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Elio11

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messaggi inviate da Elio11

  1. Sul ruolo del pilota in grado di mettere a punto la vettura:

    «È un aiuto. Ho detto mille volte che equivale a un malato che dica: 'Dottore, sono malato'. E il dottore fa un mucchio di analisi, ma una settimana dopo non ha ancora capito dove è il guaio. Se, però, il paziente dice: 'Ho male qui, mi succede questo e questo', il medico si fa un' idea per cominciare il suo lavoro e trova una cura molto più rapidamente. Il compito viene svolto impiegando metà del tempo. Certi piloti sentono le cose, altri no.»

    Mario Andretti

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  2. fflGVsR.jpg

    Un episodio curioso, avvenuto nella locanda 'Gasthaus Bernhard', a Zeltweg, dove alcune squadre (McLaren, Surtees e Brabham) si ritrovano a mangiare aiuta, forse, a spiegare i motivi del soprannome 'The bear'. Dopo qualche bicchiere di troppo alcuni dei presenti cominciano, scherzosamente, a lanciare delle briciole di pane addosso ad altri, i quali contraccambiano. Il numero di coloro che partecipano al gioco, evidentemente, inizia a crescere, il tutto in un'atmosfera gioviale. All'improvviso, Hulme, indispettito dal comportamento poco elegante degli altri convitati, si alza e con fare perentorio e autoritario scaglia violentemente una bottiglietta contenente della salsa in una direzione. Urla tremando: «State zitti! Comportatevi in modo consono. Finitela con questi modi!». Non ha di mira un obiettivo preciso, però, per fatalità quasi colpisce al volto la moglie di un meccanico della sua squadra e prende in pieno la spalla del marito di costei. La donna scoppia in lacrime, segue un silenzio assordante. Tutti iniziano a deprecare l'episodio e a rimproverare Denis, alcuni gli rinfacciano di avere compiuto gesti simili in passato. Hill, con fare compassato gli va incontro per rasserenarlo.

    Per contestualizzare questo aneddoto bisogna tenere a mente il fatto che Hulme in quei mesi accusasse dei forti giramenti di testa (ed evidentemente anche problemi con il sistema nervoso) a seguito di un incidente molto grave capitatogli in una gara della Can-Am qualche settimana prima.

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  3. «Per guidare bene una formula uno occorrono tre anni. All'inizio sembra facile ma non si riesce a farla andare forte come potrebbe. Poi, si passa un anno in cui si impara a conoscerla e man mano ci si accorge di potere arrivare con naturalezza a limiti che prima non si raggiungevano. È il terzo anno che si conosce tutto: circuiti, macchine e comportamento degli avversari.»

    Emerson Fittipaldi

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  4. rJjzote.jpg

     

    Al termine delle qualifiche Pace, assieme a Schenken e Hailwood, risultò il migliore fra coloro che non ebbero mai occasione di correre a Charade. In lotta con Wilson e de Adamich, la 711/3 si trovò affetta da un incessante effetto pendolo in frenata, prolungatosi fino al ritiro per la rottura delle bielle del Cosworth. Quel 'codino' con l'estremità bianca nella parte terminale dell'airscoop, comparso regolarmente durante la stagione, è una delle personalizzazioni di Williams. C'è un piccolo recipiente in materiale plastico e una cavità per raccogliere sporcizia varia a evitare l'intasamento delle trombette d'aspirazione.

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  5. 50 minuti fa, Davide Hill ha scritto:

    Io continuo a vedere un'Inter che fa una gran fatica a concretizzare. La Juventus stasera è stata assolutamente inesistente e poteva essere ammazzata molto prima. Invece il risultato è comunque rimasto in bilico fino all'ultimo (se entra quella palla di Chiesa all'87° poi gli ultimi minuti diventano di fuoco) quando, per quello che si è visto, la contesa poteva e doveva essere chiusa già nel primo tempo

    Verissimo, capita che l'Inter, quasi a ogni partita, crei almeno un paio di palle gol limpide che, alla fine, non riesce a concretizzare. Intendo le conclusioni vere e proprie, al di là di quelle opportunità che restano sul piano delle 'occasioni potenziali' per via della lettura errata in fase di costruzione, come ad esempio un passaggio finale intercettato o indirizzato al compagno sbagliato. Con meno frequenza questo neo si palesava anche durante la scorsa stagione. Mi sono perso i minuti dall'ottavo al venticinquesimo e leggo, ad esempio, di un'occasione sbagliata da Lautaro che si va a sommare a qualche altra situazione.

    Quanto alla partita in sé, per il giochino io avrei pronosticato un 2-1 per noi. A parte il risultato che, comunque, era aperto a qualsiasi esito, io sinceramente non mi aspettavo una gara del genere da ambedue le parti. Sono rimasto sorpreso in positivo ed è una bella sensazione davvero. La tensione nel vivere questo scontro diretto ovviamente c'è sempre e fino al 94esimo temevo si potesse riaprire tranquillamente, tant'è che ho sudato freddo su quell'occasione di Chiesa. Però, la scioltezza del modo in cui si stava sviluppando il gioco dell'Inter, con il passare dei minuti, mi ha fatto vivere la partita con un'inconsueta rilassatezza. Di sicuro è stata un'esperienza inedita per me, in termini di un "Inter-Juve" o uno "Juve-Inter", abituato a una Juventus altamente combattiva e cinica da combattere colpo su colpo. Un conto sono le emozioni esperite nel vedere le partite in televisione e la trepidazione, sempre dietro l'angolo, ti attanaglia sempre, altro sono quelle che facevano capolino mentre si ascoltava la radio, quasi l'unica soluzione per vivere le gare fino a quindici-venti anni fa. I nostri sono stati tutti encomiabili, lucidi, veloci nel pensare e nel giocare la palla, perfetti negli anticipi difensivi nella nostra metà campo etc ... C'è da dire che la Juventus aveva una giornata in meno di riposo, anche se non so più se questo conti ancora molto dopo la strana estate del 2020, in cui si giocava continuamente. Il centrocampo è stato guidato in modo magistrale da Brozovic che abbassava il baricentro a piacimento, aiutato forse dalla lentezza di Rabiot e Ramsey. Hakimi nonostante si sia sobbarcato il raddoppio difensivo è riuscito a pungere più volte, Skriniar è andato a tempo senza sbavature e ho rivisto anche Young ai livelli della passata annata. Ho visto giocare bene per la prima volta Vidal (non so ancora se perdonarlo per il bacio incriminato :asd:). Non credo di esagerare nel dire che Lukaku, Bastoni e Barella, in genere punti fermi della squadra e superlativi anche stasera, possano essere catalogati come creature dell'allenatore: di questo va dato atto a Conte. Se la crescita di Barella era auspicabile viste le buone premesse cagliaritane, Bastoni è assolutamente una graditissima sorpresa e ringrazio Conte di essersi impuntato e avere posto il veto sulla sua cessione nel mercato in cui si insediò sulla panchina. Era destinato alle solite plusvalenze o ai prestiti gratuiti. Anche in Nazionale quando ha giocato mi ha spaventato per la pulizia e la sicurezza ostentata, al netto delle comprensibili incertezze nella fase difensiva su cui potrà lavorare tranquillamente.

    Quanto al Milan, il Cagliari ha meno qualità rispetto allo scorso anno nella manovra di gioco (intendo la gestione Maran) e la squadra è spesso sbilanciata, perché l'impostazione è un po' troppo pretenziosa con riguardo agli uomini a disposizione. È molto confusionario in fase di possesso palla, non hanno fisicità e commettono i soliti svarioni difensivi di posizionamento o ripartendo dal basso impostando l'azione. Però, corrono parecchio e non sono da sottovalutare.

  6. Sfondo: Temporada di F2 1971

    «Sul tema degli show personali, naturalmente, i due più attivi sono stati Hill (il vecchio volpone) e Schenken. Hill è stato molto divertente quando si è presentato al controllo del bagaglio dell'aeroporto di San Paolo (dopo avere fatto un suo spettacolo personale davanti alle telecamere degli studi televisivi paulisti, presenti all'aeroporto per riprendere lui, Pescarolo e Peterson, consistente in sventolamenti di fazzoletto, lacrime, saluti e anche gesti più pesanti) si è presentato dunque, con una grossa e professionale valigetta 'ventiquattrore'.

    L' addetto ai controlli, un po' confuso per averlo riconosciuto, gli ha chiesto timidamente di aprirla per vedere il contenuto ed è rimasto allibito nel rendersi conto che era pieno solo di giornali ... diciamo così, per soli uomini! Hill, di fronte al poveretto che non sapeva come comportarsi, anche perché tutti i presenti sghignazzavano rumorosamente, è rimasto impassibile, ha preso una delle riviste ed ha cominciato a sfogliargliela sotto gli occhi, mostrandogli le illustrazioni più audaci. Dopo un attimo di esitazione è stato fatto passare con rispetto!

    (...)

    AS n.49/1971, pag.7

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  7. 2 ore fa, sundance76 ha scritto:

    Però si tratterebbe di una gara di due ore e mezzo, difficilmente trasmissibile in tv vista la lunghezza complessiva con le pause tra una fase e l'altra.

    Sì, tra l'altro, rimanendo nell'orto di casa nostra, per la RAI di allora il problema non si sarebbe nemmeno posto viste le resistenze a dare spazio allo sport automobilistico, anche nei notiziari o nelle rubriche sportive serali della domenica.

    Comunque, volendo contestualizzare quella proposta, si inseriva nell'ambito del tira e molla creatosi dalle decisioni unilaterali della CSI dopo l'incidente di Siffert. Nel dicembre 1971 aveva introdotto, a partire dal 1973, le soste e la riduzione del carburante a bordo senza consultare nessuno (piloti, costruttori e organizzatori/proprietari dei circuiti). Poi, fece dietrofront sulla scia di proposte simili a quella di cui sopra, ammettendo alternative (le gare doppie) al rifornimento e, infine, rinunciò del tutto nella primavera 1972 sulla scia dei duri comunicati delle tre associazioni. Infatti, le date di quella lettera sono indicative: gennaio e maggio.

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  8. 5 ore fa, sundance76 ha scritto:

    Magari quest'anno vedremo nuovi entusiasmanti format massimo risparmio-massimo guadagno, del tipo prove libere (ops ..FP) alla domenica mattina, sorteggio-griglia alle 13.00, prima minigara (ops, feature race) alle 14, e seconda minigara (ops sprint race) alle 14.30. 

    Alle 17 tutti in aereo per tornare a casa.

    «Il 26 gennaio 1972 ho proposto all'Associazione costruttori di F1 quanto segue circa i grandi premi '73:

    (...)

    Si propone, onde favorire le opportunità spettacolari sollecitate, ed in previsione di un aumento di concorrenti F1, di far disputare i gran premi in due batterie eliminatorie delle massima durata di 45' ed una finale di '60. Si ammetteranno alle batterie, per sorteggio, i concorrenti che hanno effettuato le prove regolamentari e in base ai tempi ottenuti occuperanno i posti di partenza. Alla finale verranno ammessi i primi dodici di ogni singola batteria allineati secondo l'ordine di arrivo nelle due batterie: i primi due in prima fila e così di seguito. Fra la seconda batteria e la finale non dovrà intercorrere un tempo inferiore ad ore una.

    (...)

    Questa la proposta Ferrari che perorai il 9 maggio 1972 anche con il Presidente della CSI Principe Metternich e che non trovò accoglimento.»

    Lettera di Enzo Ferrari pubblicata su AS n.29/1972 pag. 27.

    _______________

    Non facciamola vedere a quelli di Liberty Media. :asd:

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  9. «Guarda per Wilson sento una cosa, qua, dentro di me: come mi piace quel ragazzo. Ma con 'Majo' è differente. C'è un collegamento, un filo che mi unisce a lui. Quando torna in Brasile, passiamo sempre varie ore assieme, parlando.»

    Sulle labbra sottili di donna Maria Vojuechovskj, Emerson Fittipaldi è 'Majo', il figlio di sua figlia José, il nipote famoso, ma qualche volta distratto che non può progredire senza il suo aiuto. Donna Maria abita sola, in una piccola casa bianca dietro il terreno del quartiere del Bosco della Salute in San Paulo, di fianco a un albero di caffé ora in fiore, a una pianticella di 'goiaba' dipinta di bianco e ad una di limone che ha già perduto le spine. Polacca, di 72 anni, vedova di un ex ufficiale dello Zar, zappatore di trincea nella Prima guerra mondiale, ha emigrato dalla Lituania nel 1928, quando ebbe il presentimento di una seconda grande guerra. Il naso affilato, capelli castani pettinati all'indietro e una sottile rete di rughe che formano triangoli che vanno dalla fronte verso il naso e altre del mento verso la bocca, indossa poche volte la gonna, tranne quando va in chiesa a lavorare per aiutare i poveri. Per i pochi che conoscono i suoi rapporti col nipote, lei è la sua fata-madrina e il campione mondiale di Formula 1 non tralascia occasione di chiederle consigli.

    «Io vado alle corse e guardo tutto. In Inghilterra la sua macchina era una bellezza. Un poco prima della corsa è venuto un altro pilota che ha scambiato uno strano sguardo con il meccanico che stava stringendo qualche vite. Ora, perché lo ha guardato in quel modo? Non sono certamente due innamorati che vanno a dormire assieme. C'è qualcosa che non va, ho pensato. Cominciò la corsa e sicuramente le marce erano truccate e Emerson è calato in sesta posizione. Allora ho innalzato preghiere a Nostra Signora della Penha. Guardavo il quadro della gara, chiudevo gli occhi, mi concentravo, li riaprivo, e Majo era quinto. Mi concentravo ancora, ripetevo la manovra e Majo era quarto.»

    La concentrazione della nonna è stata valida sino al terzo posto, ma il nipote ha rifiutato di credere nella disonestà del meccanico. Sulla parte della sua camera vi sono un grande poster di Emerson Fittipaldi e una litografia del Cuore di Maria, del 1852, portata dalla Lituania. Sopra un mobile, fotografie di otto nipoti e del figlio morto di meningite trent'anni or sono. Mostrando quella di Emerson dice:

    «Quando era piccino faceva delle vetturette in legno, ma ne diceva le marche sbagliando. Io correggevo dicendo 'E' Ford, bambino, con erre.» E Donna Maria ride, come un fanciullo che ha fatto una piccola marachella. I suoi piccoli occhi, protetti dagli occhiali, sono vivaci e curiosi. Lei stessa non riesce a parlare il portoghese a perfezione: i suoi erre suonano sempre come ere. Mostra un altro poster di Emerson e Wilson e dice: «Il Majo ha un problema; è uno stupido negli affari. Non riesce a capire quando gli fanno del male». Ed è forse per questo che Emerson cerca i suoi consigli.

    «Sai perché non ha accetato di correre per Ferrari? Io gli ho detto: Tu continua con il Chapman, nella Ferrari non v'è nulla di buono. Ho avuto come un presentimento.»

    Presentimento in quanto alla qualità della vettura?

    «No, un presentimento nei riguardi di quel vecchio ranzinza».

    Prima dele corse del nipote, donna Maria si riunisce con due sue amiche in un forte triangolo di spiritismo («No, non è macumba») al quale fu convertita per l'apparizione, nel sonno, dell'anima di Stefan, un suo antico innamorato. E così, nelle corse, Emerson può contare sull'aiuto di una équipe di santi forti e prestigiosi. In Austria è Santa Rita, in Belgio Nostra Signora de la Penha e a Monza donna Maria, per non correre rischi, si è concentrata nel Duomo di Milano.

    Probabilmente, però, e donna Maria lo confessa, Emerson ha anche un aiuto più influente.

    «Nell'ultima gara in Brasile gli si è rotta la sospensione della macchina. Quando ho visto quella polvere in aria mi sono precipitata. Emerson mi ha accolto sorridendo. Figlio, gli ho detto, come sei riuscito a dominare la vettura?»

    «È stato Lui, ed ha indicato il cielo con un dito.»

     

    ______

    AS n.48/1972 pagg.5,9. Intervista rilasciata al settimanale brasiliano 'VEJA'.

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  10. Non ne sono sicuro al 100% ma Dallenbach iniziò a vincere (1973) con quella Eagle 72 della Patrick Racing sponsorizzata da Granatelli ed ereditata da McRae dopo la Indy 500 di quell'anno. Intendo quel McRae spesso cercato dai costruttori di punta della Formula Uno dei primi anni Settanta per fare da tappabuchi.

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  11. Sì, andrebbe fatto un discorso molto più generale. In occasione di alcune partite, si dovrebbe cambiare il modulo, o farlo a partita in corso. Inter-Fiorentina o Inter-Borussia Moenchengladbach sono stati casi emblematici (entrambe le avversarie avevano esterni alti devastanti): pur di non mettere la difesa a quattro - eravamo in emergenza per le assenze dei difensori centrali -, Conte ha deciso di andare allo sbaraglio con Kolarov e D'Ambrosio adattati, mantenendo la linea difensiva altissima. In teoria, i terzini si adattano meglio a giocare a tre in difesa di quanto lo facciano i difensori nati come centrali puri come Godin o Skriniar. Sono già abituati a fare certi movimenti tipici del difensore schierato a tre, allargarsi verso i lati e convergere al centro. D'Ambrosio, spesso, è schierato in questo ruolo e dà affidamento (anche in zona gol), Kolarov era assolutamente fuori condizione (acquisto totalmente sbagliato: i romanisti erano infastiditi dalla sua tenuta fisica già lo scorso anno). Il discorso delle fasce meriterebbe un approfondimento: con il mercato estivo la rosa dell'Inter si è inspiegabilmente indebolita in quelle zone. Per Perisic, in quest'Inter, ci sono solo quei due ruoli da te citati, e per lui innaturali, a disposizione e il non intervenire a sinistra è stato un grosso errore di pianificazione nel mercato. Anche la questione del centrale difensivo in meno in rosa e la mancanza del famoso quarto attaccante che possa essere un degno sostituto di Lukaku sono note dolenti del mercato.

    Tornando alla Champions, andrebbe pure detto che l'Inter non è che sia stata eliminata mercoledì. Diciamo che il cammino in salita se l'è cercato nelle prime due partite. All'andata contro Donetsk avevamo avuto molte più occasioni da rete di quelle dell'altro giorno. Contro il Borussia la difesa è andata costantemente a farfalle (era lo stesso periodo di Inter-Fiorentina e Benevento-Inter) e Vidal ci ha messo un bel carico da novanta. Poi, non è una giustificazione ma ci sarebbe anche da dire che Inter e Atalanta non è che abbiano riposato molto e avuto il tempo di fare una preparazione decente. L'Inter ha cambiato parecchio dalla cintola in giù quanto a interpreti e qualche movimento doveva essere oleato meglio. A dire la verità, non lo so quanto il ricaricare le batterie incida: prendendo in considerazione le partite di Champions giocate ad agosto sembra quasi che l'inattività abbia favorito alcune squadre.

    ____________

    Una piccola battuta per sorridere un po':

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  12. Qualche mio pensiero sparso sulla faccenda Eriksen. Perdonatemi le inesattezze e le parentesi.

    Io ero molto contento dell'acquisto, del prezzo e della possibilità di avere un altro giocatore di calibro internazionale, per di più con quei numeri straordinari che ha avuto in Premiership. In una delle prime conferenze stampa di fine sessione mercato invernale, a chi gli faceva notare come la campagna acquisti fosse stata sontuosa per essere quella di gennaio, Conte si impuntò, dicendo scontento qualcosa come «Eh bè, adesso sembra che abbiamo preso il Real Madrid.». All'epoca, per come era stata presentata la situazione, Conte avrebbe voluto impiegare i venticinque milioni per Vidal (Marotta, per fortuna, agì convenientemente, rimandando l'operazione e abbattendo i costi).

    Il mio entusiasmo prevaleva sullo scetticismo ed ero comprensibilmente speranzoso. Scettico perché? Mi chiedevo come Eriksen si sarebbe potuto integrare nel modo di intendere i movimenti di centrocampo di Conte. Lo facevo da semplice appassionato, senza pretese di conoscenze tattiche che non avevo e non ho. Mi chiedevo, perlopiù, che cosa ne sarebbe stato dell’assetto dell’Inter visto fino a quel momento, che non mi dispiaceva affatto. Ero pieno di speranze e di illusioni circa un’evoluzione per il meglio. Pensavo, soprattutto, alla straordinaria capacità di assimilazione che i giocatori avevano avuto nel primissimo mese dopo il cambio dell’allenatore. Come indice di quello che sto scrivendo prenderei in considerazione una partita estiva, a luglio, disputata contro il PSG: sembrava che Conte avesse rivoltato come un calzino il modo di giocare dei nuovi e dei vecchi. Due-tre giocatori addosso al portatore di palla stradicano il pallone in modo pulito, si ridispongono nelle loro posizioni naturali per la fase di attacco, muovendosi e scambiandosi incessantemente le posizioni, trama di passaggi, corsa, intensità e pressing alto senza sbavature. Persa la palla, il gioco ricomincia daccapo: un nugolo di maglie nerazzurre provenienti dalle varie zone del campo convergono addosso al malcapitato di turno, mentre le posizioni scoperte vengono occupate da altri giocatori. All’epoca dell’arrivo di Eriksen l’Inter aveva perso un po’ di smalto, era il periodo della prima assenza forzata di Sensi (la definisco ‘prima’ ma praticamente perdura fino ad oggi) e l’impianto di gioco iniziava già a cambiare forma. Nella mia ingenuità ero molto ottimista che quello fosse il momento opportuno per provare a cambiare un po’ il volto, sopperire ad alcune mancanze (il rimanere senza fiato nei secondi tempi, o il sostituire Sensi che dava quel brio e quella vivacità in fase di costruzione che si sono andate perdendo per poi ricomparire durante la fase finale della Coppa UEFA) o semplicemente creare una sorta di piano di riserva. Mi dicevo: « A luglio i giocatori hanno cambiato il loro modo di impiego partendo da zero? Forse, potrebbero avere maggiori facilità a farlo in corsa, discostandosi dal metodo che finora gli è stato impartito non per lungo tempo». Riponevo fiducia su questa duttilità dei giocatori. Conte non ha mostrato una malleabilità di giudizio, non ha preso una decisione per mettere alla prova nuovamente questa flessibilità di adattamento dei suoi giocatori. Speravo da tifoso che cambiare qualcosina, un minimo (a cui io stesso non sapevo dare contenuto e sostanza) si potesse pure fare per venire incontro a Eriksen, operando una rotazione fra i quattro centrocampisti di livello (non ne enumeravo cinque, perché davo per assodato che Conte non riponesse fiducia alcuna nel professionale e infaticabile Borja Valero). Tutte queste elucubrazioni non hanno retto alla prova dei fatti.

    Eriksen è quel giocatore che sta nella trequarti compassato, capace di leggere lo sviluppo dell'azione in netto anticipo, abile a crearti il passaggio smarcante o a tentare il tiro. Non è il tipo con l'intensità di corsa nel pressing, nel recupero, nel fare ripartire l'azione che Conte chiede a tutti i centrocampisti. Il giocatore ci ha provato, è migliorato, ma è ancora ampiamente insufficiente sotto questo punto di vista. Il nocciolo della questione sta proprio nell’impartirgli queste consegne. Non le dovrebbe nemmeno ricevere, non dovrebbe fare quei movimenti dispendiosi, vagare per il campo a interdire in fase di non possesso. Le caratteristiche sono altre e l’allenatore dovrebbe essere in grado di saperle sfruttare. Giocoforza non lo puoi fare se hai delle idee diametralmente e cocciutamente opposte sul come intendere lo sviluppo dell'azione in fase di possesso. Quindi l'errore, (il termine, probabilmente, è eccessivo), paradossalmente, mi è sembrato, stando così le cose a distanza di un anno, più della dirigenza che di Conte: di Marotta, che in quanto investito di pieni poteri gestionali non è certo un semplice esecutore materiale della volontà altrui e di entrambi i Suning che avevano o hanno ‘bisogno’ del nome conosciuto a livello planetario. A dire la verità, non mi ricordo più a chi risalga la paternità dell’operazione di mercato: Marotta condusse le trattative però, mi pare tributò i meriti ad Ausilio. O magari, era un altro acquisto ... Comunque, ammettiamo pure lo abbiano preso per fare qualche plusvalenza (all’epoca, il solo pensarlo mi sembrava assurdo e riduttivo), pensando al reale valore di mercato, di certo con questa gestione da parte dell’allenatore si è creato un danno al giocatore e alla società stessa. Però, d'altro canto,  a freddo penso non si possa sacrificare il collettivo e i meccanismi, ormai, assodati dopo che sono trascorsi mesi ulteriori (‘ulteriori’ rispetto al periodo dicembre 2019-gennaio 2020, in cui facevo i ragionamenti di cui sopra). Conte sicuramente non lo ha valorizzato, ma la domanda è, ed io ancora non ho trovato la risposta: dove avrebbe dovuto metterlo?

    A) Con le prime due soluzioni tentate lo ha snaturato, usandolo nel ruolo di Brozovic, schiacciato davanti alla difesa per l’impostazione dal basso, o adoperandolo come semi-ala, di supporto ad attaccanti che vagano troppo e che non lo lasciano lavorare in pace. Limitatamente al secondo caso, ‘snaturato’ non prendendo in considerazione il ruolo in sé, ma il concetto di 'semiala' calato nel contesto di questa Inter. In tutti e due i casi, in un certo senso, Conte è stato pure costretto a tentare questa carta, perché Lukaku, Sanchez e Lautaro scendono a prendersi il pallone giù (soprattutto Romelu e Sanchez) e per evitare intasamenti ha spostato la zolla di competenza del danese. In più, quando è stato schierato come interno, delle volte aveva dietro di lui Brozovic, con il risultato che l’Inter rimaneva troppo sbilanciata e leggera (sia che ci fossero stati Borja Valero, o Barella o Gagliardini o anche Vidal nell’altra posizione di esterno), altre volte aveva dietro Gagliardini (forse la soluzione più redditizia sulla carta per un'opinione che enuncio alla fine) o addirittura Barella che proprio non hanno le capacità avvolgenti di creare le trame di gioco. Barella ha un alto tasso tecnico per essere un giocatore ‘di gamba’ (veniva riduttivamente dipinto così ai tempi del Cagliari) e molte volte ha colpi da trequartista, ma non può reggere i novanta minuti intento unicamente a fare il lavoro di ricamo e precisione, soltanto perché mostra la tendenza ad abbassarsi sulla linea dei difensori e costruire dal basso. Preferisce, di sicuro, le incursioni oltre ai classici compiti di contenimento.

    B) Soluzione numero due: lo ha messo dietro alle due punte, ma anche lì tutto quello che ha potuto fare (non 'può fare' ndr) con Lautaro, Sanchez e Lukaku costantemente fuori dall'area è qualche passaggio banale di breve percorrenza per tentare un uno-due e sperare nell'accelerazione del belga, o in orizzontale per aprire verso la fascia (altro capitolo dolentissimo quest’anno). Raro che possa verticalizzare rasoterra o con un lancio lungo. Magari, con uno come Icardi che staziona fisso in area ad aspettare i palloni, Eriksen potrebbe avere un maggiore impatto. Ma qui siamo nel campo delle ipotesi.

    Ero dubbioso sul fatto che uno fra Brozovic e Sensi dovesse lasciargli il posto. Lo pensavo un anno fa e lo penso adesso, Brozovic è ancora essenziale per la costruzione da dietro, assieme a Bastoni. Riguardo a Sensi e al trio Brozovic-Barella-Sensi, non avevo mai visto, all'Inter, un'armonia di movimento, coniugata a intensità e finezza di gioco lì in mezzo. È durato il tempo di un'estate, da luglio a fine settembre. Sensi è letteralmente scomparso, non nel senso che giochi male, ma proprio che non lo si vede in campo, nemmeno in quello di Appiano Gentile: sembra quasi non sia un tesserato dell'Inter. Lo si vede perennemente in tribuna. Non si allena e ogni volta che rientra in gruppo c'è sempre qualche presunto affaticamento muscolare (almeno, dicono così) che perdura inspiegabilmente non dico settimane ma mesi. Pensavo che dopo l'infortunio di ottobre contro la Juventus si sarebbe rimesso in forma per gennaio-febbraio. Insomma, all'epoca, togliere quel Sensi fino ad allora per inserire Eriksen mi sarebbe sembrato un gran peccato. Conte ha provato a fare giocare Eriksen con Barella e Brozovic ma da quello che ho visto (e riprendo il discorso di prima) si creano troppi spazi tra le linee e gli avversari ci vanno a nozze: il danese non ripiega e Barella e Brozovic assieme ai terzini/quinti troppo avanzati non riescono a contenere gli spazi aperti. Per questo motivo a un certo punto lo scorso anno Conte ha iniziato a fare affidamento su Gagliardini e su Valero. Borja era un giocatore encomiabile e molto professionale, bollato impropriamente come 'bollito' o 'vecchietto sfiatato', ma che riusciva a giocare ogni tre giorni e con la freschezza di un ventenne: non molto veloce, sopperiva con l'intelligenza e sapeva sempre dove piazzarsi, non aveva la fisicità di un Vieira ma riusciva a difendere il pallone per le ripartenze e abbinava a questa dote la tecnica. Conte, a Gagliardini forse avrebbe preferito Vecino ma poi (sembra) ci abbia litigato, fatto sta che lo ha silurato dopo gennaio. Gagliardini è il giocatore di rottura, lento, macchinoso e irritante ma che riesce a dare, nello spartito di Conte, quell'equilibrio e quella superiorità fisica in mezzo. Si inserisce molto (talvolta, anzi, molte volte è meglio che non lo faccia 😅). Dobbiamo accontentarci, visto che i giocatori in possesso delle sue qualità, affinate ovviamente, giocano altrove.

    Praticamente, per come la vedo io, il problema è che se vuoi fare giocare Eriksen con il centrocampo a tre devi metterci dietro due colossi possenti (non proprio Gagliardini che dico lui per rendere l'idea) che non si smuovano dal cerchio di centrocampo e  che facciano sempre e solo il lavoro sporco per tutto il tempo. L' Inter non li ha.

    Da una parte, penso che avere un giocatore così talentuoso e non lasciare che esprima il suo calcio sia davvero deprimente, considerendo che il tifoso interista ha già ampiamente rimpianto altri. Però, dall'altro lato, c'è la considerazione che, e mi ripeto, non si possa snaturare un modo di giocare per favorire il singolo. Poi, mi sovvengono alcuni errori irritanti (controlli di palla, appoggi semplici) che non ti aspetti da Eriksen. Altre volte ha compiuto bei gesti tecnici, passati assolutamente sotto silenzio (non parlo di quelli conclamati come la punizione contro il Milan o l'assist a Lukaku contro la Sampdoria). Ad esempio, in una partita a settembre era stato impiegato per metà gara, con pochissimi palloni giocabili, compiendo movimenti 'oscuri' pregevoli, oltre ad assist da leccarsi i baffi, andati a vuoto per colpa dei compagni: si beccò un ingeneroso '4' in pagella da parte di alcuni quotidiani.

    Il resto va considerato anch’esso: il tatticismo, l'ambientamento, la lingua (Lukaku ha detto che ha ancora difficoltà a esprimersi in italiano e a capire i movimenti che gli vengono richiesti), il fatto che Conte preferisca i gregari grezzi, il fatto che l’allenatore sia permaloso e che si sia risentito dopo l'intervista fatta nel ritiro della Danimarca, il fatto che faccia figli e figliastri (Vidal ndr) etc ...

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  13. Il 13/7/2018 at 08:36 , leopnd ha scritto:

    Merzario sesto con la Ferrari 312B2...

    Tra gli avvenimenti che lo riguardano in questa gara ce ne è uno curioso. È l'autore involontario del ritiro di Hill. L' inglese si trova nelle retrovie del gruppo dopo una sosta per indagare su delle vibrazioni: forse una foratura, visto che l'asfalto si sgretola con molta facilità. Racconta di avere scorto negli specchietti una vettura rossa al momento di impostare la manovra per affrontare la Paddock Bend. Immagina sia Ickx, che ancora non si è ritirato. «Mi sono fatto da parte come un gentiluomo, allargandomi. In meno di un decimo di secondo, ho realizzato di essere stato un allocco. Sono andato troppo oltre, impantanandomi sopra al brecciolino. A quel punto ho perso il controllo della vettura. Sono andato diritto, addosso al terrapieno, facendo un bel botto. Poi, mi sono accorto che in realtà era Arturo».

    In quella fase della gara, il comasco gli sta, comunque, davanti di qualche posizione. Quindi, sempre di doppiaggio si sta parlando. Una quindicina di giro dopo, Cevert arresta la sua macchina, mentre è quarto, proprio dove è parcheggiata la BT37 e, al termine della corsa, Peterson, che ha ereditato dal francese la posizione, rimane in folle e va addosso alle due vetture. Amon, Hulme e Merzario ringraziano e portano a casa i punti.

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  14. Un po' di tattica durante le eliminatorie:

    'Alla fine delle prove, Peter Warr ha fatto mostrare dal box a Emerson cartelli con 1'21''7, e quando sono stati esposti i tempi ufficiali certa gente ha subito concluso che i cronometristi ufficiali  si erano sbagliati. In effetti, poi, Warr ha ammesso: « Scherzavamo. Emerson copriva giri ora veloci ora lenti e quando gli abbiamo mostrato 1'21''7, in realtà aveva appena segnato 1'31''7. Abbiamo pensato che potesse servire per scoraggiare Ickx al punto da dire ai meccanici della Ferrari di spingere via la sua vettura!»

    AS n.29/1972, pag. 27

  15. Avevo letto la notizia stanotte nuda e cruda, senza accenni di particolari.

    Rossi appartiene a quello stretto novero di calciatori che difficilmente, come dice(va) lui stesso, vai a identificare con una squadra di club. Pensi a lui e te lo immagini con l'azzurro e il bianco addosso.

    Dava l'impressione di essere una persona misurata, garbata e composta. Era anche modesto, perché, dopotutto, ha sempre ammesso i suoi limiti come calciatore, probabilmente dovuti ai precoci interventi al ginocchio quando ancora era un Primavera.

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