A bordo (1919)

 

 

Certo che gli somiglia

questo semplice schizzo a matita.

 

Buttato giù alla brava, sul ponte;

un incantevole meriggio

che ci stava intorno il mare Ionio.

 

Gli somiglia. Lo ricordo, però, forse più bello.

Di una sensitività  così eccessiva

che il viso gli si illumina tutto.

Pare più bello, ora che l'anima

me lo tira su, dal Tempo.

 

Dal Tempo. Son cose troppo vecchie -

lo schizzo la nave il meriggio.

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  • 2 weeks later...
  • 1 month later...

Questa è di Borges, del 1925, si intitola Manoscritto trovato in un libro di Joseph Conrad:

 

 

Sulle tremule terre che esalano l'estate,

il giorno è invisibile tanto è bianco. Il giorno

è un bagliore crudele su una persiana,

un fulgore sulle coste e una febbre sulla pianura.

 

Ma l'antica notte è profonda come una brocca

di acqua concava. L'acqua si apre a infinite orme

e su oziose canoe, di faccia alle stelle,

l'uomo misura il vago tempo con il sigaro.

 

Il fumo confonde di grigio le costellazioni

remote. Ciò che è immediato perde preistoria e nome.

Il mondo è un certo numero di tenere imprecisioni.

Il fiume, il primo fiume. L'uomo, il primo uomo.

 

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  • 4 weeks later...
  • 5 months later...

Dalla nota 72 al testo "Storia di Saigyo" (Einaudi), libro fondativo della cultura giapponese e del "mono no aware" che la caratterizza traggo queste due poesie di Narihira Ason (la prima, nono secolo) e Kino Tsurayuki (decimo secolo). Il tema è quello della caduta dei fiori di ciliegio, che avviene in una sola settimana e che è un evento così importante per i giapponesi. Di passaggio va ricordato il motto "hana wa sakuragi, hito wa bushi" ("tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il bushi", dove il bushi è il guerriero a cavallo, ma in senso lato il samurai).

 

 

Se oggi non fossi venuto ad ammirarli

come neve domani

sarebbero caduti;

 

ma fiori non parrebbero

se non appassissero

 

-----

 

Ho dormito una notte

in un alloggio

alle falde di un monte in primavera

 

e anche nei sogni

cadevano i fiori

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  • 5 months later...

Due poesie che mi piacciono molto di Fernando Pessoa:

 

Don Fernando, infante di Portogallo

 

Dio mi ha dato la sua spada, perché io faccia

la sua santa guerra.

Mi ha consacrato suo nella gloria e nella sventura,

nelle ore in cui un freddo vento passa

sopra la terra fredda.

 

Mi ha posto le mani sulle spalle e aureolato

la fronte con lo sguardo;

e questa febbre di Aldilà , che mi consuma,

e questo voler grandezza sono il suo nome

dentro di me che vibra.

 

Ed io avanzo, e la luce della spada alzata dà 

sul mio volto calmo.

Pieno di Dio, non temo quel che verrà :

accada quel che accada, mai sarà 

più grande della mia anima.

 

 

---- (la seguente non ha titolo)

 

 

Quand'ero bambino

vissi, non sapendo,

solo per avere oggi

quella ricordanza.

 

E' oggi che sento 

quello che fui.

La mia vita fluisce

fatta di ciò che mento.

 

Ma in questa prigione,

libro unico, leggo

il sorriso estraneo

di chi fui allora.

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