sundance76 Inviata December 1, 2020 at 21:50 Autore Share Inviata December 1, 2020 at 21:50 il tre volte campione del mondo di F1 Jackie Stewart prova la Ford Escort RS a Snetterton nel 1978, auto che l'anno successivo vincerà il Mondiale rally: 1 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
leopnd Inviata December 18, 2020 at 06:09 Share Inviata December 18, 2020 at 06:09 RAC, 1973... Pete e Keith in compagnia di amiche sulla Ford Escort sponsorizzata The Who... Mi sa che Keith abbia fatto doppietta in tarda notte... 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata December 20, 2020 at 22:43 Autore Share Inviata December 20, 2020 at 22:43 LA QUADRATURA... DEI "CERCHI" "Furbizie" contro "furbate": i racconti di Sergio Barbasio, "The Fox", la Volpe dei rallyes. "Prova di Campionato Europeo in Spagna. Ancora una volta mi trovavo al termine di una corsa in testa alla classifica con un margine di pochi secondi sugli immediati inseguitori. E ancora una volta l'ultima prova era sfavorevole al mio mezzo meccanico. La mia vettura infatti, montava rapporti molto corti che consentivano una velocità di punta, a 7200 giri al minuto, di circa 170 km/h, mentre l'ultima prova speciale si svolgeva su una strada assolutamente piatta e veloce, con appena il venti per cento di curve, contro l'ottanta per cento di diritto. Sapevo che le vetture dei miei diretti avversari erano più veloci sui tratti rettilinei di almeno 10 kmh rispetto alla mia. Sapevo inoltre che se avessi tirato il motore 500 giri in più per oltre 15 chilometri (tanti erano quelli dei rettilinei della speciale), avrei quasi certamente rotto il propulsore. E mentre all'assistenza mi scervellavo sul da farsi lo sguardo si posò su un mezzo dei meccanici: una vettura di serie dello stesso modello da cui derivava la mia da corsa. Montava cerchi da 15 pollici mentre la mia aveva quelli da 13. Era evidente che, nascendo con i cerchi più grandi, la prima omologazione della vettura doveva essere stata fatta proprio con quei cerchi e che quindi, utilizzandoli sarei stato perfettamente in regola. Feci un rapido calcolo e mi resi conto che avrei guadagnato quasi 20 kmh in velocità di punta: un grande vantaggio anche se ovviamente avrei perso qualcosa in accelerazione. Esaminai i pneumatici e, con enorme soddisfazione, notai che, pur trattandosi di gomme assolutamente stradali, erano praticamente nuovi. Decisi quindi di montarne due sulle ruote motrici. Il risultato estetico non era certo dei migliori, poiché la macchina sembrava essere sempre in salita, ma il risultato pratico fu meraviglioso: mi permise di vincere prova e gara. Naturalmente mi sono immediatamente dimenticato di quale incubo siano stati quei quindici chilometri di rettilinei percorsi a quasi 200 kmh, con due pneumatici usati che potevano saltare da un momento all'altro!" ("Come guidare nei rally", di Sergio Barbasio, Campione d'Italia 1971 e 1972) 2 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
leopnd Inviata February 3, 2021 at 19:29 Share Inviata February 3, 2021 at 19:29 Sponsor di un certo livello... 1 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
leopnd Inviata February 16, 2021 at 18:43 Share Inviata February 16, 2021 at 18:43 Rally 1000 Laghi del 1985... L'Audi Quattro, seconda classificata, del tandem Blomqvist Cederberg nel centro assistenza... 2 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
DaniMotorSport Inviata February 17, 2021 at 12:21 Share Inviata February 17, 2021 at 12:21 1 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
DaniMotorSport Inviata February 17, 2021 at 12:22 Share Inviata February 17, 2021 at 12:22 2 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
leopnd Inviata February 18, 2021 at 14:38 Share Inviata February 18, 2021 at 14:38 Prendetevi 43 minuti ed enjoy... 3 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata February 18, 2021 at 14:41 Autore Share Inviata February 18, 2021 at 14:41 Meraviglia!!!! 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata June 21, 2021 at 20:37 Autore Share Inviata June 21, 2021 at 20:37 LA "QUASI" MACCHIA NERA "Ebbene sì. Anch'io. Lo sportivo integerrimo. Ci sono cascato anch'io. Una macchia nera. O meglio, una "quasi" macchia nera. Si correva il rally di Sardegna 1966. Estemporaneamente, tornavo al volante della Giulia Quadrifoglio. Più adatta. Su quelle stradine sassose la Gta non avrebbe retto. Io e Dante Salvay eravamo in lotta per l'assoluto contro la Fulvia HF di Cella. Prima di arrivare a Nuoro, affrontammo una prova in salita. E lì, improvvisamente, senza preavviso, il motore cedette, fuso. Riuscii a portare la Giulia fuori della prova speciale. Subito dietro arrivò un'altra Giulia del Jolly Club. Noi col numero 64, loro con il 66. - Invertiamo i numeri di gara - propose Salvay - mettiamo il 66 sulla vettura 64. Noi continuiamo, perché possiamo vincere, gli altri si ritirano... Voleva dire sostituzione di auto. Voleva dire "barare". Nella demenziale concitazione, tutti dissero di sì. Io compreso. I numeri cambiarono di portiera. Con la Giulia sana andai a fare la prova successiva, la salita Nuoro-Monte Ortobene. Finì la prima tappa. Eravamo primi. Notte. Insonnia, il rimorso. La coscienza si ribellava. E mi faceva star male. Dal cervello allo stomaco, era tutto sottosopra. "No Arnaldo - mi ripetevo -, queste cose no". Ero caduto nella frode, ma potevo ancora vanificarla. Il mattino dopo comunicai a Salvay che non si ripartiva. Tutti a casa. Non me la sentivo di continuare. Non era ancora giunto il momento di vendere l'anima al diavolo". (Arnaldo Cavallari, campione italiano rally 1962-1963-1964-1968) foto di repertorio della stagione precedente. 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Questo è un messaggio popolare sundance76 Inviata July 13, 2021 at 11:42 Autore Questo è un messaggio popolare Share Inviata July 13, 2021 at 11:42 MISSION IMPOSSIBLE ALLA TARGA La nave ci aspettava col portellone aperto, pronta ad inghiottirci e a portarci lontano, mi veniva sempre un senso d’angoscia nel salirci dentro ed annusare quell’odore di nafta e di mare che ristagna nel garage dei traghetti. Era un prezzo questo che bisognava pagare tre volte all’anno. Sardegna Elba e Sicilia in quell’anno 1986. La Sardegna prima gara della stagione era andata malissimo, dopo una decina di km. nella prima speciale raggiunsi Paola De Martini forse in difficoltà e appena la superai persi la ruota davanti. Era cambiata la squadra, il navigatore ma la terrificante Escort Turbo era intenzionata a rendermi martire ancora per un po’. Avevamo perso il bullone che tiene il puntone di reazione della sospensione anteriore, semplicemente perso per strada, stretto male, cose che capitano solo a me, pensai amaramente mentre rientravo in hotel. Ormai era diventata una barzelletta. All’Elba le cose non andarono molto meglio, riuscimmo a fare una decina di prove vincendole tutte prima che un semiasse si torcesse come un bigolo all’anitra. “Lo cambiamo” dissi con tranquillità a Repetto che guardava mestamente la scena. “Non ne abbiamo perché non ce li hanno ancora mandati” e così incassai l’ennesimo ritiro, senza nemmeno arrabbiarmi più. Ora ci stavamo imbarcando per la Sicilia, sperando che Qualcuno finalmente guardasse giù e ci facesse portare al traguardo qull’arnese maledetto. La traversata durava 26 ore, Genova-Palermo, mi tornava in mente mia nonna e mio nonno emigrati negli Stati uniti nel 1902 e ritornati verso il ‘20 con una cassa di dollari d’oro sotto il sedere sulla quale restarono seduti a turno per tre settimane in modo da custodire il frutto del loro lavoro di 20 anni. Il primo colpo di scena avvenne dopo sei ore dalla partenza della nave. Me ne stavo seduto sul ponte al sole a leggere un noiosissimo libro sullo sfondamento del fronte Isontino nel 1917 quando il traghetto fece marcia indietro. Si girò di 180 gradi e tornò indietro. L’agitazione a bordo aumentò, tutti si chiedevano cosa succedesse, per molto tempo ci rendemmo conto che la nave tornava indietro ma nessuno ne conosceva il motivo. “Avvisiamo i signori viaggiatori che per motivi tecnici stiamo tornando al porto di Genova” “Toh che ci ritiriamo anche qui” Adocchiai immediatamente le scialuppe e i salvagente, pur sapendo che non correvamo rischi di affondare visto che la nave pareva in ottima salute, ma ad analizzare le ultime gare era meglio pensarci. Finalmente entrammo nel porto scortati da due motovedette della polizia, quando attraccammo fecero mettere tutti vicino alla propria macchina mentre un nugolo di poliziotti salirono a bordo chiedendo i documenti a tutti, come nei film americani. Sotto la nave una squadra di sommozzatori perlustrava la chiglia, un’agitazione tremenda. “C’è stato un allarme bomba” disse un poliziotto armato mentre chiedevo gentilmente il motivo di tutto quel casino. La bomba non fu mai trovata e nemmeno ci fu, visto che 36 ore dopo attraccavamo a Palermo, nella meravigliosa Conca degli Aranci. Quello che succedeva in albergo era sempre un cinema, non so come non ci avessero buttato fuori l’anno prima quando buttammo in piscina due camerieri con tutta la scorta di biancheria, oppure quando entrammo con la lancia antincendio nel ristorante facendo volare i piatti come fossero di cartone, gli agguati erano all’ordine del giorno, gavettoni di tutti i generi anche con sacchi della spazzatura, addirittura buttammo un materasso in piscina sopra il quale (finchè rimase a galla) ci si sdraiava a turno fingendo di prendere il sole, i poveri gestori dell’hotel ci guardavano sgomenti e ogni tanto pensavamo che perdessero la pazienza chiamando i Carabinieri o qualche cosca locale disposta a fare del cemento coi nostri resti. Provando la macchina Folco e Sghedoni persero una ruota posteriore finendo miracolosamente illesi dentro un frutteto, demolirono una ventina di metri di recinzione e passarono illesi in mezzo agli alberi senza danni. Non riuscimmo a fare in tempo a rallegrarci dell’accaduto che arrivò il proprietario del frutteto con la doppietta. Micci ci mise tutta la diplomazia e un bell’assegno per calmare il picciotto incazzato “Siete nel mio territorio” diceva minaccioso. Finalmente alle 22 la Delta S4 di Cerrato Cerri lasciava rombando le tribune di Cerda gremitissime di folla per iniziare la prima prova speciale, la Targa lunga quasi trenta km. La macchina non andava poi male sicuramente meglio dell’anno prima, stava in strada come il gruppo N visto che l’assetto era identico, frenava meglio e più a lungo. Repetto aveva eliminato qualunque cosa fosse inglese come il complicato ponte posteriore e i braccetti allungati che facevano andare la macchina dappertutto. L’unica cosa rimasta era il cambio e il suo malefico leveraggio. Purtroppo ogni tanto la marcia scappava fuori e per rimetterla ero costretto a fermarmi e a ripartire, cosa incredibile che mi capitava almeno una volta a prova speciale. Il fondo viscido della Targa è una caratteristica che solo chi la conosce può capire, si scivola dappertutto soprattutto quando si pensa che la macchina ci stia. “Mio padre ha detto di stare attenta alle cacche dei somari” Mi disse Prisca Taruffi e suo padre di Targa Florio (quella vera) se ne intendeva. Vinsi le prime 6 prove con davanti le 2 Delta S4 di Cerrato e Tabaton la Peugeot T16 di Zanussi e 5 Lancia Rally 037 e pur fermandomi ogni tanto in prova riuscivo a difendermi bene dagli attacchi delle Opel che erano le più titolate del gruppo A. Dalla prova sette alla undici ebbi dei problemi con il leveraggio che mi fece perdere qualcosa ma terminai la tappa in testa al gruppo A con un minuto e sette secondi su Fabrizio Fabbri che con l’Opel di Conrero andava come un treno. Al primo controllo della seconda tappa le due Opel arrivarono al limite del loro orario. “Che succede alle Opel Carlo” Chiesi per radio a Micci mentre avevo già il casco in testa ed ero pronto a partire per la prima speciale della seconda tappa. “Stanno a lavorà, non fidarte che stanno a cambià qualcosa” Accidenti me lo immaginavo. Io sono qui per miracolo divino e ogni chilometro è regalato e loro cambiano l’iniezione ora mi bastonano. “Stai calmo e vediamo qui come va” Mi disse Enrico Riccardi che mi sedeva a fianco mentre la mano del cronometrista si apriva per darmi il meno cinque. Ero inquieto e guidavo un po’ strappato sempre con l’occhio dietro a scrutare la notte. A metà prova vidi piombare i fari di Fabbri dietro a me improvvisamente come una furia scatenata. “Porca puttana ci ha preso!!” “Ci ha mangiato almeno quaranta secondi” Urlai mentre lottavo più contro me stesso che contro la macchina. “Stai calmo e guida” Fu uno shock mi misi a picchiare il cambio per evitare che le marce uscissero e iniziai a fare l’impossibile. Al controllo stop ero affannato con il cuore a 200 e avevo guardato di più lo specchietto che la strada davanti a me, perdevamo 28 secondi ce ne restavano ancora 39 ma di quel passo e da come avevo dovuto fare la discesa di Caltavuturo se non durava la macchina non duravo di sicuro io. Una rabbia enorme dentro me e la gara che stava volgendo in una brutta direzione. “Ora qui a Polizzi o sistemiamo lui o sistemiamo noi” dissi al mio preoccupato passeggero. Mentre salivo dalla larga strada pensavo solo a non far uscire le marce, a volte la tenevo con la mano, soprattutto nelle curve a destra dove erano più soggette ad uscire. Mi sparai giù dalla discesa con decisione sfruttando tutto quello che potevo della povera Escort mai portata a quei limiti prima di quel momento, con una rabbia enorme. Recuperammo 15 preziosi secondi e poi nella prova dopo, quella di Lascari altri 12 a Castelbuono ne perdemmo solo uno e a Polizzi ancora ne guadagnammo altri 10. Il ritmo era infernale anche per la rapida successione delle speciali che non lasciavano respiro. A fine ps 19 il vantaggio era tornato a un minuto e quindici e la macchina stranamente teneva ancora. La lotta continuava spietata e nella 21 perdevo 15” più per un cosciente rallentamento in cerca di tirare il fiato e la paura che cedesse qualcosa, l’alba iniziava a rischiarare le colline sicule era l’ora più critica che già mi aveva creato problemi una volta all’Elba, ero stanchissimo la macchina impegnativa mi toglieva le forze e Fabrizio era un martello pronto a picchiarmi nel casco ogni volta che alzavo il piede, spietato, in forma più che mai. Mi fermai in un bar a bere un caffè e poi una lattina di Coca Cola rimedio incredibile contro il sonno e via di nuovo per le ultime quattro prove, sperando che la ormai stanca Escort ce la facesse a portarmi in fondo. Guidai molto bene nella 22 e nella 23 sentendo ormai la vittoria avvicinarsi. Alla fine della 23 aspettavo come sempre che arrivasse Fabbri allo stop per vedere che tempo aveva fatto. “Caspita non arriva più” Diceva Enrico quasi con un senso di preoccupazione. “Eccolo…ma non è lui questo è Milanesi, si è fermato… andiamo dai ora possiamo respirare” Mi sembra che uscì di strada o ruppe qualcosa quando ormai mancavano due prove alla fine. Tuttavia terminò la gara ma attardato di quasi 5 minuti. Ormai la via era spianata e mancavano solo due prove alla vittoria. Le affrontammo con calma senza sforzare la macchina e senza rischiare nulla, quasi all’andatura di trasferimento. Sull’ultima salita dell’ultima speciale improvvisamente la frizione iniziò a slittare, una doccia fredda, la fine che beffardamente si avvicinava a un soffio dal traguardo. “Non riusciamo più a salire, quanto manca” “Meno di cinque chilometri” “No non ci possiamo fermare qui! Questo no no e no….!” Ma la macchina si ferma e non sale più, un fumo azzurro esce dal cofano con un pessimo odore di olio da cambio che invade anche l’abitacolo. Enrico butta le note sul cruscotto e quasi inizia a piangere. “E no questa non me la fai! Enrico allunga la gamba e quando te lo dico schiaccia forte la frizione!” Gli urlo mentre scendendo afferro l’estintore a polvere che c’era sotto i suoi piedi. Apro il cofano e una fumata mi viene addosso quasi a scacciarmi per impedire il mio intervento. “SCHIACCIA” e pum….una nuvola di polvere bianca. Do un colpo di estintore dentro al foro di registro da dove si vede la frizione girare. “SCHIACCIA” e pum ancora. Gli ributto l’estintore “Tienilo in mano” risalgo in macchina e ripartiamo senza nemmeno rilegarmi le cinture dall’eccitazione. La macchina riparte come se la frizione fosse nuova, tiro poco le marce evitando strappi e in pochissimo arriviamo al controllo stop perdendo circa un minuto. La gara era virtualmente conclusa mancava solo l’ultimo trasferimento di una decina di km. “Rifacciamo l’operazione dai” Scendo e do ancora un paio di colpi di estintore….. “Vai adesso e se ti fermi ti carico in braccio e ti porto sulla pedana” Urlavo come un matto. Tagliamo il traguardo e vinciamo la Targa Florio in gruppo A sesti assoluti. Poche volte in vita mia ho provato una gioia tale, portare la recalcitrante Escort Turbo Gruppo A alla vittoria in una gara del Campionato Europeo, dopo una lotta bellissima con un finale da brivido, forse la più bella vittoria della mia carriera, credo sia stata l’unica volta che quel modello ha vinto qualcosa in Gruppo A. Erano due anni che non vincevo una gara, dal Rally di Teramo del 1984 e appena scesi dalla macchina mi misi a saltare come un pazzo dalla gioia, afferrai Repetto e lo sollevai di peso saltai sul cofano a braccia levate. Avevamo vinto, incredibilmente. Il trionfo fu completo perché anche Folco e Sghedoni vinsero il gruppo N. La macchina andò in verifica e mi feci riaccompagnare in hotel dal pulmino dei piloti Audi. “Me lo avevate detto” Disse ad un tratto il loro direttore che era al volante. “Me lo avevate detto ieri sera che oggi andavate a prendere Caneva… ma non mi avevate detto che lo prendevate per portarlo in albergo” Disse ridendo e giocando sul doppio senso della frase. Mi lasciai cadere sul sedile e in un attimo assaporai quel bellissimo momento, sembrava perfino che l’Escort fosse diventata una bella macchina. (Vittorio Caneva, "Rally - Il sapore della passione"). 6 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
elvis Inviata August 8, 2021 at 16:46 Share Inviata August 8, 2021 at 16:46 CRITERIUM DES CEVENNES 1965 Vinsero i francesi Jean Rolland (in foto a dx) e Gabriel Augias con la bella Alfa Romeo Giulia TZ. 2 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
Paolo93 Inviata September 16, 2021 at 18:00 Share Inviata September 16, 2021 at 18:00 2 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata September 19, 2021 at 09:30 Autore Share Inviata September 19, 2021 at 09:30 TRAGEDIA GRECA Appena il portellone dell’aereo venne aperto entrò uno schiaffo di calore impressionante, le case che avevamo sfiorato atterrando dormivano nella calura d’inizio estate, tutte bianche con il tetto rosso stagliavano contro lo sfondo giallo dell’erba bruciata dal sole, poi via via che ci avvicinavamo alla meta queste si alzavano fino a dare l’impressione che il gigantesco aereo andasse a tuffarsi nel centro della città millenaria. L’Acropoli ci guardava dall’alto di una collinetta, con la stessa sufficienza con cui un vecchio re guarda degli intrusi fracassoni che disturbano il suo maestoso ed eterno sonno. La gara a quei tempi - nel 1987 - era forse una delle più belle e dure del mondo, un rally con ritmi pesantissimi dove anche i tratti di trasferimento facevano classifica e dove i settori a “zero” facevano compiere imprese leggendarie a tutti i partecipanti solo nell’intento di non pagare penalità, una vera Mille Miglia su terra. I minuti di penalità a quei tempi contavano 60 secondi e i km. di prova speciale erano circa ottocento tra strade impossibili, sentieri stupendi, dirupi da brivido e tratti bellissimi che ancora oggi ricordo con velata nostalgia. Gia’ durante le ricognizioni la vita si presentava dura, il furgone non riusciva a seguirci per tutto il tragitto e percorrevamo tratti scoperti molto lunghi, la benzina era il problema più grosso e le rotture meccaniche erano l’incubo ricorrente, non esistevano comunicazioni e le radio coprivano quello che potevano, se la vettura si rompeva seriamente erano problemi seri anche andando via in coppia come facevamo sempre. Ci trovavamo in mezzo ad un posto sperduto quando sulla vettura del mio compagno di squadra si ruppe un braccio posteriore della sospensione, una pietra lo spezzò come fosse un biscottino. Nella Delta erano in lamiera stampata, fragilissimi, bastava una pietra e zac la ruota si apriva e restavi lì. Il sole stava per sparire dietro a due enormi montagne e non restavano molte soluzioni se non tentare una riparazione di emergenza. Un paletto di legno, un po’ di filo di ferro e decine di giri di nastro da imballaggio, fu la ricetta che ci permise di ritornare in albergo e non risultare dispersi. Il giorno dopo ci trovammo a corto di benzina in un posto altrettanto sperduto, ci fermammo in mezzo ad alcune case che escluso il rally dell’Acropoli e forse la seconda guerra mondiale non avevano mai visto altra gente che lo sparuto gruppo di pastori che vi dimorava. Loris e Gigi Pirollo contattarono senza sapere una parola di nessuna lingua, un tipo che stava fuori da una casa, si parlavano come Tarzan, Cita e uomo bianco e ovviamente la faccenda non sembrava produrre alcun esito, anche perché era veramente un posto perso nelle montagne. “Se non troviamo benzina ci tocca dormire qui e farci prestare un gregge da pascolare finché qualcuno non ci trova” Loris parlava in veneto al tipo e Gigi sembrava un sordomuto che agitava le mani, mescolava parole in ogni lingua. Ad un certo momento il tipo si infila due dita in bocca e fa due fischi fortissimi. Da una baracca che ottimisticamente possiamo chiamare casa uscì una signora, alta forse un metro e cinquanta e del peso di qualche tonnellata, barcollando costei si avvicinava a noi con un bidone verde che faticava a trasportare. Lo consegnò a quello che penso fosse suo marito, il fischiatore insomma, il quale non si era ancora mosso dalla posizione rilassata che aveva al nostro arrivo, all’ombra di un albero con alcuni amici a bere qualche schifezza locale. Il bidone fu issato col nostro aiuto sul tetto della Delta e la signora mi passò un tubo, facendomi segno di infilarlo dentro il fusto. Una volta entrato la signora afferrò il tubo e tirò forte con la bocca aspirando la benzina e quando questa uscì fu infilata immediatamente nel vorace serbatoio ormai arso come un campo in estate. Mentre stavano riempiendo la mia macchina, la signora ricomparve con un altro bidone che mettemmo sopra la Delta di Alex. Quando la signora mi diede il tubo, lo infilai tutto nel bidone riempiendolo di benzina e poi tappandolo con il dito estrassi la benzina senza aver bisogno succhiare e di berne inevitabilmente un poca come spesso succede. La signora ed il marito restarono stupefatti, per anni avevano bevuto benzina senza sapere che esisteva un modo così semplice per non farlo. Il giorno dopo quando ripassammo di là ci fermarono, la signora ci aveva preparato una torta come ringraziamento. La mangiammo seduti sugli scalini della casa parlando sempre come Tarzan, Cita e uomo bianco… Le mura dell’Acropoli erano ancora lì quando partimmo per la gara, l’alba gialla e intorpidita salutava lo scendere dalla pedana delle prime vetture. Ognuno di noi aveva un poliziotto che a tutta velocità e con le sirene spiegate ti accompagnava fuori dal caotico centro della città greca. Era quasi difficile stargli dietro da tanto andava forte e una volta giunti in un punto stabilito costui ti salutava con un’impennata, si rigirava e tornava a prendere un altro equipaggio. La prima prova speciale, disputata il giorno prima nell’arena di Lagonissi l’avevamo vinta di poco. Alla vista del cartello giallo di preavviso fine prova avevo mollato come un tonto, pensando che finisse lì, “Vai, Vai, Vai” la voce agitata di Loris mi fece rinvenire accorgendomi dell’errore, scalai una marcia e finii la prova. Ripensavo a questo mentre entravamo nella prima speciale vera del rally, una pietraia mai vista nella quale l’anno prima diverse vetture erano rimaste irrimediabilmente danneggiate. Avevamo preso la gara con il passo giusto per terminarla e dopo alcune prove avevamo davanti a noi solamente un greco con una Delta, dietro Alex Fiorio, poi altri equipaggi non molto importanti, la selezione si era fatta subito, il greco sapevamo che sarebbe durato poco, la Lancia aveva quaranta tra furgoni e mezzi veloci dislocati in ogni inizio e fine prova, uno spiegamento imponente che nessuno poteva nemmeno avvicinare. “Dovete stare molto attenti perché abbiamo i braccetti anteriori di serie, si piegano e si rompono facilmente”, ci disse sinistramente Bortoletto prima di partire. Pensavo che la scelta fosse dettata da una precauzione regolamentare per la prima parte di gara e che poi ci avessero messo qualcosa di più robusto, vista l’assoluta impossibilità per quel tipo di braccio di affrontare la gara greca. Anche nel rally più stupido si sapeva che le Delta avevano dei bracci rinforzati, si piegavano perfino sull’asfalto, il regolamento di allora ovviamente non li prevedeva ma li avevano tutti, anche perché erano talmente ben fatti che era impossibile vederli senza avere il pezzo in mano. Non mi curai molto del problema affrontando con la massima precauzione ogni buco che nella stesura delle note avevamo curato più della difficoltà delle curve. “La macchina non sta più in strada, va dappertutto”: la voce di Alex irruppe nelle cuffie appena dopo l’ultima prova della prima tappa. "Vieni giù all’emergenza siamo appena sotto” Rispose immediatamente il furgone.La mia macchina non aveva problemi sembrava appena scesa dalla bisarca per cui mi spostai al servizio successivo per lasciare loro lo spazio per lavorare. Quando lui arrivò chiesi a Gigi che cosa avessero rotto e che questo fosse cambiato anche nella mia macchina per precauzione. “No non era niente, solo la scatola guida allentata” “Un tirante dello sterzo lasco” disse qualcun altro. Poi dopo alcuni minuti saltò fuori invece che vennero cambiati i due bracci anteriori. La seconda tappa partiva presto al mattino, ci si spostava verso il nord per finire a Kamena Vourla a circa duecento km da Atene. Il greco che ci era davanti come previsto si fermò, ruppe il solito raccordo della pompa di benzina, guasto obbligatorio per chi usava il serbatoio di serie, invano venne ad implorare ai furgoni un aiuto, lo guardavano tutti come fosse un lebbroso. “Ma è sempre una Lancia” Gridava invano a tutti quelli che gli capitavano a tiro. Mi fece una pena tremenda ma dopo tutto il suo ritiro mi consegnava la testa della classifica senza nemmeno fare fatica, lo avevamo previsto era solo durato qualche prova di più del pronostico. Alex aveva rotto il cambio nella prima prova della seconda tappa, era rimasto in terza o quarta ma continuava con mille difficoltà e a velocità molto ridotta, dietro a noi praticamente più nessuno, avevamo vinto già da metà gara, la macchina era perfetta. Al riordino di Itea sotto una calura tremenda Loris dal tavolino dei cronometristi mi fece segno con le mani che avevamo una ruota chiusa. “Un braccetto che si è piegato” diceva mentre si allacciava le cinture, “Lo facciamo cambiare subito” prese in mano la radio e chiamò l’assistenza. Iniziavamo poco dopo un tratto di circa ottanta km praticamente senza assistenza e con tre settori a zero. “Secondo me anche se è piegato un po’ non si rompe, lasciamo stare, facciamolo stasera quando abbiamo un ora, tanto andiamo piano” Litigammo e come sempre aveva ragione lui, però non so perché ma avevo paura che toccassero la macchina, andava tutto troppo bene. “Vi aspettiamo al punto 34 dopo la prossima prova, faccio convergere la veloce il furgone e l’elicottero” Fu la risposta di Bortoletto dall’elicottero. Il pilota dell’elicottero atterrò in un punto incredibile infilandosi sotto i fili della luce con una maestria mai vista, un vero capolavoro. I meccanici del furgone avevano appena iniziato a togliere il paracoppa quando furono rilevati dai due dell’elicottero, i migliori del team. Scesero a testa bassa con una piccola cassettina dei ferri in mano quasi correndo. “Quanto abbiamo qui” chiesi a Loris. “Diciotto minuti” Mi buttai all’ombra tranquillo aspettando che finissero il lavoro, ma qualcosa non andava. “Dai ragazzi fate questo miracolo” Disse ad un tratto Bortoletto facendomi sobbalzare dall’ oblio in cui ero perduto quasi assaporando la vittoria che stava per arrivare. “Miracolo? Che succede!” “Tre minuti ragazzi” urlava Loris mentre in giro c’era ancora di tutto. “Ma cazzo, ieri avete cambiato tutti e due i bracci ad Alex in dieci minuti e adesso fate pagare me, con diciotto minuti a disposizione?”. Nessuno parlava ma avevo la sensazione che ci fosse un modo di lavorare strano o perlomeno non abituale per quei meccanici fantastici. “Iniziamo a pagare, salta su e metti le cinture svelto!” urlava ancora Loris. “Porca puttana ma tutte a me capitano?” Finalmente la macchina ricadde sul terreno con le due gomme e il braccio nuovi. Il c.o. era a duecento metri e pagammo tre minuti. “Non fa niente siamo sempre in testa penso… dai andiamo, non riesco a capire come sia potuto succedere, sono i migliori” Esclamò Loris scuotendo la testa mentre con l’indice picchiava nervosamente il tripmaster elettronico per azzerarlo. Neanche duecento metri dopo l’inizio prova, subito dopo un tornante la ruota si apre, proprio l’anteriore sinistra quella su cui era stato effettuato l’intervento. L’elicottero era sopra di noi, ci guardavano da non più di venti metri. Scesi e mi buttai sotto per vedere che era successo. “Qui pare che si sia sfilato il bullone che tiene la testina al montante, venite giù un attimo, ci mettete due minuti” “Non possiamo atterrare dobbiamo andare via per seguire le altre macchine siamo in ritardo…” “Buttateci almeno i ferri lo rimettiamo noi!” Non ottenni nemmeno una risposta mentre l’elicottero virava tra il polverone, alzandosi e puntando verso l’enorme lago che ci guardava immobile nella calura estiva. Lo stomaco si contrasse quasi in un conato di vomito. “Ma non potete lasciarci qui con il rally vinto” Urlò Loris alla radio. “Quando sono passati tutti il furgone vi recupererà, tornate in albergo noi andiamo via…” Guardai bene e pochi metri prima trovai il bullone in mezzo alla strada, bello nuovo, sfilatosi perché non era mai stato messo il dado che lo doveva bloccare. Passarono lentamente tutti, ci guardavano e sicuramente pensarono “uno in meno” poi venne il furgone, non so ancora perché ma ci cambiò il braccio nuovamente, forse un riflesso di rabbia anche del meccanico che aveva assistito impotente alla scena. Da solo ci mise meno di dieci minuti, prendemmo la direzione di Atene con una rabbia enorme, la macchina era perfetta nemmeno il volante storto. Sul Corriere della sera e su altri quotidiani scrissero che mi ero ritirato dopo aver staccato una ruota a causa di un maldestro atterraggio dopo un salto… La verità invece era un’altra. Alcuni anni dopo in un ristorante di Sanremo cenai con alcuni meccanici che direttamente o indirettamente erano stati presenti a quel fatto. “Guarda” mi disse sottovoce uno di loro “Sappiamo tutti com’è andata, tu quella gara non la dovevi finire altrimenti non c’era la scusa per lasciarti a casa dopo, sai come funziona no?” Il mare lì fuori stava quieto, come il lago quella volta, guardai la luna accesa e bianca come le mura millenarie dell’Acropoli, un sospiro e quasi una lacrima ad avallare i miei sospetti di sempre, la vita aveva già girato pagina, i ricordi spesso tornano nelle notti tormentate quando si immagina come in un film cosa sarebbe stato se le cose avessero seguito il loro corso... ("Rally - Il sapore della passione", di Vittorio Caneva) 2 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata September 21, 2021 at 13:06 Autore Share Inviata September 21, 2021 at 13:06 LA STRATOS CHE DIVENTO' UN CANOTTO Il Drago racconta "Africa. Safari Rally. 1977. Io, Piero Sodano e la Stratos siamo ancora alle prese con il Kenya, con il periodo delle piogge e con tutti gli imprevisti che quella gara si divertiva a riservarci. Acqua, sempre, notte e giorno, violenta, incessante, senza tregua. Dunque, io e Piero, dopo quattro giorni di guida in tutte le condizioni, scendevamo finalmente da una collina per agguantare un pezzo di strada dritto che ci avrebbe dovuto far tirare il fiato. Saranno state le 4 o le 5 del mattino, il sole cominciava a spuntare all'orizzonte e le palpebre pesavano come due macigni sopra le nostre facce stravolte. Con gli occhi a fessura, vediamo a un tratto qualcosa da lontano, di fronte a noi. Una sorta di riverbero, un luccichio, che tuttavia non ci permetteva di indovinare di cosa si trattasse. Percorriamo ancora un po' di strada e i nostri dubbi si sciolgono come neve al sole. Immaginate un lago, un'enorme lago proprio dove in realtà sarebbe dovuta essere la strada da seguire. Capperi. E adesso? Dopo aver spento il motore, scendiamo per verifìcare l'entità del problema, che subito ci appare piuttosto rilevante. Pietro prova ad avventurarsi, ma l'acqua gli arriva di colpo all'ombelico, quindi batte la ritirata. Non c'era modo di andare avanti. Se avessimo tentato avremmo sicuramente corso il rischio di affondare con tutta la Stratos. Quando tutto sembrava perduto - compreso il nostro vantaggio sugli altri partecipanti - ecco che la fortuna ci viene in soccorso. Un gruppo di abitanti del luogo, incuriositi da ciò che stava accadendo - abbastanza insolito per le loro abitudini - si stava avvicinando alla nostra auto, per scrutarla in lungo e in largo. Idea. Per un po' di scellini li convinciamo a darci una mano. L'unica è che i ragazzi venuti ad aiutarci si mettano nell'acqua per delimitare con la loro presenza la strada, come paletti. Tra le risate, la paura e il sonno, iniziamo ad avventurarci. Il problema era che il lago, lo scoprimmo dopo, durava circa un chilometro, cosa che mi costrinse a guidare in prima a 8000 giri con l'acqua che mi arrivava allo stomaco, rischiando di spaccare il motore. Ma ancora una volta la fortuna ci aiutò. Proprio perché eravamo i primi, fummo infatti costretti a spegnere il motore, raffreddandolo involontariamente. Se invece fossimo andati dritti con il motore caldo, la differenza di temperatura con l'acqua gelata avrebbe crepato il basamento del motore, e allora ti saluto. Ed è quello che è successo a chi seguì dopo di noi: trovarono infatti gli abitanti del luogo che indicavano loro la via, e col motore bello caldo percorsero quella maledetta strada "subacquea". E fu un errore fatale". SANDRO MUNARI 2 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata September 29, 2021 at 19:27 Autore Share Inviata September 29, 2021 at 19:27 Il Sanremo '76 visto da Guido Rancati sulle pagine di Rombo nell'autunno '90: 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata October 3, 2021 at 07:53 Autore Share Inviata October 3, 2021 at 07:53 Interessantissima intervista con illuminanti aneddoti ad Ari Vatanen, l'acrobatico finlandese campione del mondo 1981: https://www.rallyssimo.it/2021/10/02/ari-vatanen-il-consiglio-di-mikkola-e-altri-ricordi/ Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata October 12, 2021 at 17:22 Autore Share Inviata October 12, 2021 at 17:22 DIARIO LATINO AMERICANO Può accadere, nei rally dell’America Latina, di ricevere in premio un toro. Mi capitò una quindicina di anni fa, durante una corsa che si disputava nella Amazzonia peruviana, la “Marginal de la Selva”: una lunga prova speciale sterrata di 3500 chilometri tra piantagioni di coca, con partenza e arrivo a Lima. Avevo a disposizione una Renault 12 Alpine, nel bagagliaio erano stipati i ricambi e sul tetto trovavano posto le gomme di scorta, rigorosamente di serie. Al traguardo di ogni tappa era previsto un premio in natura per il vincitore. A San Ignacio, un insediamento che rappresentava la linea di metà gara, arrivai davanti a tutti e vinsi un toro. Immediatamente, senza neppure togliermi la tuta, improvvisai un’asta nella piazzetta del villaggio. Riuscii a vendere l’animale all’unico macellaio della zona, intascai i soldi e ripresi la gara ripercorrendo al contrario lo stesso itinerario. Un’altra volta, durante il “Gran Premio di Bolivia”, ci fermammo a pernottare in un luogo in cui non c’era nulla, né luce né acqua; dormimmo in tende allestite dai militari. Era il villaggio in cui, qualche tempo prima, era stato ucciso Ernesto Che Guevara. I rally dell’America latina, e dell’Argentina in particolare, hanno un fascino irresistibile. Noi le corse le intendiamo in questa maniera, lunghe, impegnative, massacranti; stare al volante parecchie ore non ci affatica. Per molti anni siamo stati esclusi dall’automobilismo internazionale, dal resto del mondo. Dunque abbiamo dovuto inventarci una maniera di correre tutta nostra, molto lontana da quel superprofessionismo a ogni livello che caratterizza il rallismo europeo. Eppure, anche noi siamo lavoratori del volante. Il “Gran Premio de la Hermandad”, letteralmente della Fratellanza, si corre da Rio Grande, nella Terra del Fuoco, quindi Argentina, a Puerto Porvenir (Avvenire) in Cile, e ritorno. In totale fanno 8mila chilometri, sotto la pioggia e su strade dove al fango si alterna il ghiaccio perché il rally si disputa in agosto, che a questa latitudine vuol dire inverno. Il Gran Premio de la Hermandad l’ho vinto 5 volte consecutive, dall’81 all’85, con una Renault 18 di fabbricazione argentina. È una competizione molto spettacolare. Il giorno della partenza a Rio Grande è festa solenne. Per la gente di questo posto dimenticato da Dio e dagli uomini è l’occasione per riprendere i contatti col mondo. Il valico di frontiera tra Argentina e Cile è lasciato aperto al passaggio degli equipaggi, quindi non si fa dogana. Fino a qualche anno fa, quando in Argentina l’inflazione era alle stelle, capitava di vedere qualche vettura da corsa rientrare dal Cile più bassa rispetto alla tappa inversa. Nei bagagliai c’erano impianti stereo, videoregistratori e altro materiale hi-fi acquistati a prezzi vantaggiosi. Dunque, molto rally e un po’ “duty free”. I piloti argentini, e in genere tutti i latino americani, hanno imparato ad arrangiarsi e a improvvisare. Nessuno prova molto, le ricognizioni sono limitate all’indispensabile e fino a metà degli anni ’80 non si utilizzavano le note. Pur di correre, siamo disposti a qualsiasi sacrificio. Anche di affrontare un viaggio di migliaia di chilometri con la stessa vettura con cui poi disputeremo la gara. Ne rammento una in particolare, perché è legata a un successo importante, il rally “Camino del Incas” (Sentiero degli Incas), in Perù nel 1980. Aveva lasciato Cordoba con la Renault 12 da corsa, il meccanico che fungeva anche da coequipier, le solite gomme di scorta caricate sul tetto e i ricambi nel bagagliaio. Guidando ininterrottamente giorno e notte per 3500 chilometri raggiunsi Lima in 36 ore. Finalmente potevo riposare un po’; mi ero quasi dimenticato che cosa fosse un letto. Controllai la Renault, quindi partecipai alla corsa peruviana, una classica in America latina con i suoi 3mila chilometri di strade sterrate molto impegnative, vincendola. Dopo aver intascato i premi, mi sobbarcai altri 3500 chilometri per rientrare a Cordoba. Totale, 10mila chilometri con la vettura da gara. Non ho mai considerato questo avvenimento un’impresa straordinaria. Per noi argentini situazioni come quella appena descritta sono del tutto naturali, né ci arrendiamo di fronte alle difficoltà. Durante una “Transchaco”, una maratona di 2100 chilometri lungo i sentieri nelle umide foreste del Paraguay, completammo una tappa di 400 chilometri in 20 ore, dalle 6 della mattina alle 2 della mattina seguente: avanzavamo in un mare di fango utilizzando le catene da neve. In Argentina lo sport automobilistico si identifica con le vetture “col tetto”, dunque con le berline, e con le corse su strada, i rally e fino a qualche tempo fa anche con le competizioni del Turismo de Carretera, che erano una specie di Mille Miglia latino americana, un po’ rally un po’ gare di velocità in linea, lunghe anche 4mila chilometri. Le tappe coprivano la distanza da una città all’altra, le medie erano attorno ai 200 chilometri orari; sui rettifili che corrono lungo le praterie anche per una ventina di chilometri, le Turismo de Carretera raggiungevano i 250-260 km/h. Oggi le vetture di questa categoria gareggiano soltanto in autodromo o in circuiti semipermanenti. Così come Buenos Aires è il centro dell’attività in pista, la grande provincia di Cordoba lo è per i rally. L’ottanta per cento dei rallisti argentini è cordobese; io, Gabriel e Juan Raies, Pablo Peon e Jorge Bescham siamo tutti “cordobes”. Ci sono anche ottimi preparatori: una grande passione e l’arte di arrangiarsi li porta a compiere autentici miracoli con le Renault Gtx, le Fiat Regatta e le Volkswagen Gol, tutte di fabbricazione nazionale perché quelle di importazione non sono ammesse nel campionato argentino. Di giorno fanno i meccanici mentre la notte allestiscono le vetture da gara. In questa regione le corse su strada hanno una solida tradizione e un grande seguito. Ciò è dovuto soprattutto alla facilità con cui possono essere allestiti percorsi molto interessanti, essendo Cordoba una provincia con una grande varietà di strade sterrate dal fondo eccellente, in pianura e in montagna, e una collaudata macchina organizzativa. È per questo motivo che il rally di Argentina, tranne in qualche occasione, ha in Cordoba la sua sede naturale. Ed è anche l’unico rally di rilievo internazionale che si disputa nel continente americano. Per nessuna ragione al mondo un pilota argentino rinuncerebbe a partecipare alla “Carrera Mundial”. (JORGE RAUL RECALDE, Rallysprint n.3 - luglio 1994) 4 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata October 31, 2021 at 18:50 Autore Share Inviata October 31, 2021 at 18:50 Alcune foto dell'attuale presidente Aci-Csai, Angelo Sticchi Damiani, in gara al rally di Campania. Le didascalie indicano l'edizione '77 per le due foto in auto, e '76 per l'immagine con Giacomo Scudieri fuori dall'abitacolo, ma non sono sicuro che siano corrette. Le classifiche lo danno come 14° assoluto e 4° di Gruppo nel '77, ma non so se quella sospensione distrutta che si vede in foto abbia potuto consentirgli il risultato, e allora mi domando se le due immagini in corsa si riferiscano ad altro anno. Ma non trovo notizie... 2 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
elvis Inviata November 2, 2021 at 16:39 Share Inviata November 2, 2021 at 16:39 Il 31/10/2021 at 19:50 , sundance76 ha scritto: Alcune foto dell'attuale presidente Aci-Csai, Angelo Sticchi Damiani, in gara al rally di Campania. Le didascalie indicano l'edizione '77 per le due foto in auto, e '76 per l'immagine con Giacomo Scudieri fuori dall'abitacolo, ma non sono sicuro che siano corrette. Le classifiche lo danno come 14° assoluto e 4° di Gruppo nel '77, ma non so se quella sospensione distrutta che si vede in foto abbia potuto consentirgli il risultato, e allora mi domando se le due immagini in corsa si riferiscano ad altro anno. Ma non trovo notizie... Ho trovato in altro sito una foto a colori della n.52. La didascalia parla di una partecipazione di Sticchi e consorte al Rally di Yugoslavia 1977 (effettivamente svoltosi a maggio)....poi stabilire se corrisponde al vero è un bel problema... 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
elvis Inviata November 2, 2021 at 18:35 Share Inviata November 2, 2021 at 18:35 Mi sembra comunque che, per come sono approntate le vetture, le prime due immagini (la partenza ed il passaggio con il problema alla ruota), non provengano dalla stessa gara. 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata November 7, 2021 at 23:05 Autore Share Inviata November 7, 2021 at 23:05 "Il rally della Costa d'Avorio è come battere la testa contro un muro: quando si smette ci si sente così bene..." (Arne Hertz, navigatore di Hannu Mikkola, dopo essere arrivati 2° assoluti al Costa d'Avorio 1984 con l'Audi, dietro ai compagni di squadra Blomqvist-Cederberg, neo-campioni del mondo) Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
leopnd Inviata November 8, 2021 at 11:53 Share Inviata November 8, 2021 at 11:53 Ypres Rally 1980... Dopo 24 ore Bernard Béguin e Jean Jacques Lenne chiudono terzi assoluti con la Porsche 911 SC #2... 2 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
leopnd Inviata November 25, 2021 at 07:34 Share Inviata November 25, 2021 at 07:34 Oggi sono 16 anni dalla scomparsa di Richard Burns, campione mondiale 2001... 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
sundance76 Inviata November 26, 2021 at 20:32 Autore Share Inviata November 26, 2021 at 20:32 Critérium International de la Montagne - Coppa delle Alpi 26-30 giugno 1960 250 GT LWB 1401 GT - Gérard Spinedi / François Briffaud 26° assoluti - 12° di classe (Photo: Corsa Research) 1 Link al commento Condividi su altri siti More sharing options...
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