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    John Watson

    Nato a Belfast (Irlanda) il 4 maggio 1946. Irlandese puro sangue, John Marshall Watson è nato a Belfast il 4 maggio 1946. Il padre Marshall Watson è stato un ricco e facoltoso commerciante di Belfast e, in gioventù, è stato pilota Turismo al volante di una Citroën Light 15. Questo Watson, che per gli irlandesi è diventato personaggio importantissimo, è figlio d’arte, uno dei rari che non ha mai trovato opposizione alle sue aspirazioni da parte della famiglia. Addirittura è stato spinto ed aiutato dal padre, che dopo essere stato a sua volta buon pilota aveva dovuto rinunciare ai sogni di Carriera brillante, per far fronte agli impegni della vita quotidiana. In infanzia, John ha frequentato la Rockport School a Belfast. Cresciuto in un garage, tra macchine e motori, John Watson ha potuto seguire con tutta naturalezza la strada che gli indicavano la passione e l’ambizione. Le doti naturali, poi, lo hanno aiutato a salire i gradini della notorietà, dapprima con una bella serie di successi «nazionali», vincendo cioè molte corse della sua regione, e poi andando a misurarsi con quelli dell’isola più grande, dove di corse se ne facevano molte di più che in Irlanda, e dove soprattutto c’era tantissima concorrenza. Interrotti gli studi, per i quali non aveva mai avuto tanto trasporto, Watson cominciava a lavorare nella ditta paterna, ed appena arrivati i diciotto anni iniziava anche a correre con una Austin Sprite, alla quale sostituiva il motore di serie con uno della Formula Junior, e con la quale otteneva la prima vittoria alla prima corsa a Kirkistown. Cambiava macchina l’anno successivo, utilizzando una Crossle, vettura fabbricata in piccola serie in Irlanda, dotandola di un motore Ford di Formula Junior, che cambiava l’anno successivo, nel 1966, con un doppio albero a cammes. Ma ormai le corse della regione, con le macchine di serie, non gli bastavano più. Voleva provare le monoposto (era il periodo di grande splendore della Formula 2 da 1000 cc) e riusciva ad ottenere una Brabham dotata di motore Honda, proprio la macchina utilizzata nella stagione precedente dall’australiano Jack Brabham. Con questa macchina Watson vinceva agevolmente il Campionato irlandese, il che gli faceva aumentare l’appetito per corse più importanti. Insieme con qualche amico irlandese comincia dunque a correre in Inghilterra, scoprendo i tanti circuiti attorno a Londra. Nel finale della Stagione 1968 riusciva anche a vincere, battendo Tim Schenken, che era allora molto in vista. Nel 1969 cominciano le cose serie. Un amico aveva acquistato una Lotus e l’aveva iscritta a Truxton, il classico circuito sul quale si disputa la gara di apertura della Stagione. Fu una corsa bellissima, la sua, perché partito in diciottesima posizione aveva rimontato fino ad essere quinto, dietro Rindt, Stewart, Beltoise e Pescarolo; corsa finita però ingloriosamente, causa un’uscita di strada che ridusse la Lotus ad un mucchio di rottami. Inesperienza, certo, ma la stoffa c’era sicuramente. Il resto della Stagione lo passa in Irlanda, dove corre con una Lola e finisce secondo nel Campionato irlandese. Resta la voglia di misurarsi a livel1i più alti. Qualcuno gli suggerisce la Formula 3, ma lui sceglie la Formula 2, anche se si troverà ad essere un dilettante in mezzo ai professionisti. Va anche fuori dai confini della Gran Bretagna, pur se i risultati sono modesti. A Rouen, in giugno, gli si sgonfia una gomma e vola fuori pista. Ha una gamba rotta, gli devono mettere un «chiodo» in un braccio. Tre mesi di gesso e una lunga rieducazione, però alla fine dell’anno riprende ad allenarsi. La Brabham è stata riparata e viene ammodernata e con quella correrà nel 1971. I risultati sono medi, non mediocri ma non eccelsi. Però c’è una piccola squadra, la TUI, che ha bisogno di un pilota, e gli offre la macchina, «una piccola fantastica macchina», dirà lui stesso. Corre ancora a Rouen, dove stavolta si classifica quarto, ma poco dopo anche la TUI deve smettere, perché i fondi scarseggiano. Per Watson c’è ancora una possibilità. La Chevron doveva far correre Peter Ghetin nella Rothmans 50.000, una corsa aperta a tutte le macchine e dotata di 50.000 sterline di premi. Ghetin non può farlo perché ha un contratto con la BRM, e così è Watson che la guida, con un sesto posto finale. Poco dopo con la Chevron di Formula 2 divide il primato sul giro a Oulton Park con altri tre, che si chiamano Peterson, Hunt e Lauda. E infine, a conclusione della Stagione, partecipa alla “Corsa della Vittoria”, che viene vinta da Beltoise con la BRM, e termina al sesto posto con la March F.1. È tra l’altro primo dei piloti con le gomme Goodyear. E poiché la sua è stata una prestazione eccellente Bernie Ecclestone della Brabham gli fa firmare un contratto di tre anni per le gare della Formula 2, con la promessa di corse in Formula 1. L’immagine che ha creato di lui è quella di un pilota grintoso, in alcuni momenti forse anche troppo irruente. Esuberanza che in molte occasioni lo ha costretto a sprecare risultati importanti. Ciò nonostante l’irlandese sia rimasto uno dei grandi Campioni della Formula 1, dove Watson per arrivare ha dovuto faticare non poco. Ha anche un accordo con la Squadra Mirage per le gare di durata. Correrà infatti a Daytona insieme con Mike Hailwood. A Brands Hatch, nella Corsa dei campioni, gli affidano la nuovissima Brabham BT42, macchina appena finita e che nessuno ha mai pilotato. Gli si blocca il comando dell’acceleratore e finisce fuori strada. La macchina è distrutta e lui ha la gamba destra fratturata. Gli costa sei settimane di immobilità, più un altro pezzetto di metallo inserito nelle ossa. John Watson esordisce in Formula 1 nel Gran Premio di Gran Bretagna 1973, disputato sul circuito di Silverstone, al volante di una Brabham-Ford BT37 ufficiale. Dopo essersi qualificato in 23° posizione, non riesce a terminare la gara a causa di un problema di carburante sulla sua monoposto. Verso la fine della Stagione guiderà anche delle P.5000 ma quel che più conta è che Ecclestone gli affida anche una BT 42, quale terzo pilota ufficiale per il Gran Premio degli Stati Uniti. Il vero esordio, completo e seguito da presenza continuata, nelle gare del Campionato del Mondo di Formula 1, Watson lo compie nel 1974. La Hexagon, la sua Scuderia, avrà una Brabham BT42, colorata in marrone, una macchina che è spesso molto seguita dagli osservatori più attenti. Conquisterà il suo primo punto per la Classifica Mondiale nel Gran Premio di Monaco, cui faranno seguito altri piazzamenti onorevolissimi. Quel che mancava, alla Squadra ed a lui, era l’esperienza ed anche un tecnico che potesse migliorare le vetture. Anche quando, più avanti nella Stagione, egli poteva disporre della BT44 come i piloti ufficiali, c’era sempre una differenza notevole. Le cose gli andavano un poco meno bene in Formula 2, con la Surtees, Squadra che aveva dei problemi in Formula 1. Però alla fine dell’anno è stato proprio con Surtees che Watson ha trovato la maniera di continuare, perché la Hexagon, carente di quattrini, aveva deciso di smettere. E così nel 1975 Watson è pilota ufficiale di una marca ufficiale. Avvenne quasi per caso, come egli stesso racconta: «Poco prima di Natale la Hexagon mi aveva informato di aver rivenduto la macchina a Ecclestone, perché non poteva continuare. Così ero a piedi. Però mi chiamò ancora Surtees che mi voleva da tempo, e mi offrì di correre per lui nel 1975. Accettai, ovviamente, e devo dire che sono stato anche soddisfatto, almeno per la prima parte dell’anno. Secondo a Brands Hatch e quarto a Silverstone nelle gare fuori Campionato. A Barcellona nel Gran Premio di Spagna mi ero ritrovato al secondo posto, dopo che le Ferrari di Lauda e Ragazzoni erano state eliminate. Poi bloccai una ruota in frenata, e “limai” la gomma, cosa che provocò delle vibrazioni terribili. Non riuscivamo a capire cos’era successo, e guardammo soprattutto la trasmissione. Poi ci fu l’incidente di Stommelen e la corsa venne fermata. Nelle corse seguenti le altre Squadre progredivano, mentre noi restavamo fermi, per mancanza di soldi per le esperienze. Così a metà Stagione Surtees decise di sospendere per un po’ l’attività, in attesa di finire la costruzione della nuova TS19. Ed io mi ritrovai libero. Al Nürburgring mi offrirono la Lotus, e ricordo che andai leggermente più veloce di Peterson. Però al terzo giro mi si ruppe una sospensione ed io volai via a 270 all’ora. Ho avuto molta fortuna, visto che non mi sono fatto praticamente niente». Poco dopo, in Austria, l’americano Mark Donohue trovava la morte uscendo di strada, e la Squadra Penske non aveva più il suo pilota. Alla fine della Stagione Roger Penske chiamava Watson per farlo correre nel Gran Premio degli Stati Uniti, con la PC3 che in realtà era una March modificata. La macchina si fermava durante il giro di prova appena prima della partenza della corsa. E così Watson, tornato a piedi di corsa ai box, saliva sulla PC1, la prima macchina di Penske, che era lì solo a…scopi fotografici. Non l’aveva mai guidata, l’abitacolo non era della sua misura, ma partiva e finiva al nono posto. Una vera prodezza, che tra l’altro gli costava l’incrinatura di una costola, per gli sballottamenti cui era stato sottoposto nell’abitacolo troppo largo. Firmava il contratto per il 1976, e scopriva cosa era una Squadra ben organizzata, che non aveva problemi di denaro ed aveva una buona macchina. Le prime corse non furono tanto brillanti, malgrado un quinto posto in Sudafrica, perché la squadra lavorava a preparare la PC4, macchina nuova. Bella e finita splendidamente, la PC4 esordiva in Svezia, dove però l’acceleratore bloccato la mandava fuori pista al primo giro. Poi venne modificata ed al G.P. di Francia Watson finiva al terzo posto. Poi venne un grande Gran Premio di Gran Bretagna, durante il quale Watson era attardato da una collisione contro Merzario, riprendeva al 21° posto e finiva al quarto. Agosto 1976: sul circuito di Zeltweg, nel Gran Premio d’Austria, John Marshall Watson la gara al volante della Penske PC4, la vettura concepita e costruita in America da quella che è considerata a ragione la miglior Squadra professionistica dello Sport dell’automobile. Per Watson è il primo successo pieno, dopo una serie di prestazioni che in poco tempo lo avevano portato in primo piano. John Marshall Watson, il giorno dopo, mantenne la promessa fatta a se stesso e ad alcuni amici: si fece tagliare la barba biondo-rossiccia che lo distingueva da tutti gli altri, e da allora il suo volto è rimasto «pulito». Dopo sette anni la gente vedeva finalmente il vero viso di questo pilota irlandese: un viso calmo, aperto e simpatico, al quale la barba dava un tono professorale che certo non si addiceva al suo carattere. Penske chiudeva poi la Squadra di Formula 1, e Watson veniva chiamato dalla Brabham, per guidare le macchine con il motore Alfa Romeo. La Stagione 1977 era tutta una serie di prodezze. Alla prima gara, senza aver mai guidato il modello BT45, Watson andava in testa e vi restava per parecchi giri, prima di doversi fermare. Poi le gare seguenti dicevano che Watson era pronto a cogliere la seconda vittoria, che però non è venuta. Era apparentemente sicura in Francia, quando rimase senza carburante a un chilometro dall'arrivo. Poteva esserci a Silverstone, senza guai all’alimentazione. Di John Watson si dice che non abbia tutte le qualità del gran pilota, che gli manca la sensibilità del collaudatore eccezionale. Può essere vero, ma quel che è certo è che egli è tra i piloti più coraggiosi e decisi, che sotto l’apparente distacco dei suoi gesti e dei suoi discorsi c’è una determinazione feroce. Quando la macchina va bene è sempre nelle prime posizioni; e nella battaglia non è certo lui che ritira il piede per primo. Nelle prime gare del 1978 lo si è ancora visto. In Argentina è andato fortissimo, più del nuovo compagno di Squadra Lauda, anche se è toccata a lui la fuga d’acqua dal radiatore che l’ha appiedato. È anche spiritoso: «Quando faccio cose buone sono un britannico, per la stampa inglese. Quando le cose mi vanno male sono un irlandese. Quel che vorrei è che ancora una volta mi accada di essere un irlandese di cui si parla in prima pagina per cose che non hanno niente a che vedere con le bombe». È un modesto, non ricerca la pubblicità, anche se non si tira mai indietro quando i giornalisti lo vogliono. Nel 1979 Watson si lega al Team McLaren al posto del pilota svedese Ronnie Peterson, perito tragicamente in gara a Monza, con cui inizia la parte più esaltante della sua Carriera di pilota. Nel biennio 1979/80 Watson sopperisce alle gravi carenze della monoposto inglese conquistando importanti piazzamenti nelle posizioni di vertice. Nel 1981, con l’arrivo del formidabile Team Manager Ron Dennis e del nuovo Direttore Tecnico John Barnard, il Team McLaren risolleva la china schierando in gara un’innovativa monoposto costruita a fibra di carbonio. Nel 1982 Watson sfiora il Titolo Iridato vincendo a Zolder (Belgio) e a Detroit (Stati Uniti East), giungendo secondo a Las Vegas (Stati Uniti West) e Rio de Janeiro (Brasile), e terzo a Monza (Italia). Perderà matematicamente la possibilità di conquistare la su prima Corona Iridata nell’ultima gara della Stagione a favore di Keke Rosberg (Williams-Ford FW07B). Tutto sommato, l’annata 1982 è stata la migliore Stagione di John Watson in Formula 1, anche se soffrì psicologicamente a lungo della forte concorrenza interna del compagno di Squadra Niki Lauda. L’anno seguente Watson corre la Stagione di Formula 1 sempre alla guida di una McLaren. Ottiene una clamorosa vittoria a Long Beach (riconfermandosi “re” dei circuiti cittadini), dopo essere partito in 22° posizione nel Gran Premio degli Stati Uniti, e due terzi posti che gli valgono il sesto posto finale nella graduatoria Mondiale con 22 punti all’attivo. A fine Stagione John Watson viene sostituito con il giovane e promettente pilota francese Alain Prost e decide di lasciare la Formula 1 dopo dieci anni di attività agonistica. Riceve un’offerta da parte del Team Lotus JPS ma rifiuta la proposta del Team che fu di Colin Chapman. Nel 1985 Watson viene richiamato alla Mclaren nel solo Gran Premio d’Europa a Brands Hatch per sostituire il convalescente pilota austriaco Niki Lauda. In quell’occasione, il pilota irlandese ha portato in pista il modello McLaren-TAG Porsche Mp4/2B con il numero uno sul musetto. A quel punto, John decide di abbandonare la massima formula ma non del tutto l’Automobilismo Sportivo. Infatti, nel 1987 lo ritroviamo impegnato nel Mondiale Sport Prototipi alla guida di una Jaguar del team del pilota scozzese Tom Walkinshaw per poi passare alle vetture Toyota. La sua non fu un’esistenza facile: dopo la morte di Ronnie Peterson ebbe una lunga e dichiarata relazione con la moglie del pilota svedese, Barbro. La bella compagna di Watson, in preda ad una crisi depressiva, fu trovata morta suicida nel natale 1987 nel bagno della sua casa. Per un lungo periodo John rimase sconvolto da questo gesto. Nel 1991 John Watson ha collaudato in pista la prima monoposto della nuova Scuderia irlandese di Eddie Jordan: la Jordan-Ford EJ191. Attualmente Watson partecipa ad eventi e manifestazioni di Auto storiche sul circuito inglese di Silverstone ed è stato commentatore dei Gran Premi di Formula 1 per la Tv satellitare EuroSport dal 1991 al 1997. Ha lavorato per il commento televisivo del British Touring Car Championship per la rete BBC dal 1998 al 2001. Oggi si occupa della telecronaca delle corse della serie A1 Grand Prix insieme al collega Ben Edwards.
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