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Elio11

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messaggi inviate da Elio11

  1. Su twitter scrivono che un fotografo della Reuters avrebbe visto Eriksen alzare il braccio mentre veniva portato via in barella. Io non so se crederci o meno, i teloni erano alti.

    Stavo guardando la partita ed è stata una scena agghiacciante, sto tremando ancora adesso. Appena si è accasciato aveva gli occhi sbarrati, spettrali ed era completamente rigido.

    Non so formulare un discorso sensato al momento.

    Chi di voi usa twitter o altro dove si sanno notizie in tempo reale, metta qualcosa per favore.

  2. Chiedo scusa per il messaggio polemico e ironico di stamani.

    Ero davvero convinto che quella concretizzatasi nel tardo pomeriggio potesse essere la soluzione meno praticabile. Ora come ora, tutto assume contorni di sinistra vaghezza. Vediamo se nei prossimi giorni arriveranno schiarite sui programmi futuri. Adesso, a preoccuparmi maggiormente, paradossalmente, è il legame che è andato cementandosi nel tempo fra Conte e alcuni elementi della rosa. Ha ragione Leo, solo all'Inter succedono queste cose ... la sto digerendo male questa faccenda.

  3. "Ho ancora in mente quegli attimi tremendi di Buenos Aires, non li scorderò mai. Sono tanti mesi che il rimorso, il dubbio mi tormenta anche alla notte impedendomi di dormire. Però certe volte sono abbastanza tranquillo, quando penso che è successo a lui, come poteva succedere a me. Bastava un attimo prima e sarei morto anch'io. Forse sarebbe stato meglio ... Sono stato bollato come un cane rabbioso da certa gente e questo mi dispiace molto. Nella disavventura che mi è capitata non c'è stata serenità nei giudizi nei miei confronti"

    Sempre Beltoise, dopo Monaco e prima del GP della Repubblica Italiana (a Vallelunga), programmato per il giugno 1972. Aggiunse anche che avrebbe voluto dedicare la vittoria monegasca a Ignazio.

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    Al di là di questa dichiarazione di segno opposto alla prima, ci sono spunti per credere che fosse una persona schietta, mossa da quella spontaneità che, a volte, può essere scambiata con l'ingenuità.

    Altre volte le sue considerazioni, nella loro semplicità, sono molto lucide.

    "Ciò che conta è non essere cattivi col prossimo. Se si è buoni col prossimo, tanto meglio, in caso contrario si deve vivere soli per non essere di peso agli altri".

  4. Intanto, un po' su tutti i quotidiani e le testate giornalistiche si intona il de profundis per l'Inter.

    Tra un po' faranno i nomi di Zidane nel ruolo di allenatore e di Materazzi in quello di vice. Tra i titolari dell'anno prossimo vi saranno sicuramente Stankovic in porta, poi Joao Mario, Nainggolan ed Esposito a coprire i ruoli chiave degli altri reparti. Le procure dei vari giocatori saranno gestite da Cirillo.

  5. Su Youtube hanno caricato integralmente Italia-Norvegia, partita valevole per le qualificazioni a Euro 1992, con commento di Pizzul e Agroppi (RaiDue). Tra le varie curiosità  la prima ufficiale da commissario tecnico di Sacchi, il debutto di Zola, in gran forma, in Nazionale –,  spunta questa che ha attinenza indiretta con la partita in esame, visto che ha per protagoniste due nazionali dello stesso girone. Si tratta della gara Cipro-URSS, giocata in contemporanea, l'ultima partita ufficiale della nazionale sovietica. Ad un certo momento, nel corso del primo tempo, dopo un'azione fallosa di Maldini ed Eranio su un avversario, è mandata in onda l'azione del primo gol dell'Unione Sovietica.

    Se guardate questi fotogrammi, presi dopo la segnatura di Protasov, a bordo campo compaiono cartelloni relativi a prodotti italiani. Lo stadio di Larnaca ne è pieno. Ho notato che gli stadi ciprioti, di solito, si riempivano di cartelloni pubblicizzanti i prodotti venduti negli stati della nazionale di volta in volta ospitata, e allora ho pensato che la faccenda si potesse spiegare per via della partita di andata Cipro-Italia del 1990, cioè che i cartelloni fossero rimasti immutati. Tuttavia, quest'ultimo incontro fu giocato a Limassol, a sud (per di più la disposizione degli sponsor varia leggermente e alcuni mancano del tutto). Che voi sappiate, esiste un qualche particolare aneddoto al riguardo?

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  6. "Quando si ha un incidente di cui non si ha colpa, è soltanto un peccato. Mi spiego: lo choc che ho avuto è stato uguale a quello che avrei se un giorno, guidando prudentemente su strada, uccidessi qualcuno per colpa sua ... insomma, mettiamo un bambino che attraversi un'automobile rapidamente, per cui non si può evitare d'investirlo. È esattamente la stessa cosa ... non c'è problema".

    Beltoise, un anno e mezzo dopo l'incidente Giunti, ritorna sull'argomento.

    • WTF?! 1
  7. Comunque, bisogna fare complimenti alla Juventus per ieri. Ha indirizzato la partita a proprio piacimento con scelte tattiche azzeccate. In modo saggio ha contenuto l'esuberanza dei bergamaschi nel primo tempo e li ha imbrigliati sulla destra: Kulusevski in fase di non possesso si abbassava a copertura sulla linea di centrocampo da interno destro e rimpolpava il centrocampo torinese a fronte della vasta densità numerica che gli avversari avevano in quel punto del campo. Poi, c'era McKennie che, in fase di possesso, si accentrava più volte portandosi dietro il difensore centrale di sinistra della linea a tre atalantina: praticamente lo stesso Kulusevski ne beneficiava regolarmente. Tant'è che c'era sempre uno, in alcune occasioni De Roon ma mi pare che l'uomo cambiasse a seconda delle fasi di gioco, che sganciandosi dal centrocampo, arretrava, preso in controtempo, e cercava di coprire il buco. Poi, qualcosa deve essere cambiato anche dopo l'intervallo prima che Gasperini passasse a quattro in difesa, perché il pressing della Juventus si era fatto alto e Zapata, nel secondo tempo, al di là della stanchezza, non si è mai proposto nel fare salire la squadra.

    A giochi fatti si potrebbe pure azzardare che l'Atalanta avrebbe dovuto mutare il proprio spartito fin dall'inizio, rinunciando a proporre gioco e chiudendosi in difesa, adoperando fin da subito due terzini e due centrali: se Gasperini avesse lasciato il pallino della costruzione alla Juventus, magari il centrocampo bianconero, preso alla sprovvista, avrebbe potuto incontrare difficoltà maggiori.

    Inoltre, i due gol sono stati belli, il primo per l'esecuzione, l'altro per l'azione nel complesso.

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    Portogallo 1985, sessione del venerdì: fin da subito si palesano i problemi all'accensione accusati anche in Brasile due settimane prima. Perciò, in mattinata, Senna è costretto ad affidarsi alla vettura di riserva. Un guasto alla frizione lo costringe, sconsolato, a ritornare sui suoi passi. Il motore della macchina 'da gara' continua a cantare con raucedine. Soltanto verso la fine della giornata i meccanici scoprono la causa del malfunzionamento, un corto circuito a una pompa, peraltro risolto immediatamente.

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  9. Stamattina, sul canale Rai Sport, alle ore 9.40, credo fosse il programma intitolato "Memory Doc", è andato in onda uno speciale di un'ora su Elio con alcune interviste al fratello Roberto de Angelis, Ezio Zermiani e Giancarlo Minardi e dei servizi dell'epoca a firma di Marco Franzelli. Perlomeno, questi sono stati i contenuti della prima mezz'ora che ho potuto visionare. Spero possa essere disponibile su Rai Play a breve.

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    Ecclestone, nuovo patron della MRD, e un giovanissimo Murray, ancora 'a scuola' da Bellamy e Jessop (e anche Tauranac), sono a colloquio in uno scatto risalente al 1972. A Gordon viene affidato il compito di modificare il retrotreno della BT38 F2 per adattarvici il Weslake V12, annunciato a luglio. Nasce la BT39, una vera e propria meteora. Il proposito è partecipare all'edizione 1972 del Gran Premio d'Italia. Dopo un solo test condotto a Silverstone, a fine agosto, con Hill al volante, si rinuncia. Gordon, in seguito, commenterà:  «Non furono collaudi probanti per il motore, la vettura fu approntata in fretta e furia»

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  11. Se si legge il libro si capisce abbastanza della sua personalità. Lo stessa struttura del libro, sebbene gli eventi siano presentati secondo un ordine cronologico, è impostato, e me ne sono reso conto leggendo la seconda parte, per dare al lettore l'idea che esista un Marco pre-1996 e uno post-1996, con la costante di un carattere, di fondo, debole ed è lui a riconoscerlo apertamente con una fine capacità di autoanalisi, parlando continuamente di un ego "forte e sviluppato, annidato nel cervello", "vuoi capire tutto perché hai paura che le cose ti sfuggano. Non capire vuol dire non avere il controllo. E questo, a sua volta, è paura dell'ignoto, paura delle delusioni". È una debolezza abilmente nascosta dalla spavalderia da giovane, arma per emergere professionalmente, strumento di compensazione dei vuoti e degli eventi luttuosi che ha dovuto elaborare fin da bambino, compresi l'annegamento di un amichetto e la progressiva disgregazione della famiglia di cui si sente responsabile "Ho pensato di aver fatto tutto questo da solo, di non dovere ringraziare niente e nessuno per tutto ciò che ho conquistato. La conseguenza è la superbia, e si finisce per precipitare dall'alto". Lo stesso stile linguistico si fa meno impetuoso e più riflessivo, più maturo. È una persona continuamente attanagliata da paure e da ripensamenti, da un continuo senso di impotenza, ansia e depressione che riemergono nelle occasioni professionali avute dopo il recupero della "serenità", riacquisita con l'intervento risolutivo alla gamba. Sicuramente è un libro che consiglio, perché di Van Basten è stato sempre difficile farsi un'idea compiuta. A guardarlo dall'esterno io l'ho sempre visto come una persona schiva, dotato di una sicurezza incrollabile, ("come un panzer abbattevo tutto al mio passaggio" dice di sé e non parla di campi di calcio).

    Quanto all'argomento calcio, lui chiude con questo ragionamento (è di più ampio respiro, però riporto alcuni concetti fondamentali):

    "La domanda che in questi giorni, mentre sono alle prese con questo libro, si affaccia costantemente nella mia mente è se alla fine ho raggiunto un equilibrio. Se il prezzo che ho pagato compensa ciò che ho ricevuto. Se ne è valsa la pena. La posta in gioco era alta. Il sacrificio, la mia caviglia, è stato grande. Alla fine tutto si è compensato? La domanda è interessante. E allo stesso tempo non lo è, perché ho forse avuto scelta? È andata com'è andata, e se avessi lasciato perdere tutto, se non fossi diventato calciatore, senza alti e bassi, come sarebbe stata la mia vita? Ma se ci rifletto, in tutte le professioni che riesco a immaginare non avrei mai conosciuto la gioia che ho provato nella mia vita di calciatore. Forse sembrerà strano con tutti i guai che ho passato con la mia caviglia, ma sono certo che in fin dei conti ho preso una buona decisione. Ne è valsa la pena. Ho alternato tanti anni belli e intensi con brevi periodi neri. Lo trovo accettabile, col senno di poi. Un buon equilibrio."

    Poi si chiede ancora se abbia fatto bene a giocare senza fermarsi e dice: "Ho sperimentato a mie spese che il bisturi e pericolosissimo e, col senno di poi, avrei dovuto limitare gli interventi al minimo. [...] Avrei dovuto fare diversamente. Sembrerà presuntuoso, ma avrei dovuto essere ancora più testardo. Pur essendolo già parecchio. È un peccato che non lo sia stato. Tuttavia non me ne pento, perché ho agito con piena consapevolezza. Ma, a posteriori, posso affermare che è un peccato che dal primo giorno non abbia detto: «Finché ho male, non gioco» [...] Ma so che rifarei tutto allo stesso modo. Con il mio carattere, per la persona che sono, ci sono buone possibilità che commetterei di nuovo gli stessi errori."

    Quando dice 'ho preso una buona decisione' molto probabilmente si riferisce alla sua ferra volontà di continuare a giocare nella seconda metà della stagione 1986/1987 anche se con un impiego ridotto, per via di un patto, un compromesso fatto con Cruijff, allora allenatore, sulla graticola, dell'Ajax. Dopo l'operazione del novembre 1987, il luminare a cui si era rivolto all'epoca (uno dei due che hanno "giocato a fare Dio") gli dice chiaramente che sarebbe potuto tornare ad alti livelli, ma "per quanto (tempo) non è dato sapere".

    Quanto ai ripensamenti che continuamente ha, è abbastanza indicativo questo passaggio. La premessa è che fin da bambino ha avuto la naturale inclinazione e anche l'accortezza di mettere per iscritto annotazioni inerenti al suo percorso, alla sua carriera. Scrive questo in data 8 aprile 1995:

    "Oggi, mentre ero steso sul lettino, il fisioterapista mi ha domandato: «Se adesso, qualcuno ti prendesse la caviglia e con una magia te la guarisse, pensi che questa situazione ti abbia insegnato qualcosa?» «Sì» risposi senza esitare. Ma mentre lo dicevo, qualcosa dentro di me mi ha suggerito di scriverlo ...

    Ovviamente si riferisce alla potenza che il trascorrere del tempo ha di farci dimenticare il senso del vivido dolore fisico e nel suo caso, anche psicologico. Ieri ho scritto dell'episodio del prologo. Negli anni in cui era 'scomparso' dalla scene, agonistiche e non, un po' tutti ci chiedevamo cosa stesse facendo. E lui ce lo descrive, rivivendo la notte in cui prese la decisione di ritirarsi dal calcio giocato (credo che sia la rielaborazione di appunti presi a loro tempo, vista la dovizia di particolari). Il libro inizia così:

    "È buio, Cammino carponi sulle mattonelle. Sulle mani e sulle ginocchia. Devo pisciare. Sto per scoppiare. Ma se cerco di fare troppo in fretta la mia vescica piena mi preme sulla coscia, e la trattengo a malapena. Riempire di piscia il corridoio è l'ultima cosa che voglio. Devo mantenere la calma, perché ci vogliono almeno due minuti per arrivare in bagno. Ormai lo so. Per distogliere la mia attenzione dal dolore conto sempre i secondi durante l'intero tragitto. Tra me e me. Non arrivo mai in bagno prima dei centoventi. Le soglie delle stanze sono le più faticose, perché la mia caviglia deve passarci sopra senza sbatterci contro. Al minimo contatto devo mordermi le labbra per impedirmi di gridare.

    In piena notte gli antidolorifici praticamente hanno finito di fare effetto, ma non intendo svegliare nessuno. Non devono sentirmi, non voglio che qualcuno mi veda così. Nemmeno i miei cari. Anzi, loro per primi. Negli ultimi due mesi, per fortuna, è andata sempre bene, anche se penso che Liesbeth (la moglie ndr) qualche volta faccia finta di dormire per evitarmi l'imbarazzo. Non si può spiegare. Persino con gli antidolorifici le fitte di dolore mi squassano. Non riesco a pensare ad altro. Da due settimane mi dà anche fastidio lo stomaco, a causa di tutte le pillole che ho preso.

    A ogni passo ho un male tremendo, sin da quando quello stupido apparecchio (parla del tremendo e raccapricciante apparecchio Ilizarov, portato dal giugno 1994 e di cui inserisce anche una fotografia alla fine: gli ha causò infezioni, continua febbre a 40° e dolori atroci, una ventina di aghi, attraversanti ossa e carne, retti da montanti ai lati del polpaccio ndr) mi è stato tolto dalla caviglia, otto mesi fa. In ogni caso non sarebbe peggiorato, aveva promesso il medico. Ero un calciatore professionista che non poteva più giocare a calcio, e adesso sono un uomo comune che non può più camminare. Zoppico. Sono uno storpio, ecco cosa sono.

    Somigliano alle rocce appuntite nelle grotte. Stalattiti e stalagmiti. Ossa appuntite che mi trafiggono la gamba da sotto e da sopra, senza protezione, senza cartilagine. Non appena mi appoggio sul piede, quelle punte mi si conficcano nella carne. Starci sopra è un vero inferno. Persino con gli antidolorifici. Camminare carponi fino al bagno di notte è quindi l'unica opzione. Quando arrivo sulla soglia di una stanza faccio entare prima il ginocchio sinistro, e giro sul mio asse con tutto il corpo. Solo allora sollevo con cautela la mia gamba destra al di là della soglia. Così di solito funziona, ma adesso scivolo su un asciugamo lasciato lì e tocco col piede destro il montante. Il dolore mi penetra fin nel midollo. Dato che non voglio gridare, gemo. Comincio immediatamente a sudare.

    Mi lascio cadere sul fianco, per potermi distendere un po'. Per aspettare che il peggio passi. Inspiro profondamente e cerco di espirare molto lentamente. Una volta. E un'altra volta ancora. Cerco di distogliare i miei pensieri dalle fitte alla caviglia. Qualche volta ci riesco pensando a Dio. Sono anche arrabbiato con lui. Furioso. Che senso ha tutto questo? Perché mi tocca questa merda? È una lezione di umiltà? Ero diventato troppo arrogante?

    Il dolore mi ha fatto dimenticare che ho la vescica piena. Devo essere veloce, adesso, altrimenti sarà stato tutto inutile. Penso ai bambini che la mattina si vengono a lavare i denti. Già fanno una vitaccia con quel padre scontroso che passa tutto il giorno buttato sul divano.

    Mi alzo a forza di spinte, percorro l'ultimo metro e mezzo su mani e piedi e riesco a issarmi sulla tazza. Svuotare la vescica è un sollievo. Non tiro lo sciacquone, non voglio svegliare nessuno, e comincio il viaggio di ritorno in direzione del mio letto.

    Sono arrabbiato anche con me stesso. Ho creduto alla parola di un medico che mi ha detto che in ogni caso non potevo peggiorare. Se anche non dovesse funzionare, non può fare male. Be', altroché se fa male. Fa un male cane già da otto mesi. E la domanda è: per quanto tempo ancora? Il Milan continua a invitarmi ad assistere alle partite, ma non ci penso proprio a presentarmi con le stampelle. Una punta zoppa. Preferisco rintanarmi a casa mia. Come un animale ferito. Lasciatemi qui, al buio.

    Sono stato dappertutto: medici, fisioterapisti, agopuntori e pranoterapeuti, chi più ne ha più ne metta. Ma nessuno ha saputo alleviare il dolore. Tutti volevano aiutarmi, con tanta buona volontà. Tranne due chirurghi, che si ritenevano un po' troppo importanti. Volevano giocare a fare Dio.

    Ma non me ne frega più un cazzo. Non è servito a niente. È molto peggio di prima.

    Due anni fa ero un calciatore professionista. Anzi, di più, il migliore del mondo. E adesso cammino carponi sulle mattonelle con un male tremendo e il fegato a pezzi a causa delle medicine.

    Ci sono quasi. Di ritorno al mio letto. Una volta che mi ci sono issato, spero di dormire un po'. Se tutto va bene. Qualche volta, infatti, rimango sveglio per un bel pezzo. E comunque, che cambia? Tanto domani non devo fare niente se non starmene tutto il giorno sul divano. Con una caviglia malconcia."

     

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