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sundance76

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Nel 1962 Neubauer, Lang e la potentissima  W 125 (650 CV) tornano, 25 anni dopo, sul 'Ring per filmare un giro di pista.
 
Ottime riprese tratte dal bellissimo film della Shell "History of Motor Racing 1902-1951", regia di Bill Mason. 
 
 
Anche Neubauer, un giorno, si fece un giro su una W 125 "ricondizionata", cioè trasformata in "biposto" (ergo, Stoddart e compagni non hanno inventato nulla   :asd: )
 
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Enzo Ferrari e Alfred Neubauer

 

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Parte di un articolo di Donatella Biffignandi - Centro Documentazione Museo dell'Automobile di Torino:

 

"Grande, Alfred Neubauer lo era per importanza e per stazza.

Turbato dalle dimensioni sempre più abnormi dell'ex pilota e poi direttore sportivo Mercedes, Enzo Ferrari ce lo descrive autoritario e marziale: un vero dittatore. Insieme a lui crescono di peso e d'importanza la stella a tre punte e la Germania. Enzo Ferrari e Alfred Neubauer, allora trentaduenne pilota della Mercedes, si incontrarono per la prima volta alla Targa Florio del 1923. Ferrari lo ricorda come un giovane "alto, magro, gli occhi chiarissimi, la voce stridula, un gran naso aquilino, dei modi bruschi". Non molto simpatico, in definitiva, e neanche così bravo da doversene ricordare.

Alfred Neubauer in quei giorni aveva incontrato un altro personaggio destinato ad avere un grande peso nella sua vita: Rudi Caracciola, il quale, da illustre sconosciuto qual era, in pochi mesi si rivelò alla Mercedes valentissimo pilota, oscurando del tutto la fama del giovane Neubauer. Così, negli stessi identici anni, Neubauer e Ferrari, così diversi sotto tanti aspetti, si diedero a percorrere la medesima strada, l'uno all'interno della Mercedes l'altro all'Alfa Romeo, non più come piloti ma come direttori sportivi.

 

Neubauer era entrato alla Austro-Daimler nel 1919 grazie a un certo Ferdinand Porsche, allora direttore generale; questi, nel 1923, lo volle con sé a Unterturkheim come ingegnere collaudatore specialmente addetto al servizio corse.

 

Già  tre anni dopo, nel 1926, "Don Alfredo" dimostrò il suo valore come direttore tecnico della squadra corse, inaugurando una nuova tecnica alla quale nessuno aveva ancora pensato. Si trattava di un ragionamento tanto semplice quanto essenziale per il buon andamento della corsa.

Neubauer si era reso conto di quanto il pilota durante una competizione fosse completamente isolato. Non aveva modo di sapere chi lo precedeva e chi lo seguiva, né tantomeno la sua posizione in classifica, e neppure quanti giri mancassero al traguardo o se gli fosse più conveniente rallentare piuttosto che forzare al massimo.

 

Neubauer escogitò una comunicazione in codice, fatta di lettere, numeri, gesti e una serie di bandierine colorate, così da poter segnalare dai box tutto ciò che il pilota avesse bisogno di sapere. Il sistema fu collaudato il 12 settembre 1926 al circuito di Solitude, vicino a Stuttgart. Risultato: tre Mercedes ai primi tre posti".

 

- Donatella Biffignandi -

 

Da allora nei Gran Premi le segnalazioni tra pilota e box tramite cartelli e segnali divennero una consuetudine indispensabile.

 

Ed ecco la testimonianza di Enzo Ferrari sul mitico Neubauer:

 

"Questa vicenda della Mercedes e della Germania io l'ho vissuta in un modo quasi privato, attraverso l'uomo che per anni fu il mio antagonista pur essendo mio buon amico: Alfred Neubauer.
Lo vidi per la prima volta in veste di corridore su una Mercedes a una Targa Florio del 1923 o 1924: alto, magro, gli occhi chiarissimi, una voce stridula, gran naso aquilino, dei modi bruschi. Non molto simpatico - ricordo che dissi tra me - questo tedesco. Continuò come pilota fino al 1926. Poi per anni lo persi di vista, anzi lo dimenticai come uno di quei piloti che si incontrano troppo di rado sulle piste e che non fanno parte della troupe abituale. 

Non potevo immaginare che quel Neubauer stesse percorrendo, alla Mercedes, una strada simile a quella che io battevo all'Alfa Romeo. 

Così, nel 1934, ci ritrovammo ai bordi di una pista: debuttava la formula del peso - 750 kg di peso massimo con cilindrata libera - e Mercedes e Auto Union, o meglio la Germania, avevano stabilito che quello era il momento favorevole per scendere in campo. Alfred Neubauer era il nuovo generale.
Stentai a riconoscerlo: era molto ingrassato. E anzi, da quel giorno, per tutti gli anni futuri, quasi crescendo insieme alla potenza della Mercedes e alla prepotenza della Germania, lo vidi ingrassare sempre di più e diventare sempre più autoritario. 
Girava tra i box degnando i concorrenti di rari sguardi di sufficienza, urlava comandi con la sua voce da ufficiale della Wehrmacht e i suoi dipendenti scattavano quasi fossero in caserma o su un terreno di battaglia.
Diventò presto un personaggio popolare nel nostro mondo, circondato - senza che lui se ne preoccupasse minimamente - da grappoli di antipatia, ma molto stimato e temuto per la sua efficienza.

Durante la guerra mi capitò spesso di ripensare a Neubauer: tutte le volte, in sostanza, che una colonna motorizzata tedesca passava davanti alla mia officina e un ufficiale scendeva a urlare comandi.

Ma quando la guerra finì e il nuovo Neubauer venne a farmi visita a Modena, lo riconobbi a malapena. Era cambiato di nuovo: magro, tranquillo, modesto.
"Neubauer! - esclamai - che bravo, ancora qui! Come mai questa visita?".
Sorrise dimessamente, disse che la Mercedes era a pezzi, ma che lo avevano inviato in giro per vedere chi fosse rimasto in piedi, e che naturalmente era felice di vedermi ancora al mondo. Che cosa era successo dell'Alfa Romeo? E della Maserati? Lo osservai: accidenti, mi dissi, questo non è un vinto, ma uno che prepara la rivincita.

Sette anni dopo, nel 1954, Alfred Neubauer si rifece vivo: era alla testa di uno squadrone di siluri d'argento. E lui era di nuovo grasso, più autoritario che mai. Così, di anno in anno, lo guardai ingrassare con sempre maggiore preoccupazione: di vittoria in vittoria, di chilo in chilo, di marco in marco, lui e la Mercedes e la Germania mi sembravano veramente la medesima cosa, e questa inesorabile progressione mi induceva a pensare, ricordando le vittorie della Mercedes nel 1914 e nel 1934-39: se il Neubauer non si ferma, cosa succederà ? 


La Mercedes si ritirò nel 1955, dopo aver vinto due Campionati Mondiali di F1 e anche il Campionato Mondiale Marche-Sport. Aveva saputo sfruttare la nuova formula con straordinaria capacità  tecnica, dovizia di mezzi economici e la sua gigantesca potenza industriale.

Nel 1961 Neubauer compì settant'anni. Dirigeva il museo storico della marca di Stoccarda, a cui è rimasto fedele per tutta la vita, come si conviene a un vero soldato. Gli mandai un telegramma di auguri, mi rispose con una bella lettera. Altrettanto ho fatto quando ha compiuto gli ottanta. E' scomparso alla vigilia del novantesimo compleanno".

 

- Enzo Ferrari, "Piloti, che gente.." -

 

 Quando si ritirò dall'attività  sportiva, nel 1958, a un giornalista che gli chiedeva se seguiva un metodo particolare, Neubauer rispose: "Il mio orologio è costantemente in anticipo di tre minuti. In questo modo, qualunque sia l'imprevisto, ho tre minuti in più degli altri per affrontarlo".

 

 

 

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  • 4 weeks later...

Al GP di Brno in Cecoslovacchia nel 1937, Rosemeyer dovette tornare ai box dopo aver danneggiato la sua Auto Union in una uscita di strada. I dirigenti dell'Auto Union decisero allora di fermare la macchina di Muller e far salire Rosemeyer per permettergli di continuare la corsa.

I rivali della Mercedes, preoccupati per l'imminente rientro in gara di Rosemeyer, decisero di esporre un cartello a Caracciola per avvertirlo del fatto e invitarlo a accelerare.

 

Ma quando Neubauer, d.s. della Mercedes, stava per esporre il cartello a Caracciola, ecco che Rosemeyer sorridendo abbracciò Neubauer bloccandogli le braccia e impedendogli così di fare la segnalazione a Caracciola che stava sfrecciando in quel momento davanti ai box, dicendo: "Mi dispiace, Herr Neubauer, è un caso di forza maggiore". :asd: :asd:

 

Sul momento, "Don Alfredo" stava per esplodere dalla rabbia, ma poi, di fronte alla straripante e simpatica faccia tosta di Rosemeyer, scoppiò a ridere.

 

Ecco Rosemeyer, alfiere Auto Union, seduto scherzosamente nell'abitacolo dei "cugini-rivali" della Mercedes, a fianco di Neubauer (prove del G.P. di Spagna 1935 a San Sebastian):

 

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  • 8 months later...
Immagine a dir poco insolita.
 
Siamo al rally delle Alpi Austriache (Alpenfahrt rally) del 1972. A dare la partenza alla Fiat 124 Spider di Lindberg-Eisendle, sulla destra, vi è nientemeno che lui, Alfred Neubauer, ormai in pensione da una quindicina di anni    :)
 
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  • 4 months later...
  • 2 weeks later...
  • 3 months later...
Un bel filmato, anche di qualità  visiva, che a quanto pare documenta soltanto i collaudi e le prove del GP di Tripoli edizione 1938, con Neubauer che troneggia imperiosamente ai box armato delle sue mitiche bandiere di segnalazione. Addirittura oltre 6 minuti, quando gli altri filmati sulla gara durano al massimo quattro minuti.
 
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  • 1 year later...
  • 2 weeks later...
  • 2 months later...
  • 1 year later...
Il 31/3/2013 at 23:11 , sundance76 ha scritto:

Enzo Ferrari e Alfred Neubauer

 

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"[..]Questa vicenda della Mercedes e della Germania io l'ho vissuta in un modo quasi privato, attraverso l'uomo che per anni fu il mio antagonista pur essendo mio buon amico: Alfred Neubauer.
Lo vidi per la prima volta in veste di corridore su una Mercedes a una Targa Florio del 1923 o 1924: alto, magro, gli occhi chiarissimi, una voce stridula, gran naso aquilino, dei modi bruschi. Non molto simpatico - ricordo che dissi tra me - questo tedesco. Continuò come pilota fino al 1926. Poi per anni lo persi di vista, anzi lo dimenticai come uno di quei piloti che si incontrano troppo di rado sulle piste e che non fanno parte della troupe abituale [..] 

 

Enzo Ferrari forse si riferiva al 1922...

Ecco infatti il futuro Drake di Maranello (N.37) e il futuro "Don Alfredo" (n.46) in gara alla Targa Florio del '22:

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  • 6 months later...

HAI PERSO QUALCOSA?

Nel 1939, le autorità sportive italiane, stanche di vedere i Gran Premi dominati dalle squadre tedesche, idearono un "colpo basso". Decisero che per l'anno 1939 ogni gara in territorio italiano (e quindi la cosa valeva anche per il GP di Tripoli, prima gara dell'anno, visto che la Libia era colonia Italiana) sarebbe stata disputata con la categoria cadetta di 1500 cc(come dire la GP2 dell'epoca), al posto delle ordinarie auto da GP da 3000 cc sovralimentato o 4500 aspirato.

Gli italiani, con Alfa e Maserati, erano maestri della categoria da 1500, mentre i Tedeschi non si erano mai cimentati con queste vetturette (e ti credo, dominavano alla grande nella categoria Grand Prix).

E c'è di più. Le autorità italiane resero nota la decisione verso la fine del 1938, per prendere di sorpresa i Tedeschi che a quel punto non avrebbero potuto approntare una vetturetta per le gare italiane.

Era infatti ritenuto impossibile progettare, costruire e collaudare in pochi mesi una nuova vettura.

Ma non avevano fatto i conti con la determinazione teutonica della Mercedes. In gran segreto, venne progettata a tempo di record una vettura di 1500 cc, la W165, e dopo il montaggio fu portata a sulla pista di Hockenheim per i primi collaudi, sempre avvolti dalla massima riservatezza.

I "rivali fraterni" dell'Auto Union, team che non si cimentò nel costruire una 1500 (era una squadra più piccola e meno ricca), riuscirono a conoscere il progetto segreto della Mercedes tramite il capomeccanico Wilhem Sebastian (che era un ex-Mercedes e che aveva vinto come copilota di Caracciola la Mille Miglia 1931, e che conosceva bene gli ambienti del dopo-lavoro frequentati dagli operai Mercedes). 
Sebastian, una volta saputo del collaudo segreto di Hockenheim, andò ad appostarsi fra gli alberi intorno al circuito con un binocolo. Appena vide Caracciola, Lang e von Brauchitsch pronti con le loro tute bianche accanto al nuovo bolide d'argento, capì tutto. E molto sportivamente uscì dal nascondiglio e andò a tendere la mano verso il ds Mercedes, Alfred Neubauer, il quale, preso di sorpresa, disse: "Santo cielo! Cosa ci fai qui? Hai perso qualcosa?"

E Sebastian rispose ridendo: "Sì, ho appena perso il Gran Premio di Tripoli! :asd::asd: 

 

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Il 15/3/2013 at 17:55 , sundance76 ha scritto:

Genesi di un dipinto.

 

Ecco Neubauer in una sua posa, sul circuito francese di Reims nel '38:

 

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Qui invece siamo a Pescara, nel 1937, dove vediamo Neubauer assistere alla fermata ai boxes di Caracciola con la Mercedes W 125 n.8. Il pilota protende il braccio nel richiedere un bicchiere d'acqua:

 

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Invece l'anno dopo, nel 1938, sempre a Pescara, Caracciola aveva il n. 26, come si evince da questa famosa foto:

 

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Negli anni '60 un famoso artista di soggetti automobilistici, Walter Gotschke, realizzò un dipinto che potete vedere  qui di seguito in basso.

 

E' evidente che Walter ha attinto da diversi momenti per "costruire" questa scena.

 

Innanzitutto sulla destra è possibile vedere Neubauer in piedi appoggiato sull'asta della bandiera la cui punta tocca l'asfalto dietro la gomma della macchina, e quella posa come abbiamo visto è tratta plasticamente dalla foto di Reims '38.

 

Poi si vede la Mercedes ai box con Caracciola nell'esatta identica posa di Pescara '37, cioè mentre protende il braccio.

 

Ma è chiaro che la macchina, avendo il n. 26 e guardando la sospensione posteriore, non è una W 125 del '37 ma bensì è una W 154 del '38.

 

A conferma, in pista si vedono sfrecciare un'Alfa n. 28 modello 1938 guidata da Farina e dietro c'è una Auto Union Type D, quindi del '38, con al volante un ometto dalla maglia gialla (ovviamente il nostro Nuvolari, che a Pescara '38 farà  la pole ma si ritirerà  dopo un solo giro).

 

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Ho trovato e inserito il dipinto in questione nel post originario.

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  • 2 years later...

Ecco una mia personale traduzione (che richiese settimane di tempo) della prima parte di un capitolo titolato "Duel mit 450 PS" sempre dal libro "Uomini, donne e motori" di "Don Alfredo".

"23 luglio 1938. E’ il giorno del Gran Premio di Germania. 
In questa domenica mattina, un inglese alto e magro, è seduto in un bagno dell’Hotel “Eifeler Hof”, ad Adenau. E’ John Richard Beattie Seaman, detto “Dick”.
Da un’ora Dick Seaman giace disteso nella vasca. 
Lascia scorrere liberamente l’acqua calda, mentre legge il “Berliner Nachtausgabe”.
In prima pagina campeggiano grandi titoli: “Gli arabi proclamano la guerra santa contro ebrei e inglesi…”, “Il fronte rosso in Spagna crolla a Valencia…”, “Lord Runciman arriva a Praga come mediatore..”
Bah! La politica non è fatta per Dick. 
Il ragazzo dalla faccia da furbetto continua a sfogliare il giornale fino ad arrivare alla pagina sportiva: “250.000 partecipanti al Festival di Ginnastica Sportiva di Breslau..” “Neusel batte Lazek ai punti..” 
“Undicesimo Gran Premio di Germania…”
Ecco quello che interessa davvero a Seaman! Rigo per rigo, legge i primi commenti e i pronostici sull’avvenimento del giorno. Con grandi titoli, c’è scritto che von Brauchitsch ha ottenuto il record nelle prove e che Caracciola sembra essere indisposto. Nell’articolo, molto in basso, con caratteri molto piccoli, appare anche un altro nome: “Seaman”.
Chiaro… Seaman non è ancora un Lang, uno Stuck o un Nuvolari. Dick Seaman è ancora il piccolo beniamino di casa Mercedes. Però non è ancora un asso, lo potrà diventare. Dick accartoccia il giornale e lo getta in un angolo.
Ah! Vincere una volta un Gran Premio! Meglio ancora se fosse proprio quello di oggi, perché tra i 350.000 spettatori c’è anche la ragazza più bella e incantevole del mondo: Erika, la ragazza di Monaco.
Erika Popp è la figlia del direttore generale della BMW, famosissima amazzone e… ancora libera da “impegni”. Dick l’ha conosciuta un paio di settimane prima. Stettero insieme una sola notte, l’inglese di venticinque anni e la tedesca di diciotto appena compiuti. Ma quella sera non persero nemmeno un ballo.
Cosa suonò l’orchestra più e più volte, su richiesta di Erika?
Dick comincia a fischiare: “Andrò in cielo – ballando con te….” E i suoi pensieri vanno oltre. Verso una signora dagli occhi blu e dai capelli biondi come l’oro.
E nello stesso istante bussano alla porta.
Chi bussava ero io, il grasso Neubauer.
Dick si ridesta dal suo sogno azzurro come il cielo.
- What’s the matter? – domanda. - Cosa diavolo succede?
- Sono Neubauer. Volevo solo sapere se è annegato.
- Non si preoccupi, sir! Sono ancora a galla. Sono in forma fantastica!
Mi infilo in camera. 
- Mio caro signor Seaman, vuole portarmi alla tomba. Tra un paio d’ore c’è la partenza, e lei ancora si diverte nella vasca da bagno come un’anatra nello stagno. Andiamo, venga sulla terra ferma.
- Lo farò, a condizione che mi diano una tazza di tè inglese.
- Avrà tutto se accelera un po’ il passo, Dio buono! Le assicuro che se in corsa dimostra la stessa flemma di adesso, non vincerà nemmeno un mazzetto di fiori!
- Ma forse vinco una corona di alloro, con tutti nastrini! – grida, mentre gli ho voltato le spalle. 
Intanto, sto già battendo entrambi i pugni sulla porta della camera accanto, dove il buon Hermann Lang inaugura la domenica russando al massimo.
Non potete immaginare le preoccupazioni che si accumulano sulle spalle di un direttore sportivo la mattina di un Gran Premio. Dapprima deve tirar giù dal letto tutto il suo gregge, poi deve soddisfare i loro capricci più strani al tavolo della colazione..
Tè caldo e dolce per Dick Seaman. Ah, e deve essere di marca “Twinings”! Altrimenti il ragazzo non si sveglierà completamente. Una bistecca gigantesca, ben cotta fuori ma gocciolante sangue dentro, per Rudolf Caracciola. Ne ha assolutamente bisogno per mettersi in marcia. Lang, la capra pazza, divora prima di ogni gara la sua mezza libbra di zollette di zucchero, come fosse una cremeria. Dice che gli rinvigorisce i nervi.
Zollette di zucchero, té inglese, bistecca…, tutto è stato previsto. In un angolo del salotto dell’Hotel Eifeler Hof, le mie pecore si raggruppano con le loro tute bianche da pilota. Finalmente posso averli tutti riuniti davanti a me con calma.
Tutto quello che dovevo dire circa la tattica di gara, l’ho detto ieri sera, nella riunione prima della corsa. L’ordine è questo: “Che ciascuno corra al meglio delle sue possibilità e di quelle della macchina. Dalla partenza in poi tutti hanno le stesse opportunità. Se riusciamo a ottenere un minuto di vantaggio sulla prima macchina di una Casa concorrente, verrà esposto il segnale di rallentare. E da quell’istante ciascuno si limiterà a mantenere la sua posizione”.
*
Sono le undici meno un quarto. Manca soltanto un quarto d’ora alla partenza delle monoposto che parteciperanno all’11° Gran Premio di Germania, sul circuito del Nurburgring.
Di nuovo mi piomba sulle spalle una montagna di lavoro. 
Preparare le macchine per la corsa è una faccenda molto complicata, e io lo so bene visto il prematuro ingrigirsi dei miei capelli.
Le auto sono capricciose come delle “primedonne”.
Non inghiottono olio qualunque, né benzina qualunque, e non tollerano nemmeno candele qualunque.
Abbiamo olio speciale per le competizioni, viscoso come colla. Durante la notte precedente la corsa deve essere riscaldato, e solo così potrà essere versato nel serbatoio. Abbiamo anche candele per il riscaldamento, con cui i motori vengono portati a una temperatura adeguata, per un’ora. Poi le auto vengono coperte con mantelli di lana per evitare che possano raffreddarsi prima della partenza.
Proprio come se si trattasse di cavalli purosangue.
Ci sono candele specifiche per la gara, che vengono montate e regolate appena prima della partenza. Candele che funzionano solo per elevatissimi valori di temperatura. Candele che si sporcano subito se la macchina marcia a bassa velocità. C’è un carburante speciale, per climi freddi o caldi, adeguatamente miscelato da un tecnico. E solo quando siamo certi con assoluta sicurezza dell’umore di San Pietro versiamo la benzina nei serbatoi.
Ci sono già tutti, allineati secondo i rispettivi tempi ottenuti durante le prove: le nostre “frecce d’argento”, i “pesci d’argento” dell’Auto Union, le verdi Maserati, le Alfa Romeo d’un rosso vivo e luminoso, le azzurre Delahaye… L’altoparlante gracchia e annuncia: “Mancano dieci minuti alla partenza!”
La signora Alice Caracciola regola i suoi cronografi e le sue tabelle cronometriche contagiri, là nel box dei cronometristi. E’ un autentica ragazza-prodigio in tutto ciò che riguarda i calcoli. Questa donna bionda e snella, che viene dagli Stati Uniti e che tutto il mondo conosce sotto il nome di “Baby”, è attenta e sveglia come pochi. 
Un po’ più in là, accanto alle loro Auto Union, vedo Hans Stuck, con la sua testa rossiccia, che grida ai suoi meccanici. Tazio Nuvolari, il simpatico italiano dalla faccia scura come un indiano purosangue, è seduto sul muretto dei box, socchiudendo gli occhi che lampeggiano alla luce del sole. Brilla la sua appariscente maglietta color giallo limone. Sulla spalla sinistra c’è un amuleto, una tartaruga d’oro con una “N” sul dorso. E’ un regalo di Gabriele D’Annunzio, il famoso poeta italiano, amante dell’attrice Eleonora Duse. Io stesso ho avuto l'opportunità di incontrare D'Annunzio, quando cercò di tentare la fortuna come corridore…
In uno dei nostri box sento che qualcuno sta martellando. Guardo in quella direzione. Chi poteva essere, se non Lydia Lang! Una donna carina e minuta, con un cappello largo e scuro e un morbido accento svevo. Sta inchiodando l’insostituibile ferro di cavallo sulla parete del box di suo marito, che venera come un dio.
Molti dei grandi eroi del volante sono terribilmente superstiziosi.
Nuvolari ha la sua tartaruga. Caracciola confida nella sua scimmietta-scoiattolo chiamata Anatol, che porta con sé in ogni corsa, tenendola in un portadocumenti di un rosso acceso. Lang è ossessionato dal suo ferro di cavallo dal giorno in cui ebbe un grave incidente al circuito di Masaryk. In quella occasione Lydia aveva dimenticato di portare con sé l’amuleto.
Anche Dick Seaman ha le sue manìe. Trema come una foglia davanti al numero 13. Ha un autentico terrore per il tredicesimo giro di ogni circuito, o prima di una riunione con tredici invitati. Non occuperebbe mai e poi mai una camera d’hotel con quel numero, né tantomeno salirebbe mai su una vettura col numero tredici. Quante volte ho riso di lui, del nostro ragazzino, per questa manìa infantile! Ma qualche tempo dopo, la mia risata sarebbe andata all’inferno…
*
Mancano ancora otto minuti alla partenza.
Manfred von Brauchitsch guarda verso la tribuna d’onore. 
Uniformi scure, nere e grigie, signori con abbigliamento sportivo, signore in abiti con lo spacco. Le donne sono vestite all’ultima moda estiva. I loro cappelli sono una poesia… a volte con la rima, a volte senza.
Nella folla, con un cappello panama di colore chiaro, c’è Hans Albers, il celebre attore e cantante tedesco. In seconda fila un signore minuto in abito scuro: il consigliere di Stato e dottore honoris causa Georg von Strauss, uno dei grandi dell'industria tedesca, consigliere della Mercedes, della Banca di Germania e dell’UFA. E tra i capitani d'industria siede anche Franz Popp, direttore generale della Bayerische Motor Werke (BMW), accompagnato da sua figlia Erika. 
L'alta e snella Erika è giovane, carina ed è un ottimo partito: una villa a Monaco di Baviera, una casa di campagna a Garmisch, un rifugio di caccia nelle montagne di Ruhpolding. . . . Amici ben intenzionati si erano incaricati di scaldare la fantasia di Manfred. Da molto tempo volevano vederlo sotto il giogo del matrimonio. La gente si stupiva che il bello e arrogante von Brauchitsch non si fosse ancora sposato. Bah! Le cose sarebbero presto cambiate. Al banchetto che quella notte doveva celebrare la vittoria, Manfred sarebbe stato il compagno di tavolo di Erika. Così avevano architettato i loro amici e benefattori. 
Nella tribuna d’onore, Erika Popp cerca nella sua borsa e poi tira fuori un piccolo binocolo da teatro, con il quale guarda le auto. Per un istante contempla il volto di von Brauchitsch: “E’ davvero un bel ragazzo”, pensa Erika. Ed è al culmine della sua vita e della sua carriera… Buon nome, famiglia importante. Poi il suo binocolo punta nuovamente la figura di Dick Seaman. Mentalmente mette a confronto i due uomini. Verso von Brauchitsch ella avverte tutto il rispetto di cui è capace una ragazza come lei. Esperto, maturo, circondato dal prestigio personale. Però in Dick Seaman Eika avverte istintivamente gli stessi desideri, aspirazioni identiche alle proprie.
L’orologio segna le ore 10 e 59 minuti. A questo punto, alzo in aria il dito indice e disegno un cerchio. E’ il segnale convenuto. I piloti collegano l’accensione.
Manca un minuto…
I motori ruggiscono. I meccanici tornano verso i box con gli apparecchi d’avviamento. I piloti vengono lasciati soli con le loro auto, pronte a sprigionare centinaia di cavalli.
Dieci secondi.
Lo starter alza la bandiera bianca. Con le dita indico ai nostri piloti i secondi mancanti: otto… sette… sei… cinque… Il rombo dei motori diventa ancor più assordante. Lentamente, centimetro dopo centimetro, i piloti rilasciano il pedale della frizione aumentando il numero di giri. Speriamo non commettano nessun errore! Non facciano surriscaldare il motore, non facciano pattinare troppo le gomme!
Il semaforo diventa giallo. Tre.. due.. uno! Lo starter abbassa la bandiera. Le auto scattano fragorosamente, venti mostri scatenati. 
Venti monoposto hanno aggredito la pista. In mezzo a una nuvola di polvere e di fumo scompaiono in direzione sud. Come Nurmi (atleta finlandese, n.d.t.) mi precipito di corsa verso i boxes. Dopo 55 secondi i piloti appariranno sul rettilineo parallelo alla zona di partenza, proprio dietro agli stessi boxes. Devo sistemarmi nella mia postazione. 
- Lang è davanti! – mi grida l’allampanato Zimmer, capomeccanico di von Brauchitsch. Nel gergo corsaiolo questi meccanici vengono chiamati semplicemente “capo”.
Raggiunto il box, sento il rombo che si avvicina. E in testa, infatti, c’è Lang!
“Click”, il rumore del mio cronometro.
Due…, tre secondi… e arrivano gli altri in gruppo selvaggio: Seaman/Mercedes… Nuvolari/Auto Union… Caracciola/Mercedes… Brauchitsch/Mercedes… e poi il resto.
Un attimo dopo, tutti scompaiono dietro la curva di Hatzenbach. 
I cronometri continuano nel loro inesorabile ticchettio. Gli speaker radiofonici parlano nei loro microfoni. In tutta la Germania gli appassionati si accomodano davanti ai loro apparecchi radio, sgranocchiando biscotti, per ascoltare notizie dal Nurburgring.
Preparo accuratamente i pannelli di segnalazione. I piloti devono conoscere qual è la loro situazione in gara, compresi i loro tempi sul giro. 
Secondo giro: sono più che soddisfatto. Le mie quattro “frecce d’argento” sono in testa. Una sola Auto Union riesce a seguirle da vicino. Impossibile fare meglio. Sono di buonumore, porgo una zolletta di zucchero ad Anatole, la scimmietta di Caracciola. Nello stesso istante vengo colpito da un fulmine a ciel sereno…
- Signor Neubauer!
Una voce dura, metallica. Mi si para davanti un ragazzo con una testa che sembra uno schiaccianoci. Porta un’uniforme scura. Dalla cintura pende una sciabola. Sul colletto spiccano i gradi corrispondenti al suo rango, nientemeno che un NSKK-Obergruppenführer (uno dei tanti gradi gerarchici del Partito Nazionalsocialista. NSKK è la sigla dell’organizzazione nazista preposta alla motorizzazione, ndt.).
- Come va, Signor Krauss? – chiedo.
- Dovete fermare immediatamente le vostre macchine! –
Credo di non aver udito bene.
- Fermare le mie macchine? Santo cielo, per quale motivo? –
- Le vostre auto perdono olio. Probabilmente ci sono delle crepe nei serbatoi. Nuvolari è stato colpito in pieno volto da uno spruzzo d’olio e ha corso un gran pericolo. E’ necessario risolvere immediatamente il problema.
Mi vengono i sudori freddi. Fermare le macchine ora! Significa praticamente perdere la corsa ancor prima che inizi.
Allora, fingendo di rimanere calmo, dico: 
- Signor Krauss, si tratta di una cosa temporanea. Nelle prime fasi di gara accade spesso che i serbatoi dell’olio sopportino una pressione molto forte. E non è raro che qualcuno dei tappi possa saltare. Ma in un paio di minuti la cosa si aggiusta da sola!
- Non posso confidare in ciò! – ringhia il NSKK-Obergruppenführer Krauss.
Comincio a sentire una certa debolezza “intestinale”.
- Entro cinque giri verranno cambiate le gomme, quindi le vetture dovranno fermarsi qui ai boxes e provvederemo correttamente a ogni cosa. Siate ragionevole!
- Sono ragionevole, Herr Neubauer. E proprio per questo che insisto affinché fermiate immediatamente le macchine!
Ho perso la pazienza. Non mi lascio rubare la vittoria in questo modo! E nello stesso istante in cui la macchina in testa alla corsa passa rombando davanti a box, io esplodo: 
- Herr Krauss! Guardi! Guardi un po’ meglio! Vede?! Chi o che cosa dà fastidio a Nuvolari? I miei piloti cederanno il passo, ma lui non li può sorpassare! Ma a causa della sua auto, non certo per una perdita d’olio! In testa ci sono quattro Mercedes, e mi si chiede di fermarle! In tal modo la corsa sarebbe praticamente finita per noi, mentre per gli avversari diventerebbe una passeggiata…
Krauss sbianca in volto.
- Volete dire che io sono di parte? Volete dire che io sono contro la Mercedes e a favore dell’Auto Union? Herr Neubauer.. mi risponda!
Io non dico nulla e lo guardo appena. Lui si gira, il rumore dei suoi stivali riecheggia sul cemento mentre torna indietro, pieno di rabbia, verso la pista.
Terzo giro: Hermann Lang, nettamente in testa, ha guai alle candele, perde terreno ed è costretto a fermarsi. Quindi Seaman diventa primo. Guida in modo fantastico. Centesimo su centesimo aumenta il suo vantaggio. 
Settimo giro: Brauchitsch si ferma per la prima volta ai box per fare rifornimento e cambio gomme. I meccanici lavorano furiosamente come demoni, il pubblico in tribuna allunga il collo per non perdere neanche un dettaglio. Quarantaquattro secondi per fare rifornimento e cambiare tutte e quattro le ruote ... poi la macchina dal radiatore color rosso riparte come una freccia.
Nono giro: la Delahaye di Comotti e l’Alfa del “dottor” Farina sono ferme. Nei box della Scuderia Ferrari il costruttore francese ha uno scatto di rabbia. Cominciano i primi doppiaggi. Paul Pietsch con la sua Maserati da 1.5 litri combatte coraggiosamente in posizione disperata.
La macchina di Caracciola si ferma al box. Cosa succede? In un attimo sono al suo fianco. Rudi ha il viso di uno strano colorito verdastro. Si contorce dal dolore. 
- Il mio stomaco! – si lamenta. – Non ce la faccio più! – 
I meccanici rimuovono il volante e lo estraggono dalla vettura. Barcollando, si dirige in un angolo dei box e comincia a vomitare, gemendo ancora.
Faccio un gesto a Lang, che dopo il suo ritiro a causa delle candele è rimasto mestamente seduto al box. Lang capisce all’istante. Corre verso la macchina di Caracciola e si siede al volante. Un attimo dopo, riprende la corsa.
Dodicesimo giro: adesso è von Brauchitsch a guidare la corsa.
Ma nel frattempo è accaduto qualcosa che non mi piace affatto. Già da alcuni giri ho dato l’ordine di rallentare, secondo la nostra abituale strategia: “Se costruiamo un certo vantaggio sugli avversari, ognuno deve mantenere rigorosamente la sua posizione”.
Ma Brauchitsch, pur avendo visto il mio segnale, non aveva osservato la prassi e aveva sorpassato Seaman, che era in testa. 
Tuttavia Dick non si lascia distanziare. Rimane nella scia di Brauchitsch. Guida in modo impeccabilmente elegante, con la regolarità di un orologio di precisione. E non perde nemmeno un decimo di secondo, nonostante Brauchitsch spinga sempre più forte sull’acceleratore. E mi rendo conto che Brauchitsch è sempre più nervoso. 
Da vecchio ex-pilota quale sono, non posso rimproverare a Seaman il fatto che si tenga nella scia di Brauchitsch disturbandolo, per vendicarsi del sorpasso subìto. E’ quello che chiunque avrebbe fatto. Ma nel mio ruolo di direttore sportivo ciò mi preoccupa e mi rende inquieto. Una lotta come questa non potrà avere che avere conseguenze negative sulla durata di pneumatici e motori.
Sedicesimo giro: ai box i nostri meccanici sono in agitazione. Rifornimento di carburante e cambio di pneumatici per Brauchitsch e per Seaman, i due rivali.
Brauchitsch è il primo a fermarsi. E lo sento gridare: 
- Non ne posso più! Quel Seaman mi sta sempre incollato alla coda! 
Brauchitsch col suo carattere collerico non poteva sopportare di aver il fiato sul collo. E io gli grido: 
- Manfred, siete troppo nervoso. Calmatevi. Ora vado a parlare con Seaman!
Adesso non posso tollerare scontri tra i miei piloti. Pochi secondi dopo Brauchitsch, ecco che arriva Seaman. Corro da lui e gli dico nell’orecchio:
- Dick, ragazzo mio, lascialo andare. So che hai tutte le ragioni, ma… non stargli così vicino. Rischi di distruggermi due macchine!
Dick non risponde. Mi asciugo il sudore che scorre sul mio viso.
- Dick, ti prego, fammi questo favore, oggi lascia in pace Brauchitsch!
Vedo le mani di Dick aggrapparsi con più forza al volante.
Dopo, quasi impercettibilmente, sento la risposta: 
- All right, Sir.
Corro immediatamente verso la macchina di von Brauchitsch, nel momento in cui uno dei meccanici inserisce la pompa di rifornimento di carburante al bocchettone del serbatoio, dietro il sedile del conducente. Il carburante in pressione viene iniettato. Venticinque litri al secondo.
Mentre sto per dire a von Brauchitsch che può andare tranquillo a vincere, accade il guaio. Il meccanico si distrae un attimo togliendo lo sguardo dal serbatoio. Chiude la valvola troppo tardi, una frazione di secondo. Quattro o cinque litri finiscono sulla coda della macchina.
- Fermo! – grido atterrito.
Ma è troppo tardi. Il rogo è già scoppiato. Brauchitsch preme il pulsante dell’accensione, non sospettando nulla. E in quel momento si alzano le fiamme, invisibili come fantasmi. Si solleva una nube di fumo bianco e nero. Un urlo si alza da mille gole. I meccanici restano immobili, come paralizzati. La macchina potrebbe esplodere a ogni secondo che passa.. Brauchitsch tenta disperatamente di liberarsi dall’abitacolo e di uscire dalla macchina. Le sue mani tremano. Non riesce a sbloccare la chiusura di sicurezza del volante. Non riesce a liberarsi….
Con un balzo, senza pensarci troppo, afferro Brauchitsch per il collo, lo tiro con tutte le mie forze, lo strappo dal sedile, lo getto a terra e lo faccio rotolare nella schiuma spegnendo le fiamme che lo avvolgevano. Gli estintori ricoprono anche la macchina di uno spesso strato bianco di schiuma. Il fuoco viene progressivamente domato.
Tiro un profondo respiro e mi guardo attorno. E quasi non credo ai miei occhi quando vedo che l’auto di Seaman è ancora lì, davanti ai box. Corro verso Dick e gli grido:
- Per tutti i diavoli dell’inferno! Cosa fai ancora qui? Riparti immediatamente!
Dick sorride:
- Pensavo che dovevo lasciare andare Brauchitsch davanti…
- Non devi pensare, ma correre! – grido io. E Seaman non se lo fa dire due volte.
Manfred è sconvolto. Le maniche della tuta sono tutte bruciate. Ma grazie al cielo non è successo nulla.
Dalla direzione di gara arriva un piccolo uomo dal volto inconfondibile. E’ il NSKK-Korpsführer, Hühnlein.
- Ehi, Brauchitsch! – dice. – Continuerà la corsa, vero?
E, prima che io possa dire qualcosa, Manfred si mette sugli “attenti” come se si trovasse nel cortile di una caserma:
- Sì, Herr Korpsführer!
Qualcuno mi afferra il braccio. E’ Zimmer, il capomeccanico di Brauchitsch.
- Herr Neubauer – mi sussurra concitato – Per l’amor di Dio, non lasciate che Manfred continui la corsa! Sta tremando dalla testa ai piedi! Lo conosco molto bene.. Finirà fuoripista!
Sì, Zimmer ha ragione da vendere. Ma prima che io potessi intervenire, il motore della macchina di Brauchitsch inizia a ruggire. Pochi secondi dopo, la freccia d’argento annerita sparisce alla vista.
- Chissà se lo rivedremo.. – mormora Zimmer.
Passano i minuti. Non arriva alcuna notizia dal circuito. Sento il sudore scorrere sotto il cappello. Nello stesso momento, vicino alle tribune si ferma una macchina della polizia, e ne esce fuori un uomo in tuta bianca. La folla rumoreggia stupita, grida di gioia, applaude frenetica. E’ Manfred. Ha in mano il volante della sua macchina, e lo agita verso di noi. E’ andata bene, dopotutto!
Poco dopo, Manfred si siede accanto a me sul muretto dei box e racconta quello che è successo: dopo il fuoco, un inizio molto cauto. Passo sul rettilineo. Poi, la curva Sud. Il motore gira perfettamente, quindi premo sul’acceleratore! Curva Hatzenbach, con il motore a tutto gas. Supero anche il Flugplatz. Il tachimetro si impenna velocemente, 180, 190, 200 chilometri orari. Arriva il Schwedenkreuz, e poi il famigerato Bodenwelle ...Basta col gas! La macchina salta in aria. Attento! Adesso non devo spostare il volante nemmeno di un millimetro, perché poi la macchina volerà! Ma ...Cosa succede? Il volante è staccato... La chiusura di sicurezza si è aperta... E la macchina continua la sua folle corsa, senza alcuna direzionalità! Fulmineamente lascio il volante, e con entrambe le mani mi aggrappo tenacemente al piantone dello sterzo per cercare di tenere la macchina in pista. La cosa importante è non rovesciarsi! Non capotare! Dieci metri… Trenta metri ...... finalmente i freni fanno presa! Schizzi di fango e terriccio.
Santo cielo… un fossato! Di nuovo la strada, poi un altro fossato. Poi tutto tace….
- Queste maledette viti lubrificate! – ringhia von Brauchitsch al termine del suo racconto. – Guardate! Si sono dimenticati di fissarmi correttamente il volante quando ho ripreso la corsa dopo l’incendio ai box!
Questa è la versione dei fatti di von Brauchitsch. Così l’ha raccontata a chiunque volesse ascoltare. E ha continuato a raccontarla negli anni a venire, nelle interviste e nei libri.
Quanto a me, non metterei la mano sul fuoco circa l’attendibilità di questa storia. Infatti il capomeccanico Zimmer, il bravo, sincero, preciso Zimmer, mi ha detto, giurando su quel che vi è di più sacro: “Io stesso ho avvitato il volante, e l’ho fatto con attenzione, controllando anche la misura della chiusura a baionetta.”
Da tutto ciò si può chiaramente concludere che von Brauchitsch ha usato la motivazione del volante allentato soltanto come scusa, perché non voleva confessare che, a causa dell’agitazione e del nervosismo prodotti dall’incendio della vettura ai box, aveva perso il controllo dei suoi nervi e quindi della sua macchina.
Nel frattempo, la corsa continuava.
Dick Seaman guida come in trance. Giro dopo giro. Adenauer Forst…. Breidscheid… Karussell… Dettinger Höhe… e poi di nuovo sul rettilineo di partenza e arrivo…
I piedi bruciano. La suola sul pedale del gas quasi si scioglie dal calore. Le mani doloranti, coperte di vesciche. Fa lo stesso! Bisogna stringere i denti! Si deve continuare a guidare, a sterzare, a frenare, a cambiare marcia senza sosta…
Dick Seaman corre la gara della sua vita. E vince l’11° Gran Premio di Germania con tre minuti di vantaggio su Hermann Lang. Poi giungono al traguardo solo due Auto Union, seguite dalla Delahaye del francese Dreyfus e dalla Maserati del tedesco Paul Pietsch.
*
E’ il momento della premiazione. 
Pacche sulle spalle, strette di mano, abbracci, volti sorridenti, autografi. La corona di alloro. E i discorsi…
Dick presta poca attenzione a tutto questo. Pensa allo sfortunato Arthur Hyde, il suo amico e connazionale che ha avuto un incidente con una Maserati e ora è ricoverato con varie fratture all’ospedale di Adenau. E pensa anche a Erika. La bionda e slanciata Erika di Monaco, in Baviera.
Infine, gli inni. Ad ogni strofa, le centinaia di braccia tese si abbassano di qualche centimetro. Nessuno, nemmeno un cantante sottoposto a un addestramento specifico può reggere così a lungo il saluto hitleriano. 
Ancora pacche sulle spalle, ancora strette di mano. E infine, il trofeo per il vincitore: una colossale aquila di bronzo. 
Viene stappata una bottiglia di champagne. Dick vuole brindare con me. Ma ho ben altro a cui pensare. Un meccanico mi afferra per il braccio e mi dice:
- Signor Neubauer, l’auto di von Brauchitsch è stata sequestrata. L’NSKK-Obergruppenführer Krauss ha ordinato un’inchiesta. 
Dieci minuti dopo, mi trovo davanti due signori in uniforme scura. Sono il Korpsführer Hühnlein, il principe Max de Schaumburg-Lippe e l’Obergruppenführer Krauss, che compongono la commissione incaricata dell’inchiesta. Guardo il volto pallido e sottile di Krauss. E’ la vendetta di quest’omuncolo.
- Herr Neubauer – ringhia – Avete rimandato in pista una macchina gravemente danneggiata. Siete il responsabile dell’incidente di Brauchitsch. 
- E’ falso – rispondo – L’ordine è venuto dal Korpsführer Hühnlein . Per quanto mi riguarda, avrei impedito a quella macchina di riprendere la corsa.
Hühnlein, confuso, si schiarisce la voce: 
- Sì, è vero…
Ma Krauss non si arrende: 
- Avrebbe dovuto ordinare un accurato controllo della vettura, Herr Neubauer.
- Nel mezzo della gara? Per fare questo avremmo avuto bisogno di una mezza giornata. Posso chiedere che cosa c’era di danneggiato su quella macchina?
- I freni- dice Krauss – I tubi in gomma dei freni sono probabilmente rimasti carbonizzati nell’incendio. Quando von Brauchitsch ha cercato di frenare, si sono rotti e lui è uscito di strada. 
Se questo fosse vero, io sarei servito. Mi sento poco bene, mentre ci troviamo ad ispezionare la monoposto incidentata. Ma ecco, dopo cinque minuti, è tutto chiaro: i tubi dei freni sono tutti integri e in perfetto stato [...]".


 

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GLI INIZI DI UN BINOMIO LEGGENDARIO
 
"Il mio primo incontro con Caracciola ebbe luogo nel giugno 1923 quando collaudammo la nuova Mercedes “21” a 4 cilindri, sovralimentata, che sviluppava non meno di 120 cavalli. L’aveva progettata Porsche e fu la prima di una lunga serie di auto da corsa. Eravamo tutti troppo eccitati dall’ottimo esito dei collaudi e dalla prospettiva di vincere la Targa Florio del 1924 per dedicare attenzione al giovane dall’aspetto di ragazzino che veniva a presentarsi con una raccomandazione della nostra succursale di Dresda per diventare una nuova recluta della nostra scuderia di piloti. Ma ricordo che mi sorpresi a pensare, non senza irritazione, che avremmo dovuto avere a che fare con questo pivello, mentre avevamo dei piloti come Lautenschlager, Salzer, Werner – e, naturalmente, me stesso, Alfred Neubauer.
 
Durante i mesi successivi, il giovane Caracciola fu impiegato come venditore nella nostra succursale di Dresda e fu autorizzato a partecipare occasionalmente ad alcune corse minori della domenica e alle corse in salita. Lo faceva molto bene ma, nell’attesa della Targa Florio che si avvicinava, le vittorie della nostra giovane recluta di 22 anni passarono un po’ inosservate.
 
La grande corsa – a quell’epoca era l’avvenimento principale della stagione agonistica internazionale – ebbe luogo il 27 aprile 1924 con una calura insopportabile. Fu un successo trionfale per il Dottor Porsche e la sua nuova Mercedes sovralimentata. Christian Werner vinse, Lautenschlager si piazzò decimo nella classifica generale e io fui quindicesimo, ma avevamo ottenuto i primi tre posti della nostra categoria e avevamo vinto il premio riservato alle squadre.
 
Stoccarda ci riservò un’accoglienza delirante. Sfilammo tra i ruggiti delle nostre vetture da corsa attraverso le strade tappezzate di bandiere e di ghirlande. Porsche fu nominato Dottore Honoris Causa dall’Istituto Tecnico di Stoccarda e, per quel che mi riguardava, ero più che mai convinto che la gloria e la fortuna mi attendevano nei panni di un pilota da corsa. Ma “la rupe Tarpeia è nei pressi del Campidoglio”.
 
Nel settembre 1924, alla corsa del Semmering, vicino Vienna, salii ancora una volta sul sedile di destra di una macchina da corsa, determinato a mostrare ai miei amici austriaci quello di cui ero capace. La corsa del Semmering era quella che oggi chiameremmo una gara di velocità in salita. La strada saliva tramite vari tornanti per sette miglia attraverso le montagne, i piloti partivano uno alla volta. Era una corsa contro il tempo.
Non avevo mai preso le curve così dolcemente. Alla fine ero così esausto che mi ci vollero cinque minuti abbondanti per uscire dalla macchina, ma il mio tempo, 7 minuti, 34 secondi e 4/10 sembrava virtualmente imbattibile. Poi arrivò Christian Werner. Prendeva le curve in dérapage con un colpo d’acceleratore in una maniera che trovai molto sgradevole. Non era certamente il mio stile. Il suo tempo fu di 6 minuti, 55 secondi e 6/10! Anche il veterano, Salzer, era stato più rapido di me a alla fine dovetti accontentarmi del quinto posto. Quando dissi alla mia ragazza, Hansi, che qualcosa doveva essere andato in tilt nei cronometri, lei rispose seccamente:
- C’è solo una cosa che non va, Fred. Gli altri piloti correvano come dei folli, e tu come … un guardiano notturno.
 
Cominciai allora a sospettare che dopotutto non ero forse destinato a diventare un grande pilota. I miei sospetti furono confermati alcune settimane più tardi.
 
Ci preparammo per il Gran Premio d’Italia sul nuovo autodromo di Monza. Dividevo la camera in un piccolo albergo molto spartano con il giovane Caracciola che era stato autorizzato a partecipare per fargli fare la prima esperienza come pilota di riserva. Cercai di metterlo a suo agio in un ambiente per lui nuovo.
 
- E’ qualcosa che non dimenticherai mai - gli assicurai - gli Italiani sono matti e ci saranno almeno centomila persone.
 
Gli promisi che gli avrei mostrato come una vecchia volpe poteva prendere la famosa curva di Lesmo, che era stata costruita con una notevole sopraelevazione e che all’epoca poteva essere abbordata a quasi 110 miglia orarie (177 km/h). Avevo messo a punto un trucco noto solo a me. Se entravo in curva sfiorando il bordo superiore della pista, potevo far girare la vettura su un breve tratto arrotondato, e utilizzare la pendenza per acquisire velocità e lanciarmi sulla giusta traiettoria. Quando il fondo era asciutto, funzionava perfettamente. Malauguratamente, quando partii per il mio ultimo giro d’allenamento, era caduta una pioggerellina molto fine. Ero ancora determinato a mostrare al giovane Caracciola quel che potevano fare l’audacia e l’immaginazione. Arrivai alla curva a 110 miglia all’ora. Il mio passeggero, Heminger, mi gettò un’occhiata nervosa (a quell’epoca, a bordo dell’auto c’era anche un meccanico).
Al momento cruciale, girai rapidamente il volante ma, appena entrammo in traiettoria, le ruote posteriori cominciarono a sbandare in derapage, prima a destra, poi a sinistra. Prima che io avessi il tempo di capire cosa stava succedendo, la vettura aveva compiuto un testacoda mentre usciva di pista a circa 80 miglia orarie (quasi 130 km/h). Fu uno shock terribile. Un turbinio di terra, polvere e sassi, poi il silenzio. Avevo paura di aprire gli occhi. Quando lo feci, non eravamo ancora finiti in paradiso, ma eravamo bloccati sulla sommità del terrapieno che era stato creato per proteggere gli spettatori. La vettura poggiava come il braccio di una bilancia sul serbatoio di carburante piazzato al centro del telaio. Ogni minimo movimento poteva farla oscillare avanti o indietro.
Cinque minuti più tardi arrivò un squadra di soccorritori, che ci tolsero da quella pericolosa posizione. Dietro di loro, scorsi il giovane Caracciola, che mostrava un largo sorriso.
 
Le umiliazioni non erano finite. Al posto dei centomila spettatori che avevo pronosticato con tanta sicurezza, ce ne erano appena qualche migliaio. Terminai i miei giri, e alla fine risultavamo tra i più lenti. Di certo questo non rese più facile la vita al ventiquattrenne Caracciola. Ammetto senza difficoltà che molta della mia delusione e del mio amor proprio si trasferirono su di lui, e che gli altri corridori più anziani gli avrebbero fatto passare alcuni brutti momenti, ma Caracciola mostrò le qualità di pazienza e indipendenza di spirito che dovevano portarlo sull’olimpo della sua pericolosa professione.
 
Nel giugno 1926, per la prima volta potei apprezzare in profondità il suo vero carattere. Sul circuito dell’Avus a Berlino si doveva svolgere la prima grande corsa internazionale dalla sua apertura nel 1921: il Gran Premio di Germania. Partecipavano quaranta assi di varie Nazioni, ma la Mercedes aveva deciso di disputare una gara a San Sebastian, in Spagna.
 
Rudi Caracciola si prese tre giorni di riposo dal suo ufficio di Dresda e arrivò senza preavviso allo stabilimento Mercedes di Unterturkheim. Convinse il direttore generale Sailer, che alcuni anni prima era stato anche lui un pilota, a farlo partecipare in forma ufficiosa al Gran Premio. La Mercedes avrebbe fornito la macchina e coperto i costi, Caracciola si sarebbe preso i rischi di un eventuale fallimento.
 
Quando arrivò il grande giorno, Sailer e il Dottor Porsche apparvero insieme per dare a Rudi il loro sostegno morale. Uno dei grandi veterani della Mercedes, Otto Salzer, si era offerto volontario come co-pilota. Ma le possibilità di Caracciola di fronte all’esperienza di tutti quei piloti di calibro internazionale sembravano estremamente ridotte.
Quando finalmente si abbassò la bandiera di partenza, davanti a una tribuna d’onore nella quale era presente anche il Principe Ereditario, una vettura, una Mercedes bianca che portava il numero 14, non riusciva a partire. Salzer saltò fuori e iniziò a spingere, mentre Caracciola, col viso rosso di sudore, schiacciava la frizione inserendo una marcia. Dopo un silenzio che appariva interminabile, il motore tossì poi resuscitò ricominciando a ruggire. Salzer fece appena in tempo a saltare al suo posto mentre Caracciola rilasciava la frizione, e in un attimo erano già lontani. Ma ben sessanta preziosi secondi erano andati perduti.
 
Al terzo giro, il favorito, Riecken, in una pesante NAG, aveva preso nettamente la testa, ma due giri più tardi il famoso pilota-gentleman Rosenberger, su una Mercedes privata, era passato dall’ottava alla terza posizione. Il giovane Caracciola, sulla Mercedes della Casa, aveva recuperato il tempo perduto alla partenza ma era ancora lontano dall’essere veramente in lotta per la vittoria.
 
Al quinto giro, una violenta pioggia cominciò a cadere e l’asfalto divenne più scivoloso del vetro. Rosenberger, guidando come un folle, strappò la prima posizione a Riecken. Poi, al settimo giro, mentre abbordava la pericolosa Curva Nord a 105 miglia l’ora (circa 169 km/h), avvertì improvvisamente un odore dolciastro e inquietante che si spandeva nella vettura. Le vetture da corsa dell’epoca avevano dei piccoli serbatoi di etere, che poteva essere iniettato nel carburante per facilitare la partenza. Il serbatoio di Rosenberger presentava una fuga di vapori di etere che si diffondevano rapidamente nell’abitacolo. Istintivamente sporse la testa verso l’alto per respirare un po’ di aria fresca, ma quel leggero movimento finì per far sbandare la vettura.
 
Rosenberger tentò invano di riprendere il controllo della macchina. Urtò contro la postazione dei cronometristi sulla Curva Nord. Quando arrivarono le squadre di soccorso, trovarono Rosenberger e il suo co-pilota seriamente feriti, mentre nella postazione c’era un morto e due feriti gravi (più tardi morirono anch'essi, ndt).
 
Riecken aveva ripreso la testa della corsa. Caracciola non aveva alcun modo per conoscere la sua posizione in gara e di sapere che all’ottavo giro era passato in terza posizione stabilendo anche il nuovo record sul giro sotto la pioggia battente. I sistemi di segnalazione dai boxes erano ancora sconosciuti.
 
Quando Riecken si fermò per cambiare gli pneumatici, le cinquecentomila persone che circondavano la pista dell’Avus assistettero al raro spettacolo di un pilota che, completamente ignaro, prendeva la testa del Gran Premio di Germania, ma durò per un solo giro, visto che il motore cominciò a tossire facendogli perdere due preziosi minuti per il cambio delle candele.
 
Quella perdita di tempo fu parzialmente recuperata con un giro record alla media di 98 miglia orarie ( 157 km/h). Quando Riecken entrò ai boxes per la seconda volta a cambiare le gomme al diciottesimo giro, la Mercedes bianca n. 14 riprese la testa della corsa senza che il pilota potesse rendersene conto. Fu solo quando Caracciola superò il traguardo, salutato da una tempesta di applausi e dai gioiosi abbracci di Sailer e di Porsche, che egli comprese di aver vinto 17'000 marchi, una coppa d’oro e il suo primo Gran Premio di Germania".
 
 
(Mia traduzione dal francese del primo capitolo del libro "Mon royaume la vitesse", versione francese di "Manner, frauen und motoren", di Alfred Neubauer)
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