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49 minuti fa, leopnd ha scritto:
Diciamo, diciamo, e parliamone anche...
Io sono fascinato dal fatto che c'erano tante corse non-championship... Ma non solo allora, anche dopo, fino ai anni 80...
Ma i costi erano tanto piu' bassi oppure? Come ci riuscivano?
In realtà la visione delle cose era totalmente diversa. Non devi ragionare col "Campionato" al centro. Questa è una visione successiva.
Ogni anno veniva stilato un calendario di gare, che avevano diversa importanza, da quelle di rilevanza locale, nazionale fino a quella internazionale. Fra quelle internazionali (ad esempio Coppa Acerbo, i vari GP col nome della nazione ospitante,o anche i GP di Tripoli, Coppa Ciano, Barcellona, Marna, Avus, Donington ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc.) le più importanti erano i Grand Prix col nome della nazione ospitante (GP Italia, GP Francia, GP Spagna, GP Germania, GP Belgio, GP Svizzera, GP Monaco). In determinati anni, quando la Federazione (che all'epoca si chiamava "Aiacr", Associazione internazionale degli automobil club riconosciuti) provava a organizzare campionati sovranazionali (perché c'erano già campionati nazionali, in Italia a partire del 1927), ecco che tra quei GP col nome della nazione ospitante venivano scelti alcuni per determinare un riconoscimento come quello di Campione d'Europa (ci fu nel 1931 e 1932, e poi dal 1935 al 1939).
I veri e propri "Grand Prix", quelli che avevano la priorità nella scelta della data in calendario, dovevano ad esempio avere un chilometraggio minimo (500 km), ma poi succedeva che anche altre gare prestigiose (GP di Tripoli o Coppa Acerbo a Pescara) avessero lo stesso chilometraggio pur non essendo veri e propri "Grand Prix" (nel nostro paese c'era già ovviamente il Gran Premio d'Italia), anche se si correvano con macchine rispondenti alla Formula Grand Prix.
Ma quando venivano stilati i calendari stagionali, piloti e squadre non stavano a guardare se quell'anno ci fosse oppure no un Campionato internazionale. Quello era un "di più".
Negli anni '50 e '60 c'erano un equilibrio differente: una decina di gare "iridate" valide per il Mondiale, e almeno un'altra decina totalmente slegate dal campionato.
Dagli anni '70 a oggi la prospettiva è capovolta: ogni Gran Premio è sempre valido per il Campionato, al punto che l'unica cosa che davvero conta è vincere il titolo.
Negli anni '30 non era così, o meglio non era del tutto così. Il discorso è un po' articolato, ci vuole un certo prolungato contatto con le usanze e la mentalità dell'epoca, per comprendere quella realtà.
Per cominciare, si può dare un occhio qui:
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Il 8/12/2016 at 08:27 , leopnd ha scritto:
Nel 1938 la “XVIII Coppa Ciano” ospitava ancora le vetture di Formula 1, che nel frattempo avevano cambiato regolamento tecnico passando dalla formula del “peso massimo”, 750 chili, a quella basata sulla cilindrata massima con motori di 3000cc sovralimentati oppure 4500cc aspirati.
Diciamo che la categoria maggiore si chiamava ancora "Formula Grand Prix"
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Jean Alesi
In Piloti
GP Spagna 1999.
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11 ore fa, 330tr ha scritto:
Giustissimo. Era un V6 "Dino" made in Maranello, come d'altronde suggerisce la 6 del nome 246; il V8 si abbandonò con la 801, ultimo del motore ereditato dalla Lancia usato nelle monoposto.
Interessante notare come il motore fosse un 2400, non sfruttando il limite dei 2,5 litri regolamentari...il motore crebbe di cubatura l'anno dopo, arrivando al limite con la 256.
È esistito un esemplare modificato presso la Ferrari medesima con innestato un motore V12 che corse, se non sbaglio, in Nuova Zelanda/Australia.
Tuttavia non sono sicuro che la vettura '59 fosse ufficialmente denominata "256" anche all'interno della Ferrari stessa...
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1 ora fa, The Rabbit ha scritto:
Entry list del Monte. Dieci vetture WRC ufficiali, due DS3 con il regolamento 2011-2016. Si preannuncia molto interessante anche il confronto tra le R5 della classe WRC-2.
Qual è il programma delle p.s.?
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Il 12/12/2016 at 17:25 , Catone ha scritto:
Ho appena finito di leggere "Ferrari Rex", 1.100 pagine, ci ho messo due mesi.
Ne vale davvero la pena, scoprirete cose che non avreste neanche lontanamente pensato.
Vi riporto solo una chicca, andando a memoria. Metà stagione 1985, a Maranello si accorgono che le turbine fornite alla Ferrari (dalla stessa ditta che forniva la Porsche), pur non essendo difettose, sono diminuite di qualità rispetto all'inizio stagione. Ferrari legge il rapporto dei suoi tecnici insieme a Piccinini e ad Alboreto. Subito dopo aver letto, pensando al sabotaggio, sbotta "cambiamo fornitore". Piccinini: "ma no Ingegnere, non mi sembra il caso". E Ferrari "Piccinini, cosa c'è scritto qui?" indicandogli il logo che ha sopra la giacca. "Beh, c'è scritto Ferrari"... "Ecco, Ferrari sono io e quindi si fa come dico io. Quando qui ci sarà scritto "Piccinini" si farà come dici tu"...
Io sto ancora intorno a pag. 300. Ma per sfizio mi sono già andato a leggere le pagine sulla stagione 1934, quelle sul mio idolo (o meglio, uno delle dozzine di miei idoli) Guy Moll.
L'aneddoto dell'85 con Piccinini me lo ricordo pubblicato sui fascicoli di "Ruoteclassiche" usciti nell'inverno 1995-96 dal titolo "Ferrari, che gente..", raccontato da Alboreto.
Non bastassero i tanti libri che si sono accumulati senza ancora averli letti, qualche giorno fa ho preso anche questo di Forghieri, che commenta tutte le Ferrari da corsa, prima e dopo il suo periodo di lavoro a Maranello (1960-1987), in pratica dal 1947 fino alle Ferrari dell'era Schumacher e Alonso (termina nel 2011).
Ci sono anche le vetture che partecipavano al Mondiale Sport (oggi volgarmente detto Endurance), categoria in cui la Ferrari ha ottenuto 13 titoli mondiali (più quello ufficioso del 1952).
Giusto per ricordare che il prestigio del nome Ferrari non è dovuto solo alla F1, oggi ridotta a Playstation.
Magari non ci sarà nulla di nuovo rispetto a quello che si sa (la ritrosia di chi ha lavorato a stretto contatto del Vecchio è proverbiale), ma il volume è di grande formato molto spettacolare, con qualche foto per me inedita, e comunque ci sono dei focus di approfondimento interessanti: ho letto quello sull'esperienza di Furia in Inghilterra nel '62, e quello scritto dal ds Tavoni, che secondo me avrebbe fatto bene a scrivere un libro autonomo, per le tante cose interessantissime sui primi dieci anni di vita della Ferrari. Peccato che tali storie interessino a pochi di noi.- 2
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Buon 2017 a tutti i "matti dalle gare", e speriamo che sia davvero migliore, non soltanto nel nostro piccolo mondo "di amate quanto effimere frenesie corsaiole".
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12 minuti fa, Pep92 ha scritto:
di male (Ecclestone) in peggio (Liberty Media)
Ora voglio vedere le reazioni, anzi, no, ho già visto troppo, e non spero più in nulla.
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Parola di Tommy Makinen, attuale responsabile del team Toyota:
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Auguri a tutti gli apPASSIONati A 300 ALL'ORA!!
Ah, che goduria: tre giorni consecutivi di dolce far niente...
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2 minuti fa, leopnd ha scritto:
Ok, mi scuso, l'ho spostato io... Pensavo non trovavi il 3D...
Anche se, perche' non parlarne in lungo ed in largo anche qui, nel apposito 3D? Comunque, chiedo scusa ancora una volta...Ma ci mancherebbe, nessuna scusa. E' solo che si tratta di episodi particolari che tendo a mettere in evidenza. Se lo sciogliamo subito nel calderone del topic generale, coloro che sono interessati solo a Rosberg o Hamilton non saranno mai interessati ad aprirlo...
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Aspettiamo almeno qualche giorno prima di accorpare tutto.... Altrimenti lo leggono in tre.
La sezione si chiamava "varie" proprio per accogliere racconti diversi.
Abbiamo centomila topic, uno per ogni Gran Premio, dove si postano solo foto senza alcuna spiegazione, senza approfondimenti, solo fiumi di foto mute...
Diamo almeno un senso a un fatto, a un avvenimento.
Altrimenti sarà sensato soltanto parlare della coppa di Rosberg o del mercato piloti...
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"L’episodio che sto per raccontarvi mi è venuto in mente leggendo sui giornali l’interminabile caso della mucca pazza. Voi direte: cosa c’entra Munari con la mucca pazza? C’entra eccome. Ma andiamo con ordine e soprattutto facciamo un salto indietro nel tempo.
Siamo nel 1969 in Sicilia. A qualcuno la parola Sicilia dovrebbe far venire in mente Targa Florio. E difatti quell’anno io la mia Fulvia HF 1600 proprio alla Targa Florio dovevamo partecipare, con tutto il coraggio e la volontà che ci vogliono per affrontare una gara di velocità che oltre ad essere la più lunga del mondo (11 giri di 72 chilometri ciascuno) è anche fra le più impegnative che ci siano. Immaginate infatti cosa può voler dire imparare a memoria un giro di 72 chilometri, quindi ogni curva, ogni dosso, ogni imperfezione dell’asfalto, oltretutto mentre altre automobili viaggiano placidamente ignare di tutto. Perché è questa la particolarità: un percorso che solitamente è aperto a qualsiasi mezzo di locomozione durante le prove. Auto, camion, trattori, animali…
Dunque dicevo. Qualche giorno prima della gara decido di compiere qualche giro di prova per ripassarmi per benino il percorso. E decido di farlo di buon mattino, anche perché essendo a cavallo fra aprile e maggio, approfittavo della brezza mattutina e soprattutto dell’assenza di traffico per strada. Accendo il motore della Fulvia e vado. Dopo un po’ di chilometri mi trovo nei pressi di un paesino chiamato Collesano, poi una discesa, poi una salita (sempre a velocità sostenuta) e poi un’altra curva a sinistra. Mentre studio la traiettoria – cercando di avvicinarmi il più possibile alla sensazione che mi avrebbe dato la gara vera e propria – vedo con la coda dell’occhio sinistro una mucca che scendendo dal pendìo, stava per attraversare la strada. Un attimo. Un attimo dove capisci tutto e niente, ma l’unica cosa che puoi fare è pregare Dio che vada tutto bene. Come no! …
L’impatto fu micidiale. Un vero e proprio boato. Per farla breve, mi trovo in men che non si dica con quel povero animale sul tetto dell’auto, con tutti i vetri rotti addosso (per fortuna non negli occhi) e in aggiunta uno spavento non da poco. Ma non è tutto. Mentre cerco di riprendermi e di vedere soprattutto se arrivava qualcuno a darmi una mano, sento il pastorello che urla in dialetto stretto: “La mia mucca, la mia mucca…”.
Cerco di spiegare che la colpa non è mia, che me la sono vista arrivare davanti all’improvviso, che non ho avuto il tempo di fare niente. Ma mentre parlo vedo che minacciosamente arrivano dai campi i parenti del pastore armati di lupara. E adesso?
Mentre già mi vedevo bello che spacciato, arriva per fortuna un’auto. Scende un signore distinto che dice di essere un avvocato, e con poche ma misurate parole calma gli animi agitati dei pastori cercando di spiegare che anche il sottoscritto si è preso un bello spavento, oltra ad avere l'auto distrutta.
Ma la cosa non finisce mica qui. Dopo un po’ di tempo ci fu un processo, perché i pastori volevano essere risarciti della mucca che purtroppo avevano dovuto abbattere. Il giudice dette ragione a noi, perché effettivamente l’animale era sfuggito al controllo del pastore attraversando di corsa una strada aperta al traffico. Ma la Lancia preferì pagare il valore di quella povera bestia per il semplice motivo che l’anno dopo saremmo dovuti tornare in Sicilia per partecipare nuovamente alla stessa gara".SANDRO MUNARI (11 MAGGIO 2001)
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E tenete presente che una gara del genere, anzi un raid, era valido "solo" per il Campionato Europeo, non per il Mondiale (dove oggi le gare durano la miseria di 300 km, solo di giorno, e con aeromissili che nulla hanno a che fare con le vetture da cui derivano).
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"Volete sapere quale è stata la gara più faticosa che abbia mai corso? Il Tour de France Automobile. Era il 1973, e Fiorio decise che la Lancia avrebbe partecipato con due Stratos, una per me e Mario Mannucci, e una per Jean Claude Andruet e «Biche», una brava navigatrice francese di cui non ho mai conosciuto il vero nome.
La gara durava nove giorni e nove notti, e a malapena si riusciva a dormire due o tre ore al giorno.
Si gareggiava in tutti i circuiti francesi e in tutte le prove speciali e gare in salita che abitualmente si correvano durante il Montecarlo o la Coupe des Alpes. Insomma si percorreva tutta la Francia da nord a sud e da est a ovest arrivando a sconfinare in Spagna per correre in notturna anche nel circuito usato per parecchi anni nel Gp di Formula 1 in Spagna.
Inoltre gli organizzatori avevano avuto la grande idea di farci percorrere tutte le stradine secondarie per non intasare le grandi arterie, visto che le vetture che partecipavano alla gara erano state allestite per i circuiti. Rumore e curiosità avrebbero insomma indotto la polizia francese ad intervenire in maniera drastica. Risultato: quando andava bene si riusciva a dormire due o tre ore per notte, e il resto ovviamente lo trascorrevi in macchina. Non si poteva riposare nemmeno nei lunghissimi trasferimenti, perché le strade erano difficili anche sotto il profilo della navigazione, e quindi se avesse preso il volante il navigatore per farmi riposare, ci saremmo sicuramente persi.
Così cercammo uno stratagemma che sulla carta doveva funzionare. Dal momento che Andruet si era ritirato e Biche era salita sulla vettura del miglior meccanico che la Lancia Corse avesse mai avuto (si chiamava Gino Gotta e poco tempo dopo, con tutti i rischi e le peripezie che aveva trascorso per essere sempre presente ai punti fissati per le assistenze, Gino morì in uno stupido incidente stradale nei pressi di Torino per colpa di un pirata della strada che non aveva rispettato uno stop, “Ciao Gino”!), pensammo che lei potesse farci strada. Mannucci si mise quindi al volante e io mi sedetti sul seggiolino accanto per riposare un po’. Purtroppo la brillante idea si esaurì nel giro di una mezz’ora, con il buon Mario che a un certo punto mi sveglia dicendomi: “Guida tu altrimenti arriviamo in ritardo al controllo orario”. Così mi rimisi alla guida, e per fortuna arrivammo con pochi minuti d’anticipo. Per fortuna dopo il controllo c’era un riordino, perché la prova che ci aspettava era il circuito di Le Mans.
In questo frangente si può usufruire di un po’ di tempo e quindi ci si può rilassare, mentre i meccanici provvedono a controllare la vettura ed a prepararla per la prova su pista: scelta dei rapporti del cambio, pneumatici, slick ecc.…ecc. A questo punto eravamo più o meno a metà gara e la stanchezza cominciava ad accumularsi. Tuttavia bisognava andare avanti.
Così tra una prova speciale e l’altra e i trasferimenti sempre molto snervanti, arriviamo alle 22 sul circuito di Montjuich, il circuito catalano ricavato nel parco di Barcellona; quell’anno, infatti, il Tour prevedeva anche uno sconfinamento in Spagna.
Visto l’orario sembrò subito chiaro che la gara si sarebbe svolta in notturna: proprio una vera chicca in particolare per me che non avevo mai visto il percorso prima. Inoltre non avevamo avuto nessuna informazione utile per poter scegliere il rapporto più giusto. Così nella riunione tecnica ci avvalemmo di una piantina del tracciato, con il triste risultato di sbagliare in pieno la scelta per difetto. Infatti, all’inizio del rettilineo ero già fuori limite, ma nonostante ciò riuscii a finire la prova in seconda posizione grazie ad una staccata mozzafiato, al primo tornante dopo la partenza. Il tutto nasce dal fatto che feci il solo giro di formazione per cercare di memorizzare il tracciato. Così al pronti via, pur essendo in Pole in quanto leader della classifica generale, diverse vetture che erano molto più prestazionali della Stratos, mi superarono.
Nel momento di affrontare il dosso ero convinto che ci fossero ancora 200 metri circa per imboccare il tornante a sinistra, e quindi non accenno a staccare. E non faccio una piega anche quando vedo le macchine davanti a me che cominciano a frenare: ormai in testa avevo voluto che il tornante fosse ancora molto più avanti.
Mi ricredo subito quando vedo la Ligier, in posizione davanti a tutti, che stava già entrando nel tornante. A quel punto pianto una gran frenata e la macchina s’intraversa, le altre vetture che mi circondavano di colpo si allargano per evitare una collisione, mentre nel frattempo riesco a recuperare la macchina e a girarla dal lato giusto. Così, tutto di traverso, entro nel tornante subito dietro la Ligier.
Dopo aver tirato un sospiro di sollievo, mi accodo alla vettura che mi precedeva e termino anche la prova in questa posizione mantenendo sempre il primato in classifica. Era andata molto bene, e oltretutto i commenti dei piloti che erano in bagarre con me, erano del tipo: “Quello sì che è un duro! Avessi visto che staccata ha fatto al tornante dopo il via!”. Se avessero saputo com’erano andate veramente le cose…
Per concludere vi racconto cosa ci riservò l’ultima tappa. Dopo sette giorni di gara, affrontiamo l’ultima frazione che aveva inizio alle 5 del mattino dopo avere dormito solo tre ore. In quest’ultima tappa erano previste 5 prove speciali e 4 circuiti. Ebbene abbiamo corso senza soste per 41 ore, (quarantuno, avete letto bene), visto che l’arrivo a Nizza era previsto per le 22 del giorno dopo. In questa gara persi 7 chili, e meno male che ad attenuare un po’ l’immensa fatica ci ha pensato la vittoria. Se disgraziatamente fossi arrivato secondo, mi sentirei stanco ancora oggi".
- Sandro Munari -- 12
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STERZI A PARTE
Come sarà davvero la Formula 1 del 2017?
Analisi impietosa ma un pizzico romantica sui Gp del nuovo anno
No, ma dico, siamo sicuri che il 2017 sarà davvero un anno stupendo per la F.1? Via, parliamone. In quanto odo e leggo qua e là un ottimismo spesso bello giulivo nonché sinceramente fuori dalla norma e vorrei tanto condividerne i perché, ma non riesco proprio.
Tanto per cominciare, sarà l’anno delle monoposto che cambiano. Ala anteriore, fiancate, bargeboard, dai, tutto un po’ più ciccio, nonché gomme del 25% più grandi. Roba che tutti quanti ripartiranno da zero, dal foglio bianco.
Embé?
Tempo due o tre gare e i team si copieranno l’un altro, uniformandosi e appiattendosi sulle soluzioni più efficaci, peraltro di pochissimo diverse rispetto a quelle meno valide. Faccende semi-invisibili di pura sintonia fine, insomma.
Poi si dice - con ragionevolezza - che stavolta le vetture diventeranno di quattro o cinque secondi al giro più veloci, sancendo un’entusiasmante impennata di prestazioni, soprattutto con aumentate velocità di percorrenza in curva.
Embé?
La Formula Hybrid è una formula di motore, non di telai e aerodinamica. Se, per regolamento tecnico, tutti ma proprio tutti andranno quattro-cinque secondi più veloci, la scala dei valori e dei divari tra team rimarrà inalterata e tutto resterà esattamente com’è.
Tanto per capirci, se io e Usain Bolt ci sfidiamo così come siamo e poi cambiamo le carte in tavola calzando doposci e con dieci chili sulle spalle, tutte e due le volte Usain Bolt mi darà una giornata di distacco. Punto.
Quindi non è questo il modo giusto per sovvertire la scala di valori o, nello specifico, di rompere le uova nel paniere allaMercedes. Ciò unito al fatto che non sarebbe neanche giusto mutare le regole solo per dar fastidio al migliore, come purtroppo in passato è già accaduto.
Con un aspetto assurdo in più, per la verità. Cioè questo: che senso ha andare quattro-cinque secondi al giro più veloci su una media di tracciati lenti e stile kartodromi, come quelli attuali, fatti salvi Spa, Suzuka e Monza? Anche perché in posti stile Singapore, Hungaroring, Austin, Sochi, Baku, Hockenheim, Spielberg, Mexico City, Abu Dhabi e compagnia cantante, che motivo c’è di andare a correre con la velocità di Boeing?
Piuttosto, paradossalmente, sarebbe stato molto più stuzzicante, probante, selettivo e rivoluzionario l’esatto contrario: ossia viaggiare teoricamente perfino più lenti di oggi, ma su piste dalle percorrenze medie decisamente più veloci. Tracciati che però, a oggi, quasi non esistono più, fatte salve Spa, Suzuka e Monza. Eh, sì, peccato.
E non finisce qui. Il ritorno al Paul Ricard, nel 2018, avverrà evitando accuratamente di fare Signes in pieno. Di questo passo, a forza di evitare curvoni da pelo, per i piloti diverrà obbligatoria la ceretta.
Certo, direte, non finisce qui, visto che sono stati aboliti financo i famigerati gettoni che misuravano, calmierandolo, lo sviluppo tecnico dei motori.
Embé?
A ben guardare i nuovi rimedi fanno rimpiangere amaramente i vecchi mali, perché la Fia avocherà a sé la facoltà di sovraintendere alla cosiddetta convergenza prestazionale.
Ecco, che cosa vuol dire, ’sta minacciosissima definizione?
Semplice: in poche parole, se una power unit è superiore rispetto alle altre con una competitività quantificabile in oltre tre decimi al giro, in teoria sarebbe possibile intervenire ristabilendo artificiosamente l’equilibrio, applicando ad handicap una variante formulaunesca del famigerato Balance of Performance, altrove già tristemente o gioiosamente noto.
In ogni caso, una formula nata per omogeneizzare vetture di filosofia costruttiva diversa, tipoche del Turismo o del GT, niente a che vedere con le F.1 che per definizione nascono già tutte con gli stessi identici cromosomi.
In poche parole, se io e Bolt ci risfidiamo e a lui metti un sacco di 60 chili sulle spalle più una pentola in testa, poi sui cento metri piani andiamo quasi uguale, ma di scoprire come va a finire potrebbe non fregare più niente a nessuno.
Per questo spero e prego tutti i giorni che la pestilenziale idea della convergenza prestazionale resti per sempre lettera morta in F.1.
Infine, un aspetto di puro mercato.
Se la Mercedes - ossia il team seriamente candidato a restare al top della Formula Hybrid quali che siano i nuovi regolamenti - ha preso davvero Bottas al fianco di Hamilton, quindi uno molto bravo ma non stellare, ci sono tutte le premesse per assistere a un’annata agonistica che mi appare emozionante e incerta né più né meno di una coda interminabile all’ufficio postale avendo a ridosso uno con l’alito da ’briaco.
Ecco, sinceramente, questa più che una previsione prendetela come una serie di mie paure globali, però ahimé poggianti su ragionamenti saldamente ancorati a basi logiche piuttosto solide, nell’auspicio che una fantasmagorica rimonta tecnologica della Ferrari possa totalmente, meravigliosalmente e sorprendentemente demolirle d’amblé.
In altre parole - come disse Dylan Dog sulle possibilità di uno sbarco extraterrestre -, io sul 2017, sulla nuova F.1 e sulla Ferrari che verrà svelata a fine febbraio, scaramanticamentenon ci credo affatto, però in fondo ci spero.
Buone feste a tutti.
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18 ore fa, irron3 ha scritto:
Il momento decisivo del GP. Berger a tre giri dalla fine, fino a quel momento in testa, pressato da Prost commette un errore e finisce in testacoda....vittoria in fumo e il francese vince il suo 28° gp in carriera eguagliando il record di Stewart
In realtà con la vittoria in Portogallo lo superò.
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Su AS n. 50 c'è una lunghissima (otto pagine) intervista a Cesare Fiorio, e un'altra a Emerson Fittipaldi (realizzata da Mario Donnini durante la cerimonia dei Caschi d'Oro).
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2 ore fa, Schumy81 ha scritto:
Il team attualmente lo sta gestendo Marchionne più che Arrivabene, è lui che sta imponendo determinate scelte e che si è convinto che una struttura giovane, senza grandi nomi, ma ben motivata, possa sfornare una vettura competitiva ed aprire un ciclo. Lui ha questa "visione" qui che io sinceramente non condivido, anche perchè fa un po' a cazzotti con la storia di questo sport che ha sempre visto primeggiare vetture realizzate da grandissimi tecnici, autentici geni della meccanica e/o dell'aerodinamica.
Anche i "grandi geni", quando hanno vinto la prima volta, non erano ancora "grandi nomi".
Newey era giovane, ha vinto, ed è diventato "Newey il genio".
Forghieri fu messo a capo della progettazione in Ferrari a 27 anni, dopo l'uscita collettiva e contemporanea di otto tra tecnici, ingegneri e dirigenti.. Pian piano, è diventato "Forghieri".
Barnard da "nessuno" ha progettato la Chaparral vincente a Indy, poi per primo al mondo ha introdotto il carbonio nei telai F1 dominando il campo con la McLaren per anni. Era molto giovane.
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Il 29/11/2012 at 22:37 , sundance76 ha scritto:
[....]
Ecco le tre pagine dell'articolo di Simon Moore del maggio 2008 su MotorSport dove, oltre alla questione del motore, parla anche di un nuovo tipo di pneumatici che la Englebert aveva preparato per il 'Ring.
[...]
In pratica, la Scuderia Ferrari chiese alla Englebert un tipo speciale di pneumatico con il battistrada di spessore pari a 6 mm invece dei normali 4 mm. Una mossa tecnica vincente, che diede a Nuvolari la certezza che i suoi pneumatici avrebbero resistito con un solo cambio, pur in condizioni di pista asciutta e, quindi, di maggior degrado delle coperture. La pioggia, poi, diede ulteriore margine, anche se alla fine della corsa i tecnici dissero che le coperture di Nuvolari non avrebbero retto per un altro giro.
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In effetti il GP di Rio de Janeiro è quello con un minimo di respiro internazionale, vista la partecipazione ufficiale dell'Alfa.
Quella del 29 maggio è una gara nazionale, animata da piloti locali, senza concorrenti del circo europeo dei GP.
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Il 8/12/2016 at 19:41 , elvis ha scritto:
Grandissimi rischi per i piloti, ma a ben vedere, anche per i cine-operatori, completamente allo scoperto...
Fra l'altro il circuito del Bremgarten, alle porte di Berna, era tra i più pericolosi (anche col metro dell'epoca). Con la pioggia, non ne parliamo. Governare 450 cavalli con quelle gomme e quei freni... brrr...
Eppure George Monkhouse, giornalista, scrittore, fotografo (sono sue la maggior parte delle riprese video a colori dei Gran Premi tra il 1937 e il 1939) in un suo libro ha scritto:
"Ho sempre considerato il circuito di Berna come uno dei più belli e interessanti d'Europa. Praticamente non c'erano rettilinei, mentre le curve, molte delle quali velocissime, erano fiancheggiate da alberi, traversine ferroviarie, arginature, muri di cemento, cave di pietra. Di conseguenza, per percorrerlo alla media di oltre 160 km/h, erano necessari un'estrema abilità di guida e nervi d'acciaio" (dal libro "Grand Prix Racing Facts & Figures 1894-1963", in italiano pubblicato col titolo "Le corse Gran Premio")
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Coppa Ciano 1938
In GP 1930-1949
Inviata
Altro prospetto per comprendere la diversità tra le varie gare, ma anche l'assenza dell'attuale ossessione per i "campionati":
http://www.kolumbus.fi/leif.snellman/gpw4.htm