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sundance76

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messaggi inviate da sundance76

  1. “A me la pista piace, ma mi piace meno rispetto ai rally. Penso che tutto dipenda dal mio modo di interpretare le competizioni. Quando sono in pista mi sembra di non poter dimostrare tutte le mie capacità. Penso sempre che, in fondo, non è così difficile percorrere correttamente otto, dieci curve di un circuito. Sono sempre le stesse, non cambiano mai e, soprattutto, su queste curve ci si è già passati un centinaio di volte... insomma, la pista mi piace ma non mi affascina. Forse perché in questa situazione non sono il più veloce, ma solamente uno come tutti gli altri. In un rally, invece, in una prova speciale si devono affrontare venti curve differenti e in ognuna c’è l’opportunità di esprimersi al meglio, in ognuna posso provare di essere il migliore”

    Walter Röhrl

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  2. 6 ore fa, KingOfSpa ha scritto:

    Diciamo che comunque si sarebbe arrivati ad un regolamento più complesso anche con un motore termico tradizionale.

    Per carità la F1 si è complicata la vita, ma se vuoi mantenere fede al "essere massima espressione delle tecnologia" non c'era molta alternativa. Potevi togliere qualche pezzo, ma sempre sarebbe finita così.

    Tutta l'ingegneria da quando è entrata in modo pervasivo l'elettronica ha visto nascere questa complicazione. Basta vedere i documenti di descrizione di un impianto industriale.  

    Un regolamento tecnico snello lo puoi fare solo standardizzando tutti i pezzi, ma sappiamo come questo è impossibile per la f1. 

    L'esempio principe è la Williams FW14B  del 1992 che ha praticamente introdotto la moderna elettronica ed ha imposto di riscrivere metà regolamento tecnico.  Veramente aveva ancora solo il motore "poco" rivoluzionato dall'elettrica,  ma sarebbero bastati ancora pochi anni.

    Inoltre i regolamenti devono essere precisi altrimenti hai voglia a tirare fuori scappatoie. 

     

    Non credo sia questo il punto.

    Attualmente ogni caratteristica, ogni misura di ogni singolo componente del motore è dettata dal regolamento per avere motori il più possibile identici e intercambiabili (nel caso di defezione di qualche motorista) e persino la potenza deve essere il più possibile simile, addirittura arrivando a consentire di sviluppare un motore in deroga al congelamento ordinario se esso ha un divario di potenza oltre un certo limite rispetto agli altri motori.

    La standardizzazione si ottiene con un regolamento lunghissimo, che prescrive fino all'ultimo millimetro ogni particolare.

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  3. 29 minuti fa, Nameless Hero ha scritto:

    le prime limitazioni ai turbo già negli ultimi anni prima dell'abolizione?

    Beh, le limitazioni di pressione al turbo non implicano necessariamente standardizzazione, visto che ogni motore a pari limitazioni di bar erogava potenze diverse, oltre ad avere architetture diverse. Il tutto era in prospettiva della successiva totale abolizione del turbo.

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  4. In 120 anni di Gran Premi (e un'ottantina di campionati relativi, prima e dopo il 1950), sono 5 i piloti che hanno vinto almeno 3 titoli consecutivi. Di questi, solo Fangio ce la fece nel 20° secolo. Tutti gli altri, Schumacher , Vettel, Hamilton, Verstappen lo hanno fatto in questo primo scorcio di 21° secolo.

    Cioè in 23 anni, abbiamo avuto una cinquina (Schumacher), due poker (Vettel e Hamilton), un tris (migliorabile, di Verstappen). In pratica 16 mondiali su 23 sono inclusi in lunghissime strisce seriali.

    Nell'86 fece scalpore il secondo titolo consecutivo di Prost, cosa che non accadeva da 26 anni (Jack Brabham nel 1959 e 1960).

    Siamo di fronte a una straordinaria congiunzione astrale, oppure ci sono motivi tecnico-regolamentari alla base di queste - a volte inverosimili - dittature di un unico conduttore?

    Domanda ovviamente pleonastica.

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  5. Accidenti, oggi finisce l'Acropolis con l'ultima tappa, composta da... 3 prove speciali. Eh, lo so, un massacro, ma questo è niente: la gara in totale ne prevedeva ben... 15!!

    Ieri guardavo il filmato dell'edizione '82:

    29th ROTHMANS ACROPOLIS RALLY 1982
    (31 maggio 1982 – 3 giugno 1982)

    Prove Speciali complessive 57, così suddivise:


    - 1^ tappa: 18 PS (1 cancellata)
    - 2^ tappa: 16 PS
    - 3^ tappa: 14 PS (1 cancellata)
    - 4^ tappa: 9 PS

     

    In sostanza, l'intera gara 2023 non fa nemmeno una tappa dell'82.

    E piloti e Case vogliono ancora accorciare i rallyes.... 
     

     

  6. (Carlo Cavicchi – dal libro “Destra3 lunga chiude” – prefazione):

    I rally compresi tra gli anni ‘60 e i primi anni ‘90 erano molto diversi dagli attuali, e in comune c'è soltanto la dicitura che qualifica la disciplina sportiva.  I piloti dell'epoca non andavano più forte di quelli di oggi, difficile anche stabilire se erano o non erano più bravi.  Di sicuro erano dei personaggi diversi costretti a correre gare molto differenti per durezza e lunghezza, disponendo di mezzi meccanici che si rompevano con crudele frequenza. 

    Ma la differenza più grande rispetto alle gare di oggi è che a quel tempo i piloti professionisti al via erano sempre tantissimi, spesso mescolati in elenchi-iscritti sterminati, punteggiati da vetture spettacolarmente differenti tra di loro.  I numeri al riguardo non mentono: a Montecarlo furono 299 nel 1982, erano ancora 207 nel 1995 poi crollarono ad appena 23 nel 1997, dopo le restrizioni assurde e incomprensibili imposte dalla Federazione internazionale.  E furono 250 al Rac (oggi rally di Gran Bretagna) del 1975 superando ancora i 200 nel 1989. Ma avevano partenti record anche la Corsica (181 nel 1982) oppure la Finlandia (200 nel 1989) e si parla di gare blasonatissime del giro iridato.  Anche il rally di Sanremo, punta di diamante delle corse italiane, se la passava benissimo e ancora nel 1998 poteva vantarsi di 160 iscritti quando già si parlava di tempi grami alle porte. 

    Perché una disciplina che portava centinaia di migliaia di spettatori sulle strade (a Sanremo qualche ottimista aveva parlato persino di milioni quando la gara raggiungeva anche gli sterrati della Toscana) si sia ridotta alla miseria di oggi è un discorso molto lungo.  Di certo la scelta di obbligare gli iscritti ai vari campionati a partecipare a tutte le gare in calendario, con trasferte a volte costose e un numero di appuntamenti al limite dell'assurdo, ha convinto molti costruttori a rinunciare.  Così siamo passati da una media di oltre 20 piloti ufficiali per gara, con punte anche di 40, alla miseria di oggi dove a lottare sono al massimo in quattro o cinque, e a vincere quando va bene appena in due o tre (il terzo si materializza quando accade qualche cosa fuori dall'ordinario). 

    I favoriti al via erano sempre tanti come un giovane appassionato fatica anche soltanto ad immaginarsi: nomi altisonanti mescolati spesso a quelli degli specialisti locali che sulle loro strade sapevano tenere testa ai migliori.

    Ma era una festa anche di rumori perché si scontravano vetture a 2, 4, 6 e 8 cilindri, spesso con carrozzerie dalle forme più disparate perché grosse berline e coupé, spider e utilitarie si combinavano insieme per il piacere degli occhi.

    Auto a trazione anteriore, posteriore o integrale, calzate con gomme di fabbricanti molto differenti e tutti agguerriti: Pirelli e Michelin, ma pure Kléber, Dunlop e Yokohama fino ad arrivare alle marche più disparate e alle coperture ricoperte per i più disperati. Senza parlare dei pneumatici da neve che erano costruiti a mano da produttori del nord Europa, capaci di montarci sopra chiodi lunghi come le unghie della matrigna di Biancaneve.

    Ecco, in un mondo così, a volte con gare lunghe quasi una settimana e senza pause per riposare, era quasi inevitabile che capitassero fatti al confine con la leggenda o che si registrassero gesti clamorosi e che ci fossero degli epiloghi inaspettati.

    In molti rally si contavano oltre 80 prove speciali, in altri nessuna ma con tutti i controlli orari pressoché impossibili da rispettare e pertanto si era a piede giù dalla partenza all'arrivo. Un esempio-limite era la “Transmarocchina”, una prova di quasi 800 km (!!) nel corso della quale bisognava fare più volte rifornimento e puntualmente sostituire le gomme. E si badi bene, quella non fu l'unica prova speciale di quella gara, ma una delle 9 dispute ...

    In quella corsa il vincitore, Jean-Pierre Nicolas, impiegò 20 ore e 20' di soli tratti cronometrati, e se vi sembra tanto dovete sapere che lo stesso Nicolas quando vinse in Costa d'Avorio nel 1978 di ore ne impiegò 54 e 28’... Per capire la differenza basta sottolineare che il vincitore del Tour de Corse 2015, Latvala, ha impiegato in tutto 2 ore e 39'.

    Quei rally, che oggi trovano tanti fans a fare da spettatori agli appuntamenti per vetture storiche, furono una fortuna per il pubblico del tempo, per i piloti dell'epoca e anche per i pochi giornalisti che li seguivano, in particolare quelli che si portavano lungo la strada per giorni e notti di fila correndo a loro modo la loro personalissima gara. Le assistenze erano dopo ogni prova e non confinate in parchi asettici vietati agli spettatori, così il clima si respirava dal vivo e le disavventure, frequentissime, si ascoltavano in diretta dalla viva voce dei protagonisti: il cronista assieme al direttore sportivo perché il pilota arrivava, imprecava e poi ripartiva. Tutto senza filtri: avventure che poi finivano sui giornali e chi a casa le leggeva, s'innamorava della disciplina e non vedeva l'ora di portarsi su un campo di gara a respirare quell'atmosfera.

     

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  7. Su "Veloce today" è stata riproposta la bellissima intervista di Elly Beinhorn Rosemeyer, la grande aviatrice moglie del mitico Bernd Rosemeyer, Campione d'Europa Grand Prix 1936, realizzata da Aldo Zana nel 2003.

    Potete tradurla agevolmente col tasto destro del mouse, grazie a google.

    Pubblicata pochi giorni fa, ha già ottenuto ben quattro, dico quattro, commenti, sulla testata che l'ha pubblicata on line. Peccato essere in così pochi a conoscere e ricordare i personaggi e le storie degli anni '30...

     

    https://velocetoday.com/meeting-elly-beinhorn/ 

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  8. 20 ore fa, Ayrton4ever ha scritto:

    Non ho capito quale sarebbe stato il vantaggio della Goodyear a far usare obbligatoriamente delle gomme non efficaci alla Scuderia più famosa del mondo che non vinceva un titolo da 11 anni

    Fossi stato loro avrei quantomeno non ostacolato la Ferrari

    Io non penso che ci sia stato un dolo della Goodyear. Semplicemente, le nuove costruzioni si adattavano di meno alla Ferrari, ma a loro non piaceva ammettere che in Belgio le nuove coperture soffrivano di più le temperature al punto da essere meno efficaci delle vecchie costruzioni.

  9. Si è sempre detto che nel 1990 Prost con la Ferrari perse punti fondamentali in Belgio, finendo dietro a Senna (vincitore) per "indecisione nei doppiaggi" non sapendo sfruttare la presunta superiorità della rossa.

    Eppure, c'è un episodio rivelatore narrato dall'ingegner Mazzola, tecnico di pista di Prost, che secondo me potrebbe spiegare moltissimo di quella sconfitta. Ecco il breve passo in questione:

    "Tra il Gran Premio di Spa in Belgio e quello di Monza accadde un episodio incredibile. La Goodyear per la gara di Spa aveva cambiato la costruzione delle gomme, cioé la struttura della carcassa degli pneumatici, sia per le anteriori che per le posteriori. Ad Alain dopo una prova non erano piaciute perché sbilanciavano molto la vettura, specialmente al posteriore. Eravamo abbastanza arrabbiati e all'insaputa dei miei capi mi ero portato a Spa dieci set di gomme da Maranello di compound tipo A, il più duro, con le vecchie costruzioni.

    La Goodyear per quella gara aveva portato invece delle gomme di tipo B, cioé uno step più morbido, con le nuove costruzioni. Durante il weekend di gara ci fu un gran caldo e le B si rivelarono troppo morbide, specialmente per le nuove costruzioni. Quando i tecnici, capeggiati dal mitico Tony Shakspeare, videro le nostre gomme nei box ebbero un sussulto e iniziarono a preoccuparsi.

    Io e Alain eravamo già convinti e sicuri che avremmo utilizzato quelle gomme e la Goodyear non voleva permetterlo, anche se non c'era una regola ben precisa che ne impedisse l'utilizzo. Seguì un diverbio politico ad altissimo livello tra Maranello e gli USA e alla fine si arrivò a un compromesso: noi non avremmo utilizzato quelle gomme, ma nel test successivo a Monza avremmo fatto una comparazione, dove Alain avrebbe potuto riprovare tutte le costruzioni e decidere quali scegliere dal Gran Premio d'Italia in avanti.

    Arrivammo al test e la Goodyear portò una serie di set di gomme senza numeri e codici di identificazione, in modo che Prost non sapesse quale fosse la versione che stava provando. Alain accettò il blind test e si mise in macchina. Provò sei set di gomme e terminato il lavoro ci riunimmo nel motorhome per il debriefing. Prost prese carta e penna e cominciò a scrivere tutte le caratteristiche di ciascun set e il comportamento nelle varie curve. Non si fermò lì, scrisse anche quali costruzioni erano state utilizzate per ogni set, sia all'anteriore che al posteriore. Tony, come i suoi collaboratori, rimase sbalordito e stentava a credere ai suoi occhi. Alain potè così decidere quali costruzioni usare fino alla fine del campionato. Ovviamente quelle di Senna erano diverse.

    Questa era la forza di Prost, non ho conosciuto altri piloti in grado di fare questo [..]".

    (Da "Avanti tutta" di Luigi Mazzola)

    La Ferrari andò forte nel finale di campionato, e anche a Suzuka era superiore in assetto-gara, ma le cose andarono come sappiamo.

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