Per continuare la serie dedicata ai medici musicisti, Claudio Dadone, ora urologo, si accompagna con il concittadino (Lo)Renzo Marino. Nei primi anni settanta, i due esecutori cuneesi partecipano a delle manifestazioni canore nel meridione, proponendo melodie strumentali. A fine '74, a loro si aggiunge Salvatore Settis, e il trio assume il nome definitivo, "Portici", in onore della città piemontese. I componenti decidono di proseguire, con le chitarre, sulla strada delle composizioni senza né voci né testi. Il loro è un finger picking coloratosi di suoni e atmosfere mediterranei. Tentano, così, il grande salto: si recano a Roma, sperando di essere accolti al Folkstudio, ma per una coincidenza non ci riescono, dunque, si esibiscono nel cuore di Roma senza troppo entusiasmo da parte astanti, infine incontrano un emergente cantautore romano, Stefano Testa, che decide di farsi arrangiare i brani del proprio album di esordio dai tre volenterosi. In fase di registrazione, il produttore di Testa, si accorge della bontà del loro estro e decide di lanciarli con un disco tutto loro, inciso in un solo giorno nel 1976 e messo sul mercato nella primavera dell'anno seguente. Qualche porta inizia ad aprirsi: a loro è dedicata la programmazione di un programma radiofonico della RAI, e, per di più, giunge l'occasione di registrare il secondo album, "Chitarre". La musica alternativa proposta dai tre è apprezzata dai circuiti "alternativi" televisivi, quelli privati, e varie emittenti della regione d'origine e non, iniziano a parlarne. Arriva il 1980, e con l'avvento del nuovo decennio la decisione di allargarsi, accogliendo altri tre elementi in squadra. Si comincia a lavorare sul terzo album, si registra qualche pezzo ma ... i giovani sono decisi ad assicurasi un futuro più solido con i rispettivi studi, universitari e al conservatorio. A malincuore, si rinvia il completamento della lavorazione dell'LP a data da destinarsi. Però, non mettono in conto che gli anni giovanili sono quelli più ferventi, tutto è in fermento e gli interessi e le prospettive possono mutare nel giro di pochi mesi. È così che le nuove, magari spiacevoli o mal accolte inedite esigenze, predisposte prepotentemente dalle loro vite, portano il sestetto a sciogliersi repentinamente. A distanza di tanti decenni, i loro dischi sono diventati merce preziosa e rara per i collezionisti. Qui sotto, il brano d'apertura di "Chitarre", "Una mattina d'inverno", pubblicato da un membro del gruppo.