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  1. Penske fan

    Sam Hornish Jr.

    Scrivendo i profili dei senatori dell’IndyCar mi sono ricordato di quanto manca alla serie un pilota che ha segnato momenti importanti della storia IRL, per poi diventare uno dei tanti in Nascar. Parlo di Sam Hornish Jr, vero orgoglio americano degli anni 2000. Sam Hornish Jr. nasce a Defiance, Ohio, il 2 luglio 1979. Suo padre possiede un’azienda di trasporti ed è un grande appassionato di corse. La passione di Sam nasce nelle tribune dei circuiti del circondario e a 10 anni arriva il debutto col kart sullo sterrato, dove vince quasi subito, passando presto alle piste pavimentate. Negli anni successivi il giovane Sam ottiene successi prima in campo regionale e poi interstatale, affermandosi in vari campionati disputati tra gli Stati Uniti e il Canada. A 16 anni debutta in Formula Ford, nella USF2000, in un team a conduzione familiare, facendo esperienza. Nelle stagioni successive cambia diverse squadre, ottenendo nel 1998 tre podi e il settimo posto in classifica. Nel 1999 passa quindi in F.Atlantic, col team Shank, con cui ottiene una vittoria sull’ovale di Chicago e chiude il campionato al settimo posto. Parallelamente Sam entra in contatto con un piccolo team che corre in IRL, il PDM Racing, che a Indianapolis è ospitato nell’officina del leggendario capo meccanico AJ Watson. Insieme riescono a mettere insieme il budget per correre le prime quattro corse del campionato 2000. Nella primo appuntamento di Orlando Sam chiude 19° staccato di molti giri, finendo poi contro il muro nella corsa successiva a Phoenix. A Las Vegas porta però la sua G.Force-Aurora vecchia di un anno a un insperato terzo posto, risultato che dà una svolta alla sua carriera. Per Indianapolis la squadra riceve una nuova vettura dalla Dallara, che l’americano qualifica in quinta fila. La gara si chiude con un incidente al 150° giro ma i premi in denaro sono sufficienti perché Sam possa acquistare dalla squadra un carico di 2500 telefoni cordless, donati da uno dei pochi sponsor, e continuare con il team per qualche altra corsa. Mentre i genitori riescono in qualche modo a dare via tutti i telefoni, Sam nelle gare successive riesce a mettersi in mostra: in Kentucky guida la corsa per una trentina di giri e rimane in zona podio fino a due tornate dal termine, quando finisce il metanolo e chiude solo nono . Il talento dell’americano non è però passato inosservato ai top team e dopo un test favorevole Hornish va a sostituire il ritirato Scott Goodyear al team Panther. Foto di rito a Indianapolis col team PDM e la livrea supportata dai Thunderbirds dell’aviazione americana I 30 giri in testa in Kentucky sono decisivi per il prosieguo della sua carriera L’avvio della stagione 2001 è scioccante. Sam infatti domina le prime due corse di Homestead e Phoenix, mettendo in riga i piloti più esperti della categoria e impostando poi un campionato basato sulla continuità . Hornish si dimostra subito maturo e riflessivo pur mettendo in mostra una guida aggressiva e spettacolare: è il più determinato nel traffico e non ha timori reverenziali nei confronti di nessuno, passando tra il muro e gli avversari senza esitazioni ma senza apparentemente forzare, con una naturalezza che lascia di stucco considerando la giovane età . Nelle corse successive Sam è sempre tra i protagonisti, mette a segno sette podi, tra cui tre secondi posti consecutivi, che gli permettono di conquistare il titolo a Chicago con una corsa d’anticipo. Libero da ogni pressione, nell’ultimo appuntamento in Texas il pilota dell’Ohio mette poi a segno una vittoria magistrale, regolando Sharp e Buhl in una spettacolare volata a tre. L’unico rammarico della stagione viene da Indianapolis, dove Sam si qualifica in quinta fila ma perde il controllo della vettura in una ripartenza, colpendo il muro e coinvolgendo Al Unser Jr. Vittoria a Phoenix Campione 2001 Se nel 2001 Sam vince la forse non irresistibile concorrenza dei piloti IRL (Buddy Lazier ottiene comunque una vittoria in più), nel 2002 per il giovane americano arriva l’esame più impegnativo. Dopo il debutto di Phoenix e il trionfo di Indianapolis nel 2001, la Penske si trasferisce stabilmente in IRL nel 2002 e il campionato diventa subito un affare privato tra i piloti del Capitano, il due volte campione CART Gil De Ferran e il vincitore di Indy Helio Castroneves, e il giovane campione IRL. E’ questa la stagione in cui Hornish trova ancora più consapevolezza dei suoi mezzi, diventando il maestro degli arrivi al fotofinish. La stagione parte a Homestead e sono il team Panther e il suo pilota a vincere il primo round, dominando davanti a De Ferran e Castroneves. A Phoenix però i ruoli si invertono ed è Helio a trionfare davanti a Gil, con Hornish che agguanta un terzo posto nonostante problemi al cambio. Fontana chiarisce quello che sarà il motivo della serie: la Penske corre tutta la stagione col motore 2001, meno assetato e più affidabile, mentre il preparatore del team Panther riesce dove la Ilmor si blocca, facendo lavorare egregiamente il più potente propulsore Chevy 2002. In California Hornish conquista una grande vittoria bruciando sul traguardo Jaques Lazier, mentre i piloti Penske chiudono quarto e quinto. Nell’appuntamento successivo di Nazareth l’americano commette però un brutto errore cercando un impossibile attacco all’esterno su Lazier mentre De Ferran, in crisi coi consumi, cede la vittoria all’ultimo giro a Sharp con Castroneves solo quinto. Indy è ancora amara per Sam, che parte in terza fila, lotta nelle prime posizioni con Scheckter e Kanaan ma danneggia una sospensione in una strisciata contro il muro, perdendo numerosi giri per le riparazioni. In Texas è coinvolto in un altro incidente con Cheever, chiudendo poi terzo dietro le Penske a Pikes Peak. Torna quindi alla vittoria a Richmond con un’esaltante rimonta negli ultimi giri in cui ha la meglio su Giaffone e De Ferran, chiudendo poi terzo a Nashville dove deve rinunciare alla vittoria per un problema a una sosta. In Kansas è battuto in volata da Ayrton Daré mentre a Michigan è solo settimo dietro le Penske, con le quali continua ad alternarsi in testa al campionato, grazie al secondo posto in Kentucky dietro Giaffone. De Ferran e Castronves si rifanno a St Louis, precedendo Hornish in una doppietta Penske ma nella gara successiva, a Chicago, Gil impatta violentemente contro il muro ed è costretto a saltare l’ultima corsa in Texas. Sam conduce a lungo la gara e sul traguardo precede Al Unser Jr. per 2 millesimi di secondo, record per l’arrivo più ravvicinato nella storia dell’IndyCar. Castroneves agguanta un quarto posto ma si presenta in Texas con 12 punti di ritardo dall’americano. Nonostante Meira e Sharp siano molto veloci, la corsa finale si trasforma in un duello privato tra il brasiliano e Hornish. L’americano sa che un secondo posto gli garantirebbe il titolo ma decide di rischiare il tutto per tutto. I due si scambiano diverse ruotate negli ultimi 30 passaggi ma Sam riesce comunque a precedere Helio per 9 millesimi, staccandolo di 20 punti in classifica. Con questo trionfo Hornish assurge al ruolo di eroe nazionale per i tifosi, battendo i piloti stranieri di una squadra dalle potenzialità quasi illimitate rispetto al piccolo ma agguerrito team Panther. Vittoria alla prima corsa a Homestead Storica volata a Chicago La vittoria che consegna a Sam il secondo titolo Finale a Richmond Volata di Chicago
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