Vai al contenuto

Elio11

Appassionati
  • Numero messaggi

    1107
  • Registrato

  • Ultima Visita

  • Days Won

    24

messaggi inviate da Elio11

  1. Per come era iniziata la stagione, in termini di partenze eccellenti e di confusione generale dal punto di vista finanziario, quello che ha fatto l'Inter è grasso che cola, ma davvero in misura abbondante. Per fortuna, che c'è Marotta a tenere le redini, altrimenti l'Inter sarebbe arrivata decima su per giù, memore di alcune annate morattiane in cui regnava il caos completo.Sono arrivate, addirittura, due coppe, e contro la Juventus, e con arbitraggi regolari. In campionato, l'Inter ha offerto un gioco piacevole da vedere e siamo stati in lizza fino alla fine: sino a dicembre si vedeva l'impronta lasciata da Conte, e l'Inter creava molte occasioni da gol. Poi, si sono accentuate tattiche differenti da quelle viste con l'allenatore precedente, alcune hanno dato frutti, utilizzando altre non è stato possibile coglierli, o meglio, tali strategie di gioco sono state impiegate in determinate fasi del campionato in cui, magari, si sarebbe potuto evitare di fare sperimentazioni ardite. Mi riferisco a cose del tipo il far salire in modo accentuato e i due centrali di destra e di sinistra e coinvolgerli stabilmente nel gioco sulla trequarti, cosa che Conte faceva solo con Bastoni e per un periodo di tempo limitato, a sprazzi. In televisione, li chiamano "i braccetti": ecco con una difesa a tre, in cui giochi alto sulla linea di centrocampo e sei costretto ad arretrare Brozovic e Barella, spesso il rischio di rimanere in nettissima minoranza è altissimo, soprattutto quando sbagli un calcio d'angolo o un passaggio in attacco; oppure coinvolgere nella creazione del gioco sempre e solo la zona sinistra di Calhanoglu, mentre fino alla scorsa stagione si privilegiava la costruzione con Barella; o anche spostare Barella a sinistra o fargli fare per più partite il regista al posto di Brozovic o schierare Di Marco come terzo centrale di sinistra: lui è molto bravo in fase offensiva, ma per la fase difensiva ci vuole ben altro e io ho ballato a vederlo difendere. Alcune situazioni non mi hanno convinto, come sostituire sistematicamente Bastoni per far giocare Di Marco e Perisic sulla sinistra (accadeva nei primi mesi), o schierare contemporaneamente due mezzali sinistre, o due seconde punte. Fino a fine gennaio, ero fermamente convinto che il campionato se lo giocassero l'Inter, l'Atalanta e la Juventus. Di certo, sono rimasto sorpreso di vedere l'Inter lottare per il campionato, sono sincero. In particolare, recuperare tutti quei punti a novembre-dicembre. Non mi aspettavo il ritmo del Napoli, mi ha molto sorpreso la regolarità ineccepibile del Milan. Pensavo che le prestazioni offerte dai milanisti lo scorso anno fossero state un fuoco di paglia, anche perché viziate da un numero eccessivo di rigori concessi a favore. Ero sicuro che il Milan si inceppasse con qualche squadra di medio-basso livello e andasse successivamente in tilt. A quanto pare mi sbagliavo.

    L'Inter è stata costruita, se così si può dire, manchevole di uomini in zone nevralgiche. Se l'anno scorso avevamo il centrocampo più forte della Serie A, quest'anno dietro ai tre titolari c'erano giocatori che hanno dato pochissimo alla causa, anche per via della mancanza di motivazioni che, evidentemente, l'allenatore non ha potuto o voluto trasmettere loro. Gagliardini è praticamente scomparso dalle rotazioni, e secondo me sarebbe stato utile in alcuni frangenti, nonostante sia normalmente un bersaglio delle critiche. Vecino, praticamente, non ha giocato per due anni e Vidal, con l'avanzare dell'età, è andato incontro, per il tipo di giocatore che si è trovato a essere in carriera, a un calo netto, ma questo era lampante fin dallo scorso anno.

    L'anno scorso mi lamentavo dell'assenza di un vice-Lukaku, quest'anno abbiamo dovuto giocare quattro competizioni con un classe 1986 titolare, senza avere un vero ricambio di ruolo. Non parliamo dell'apporto di Caicedo: due minuti in un recupero contro il Genoa, penso, e una ventina di minuti in una partita inutile oggi. Satriano neanche lo considero. Quanto alle seconde punte, chi avrà visto giocare Correa, saprà che il suo apporto è stato praticamente nullo, addirittura in termini di contrasti o giocate. Prima di oggi, aveva segnato quattro gol, tra l'altro, concentrati in due partite. I gol di Lautaro, poi, si concentrano in determinate partite: è capace di fare doppiette per alcune gare consecutive, per rimanere a secco per molte giornate. Le segnature sono venute sì da un gioco collettivo e offensivo (che anche Conte faceva, nonostante in tv e sui giornali dicano il contrario) ma anche dal centrocampo, in misura maggiore rispetto al recente passato.

    La rosa non era minimamente attrezzata per tre competizioni, e, a mio parere, qui potrebbe risiedere l'errore di valutazione fatto in società. Di sicuro, il passaggio ai quarti dava la sicurezza di avere un premio consistente, ma in società avrebbero dovuto ben tenere in mente da dove si era partiti ad agosto, e lì è stato fatto un grosso errore di tracotanza. Lo so che magari riceverò critiche, ma io avrei preferito concentrare le forze sul campionato e non sulla Champions League, viste le limitatezze e le precarietà che ci siamo portati come fardello in questa stagione. Inzaghi, o chi per lui, ha volutamente sbagliato il tipo di preparazione, perché fra febbraio e marzo, ha voluto privilegiare un ipotetico passaggio del turno in Coppa Campioni. Il risultato è stato che, dopo un gennaio positivo che ha tolto numerose forze, l'Inter è crollata fisicamente, prima ancora che mentalmente. Mi riferisco al calendario del campionato molto impegnativo (tant'è che, dopo l'inizio di febbraio, ci restavano soltanto la Juventus, la Roma e la Fiorentina, tra le grandi da affrontare) e ai supplementari di coppa con Empoli e Juventus, non preventivati. Da lì in poi, i giocatori avevano gamba solo nelle partite contro gli inglesi, ma in campionato, fra febbraio e marzo, sembravano moribondi: arrivavano con forte ritardo in tutti i contrasti, leggevano male gli anticipi, si palesava un'assenza totale delle letture di gioco senza palla e abbondavano gli errori marchiani con il pallone fra le gambe. L'unica cosa che rimprovero a Inzaghi è il modo di gestire i cambi: toglie sempre i giocatori ammoniti, qualunque egli possa essere, senza badare al fatto alla qualità della prestazione offerta, e lo ha fatto (e continua a farlo) in partite-chiave. Ad esempio, è capitato nel famoso derby di ritorno, e in quel frangente, distruggendo un centrocampo che stava amministrando agevolmente e con molta calma la partita, ha mandato in confusione l'intero reparto e anche la difesa. Oppure, non ho mai capito perché, invece di togliare un attaccante alla volta ne tolga, spesso, due in un colpo solo. Da non sottovalutare l'apporto di Pintus con Conte: con il nuovo staff sanitario l'Inter ha avuto un numero molto più elevato di infortuni, e, quindi, di assenze in una rosa di per sé contratta qualitativamente.

    Non mi trovo d'accordo con Osrevinu quando scrive che il VAR ci ha favoriti e neanche quando scrive che il campionato era "apparecchiato" per l'Inter: quasi ogni gol dell'Inter viene puntualmente controllato prima di essere convalidato, e a dire la verità, non mi ricordo particolari episodi a nostro favore quest'anno, perlomeno nelle partite che ho visto (ne ho perse molte fra novembre e dicembre). L'anno scorso qualche volta abbiamo ricevuto vantaggi: mi ricordo una partita in Coppa Italia contro la Fiorentina con un rigore molto dubbio a nostro favore. Anzi, di decisioni al Var contro i nostri interessi ne abbiamo subite, forse, un paio: Dumfries contro la Juventus all'andata, quando ancora quel tipo di fallo non aveva fatto giurisprudenza, e comunque, un rigore simile fu negato, in seguito, alla Roma mi pare proprio contro il Milan e, possiamo metterci pure, ma qui ho riserve, il gol di Giroud del pareggio nel derby, viziato da un fallo su Sanchez, il quale, a dire la verità, fu abbastanza ingenuo nel perdere la palla. Sanchez ha spesso questo vizio di tenerla troppo, perché deve dare sfoggio di essere "un campione", come lui stesso si è definito dopo la Supercoppa.

    Quanto all'apparecchiato, mi sembra che il campionato sia stato ben guidato dal calcioscommesse e dalle esigenze delle televisioni. Mi ci gioco la mano: altrimenti, non avremmo assistito alla 'favola' della Salernitana, o alle lotte serratissime per l'Europa League (e la Conference League e il campionato), gli esiti delle quali si sono, guardacaso, prodotti tutti quanti all'ultima giornata. In particolar modo, apparecchiato per l'Inter non direi proprio: tutte quante le squadre giocano sempre con il coltello fra i denti contro di noi, in misura che, delle volte, dà adito a pensieri strani. Non ha attinenza con questo campionato ma faccio esempi lontani: Siena, Parma, Siena, o, avvicinandoci all'anno scorso, le varie Verona, Cagliari e altre prima della matematica certezza dello scudetto.

    I complimenti al Milan vanno fatti, comunque. Non tanto a Pioli, di cui non mi garba il fatto che esprima concetti che, puntualmente, si rimangia quando gli viene comodo, quanto ai tifosi (conosco bene le sensazioni dei milanisti provate in questi ultimi anni, perché sono le stesse nostre della fine dell'era Pellegrini e del periodo successivo al 2010) e alla società che è andata pescare alcuni buoni giocatori, alcuni interessanti come Leao e Hernandez. L'Inter quello che doveva fare lo ha fatto, un tifoso non può pretendere che tutte le partite vengano vinte. Dal pareggio contro la Fiorentina, l'Inter le ha vinte tutte, comprese quelle di coppa Italia, che di certo non ti danno più freschezza (quando, poi, nelle stesse devi pure affrontare le rivali storiche), semmai te la fanno perdere. Di più non poteva fare, poiché almeno una sconfitta, la devi mettere nel conto. È capitato a Bologna, ma poteva capitare contro qualunque altra squadra. E per fortuna che non è occorsa quando, ormai, si credeva che tutto fosse andato perduto (la partita di ritorno contro la Juventus) o quando si era in rampa di lancio psicologicamente parlando (Verona o Roma) o quando si doveva tenere la scia (tutte le restanti altre). Insomma, una dimostrazione di tenuta mentale c'è stata, sono stati bravi i giocatori del Milan a fare di più (sulla correttezza dei loro avversari nelle ultime giornate mi astengo dall'esprimermi, perché ho visto solo gli episodi-chiave senza potere giudicare nel complesso, e non mi piace valutare sulla base del sentito dire). Ci avevo, sinceramente sperato, fino all'ultimo atto. Dopo gennaio, ritenevo che vincere questo campionato  2021/2022 fosse divenuta una formalità, ma pure io sono dovuto tornare con i piedi per terra e, in queste settimane, mi sono ricordato di quanto fossi rabbuiato nel mio ultimo messaggio calcistico sul campionato, quello che risale all'estate scorsa quando non avevamo ancora perso Hakimi. Pensate quale amareggiamento avessi dopo le vicende di Eriksen e, soprattutto, quella, a sorpresa, di Lukaku. Questa stagione dell'Inter è stata molto positiva, nonostante le funeree premesse, in bacheca ci sono due trofei in più, e di valore, anche per la caratura degli avversari affrontati per vincerle. Un conto è fare il percorso con le formazioni B, quasi sempre contro squadre di seconda fascia e dovere affrontare in finale sempre e solo la Roma come ci capitava ai tempi di Mancini e Mourinho, un conto è vincerle con un percorso Empoli-Roma-Milan-Juventus.

    Resta il dispiacere di avere distrutto la possibilità di iniziare un ciclo, a cagione di logiche di forza maggiore, con cessioni eccellenti che hanno costretto a spendere dei soldi per dei titolari, quando, al contrario, questi stesso denaro era, ragionevolmente, in procinto di essere destinato al garantire all'Inter una panchina decente. Anzi, quando vedo che determinati giocatori che dovrebbero, per l'età, capire di dovere fare un passo indietro, e invece di abbassarselo l'ingaggio, pretendono quel milione e mezzo in più che potrebbe essere ben utilizzato in altro modo per blindare un altro giocatore molto utile alla causa dell'Inter, allora penso che, poi, tanto di forza maggiore queste cause non sono e che l'Inter se le vada a cercare ...

    Tra Leclerc, l'Inter e il Cagliari è stata una giornataccia... è proprio vero, almeno sportivamente, le disgrazie non vengono mai sole.

    • Like 1
  2. Nel 1981, sulla rivista "Grand Prix international", Prost teneva una rubrica intitolata "Prost scriptum", nella quale, generalmente, parlava degli eventi agonistici che riguardavano lui e la Renault. Per questa corsa, Alain si lasciò andare a qualche considerazione sparsa, utile a capire anche il carattere. L'ho tradotta qui sotto:

    “Se avete avuto modo di leggere con regolarità i miei editoriali, saprete che risiedo a Saint-Chamond, vicino a Saint-Étienne, in Francia. Capirete, perciò, che mi sono sentito un po' spaesato quando sono giunto a Las Vegas per trascorrere il fine settimana di gara. Avendo fatto una capatina nei luoghi di ritrovo della città, posso assicurarvi che non ho alcuna intenzione di prendere dimora là, un giorno. Ho trovato il posto, di per sé, abbastanza deludente. Certo, il fatto di sorgere nel bel mezzo del deserto tutta sola, rende la città, in un certo qual modo, speciale. Tuttavia, un mondo fatto di luci al neon e di slot machines non è roba per me. Per quel che mi riguarda, una settimana a Las Vegas è anche troppo. A parte fare una giocata ai tavoli, non c'è niente da fare. Magari, come diversivo, ti puoi divertire a mettere le fiches in fila, e al di là di questo ti annoi. Ritengo che me lo sarei dovuto aspettare. Vegas — un'espressione più alla moda rispetto al dire ‘Las Vegas’ — vive di rendita sulla reputazione che si è costruita. Non è né meglio né peggio delle descrizioni riferitemi da altri. Per capirla appieno, bisognerebbe approcciarla avendo in mente di considerarla una sorta di città-monumento e prepararsi alla sua stravaganza. Passarci un paio di ore, fare qualche fotografia, scialacquare qualche dollaro e, infine, tornare nel mondo reale, alla civiltà di tutti i giorni. Tutto lì è congegnato apposta per essere al servizio della ‘scommessa’. Devo ammettere di avere fatto qualche giocata alla roulette, d'altronde lo ha fatto, per curiosità, la maggior parte degli altri piloti. Non sono un grande scommettitore, ma recarsi a Las Vegas e non fare una puntata è come andare a Parigi ed evitare di andare a vedere la Torre Eiffel, o recarsi a St. Chamond e non dare una sbirciata al mio appartamento (oops, a ben pensarci penso di dovere ritrattare questa mia asserzione per paura che si creino ingorghi in strada!). A ogni modo, mi sono messo in tasca qualche dollaro e ... mi credete se vi dico che ho vinto? Sì, sono riuscito a scucire loro qualche soldo. Dunque, è vero che anche un francese può vincere a Las Vegas. Devo, però, dire di non essere stato tentato dal perseverare. Noi dell'Alvernia abbiamo la stessa reputazione degli scozzesi quando i soldi sono tirati in ballo e si tratta di spenderli. A voler tornare seri, semplicemente non mi garbava l'atmosfera attorno ai tavoli da gioco. Trovavo piacevole semmai giocare per una mezz'ora, non di più, alla roulette. Eppure, tutta quella gente aveva un'espressione così seria e intristita. Ti accorgevi che presenziavano in quei luoghi non per svagarsi ma per rincorrere il denaro. Una luce nei loro occhi baluginava ogni volta che le monete zampillavano da quelle macchine. Nessun sorriso si disegnava sul loro volto, mai, sia che fossero rimasti attaccati a quei congegni da gioco sia che, giocando alla ruota, fossero stati intenti a conteggiare ogni singolo penny. Trovavo tutto ciò odioso. Come dicevo, ho giocato alla roulette, ma solo quando non c'era nessun altro estraneo vicino a me. Con un giornalista, un amico, ci stavamo divertendo parecchio, ma quando altri si sono uniti a noi, dei giocatori incalliti, l'atmosfera era diventata tale che abbiamo dovuto cambiare il tavolo. Il circuito, penso, sia stato un successo se si rapporta il giudizio con ciò che gli organizzatori si sono ritrovati fra le mani. È stato abbastanza sorprendente. Si poteva superare in modo relativamente facile, contrariamente alle mie aspettative. Sebbene l'organizzazione, sul fronte della sicurezza, sia stata carente sotto alcuni aspetti, il tracciato non era pericoloso, anche perché abbiamo corso in condizioni peggiori altrove quest'anno. La gara è stata strana ma interessante. In generale, è stato un gran premio che merita di essere giudicato con favore. Ero esausto al termine della gara e non ero l'unico. Si dice che Montecarlo sia quello più stancante del calendario, ma io penso che Las Vegas debba, ora, detenere questo primato. L'asfalto era gibboso, molto, e il percorso non offriva un attimo di respiro. Si è trattato di un ottimo allenamento, affrontato nel pieno della stagione agonistica. Vi saluto tutti, a presto!”

    Alain Prost, "Prost scriptum", GPI n.41/1981, p.46

     

    • Like 3
  3. Ho scovato un'altra ripresa particolare della serie "guarda dentro". L'esperto cavaliere del rischio Reutemann durante la cerimonia di ‘vestizione’ nelle terre di regale giurisdizione. In bell'evidenza, lo stemma gentilizio dei conquistatori saraceni, non ancora ricacciati dalla villa madrilena dei "Re cattolici". A parte gli scherzi, la fotografia occupa una piccola porzione nella pagina di destra che non ho riprodotto (in più, si vede la gomma posteriore destra e le lettere "BO" della scritta "Talbot" in alto)

    ewhhEdk.jpg

     

    • Like 2
  4. Potrebbe benissimo essere così, non avevo pensato a questa ipotesi. D'altronde gli anni in cui sono state scattate sono ravvicinati e lo stile è molto simile. Quella di Mass l'ho presa da un'altra rivista che usava carta meno pregiata. Sono andato a controllare la pagina relativa ai contributi in merito alle fotografie e vedo che le pubblicazioni hanno in comune, oltre alla DPPI, due nomi di professionisti del settore: Bernard Asset e David Winter.

    • Like 1
  5. Grazie mille @calpurnio70 e @irron3!! Sono davvero molto nitide e belle. Dall'alto, si nota che anche questa 92/05 aveva la bocca del radiatore laterale più avanzata rispetto alle prime versioni della 93T.

    Parlando delle differenze, sapevo ce ne fosse una, limitatamente alle sospensioni, fra la 92/10, in dotazione a Mansell, e questa 92/05. Per il resto, entrambe erano identiche dal punto di vista della carrozzeria. La 10 aveva una sorta di sospensione idropneumatica, che si regolava da fuori, la quale diede dei guai in prova. Si parla di "hydraulic correction system" e di "hydraulic suspension"  e "active suspension"/"hydraulic suspension"/"computer controlled hydraulic suspension system", rispettivamente negli articoli di "Grand Prix international", di "Autocourse" e di "MotorSport" dedicati al gran premio brasiliano.

    Circa le differenze con la 93T, invece, erano più interne, a partire dal telaio. Questa era stata costruita sempre in fibra di carbonio ma con un nuovo processo, usando parti prefabbricate, poi unite. Ne venne fuori una monoscocca più leggera e rigida, nonostante lo spessore. Quindi, sì, da un punto di vista visivo, data la penuria quantitativa delle fotografie — e supponevo anche del livello qualitativo delle foto inerenti al GP brasiliano —, l'unica differenza tangibile, almeno da quello che ero riuscito a cogliere, era identificabile nella diversa sistemazione dei loghi.

    • Like 3
  6. Domanda per i ricercatori di fotografie. Avete, per caso, Elio de Angelis ritratto mentre gira con la Lotus 92? Elio usò la 92 soltanto in questo gran premio. La Lotus portò una 93T motorizzata Renault, la vettura "ufficiale" per Elio, e una 92, motorizzata Ford-Cosworth, per Nigel, oltre a una vettura di riserva che alcune fonti chiamano '91' aggiornata, ma che, in realtà, si può considerare un'altra 92 viste le modifiche a cui era andata incontro.

    Il venerdì di quel fine settimana di gara erano programmate sia una sessione di qualifiche, il pomeriggio, sia una sessione di prove non cronometrate, la mattina. Entrambi i piloti ebbero delle noie e dovettero ricorrere alla vettura di riserva. Le differenze fra la 92 e la 93 non sono molto marcate a occhio nudo, una spia può essere il fatto che fra le decalcomanie della 92 non è presente mai la scritta "Powered by Renault" sull'airscoop vicino all'ala posteriore. Più o meno, in quella posizione dovrebbero trovare posto le scritte e/o i loghi "Pirelli", "Elf" e "Champion".

    Durante il warm-up, a Elio si ruppe il motore Renault della 93T, così tentò di partire dai box con la vettura di riserva, con il propulsore Cosworth. Tuttavia, venne escluso dalla classifica finale, in quanto si era qualificato proprio con la 93T. Ci fu un reclamo, ma la sanzione venne confermata.

    Dunque, a proposito di questa famigerata Lotus 92 di riserva: si tratta del quinto telaio, ma non perché vennero costruite altre 92 prima del GP del Brasile, bensì in quanto si adottò la numerazione dei telai del 1981 e del 1982. In pratica, la Lotus 91 iniziò a numerarsi dalla n.6 in poi, perché i primi cinque telai erano delle Lotus 87. In più, tutte le 92 del 1983 erano sostanzialmente delle 91: ad esempio, quella di Mansell a Jacarepaguá 1983 era la 91/10, la quale debuttò a Las Vegas 1982. Tornando alla 92 riserva a Rio de Janeiro 1983, successe che a metà stagione 1982 comparve, come vettura di riserva ma mai adoperata effettivamente (non saprei dire nulla a riguardo delle libere non cronometrate), la 91/5. Essa non era altro che la vecchia 87/5 aggiornata. Tra l'altro, questa macchina dovrebbe essere la stessa vettura che Mansell usò nel Gran premio sudafricano 1982: i giornalisti rinominarono le vetture di Elio e Nigel 87B. La numerazione dei telai della Lotus è un po' articolata in queste stagioni ...

    Questa dovrebbe essere l'unica fotografia che conosco con Elio a bordo di questa 92/5 (GP Brasile 1983), ma la qualità non è granché:

    uzozfvf.jpg

     

  7. Un bel servizio sul primo gran premio della stagione. Purtroppo, le immagini dei videogrammi di quelle gare non sono un granché, meno male che ci sono le fotografie di questi bei resoconti! 😀

    La rivista è "Grand Prix international". Stava, in quegli ultimi anni di vita, intraprendendo una linea editoriale un po' pericolosa, cioè coprire lo sport motoristico a trecentosessanta gradi, non limitandosi alla Formula Uno. Purtroppo, a quanto pare, fecero il passo più lungo della gamba e i costi lievitarono, fino a costringere la rivista alla chiusura, a quanto pare, dopo il numero del Gran premio di Montreal 1986. Però, fra approfondimenti sulla Formula Uno (un po' maltrattata, a dire la verità, dopo la stagione 1983), Cart, Rally, Endurance e, addirittura, la F3 britannica ce n'era per tutti i gusti. I riferimenti bibliografici sono GPi Aprile 1984, n. 78/1984 pp. 51-78. Fu la prima gara Cart per Fittipaldi: c'è anche una foto "in rosa" sotto. Gareggiarono anche i nostri portabandiera Teo Fabi (n.33) e Giacomelli (n.44), raffigurati alla sinistra di una pagina con le rispettive vetture.

    xmGt1Gh.jpgd666uMS.jpgsXoMUZw.jpgTrbXmZ1.jpgwn6JECG.jpgHZGO6cP.jpgqgwXZv1.jpgTpluDXK.jpgUkvhbcH.jpgdDmNprP.jpgW59QiG3.jpgDqV0Cae.jpg2zf77qK.jpgHXfnMqB.jpg

    • Love 1
×
×
  • Crea nuovo...