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    Calcio: Inside

    Cominciai a conoscere davvero il calcio nella stagione sportiva 1998-1999, quando iniziai ad arbitrare. Il campionato successivo al fallo di Iuliano su Ronaldo ed altri errori arbitrali che diedero lo scudetto alla Juventus sull’Inter di Simoni. Credo ci volesse una buona dose d’incoscienza a rientrare nel mondo del calcio con il ruolo più discusso e in quel momento. Mai avrei immaginato di vivere momenti così esaltanti, di conoscere persone così straordinarie, personaggi così incredibili. 10 anni della mia vita, anni in cui sono entrato come un ragazzo e sono uscito come un uomo. Ripeterei ogni singolo secondo della mia carriera di arbitro, ne è valsa la pena, mi sono divertito da morire a costo di qualche rinuncia. Senza dubbio è stata la migliore scuola di formazione che potessi mai avere. Ho imparato tantissimo e talvolta uso ancora oggi nel lavoro qualche trucco appreso a Coverciano. Aldilà delle motivazioni personali, ero molto curioso di vedere se il mondo del calcio era così inquinato come me lo descrivevano e se era vero che c’era un piano prestabilito per indirizzare partite e campionati. La risposta al primo dubbio è che il mondo del calcio è molto, molto peggio di come uno se lo possa aspettare. La risposta alla seconda domanda è che non c’è un piano scritto ma si capisce al volo come ci si deve comportare. Intendiamoci, non è che ci sia qualcuno che ti aspetta sotto casa con un mitra in mano, è tutto più sottile, più subdolo, più sottinteso. Probabilmente anche più difficile da spiegare e capire. Il discorso che trapela è: “Siamo al centro di fortissime pressioni, da stampa, televisioni, tifoserie e società che non sono guidate da Madre Teresa di Calcutta, ogni vostra azione viene vivisezionata alla moviola quindi fischiate quello che vi pare ma qualsiasi cosa decidiate di fischiare, tenete presente contro chi lo state fischiando e quindi siate sicuri al 200% di quello che state decidendo perché altrimenti finiamo in una bufera”. Vuoi andare contro una big? Vai ma devi essere stra-sicuro di quello che stai facendo perché altrimenti loro con i mezzi che hanno distruggono noi designatori e noi per far capire che teniamo “alla regolarità del campionato” dovremo poi far fuori te. Esempio: un assistente va ad arbitrare Inter-Venezia e segnala l’espulsione di Cordoba e Bettarini per reciproche scorrettezze. Segnala lui il caso a Rosetti perché i due si colpiscono a palla lontana. Bergamo, il designatore, negli spogliatoi loda la sua azione come collaborativa verso l’arbitro. Dopo le proteste dell’Inter, Bergamo cambia idea e abbassa il voto, con la motivazione che l’azione era dubbia e che nessuna telecamera ha ripreso nitidamente quanto segnalato. Cioè l’assistente era a due metri ma era la telecamera a dover dare ragione a lui e se nessuna telecamera ha visto, niente è successo. La realtà non esisteva più perché non c’era una telecamera pronta a riprenderla. Messaggi chiari arrivano a tutti e sono sempre “suggeriti”, mai detti chiaramente, mai per telefono ma a mezze frasi, mai per mail ma sempre in riunioni, a cena nei ristoranti degli amici, tra una portata e l’altra, con un’amichevole mano sulla spalla, in un clima da goliardica rimpatriata. Faccio un esempio che forse può servire a capire meglio: vi ricordate com’è nato lo scandalo Calciopoli (e anche quello del Totonero 1986)? Non da intercettazioni nell’ambito sportivo ma in quello camorristico. I pm di Napoli, indagando sulla camorra, ascoltano di un giro di scommesse illegali sul calcio, in particolare sul Messina, e apprendono, via terzi, che ci sarebbe un accordo per far promuovere la squadra siciliana con l’aiuto dell’arbitro Palanca che avrebbe condizionato la partita Venezia-Messina con rissa finale col portiere Soviero scatenato. Altrimenti nulla sarebbe stato scoperto… Anticipo una domanda: Perché gira in questo modo? Risposta: Perché è come in Formula 1, a tutti conviene che vada così. A tutti conviene che siano Juventus, Milan, Inter, Roma a prevalere su Chievo, Cesena, Empoli e Parma. Conviene alle televisioni che possono dibattere di chi vincerà , del come e del perché. Conviene ai giornali, le cui vendite dipendono principalmente dai risultati positivi delle squadre di maggior bacino d’utenza (chi è che compra un giornale per leggere la cronaca della sconfitta della propria squadra?). Conviene ai siti specializzati che guadagnano clic sulle visite, conviene a certi partiti politici radicati sul territorio farsi vedere attenti ai problemi dei tifosi (serbatoi di voti), conviene agli sponsor, tecnici e non, delle società che hanno investito e pretendono dei risultati e dei ritorni, conviene ai dirigenti federali e conviene anche agli arbitri stessi. Non per il risultato in sé ovviamente ma per i soldi. Gli arbitri italiani sono circa 33.000, quelli di serie A e B sono 37. Ogni gara di serie A frutta all’arbitro che la dirige circa 5.000 Euro netti, ogni gara di B 2.500 Euro poi ci sono i bonus per il numero di partite dirette, per gli allenamenti, per le presenze da assistenti d’area o da quarto uomo e le presenze dei raduni; il risultato è che il peggior arbitro di serie B o l’ultimo arrivato guadagna circa 90.000 Euro l’anno. Si può capire che i 37 posti siano abbastanza ambiti e che ci sia una vera e propria guerra per arrivarci e per rimanerci. Ecco, un concetto che vale per tutti gli arbitri ma che in serie A si esaspera all’ennesima potenza è che durante i 90 minuti l’arbitro fa solo e soltanto ciò che gli conviene e che serve alla sua carriera; il resto sono chiacchiere. Si può capire anche che queste figure sono schiacciate tra centri di potere e o accettano la situazione e la pressione o mollano. Bene, non ricordo che ci sia stato un solo arbitro pronto a mollare la propria posizione in nome dei principi, tranne uno. L’uno è Robert Anthony Boggi che nel raduno dell’agosto 1999 si dimise da arbitro di serie A, aveva un altro anno di carriera, dicendo:” Di questo passo, chiedendo sempre maggiore disponibilità all’arbitro, si va verso una selezione non tra i meritevoli ma tra chi può dedicare il proprio tempo all’arbitraggio. Le figure che andranno avanti saranno oltretutto a rischio di sudditanza verso i poteri forti. L’Associazione Italiana Arbitri dovrebbe essere indipendente dalla FIGC e soprattutto dalla Lega.” Quanto avesse ragione Boggi è sotto gli occhi di tutti, c’è un gruppo di arbitri disposti a tutto per rimanere nel giro della Serie A. A proposito della serie A, un aneddoto probabilmente sconosciuto ai più: a parte i più ambiziosi o gli internazionali che hanno un certo peso (Rizzoli per esempio è uno che qualcosina conta), essendo uguale il pagamento di tutte le gare, a nessuno interessa arbitrare i grandi match: per i problemi che portano, tra un Inter-Napoli o Juventus-Roma e Cagliari-Sampdoria o Udinese-Sassuolo, state tranquilli che tutti vorrebbero le seconde. Questa fin qui descritta è la parte che si vede o intravede, poi inizia quella che non si vede, quella politica, fatta di trame tessute tra arbitri, dirigenti federali e vertici arbitrali e concetti geopolitici da rispettare. La geopolitica nasce anche per una questione selettiva: arrivati alla Serie D, con un’enorme scrematura già effettuata, ci sono ancora tantissimi arbitri per pochissimi posti nelle categorie superiori e, aldilà di poche eccellenze, è anche difficile capire chi sia futuribile. Qui entra in gioco un complicato calcolo di anni di permanenza in categoria, di numero di gare minimo da dirigere ma anche di geopolitica. Farò un esempio cui ho assistito per spiegare meglio: 10 anni fa, un arbitro di una regione che non ha mai prodotto arbitri di rilievo viene intravisto come un buon futuro arbitro. La sua regione, comprensibilmente, comincia a spingerlo e a proteggerlo, cercando di tutelare le sue visionature quando va ad arbitrare fuori regione ed è sottoposto al giudizio dei commissari esterni, cioè della regione in cui si gioca la gara. In questi casi nascono alleanze tra le regioni che possono andare dal semplice “Tratta bene il mio arbitro quando viene da te e io tratto bene i vostri” al sostegno per i candidati nazionali in federazione o all’interno della stessa Aia. L’arbitro di cui sopra va ad arbitrare in una potente regione del nord ovest dove risiede uno dei massimi poteri di quella categoria (ed ex arbitro di A, squalificato per aver preso soldi per la DC). Viene stroncato con un voto tale per cui è chiaro (visto anche il peso di chi l’ha stroncato) che non passerà mai a categorie superiore. Succede un cataclisma, dalla regione dell’arbitro bocciato partono dimissioni a raffica e soprattutto, vendette a raffica, contro gli arbitri settentrionali che vengono distrutti e cominciano a darsi malati per non andare in quella regione dove vedrebbero la loro carriera a rischio. Ovviamente di come sono dirette le gare non interessa a nessuno. La guerra tra regioni continua finchè interviene un dirigente nazionale che è in affari (è costruttore edile) con il presidente di una delle regioni coinvolte. Viene convocata una riunione riparatrice in cui si decide che a titolo compensatorio il primo arbitro o assistente passabile della regione penalizzata verrà portato in Serie A e B. Le guerre cessano e un altro ragazzo, meridionale, ma che lavorava a Firenze si trova in due anni dal tranquillo palcoscenico di Pergocrema-Spal alla serie B e al debutto, scontato, in serie A dove rimane qualche stagione. Potrei andare avanti per qualche decina di pagine, il succo è che il calcio è come la società : scordatevi che vinca il più forte, scordatevi che vinca il più bravo, vince il più potente, quello che agisce meglio nel sottobosco politico e affaristico e che ha le maggiori protezioni o le migliori alleanze. La politica è ovviamente presente e attiva: esistono gli innocui Roma Club Montecitorio ma anche le “benedizioni” necessarie per acquisire i club, le tutele o pressioni per salvare società in difficoltà finanziarie e i salvataggi veri e propri come nel 1986 quando due società vengono salvate a parità di colpa grave nel calcioscommesse perché una può contare sull’appoggio di una figura di primissimo piano della politica (e anche l’altra ne beneficia). D’altra parte si sa, la retrocessione logora chi non ce l’ha…. Il fine ultimo sono sempre potere e denaro, i mezzi usati l’intimidazione, le amicizie, il millantato credito, le alleanze. Un ulteriore peggioramento della situazione c’è stato con il sempre crescente peso che hanno assunto banche e televisioni. Le prime perché una concentrazione di potere tale, esterna al calcio stesso, non si era mai vista. Le seconde perché in pochi anni si è passati da un numero contenuto di telecamere alle tanto odiate “dedicate” che sono le telecamere che riprendono esclusivamente un unico soggetto per i 90’. Le banche sono sempre state coinvolte a vario titolo nel calcio ma con l’aumentare degli introiti e del volume d’affari, il ruolo è via via cresciuto e da spettatori si è diventati sempre più attori, ufficialmente non protagonisti, ma il recente neologismo “Stati Unicredit d’America” credo possa dare un’idea esemplificativa del potere di certi Istituti dentro certe società , tenendo presente che ora le cose sono migliorate essendo rientrati certi debitucci ed esposizioni… Il calcio è sempre stato legato a doppio filo alle banche e queste hanno sempre dovuto aver a che fare con personaggi, autentici maestri dell’equilibrismo finanziario, dei pagamenti post datati, della finanza creativa. Le banche avevano sempre giocato come “sponda” poi dagli anni Duemila in poi da Capitalia (ex Banca di Roma, ora Unicredit) in poi l’influenza sul calcio è aumentata e si è passati da qualche favore agli “amici” con qualche convocazione che ha rivalutato il cartellino del giocatore giusto a una gestione da “simil-proprietari”, visti i prestiti e l’esposizione di certi presidenti che hanno fatto sì che nel biennio 2002-3 ci fossero quattro squadre di serie A di fatto nelle mani di Capitalia e della Gea; un "piccolo" conflitto di interessi che non ha però scandalizzato nessuno. Le televisioni, come in Formula 1, si sono trasformate dal mezzo che irradiava la partita a protagonisti principali, costituendo la fonte di principale entrata di ogni società italiana. Essendo di fatto azionisti di maggioranza delle società , rivolgono un ruolo pressochè dirigenziale. Questo è il mondo del calcio, un mondo che ha come maschera l’intrattenimento sportivo, le partite sul prato verde come scenografia e l’omertà in nome dell’interesse collettivo come regola. Gli scandali sono solo incidenti di percorso da risolvere all’italiana, prendendo due colpevoli a fine carriera e farli uscire, dopo un breve percorso di gogna pubblica, dalla porta per farli rientrare dietro ad un’altra. Altra regola sono i fondi neri, parte dell’ingaggio viene elargito in contanti e sui contratti vengono indicate cifre più basse, ma anche la sottrazione dell’Irpef e l’evasione dell’Iva non sono pratiche così sconosciute. Ma siccome la necessità aguzza l’ingegno, al momento dell’acquisto di giovani promesse (uno slavo e un brasiliano) un bonus di un milioncino può convincere le famiglie tanto casa e chiesa, a lasciar venire in Italia i giovani virgulti (poi rivenduti all’estero). Vecchia abitudine anche quella del conto estero appositamente creato, e l’inserimento sul contratto della voce “servizi” di casa, macchina aziendale e domestica per detrarre tutto dal bilancio. Apro solo una parentesi sullo scandalo della tratta dei baby calciatori: giovani africani fatti venire appositamente con mille promesse e poi abbandonati a sé stessi a 14 anni in un paese straniero e per cui grandi dirigenti come Sabatini (attuale ds della Roma) hanno avuto fino a un anno e mezzo di squalifica. Tornando agli aspetti societari, si va dalla corruzione degli allenatori a quella dei presidenti, come quella di quel presidente del Centro Italia che, per far posto in Primavera al figlio di un noto uomo d’affari, decise di vendere entrambi i suoi portieri per far posto al rampollo che poi diventa un portiere di buon livello. Le commistioni politiche sono innumerevoli, l’ultimo è l’interessamento di due grossi partiti in difesa di due squadre-serbatoi di voto storici nel 2003 che portò ad una B a 24 squadre. Il caso più famoso è l’acquisto del Milan in stato pre-fallimentare nel 1986 da parte di Berlusconi. Il Cavaliere, giocando sul mancato pagamento dell’Irpef per qualche mensilità (pratica abituale per tutte le squadre), riesce con l’aiuto di Carraro e soprattutto di Craxi a mettere le mani sulla società a costo zero. A proposito di Craxi, occorre ricordare il suo tifo per il Torino e l’aiuto perché Borsano potesse comprare la società . Borsano sarà anche eletto deputato nelle fila del PSI e verrà indagato per bancarotta fraudolenta. Storico poi l’acquisto nel 1992 di Lentini: comprato in cambio di un anticipo di 7 miliardi dalla Fininvest, il Milan, per vedersi garantito l’acquisto, ha in pegno le azioni della proprietà del Torino che restituirà a giugno ad acquisto fatto. Nei conti esteri Fininvest verranno poi trovati pagamenti in nero per 113 miliardi verso 12 giocatori. Ma c’è di tutto un po’ e si provvede a ogni necessità : hai bisogno di un passaporto nuovo perché hai un centravanti brasiliano e hai passato il limite degli extracomunitari? Nessun problema con 100.000 Euro e un viaggettino a Lisbona, nel quartiere residenziale della Lapa… La tua famiglia ha un credito ma la banca è lenta? Cambi procuratore e ci pensiamo noi, idem se tuo fratello è disoccupato e vorrebbe aprire una pompa di benzina ma non ce la fa. Capirete di fronte a questi discorsi di come facciano quasi tenerezza le furbatine come l’idea di far partecipare comunque, nell’aprile 1998, alla Coppa Uefa le squadre che, pur escluse dai propri piazzamenti nazionali, avevano vinto una Champions League negli ultimi cinque anni; provvedimento che premiò per caso Milan e Borussia Dortmund. Questo avrebbe leso i diritti di due squadre italiane che però non dissero nulla perché stavano trattando il rinnovo dei diritti televisivi per la stagione successiva. Gli accordi vennero presi in una riunione tra Galliani, Giraudo e Moggi, Matarrese vice presidente Uefa e altri dirigenti Uefa. Tutto questo fu “aiutato” dal fatto che Fininvest era socia della Team Agency che era la società commerciale Uefa e fu un favore fatto in cambio dell’appoggio della federazione italiana alla candidatura di Lennart Johansson (ex presidente Uefa) nella corsa alla presidenza della FIFA (ricordate gli appoggi incrociati o le alleanze arbitrali? Ecco è un caso simile) Fui invece particolarmente sorpreso quando seppi del tentativo di corruzione operato dal presidente del Genoa Preziosi verso il Venezia, all’ultima giornata del campionato di serie B 2004-2005. Colpito sia perché il Genoa aveva già un piede e mezzo in serie A comunque sia perché il Venezia era già retrocesso e poi perché credevo che le valigette con il denaro non le usasse più nessuno! Anche le figure che dovrebbero poi essere garanti di equilibrio e correttezza sono viziate alla radice come per esempio il Giudice Sportivo. Questa figura che dovrebbe provvedere a sanzioni e squalifiche dei giocatori è eletta dalle varie Leghe, cioè dall’insieme e unione delle squadre. Questo giudica chi lo ha nominato, normale no? Faccio due esempi per far vedere in che acque ci si dibatte. Campionato 1999-2000, Perugia-Roma, arbitra Borriello. Su una punizione Totti ritarda perché, a suo dire, la barriera non è a distanza. Borriello si avvicina e lo invita a battere, Totti lo spinge su una spalla accompagnando il gesto con due parole non educate, Borriello lo espelle. In un caso normale, per tutte le espulsioni per comportamento irriguardoso o offensivo, il capitano ha una sanzione raddoppiata e aggravata proprio per il ruolo che ricopre. Totti dovrebbe saltare la gara successiva ma anche la seconda. Piccolo problema: la seconda è Juventus-Roma. Partono dalla Capitale, le voci del complotto, dell’espulsione pilotata. Borriello arriva negli spogliatoi a Coverciano e lo accogliamo con un boato e un applauso, lui ridacchia ma prima che possa dirci nulla gli suona il cellulare, all’unisono gli facciamo :”Rispondi, che è Moggi che ti vuole ringraziare!” Ci manda a quel paese e ci raggiunge chiosando con un “Che me ne fotte a me di Juve-Roma, l’ho espulso perché mi aveva scassato…”. Dopo tre giorni di indagini parlamentari, moviole e letture dei labiali, il giudice sportivo squalifica Totti per una sola giornata. Se pensate che a livello giovanile le cose migliorino vi sbagliate: una volta, categoria giovanissimi, anni quattordici, mandai via un giocatore perché tirò un pugno a un avversario a 30 metri dalla palla, lo vidi grazie all’esperienza. Scrissi il rapporto e il giocatore prese sei giornate di squalifica. La società fece reclamo parlando di provocazione e il giudice sportivo mi chiamò per sapere se avevo sentito nulla e se ero certo di quello che avevo visto. Squalifica confermata. Presentarono un secondo reclamo, dicendo che ero girato (nel primo referto invece non ero girato…) e che ero andato a caso. Il Giudice mi ritelefonò a casa per richiedermi se ero girato o meno, a che distanza ero e cosi via. Per sua sfortuna ero all’ultimo anno di arbitraggio, avevo una certa esperienza e gli risposi: “Ascolti Giudice, io so benissimo qual è il suo problema, è inutile che ci giriamo intorno. Lui ha tirato un pugno in faccia a un avversario, punto. Poi se lei, invece di dargli due mesi di squalifica, gli vuol dare una medaglia faccia pure ma non prendiamoci in giro con queste manfrine” Si mise a ridere e dovette confermare la squalifica. Potrei andare avanti ancora a lungo ma credo di avervi annoiato abbastanza. Come avete visto, non ho voluto parlare, ho solo fatto un cenno, alle partite combinate perché avrebbe preso troppo tempo e perché, se a qualcuno interessasse, potrei parlarne in un secondo momento parlando di Calciopoli…
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