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Patrick Depailler


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Se nasci negli anni '40 a Clermont Ferrand in Francia hai una possibilità su tre di finire a lavorare alla Michelin (30mila addetti in città su circa 100mila abitanti negli anni 60), la seconda è quella di diventare un rispettabilissimo "signorqualunque" come in tanti altri posti, mentre la terza te la puoi giocare sulla terribile Charade, conosciuta anche come il Nurburgring dell'Auvergne, 8km di tormento alle pendici del vulcano Puy-de-Dome, 800m sul livello del mare, Patrick Depailler, classe 1944, ha deciso di giocarsi la possibilità n.3.

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Il demone della velocità lo cattura da giovane e lo scaraventa sulla pista di casa con le due ruote. Il passaggio alle quattro è rapido, se a convincerti è uno come Beltoise, così come veloce è la firma sul contratto con l'Alpine, una grande scuola da corsa dove ti insegnano a guidare di tutto (monoposto, endurance, rally, turismo...). Grazie a questa fantastico training, ai soldi della ELF che investe sui giovani transalpini e ad un talento non comune, ben presto Depailler comincia vincere. Tra il ’70 e il ’74 conquista un Tour de France Auto navigato da un tale Jean Todt (uno che avrebbe fatto carriera), il campionato francese di Formula 3 e l’europeo di Formula 2 che gli apre le porte della massima categoria. Patrick è veloce, terribilmente spettacolare e sa mettere a punto le macchine. E’ certamente un po' matto, ma con un piede pesantissimo. Va forte Depailler, molto forte. Il problema è che lo fa con tutto: auto, moto (pista o fuoristrada che sia), deltaplano...

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Depailler entra stabilmente nel Circus dal '74 (rinuncia alle ultime gare del ‘73 per le fratture rimediate con la moto da fuoristrada) e corre in tutto 95 GP. Fino al ’78 anni si cala nell’abitacolo del boscaiolo Ken Tyrrell (orfano del divino Stewart e del povero suo erede designato Cevert). Passa poi con Guy Ligier in un team tutto francese (i due avevano già corso assieme a Le Mans). Il palmares di Depailler non è ricco considerando i soli numeri, ma lo spettacolo offerto alla guida è di primissimo livello. 19 podi in totale con 2 vittorie: la danza di Monaco ‘78 con la Tyrrell 008 e poi Spagna ’79 a Jarama con la Ligier Js11. L’anno buono per il mondiale sembra essere il 1979. La Ligier va forte e Depailler con il compagno Lafitte vola. Il problema del trentacinquenne di Clermont è proprio il volo, ma quello con il deltaplano. La sua grande passione (assieme al motocross) gli costa uno schianto tremendo contro una parete rocciosa e mesi di ospedale per le fratture multiple alle gambe. Ovviamente il mondiale del ‘79 è perso (saranno Scheckter e Gilles a giocarselo) e come se non bastasse Guy Ligier lo licenzia per giusta causa: i suoi piloti da contratto non possono praticare sport pericolosi (come se la F1, negli anni 70 per giunta, fosse il Burraco).

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Un sedile per il 1980 al claudicante Depailler lo offre l’ing. Chiti che ha bisogno di un pilota forte e che sappia collaudare una macchina, tutta da sviluppare, come l’Alfa Romeo 179 con la quale la casa del Portello spera di ritornare ai fasti delle Alfetta bi-campioni del mondo nel 50/51. La 179 ha del potenziale ma sembra pericolosamente incline alle rotture meccaniche e con l’effettuo suolo non si scherza. Il 1° agosto 1980 il team si presenta ai test privati sul velocissimo (allora) Hockenheimring. L’Autodelta deve far progredire la macchina. Alle 11:53 però qualcosa va storto, forse cede una sospensione o una minigonna. L’Alfa 179 vola fuori alla Ostkurve a oltre 250. La vettura si accartoccia sul rail tranciandosi in due. Nulla da fare per Depailler, troppo gravi le ferite riportate. Questa volta il deltaplanista di Clermont non ce la fa.

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