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    Helle Nice

    Mariette Hélène Delange nasce povera ad Aunay-sous-Auneau, figlia di un postino, quarta di tre figli morti prematuramente e seguita da altri tre. Dimostra subito una notevole intelligenza e una particolare inclinazione per la lettura e la poesia, canta bene e se la cava con il disegno. A sedici anni lascia il paesello e va a Parigi, non si sa come sia sopravvissuta fino ai vent’anni, non lo ha mai confessato, quando la si trova che studia danza e posa per cartoline vagamente erotiche. A fotografarla è per lo più quello che si considera il suo primo amante, René Carrère, buon artista che si mantiene anche disegnando manifesti pubblicitari per i café chantant. Ha assunto lo pseudonimo di Hellé Nice, che significa pressappoco lei è bella e simpatica, danzando come ballerina di fila guadagna i quattrini per acquistare la sua prima automobile, è una sportiva incallita che pratica lo sci, le ascensioni, il bob, è sempre la prima di tutti quando si tratta di mostrare coraggio, di rischiare per vincere. Nel 1921. accompagna due amici in Inghilterra per alcune gare automobilistiche e chiede di partecipare. Resta malissimo quando le spiegano che le donne non sono ammesse. In realtà le donne automobiliste esistono, ma sono per lo più ricche signore, non di rado titolate, partecipano a corse ma non sono professioniste, anche se Ettore Bugatti aveva apprezzato la loro bravura. Corre fino al 1926, quando annuncia di ritirarsi dalle corse per essere solo una ballerina. Ed ha successo, la stampa la osanna, il pubblico va in delirio, lei si presenta in scena seminuda e danza leggiadra sulle punte, guadagna soldi a palate. Nel 1929, mentre sta sciando si salva miracolosamente da una valanga, ma si rovina irrimediabilmente un ginocchio e non può più ballare. Riesce finalmente a farsi dare un’automobile, l’Omega Six, per correre e vince il Grand Prix Féminin di Montlhéry, Bugatti vuole conoscerla, le prepara una vettura su misura, è un tipino minuto, lei s’impegna a superare i 200 km orari. È attratta dalla velocità, ai giornalisti dichiara che tenere tra le mani un bolide che ruggisce è il suo piacere più grande. È una splendida addetta alle pubbliche relazioni di se stessa, cura l’immagine puntando sulla femminilità con un trucco inappuntabile, camicette infiocchettate, rifiutando il caschetto protettivo per lasciare che si vedano i suoi capelli scompigliati dal vento. Nel dicembre del 1929, sul circuito di Montlhéry batte il record dei 198 km orari, da quel momento prende parte a 75 gran premi. “Tutto quello che chiedo è mostrare ciò che posso fare contro gli uomini, senza alcun vantaggio di partenza” era il suo scopo, oltre a collezionarli. Aveva anche tre storie in contemporanea, dal principe al tecnico, prendendo nota di ciascun amante con giudizi non sempre clementi. Il suo comportamento disinibito le procurava molte critiche, di lei le altre dicevano che non pensava ad altro che al sesso e a mettersi in mostra. Nel 1949, durante il party del Grand Prix di Montecarlo, un avversario l’accusa di essere stata una spia dei nazisti. Lei replica denunciandolo ma, per quanto non emergano prove certe, perde gli sponsor. Ha quarantanove anni, l’ultimo amante l’ha piantata dopo averla rovinata economicamente, ha il sostegno dell’ente benefico La ruota gira che l’assume come autista. Peccato guidasse malissimo, al punto che nessuno ha mai osato salire in macchina con lei. Nel 1984. muore sola e sconosciuta all’ospedale pubblico di Nizza. Miranda Seymour ha scritto la sua biografia nel libro intitolato The Bugatti Queen.
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