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  1. Elio11

    Gran premio di Svizzera 1947

    Resoconto della rivista "The Motor" datato 11 giugno 1947. Fu la prima edizione del "Gran premio di Svizzera" a essere disputata a quasi un decennio di distanza dall'ultima. I piloti furono di scena nella sede storica di Bremgarten. L'evento si articolò in due batterie e una finale. La gara venne funestata dalla morte di tre indisciplinati spettatori: gli incidenti che le cagionarono furono fra loro slegati, in quanto avvenuti nelle due 'batterie' precedenti la gara conclusiva. Del primo tragico evento è protagonista, suo malgrado, Varzi, il quale proprio qui troverà la morte l'anno seguente. In generale, l'articolo sottolinea questo aspetto della sregolatezza del pubblico, un particolare che riesce a far calare il lettore nell'atmosfera di quel giorno. È interessante anche l'ultima colonna della terza pagina: vi troverete alcune notizie circostanziate e di carattere tecnico sulle vetture in gara.
  2. sundance76

    Robert Benoist

    ROBERT BENOIST: AGENTE SEGRETO E CAMPIONE DEL MONDO 12 settembre 1944. È notte nel campo di concentramento di Buchenwald. I nazisti prelevano trentaquattro prigionieri: sono inglesi, francesi, belgi e canadesi, appartenenti alla Resistenza francese. All’alba vengono tutti impiccati con una corda di pianoforte. Tra loro c’è anche Robert Benoist, il primo vero “campione del mondo” d’automobilismo. Non si tratta di un titolo ideale, vedremo perché. Figlio di contadini ma molto portato per la meccanica, Robert nacque nel 1895 a Auffargis nei dintorni di Versailles, e già da giovanissimo fece apprendistato in un garage locale. A vent’anni prese parte alla Grande Guerra come aviatore, conseguendo il titolo di capitano pilota. Tante ore di volo, ma anche diverse avventure pericolose, come gli atterraggi di fortuna dietro le linee nemiche: un “allenamento” al rischio che gli servirà 25 anni dopo. Dopo la prima guerra mondiale, ecco l’esordio nell’automobilismo da competizione con la partecipazione alla Parigi-Nizza, una sorta di gara di regolarità costellata da diverse prove in salita. Dopo i pericoli della guerra, per Robert dovette sembrare una passeggiata. Una buona prestazione, che gli valse l’ingaggio nella squadra ufficiale della Salmson: varie gare tra la Francia e l’Inghilterra, fino alla proposta della Delage, Casa francese alla quale resterà legato per quattro stagioni, tra il 1924 e il 1927. La Delage gli concesse la possibilità di cimentarsi nelle corse più prestigiose, quei “Grand Prix” che all’epoca sfioravano e anzi a volte raggiungevano la distanza dei mille chilometri. Come ad esempio nel G.P. di Francia del 1925: da un anno la macchina da battere era l’Alfa Romeo, ma il suo alfiere, Antonio Ascari, uscì tragicamente di strada mentre era al comando. Il team italiano in segno di lutto ritirò l’altra vettura in gara, quella di Campari, e Robert Benoist colse la sua prima grande vittoria. Dopo la premiazione, depose la corona d’alloro nel punto in cui Ascari aveva trovato la morte. A fine stagione, appagata dalla vittoria nel primo Campionato del Mondo (proprio così, nel ’25 esisteva già un titolo iridato), l’Alfa Romeo lasciò le competizioni: via libera alle Case francesi, ma il ’26 fu un anno quasi tutto azzurro-Bugatti. La Delage di Benoist, benché velocissima, soffriva di un curioso difetto: i tubi di scarico passavano sul lato destro della macchina, proprio a fianco del posto guida (all’epoca asimmetrico) generando un calore allucinante che rischiava di arrostire i piedi del pilota. Un particolare che fece la differenza a favore della Bugatti, che vinse il Campionato. L’anno seguente, al progettista della Delage, Albert Lory, bastò invertire la testa dei cilindri, spostando quindi l’impianto di scarico sul lato sinistro, per rendere perfetta la vettura. Una vera e propria macchina da guerra. Il 1927 fu universalmente riconosciuto come l’anno di Benoist: era la prima volta che un pilota dominava in maniera così marcata una stagione agonistica. Quell’anno il Campionato del Mondo era composto da cinque Grand Prix: quattro dei quali in Europa, a cui si aggiungeva la 500 miglia di Indianapolis per dare una connotazione “mondiale” al torneo, ma che sostanzialmente rimaneva un evento a sé stante. Grazie anche alle migliorie apportate al motore 8 cilindri, Robert Benoist risultò praticamente imbattibile: cominciò col vincere il Gran Premio di Francia a Montlhéry, si ripetè nel Gran Premio di Spagna sullo stradale di San Sebastian, fece il tris a Brooklands nel GP d’Inghilterra e calò il poker nel GP d’Italia a Monza. Non si era mai visto un dominio così schiacciante da parte di un pilota. La Delage vinse così il Campionato Mondiale, ma per tutti, da quel momento, Benoist fu il “campione del mondo” 1927, anche se tale titolo non esisteva per i piloti. La sua straordinaria stagione gli valse il conferimento della Legion d’Onore, la massima onorificenza francese. Un nuovo cambio regolamentare indusse anche la Delage a ritirarsi, con l’alloro appena conquistato. Benoist rimase così paradossalmente a piedi, e per un paio d’anni corse saltuariamente alcune gare per vetture Sport; ottenne anche un 2° posto a San Sebastian, con una Bugatti. Era infatti diventato direttore della concessionaria parigina della Casa di Molsheim. Nel 1929 riuscì comunque a vincere la 24 ore di Spa su un’Alfa Romeo, in coppia col collaudatore Attilio Marinoni. Da quel momento in poi, la Bugatti profuse ogni sforzo per riuscire a vincere la più prestigiosa corsa di durata, la 24 ore di Le Mans, e Robert divenne il responsabile sportivo della Casa, senza disdegnare un parziale ritorno all’attività agonistica come pilota nei GP tra il ’34 e il ’36, ottenendo la vittoria al GP di Piccardia nel 1935. Ma nella categoria massima ormai spadroneggiavano i tedeschi, con gli squadroni Mercedes e Auto Union. Finalmente, dopo quasi un decennio di tentativi, nel 1937 scoccò l’ora della parziale rivincita: con la nuova Bugatti Type 57 G "Tank", Benoist trionfò nella 24 ore della Sarthe, in coppia con Jean Pierre Wimille. Dopo l’agognata vittoria, Robert tornò a gestire lo showroom Bugatti a Parigi, ma pesanti nubi si addensavano sui cieli d’Europa: alla fine dell’estate ’39 la Germania invase la Polonia, innescando la Seconda Guerra Mondiale. Troppo anziano per rientrare tra le file dell’aviazione francese, Benoist entrò nella Resistenza quando venne avvicinato da William Grover, meglio noto come “Williams”, inglese da anni trapiantato in Francia, che al volante di una Bugatti nel 1929 aveva vinto il GP di Francia e il primo GP di Monaco della storia. Due piloti da Gran Premio tra i partigiani, anzi tre: a loro si unì infatti anche Wimille, che si ritrovò ancora una volta nella stessa “squadra” con Benoist dopo il trionfo alla Sarthe. Stavolta però la posta in gioco era infinitamente più alta: i tre più tardi entrarono a far parte del SOE, lo “Special Operations Executive”, un’organizzazione britannica voluta da Winston Churchill che avrebbe avuto il compito di infiltrarsi nel territorio francese occupato dai nazisti e organizzare vaste azioni di sabotaggio dietro le linee nemiche. I tre “Grand Prix saboteurs”, come li chiamò Joe Saward in un recente libro dedicato alla loro vicenda, penetrarono in Francia. Benoist venne riconosciuto da un inglese, che involontariamente provocò l’arresto di Robert, il quale venne immediatamente arrestato dai nazisti. Mentre era seduto tra i suoi sequestratori nella parte posteriore di un’auto, con la stessa freddezza che lo aveva portato a vincere praticamente da solo il Campionato Mondiale al volante della Delage, Benoist notò che una delle portiere non era chiusa correttamente. A una secca curva a sinistra, la porta si spalancò, l’autista inchiodò, ma Robert aveva già spintonato il soldato al suo fianco facendo rotolare entrambi sull’asfalto. Il pilota riuscì a dileguarsi e a trovare rifugio in un appartamento, che però era circondato da otto militari nazisti. Fuggendo tra un tetto e l’altro, Benoist riuscì a scamparla. Tornò a Londra, dove il SOE lo addestrò, nominandolo capitano. Nell’ottobre ’43 venne riportato in Francia con un ricognitore della RAF. Robert costruì subito una rete di agenti nella zona di Nantes dove iniziarono a sabotare i tralicci per l’energia elettrica. Ma a febbraio ’44 il nostro dovette avventurosamente ritornare in Gran Bretagna: la maggior parte dei suoi contatti era stata arrestata. Nemmeno un mese, e a marzo rieccolo nelle campagne francesi, per sabotare tralicci e ferrovie, in costante contatto con migliaia di membri delle forze francesi. Tuttavia lo sbarco in Normandia da parte degli alleati provocò la durissima reazione tedesca: a giugno i nazisti smantellarono gran parte della rete di agenti costruita da Benoist, il quale fu arrestato mentre si recava a Parigi per far visita alla madre in fin di vita. Qualcuno lo aveva tradito, non si saprà mai con certezza chi fosse stato: forse il fratello Marcel. La Gestapo fu sul punto di arrestare anche Wimille, il quale fuggì da una finestra nascondendosi in un ruscello. Anche “Williams” fu catturato, torturato, per poi essere ucciso a marzo del ’45 nel campo di concentramento di Sachsenhausen, quando Benoist era stato già giustiziato da sei mesi. Soltanto Wimille riuscì a vedere la fine della guerra e la liberazione dai nazisti, fino a diventare il più forte pilota degli anni ’40. Ma la vicenda umana e sportiva di Robert Benoist merita di essere ricordata per sempre: agente segreto e campione del mondo, pronto a mettere in gioco la sua vita ogni giorno, sui circuiti d’Europa e nelle file della Resistenza. Una parte della nostra libertà, la dobbiamo anche a lui e ai suoi compagni di ventura.
  3. Nizza, lunedì di Pasqua 1946 “Le corse sono di nuovo tra di noi” ma il vero inizio è il 9 settembre 1945, a Parigi Il lunedì di Pasqua 1946 sulla Promenade des Anglais a Nizza, fu teatro di un evento straordinario: “Gli anni da poco trascorsi sembrarono svanire come un brutto sogno la settimana prima del week-end di Pasqua. Balle di paglia venivano allineate lungo la strada, venivano erette passerelle, bandiere e striscioni garrivano vistosamente contro gli edifici di un bianco accecante. Le corse erano di nuovo fra noi e giustamente in Francia dove tutto era cominciato più di 50 anni prima”. Queste parole del giornalista inglese John Eason Gibson descrivono la febbrile preparazione e la gioiosa aspettativa per il primo Gran Premio internazionale del dopoguerra. Gli organizzatori francesi erano pronti a ricominciare dopo meno di un anno dalla fine del conflitto che aveva, più di ogni altro, creato distruzione in Europa. A onor del vero, i motori erano già tornati a farsi sentire in precedenza. Il 9 settembre 1945, 90,000 (alcuni dicono il doppio) parigini avevano affollato il Bois de Boulogne per essere spettatori di un meeting di tre gare. Si trattò, tuttavia, di un evento concepito per liberare, dopo una sosta di sei anni, le emozioni di piloti, addetti ed appassionati francesi più che di una vera e propria manifestazione sportiva. Le gare erano intitolate a Robert Benoist, ai Prigionieri ed alla Liberazione, rispettivamente. Queste dediche sottolineavano il tono eminentemente celebrativo della manifestazione. Benoist, il grande pilota di Delage e Bugatti, era stato impiccato a Buchenwald nel 1944 dove era stato deportato dopo che la rete di informatori da lui organizzata era stata scoperta. Le fotografie mostrano nella penombra, sotto gli alberi del Bois in un tardo pomeriggio autunnale, i vincitori accolti da una austera signora in nero con cappello e veletta, variamente descritta come la vedova, la figlia o la sorella dell’Eroe e letteralmente circondati da ufficiali delle FFL con i loro baschi, neri anch’essi. Il gaudente Amédée Gordini, vincitore della classe per vetture due litri non sovralimentate, appare attonito in questa compagnia. La gara principale venne vinta da Jean-Pierre Wimille alla guida della Bugatti 4.7 litri con compressore, dopo essere partito dall’ultima fila avendo ottenuto la licenza di correre solo al mattino della gara dalla sua squadriglia nell’aviazione delle FFL. Ettore Bugatti, spettatore ad una corsa per l’ultima volta, era arrivato alla guida della sua Royale indossando l’abituale bombetta per presenziare alla vittoria del suo pilota preferito. (Da "Corse Grand Prix e Formule Libre 1945-1949", Conferenza di Alessandro Silva, Museo Automobile di Torino, 22 ottobre 2005, Monografia AISA n. 66)
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