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Can-Am: 1966-1974


Lotus72

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Salve a tutti,

 

ancora questo e poi tutto rnviato alla prossima settimana ...

 

PITLANE 1971 - FERRARI

Parlando di Ferrari impegnate nel Challenge facciamo riferimento a due piloti che l’hanno fatto con alterne fortune.

#48 Herbert Mà¼ller - Ferrari 512M (Mà¼ller Racing)

 

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(forum-motorlegend)
 

Dopo aver debuttato in carriera praticamente in esclusiva con la Scuderia Filipinetti, a fine stagione ’70 lo svizzero Herbert Mà¼ller crea la sua Scuderia. Acquista sei prototipi 512 (nelle varie versioni S ed M) ed utilizza il telaio #1044, con il compatriota Herzog, nel Mondiale Marche.

Il suo debutto nella CanAm dovrebbe avvenire nel lungo week-end di Watkins Glen, il sabato alla 6 Ore del Mondiale e la domenica nel Challenge; purtroppo un incidente durante la gara del sabato ne impedisce la partecipazione alla domenica

 

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(autodiva.fr)

 

Ci saranno altre tre partecipazioni con due arrivi nei punti tra cui il quarto posto a Mid Ohio.

 

25/07/1971 – Watkins Glen – prove Qualificato in 1’09’’200 – gara DNS (incidente alla 6 Ore)
22/08/1971 – Mid Ohio – prove 11° in 1’31’’828 – gara 4°
29/08/1971 – Road America prove 11° in 2’15’’996 – gara 10°
12/09/1971 – Donnybrooke prove 13° in 1’35’’493 - gara DNF trasmissione

 

Herbert Mà¼ller è sicuramente un personaggio schivo, con un bel palmares ma conscio delle proprie reali possibilità  e, come spesso accade con persone di questo tipo, sicuramente dotato di una certa auto-ironia, ben chiara nella foto qui sotto, scattata in uno dei paddock americani in questa stagione.

 

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(forum-auto)

 

#76 Jim Adams – Ferrari 612P (ex Amon motorizzata 5 litri Earle – Cord Racing )


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(Richard A. Reeves)

 

Jim Adams comincia la stagione 1971 con la sua Ferrari 612P nella stessa configurazione in cui aveva finito quella precedente.

Nel corso della stagione pare che la sua 612P diventi, almeno in una occasione, una vera 612P (c’è chi sostiene addirittura che possa essere stata una 712P) ma di questo non c’è documentazione per poterlo comprovare). Di certo per curare un certo nervosismo del telaio si sono viste alcune evoluzioni aerodinamiche tendenti a restituire una certa tenuta al posteriore, quanto efficaci non è dato sapere. Nella foto sotto, scattata ad Laguna Seca, si vedono due mini ali sul cofano posteriore, apparse in precedenza già  ad Edmonton.

 

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(Pete Lyons)

13/06/1971 – Mosport pin 1’22’’000 – gara 8°
27/06/1971 – St Jovite – prova 9° in 1’37’’700 – gara DNS
11/07/1971 – Road Atlanta – prova 10° in 1’22’’200 – gara 10°
25/07/1971 – Watkins Glen – prova DNP motore
26/09/1971 – Edmonton – prova 6° in 1’25’’100 – gara DNF
17/10/1971 – Laguna Seca – prove 10° in 1’02’’450 – gara 8°

29/08/1971 – Riverside – prove in – gara DNF

 

 

E non possiamo poi certo dimenticare l’unica vera partecipazione ufficiale al Challenge 1971:

 

#50 Mario Andretti - Ferrari 712M (Spa Ferrari SEFAC)

 

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(SportAutoMagazine)
 

La barchetta 712 ingaggiata per l’occasione sotto i colori della ‘’Scuderia’’ è stata sviluppata par-tendo da un telaio 512M (#1010). Mancando la parte del padiglione la scocca è stata irrigidita e comunque sono stati mantenuti i tratti caratteristici del telaio d’origine, con il traliccio tubolare posteriore che utilizza gli attacchi motore come aiuto alla rigidità  dell’insieme. Il motore è un sette litri, dichiarato dalla casa, ma non è stato mai chiarito se è il 6900 del 1969 con il nuovo carter bella berlinetta sport o se è un 512 rialesato, anche se effettivamente i due motori hanno la stessa architettura. La sola ammissione di Forghieri è che è una evoluzione del motore usato vittoriosamente da Merzario nell’Interserie di Imola, anche se allora si era spergiurato che fosse un 5000 evoluto e non un sette litri tout court. Anche la carrozzeria tradisce origine e provenienza berlinetta, mantenendone praticamente la parte anteriore con l’eccezione del saute vent al posto del parabrezza, mentre al posteriore, a parte la presa di alimentazione mutuata dalla 512M, il cofano motore e molto piatto e, almeno durante i test si raccordava ad un alettone concavo che poi non è stato utilizzato in gara a Watkins Glen.

 

25/07/1971 – Watkins Glen – prova 5° in 1’07’’660 – gara 4°

 

1971s149.jpg

(forum-motorlegend)
 

Secondo fonti ben informate questa 712 avrebbe dovuto essere una vettura intermedia per lavorare su motore e cambio, in attesa di poter avere un telaio interamente dedicato al Challenge. Molti test sono stati condotti, prima della trasferta Americana, da Peter Schetty per mettere alla frusta il gruppo motore-cambio. Malauguratamente la stagione ’71 non sarà  la migliore della Scuderia in F1 ed il progetto verrà , come già  altre volte, accantonato.

 

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(Autosprint Magazine)

 

alla prossima con la "... Molson Cup a Edmonton ..."

 

Franz

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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come sempre il solo clik sul "mi piace" mi lascia inespresso perchè stimo moltissimo questo tipo di lavorappassionatamente...

 

ma stimolato da alcune tue affermazioni tipo " un lungo week-end a quattro zampe ..." mi sorge 1 curiosità ...

Tu ti riferisci a cavalli?   non vapore ma pelo e ossa?  :asd: 

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Salve a tutti

àˆ la mia seconda passione, 560 kg di trotter con grossi problemi al sospensore del nodello ant/sx (secondo l'ex proprietario da "buttare" così ho colto la palla sl balzo e me la sono fatta regalare) ricostruiti e riattati con pazienza ed il grande aiuto di mia figlia a cavalla da campagna.

Ma l'impegno del weekend è che sono anche giudice di monta western e sono a Modena a giudicare un evento.

Alla prossima

Franz

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Salve a tutti,

 

rientrato ed andiamo avanti ...

 

Edmonton – September 26 – Molson Cup

 

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Edmonton, Canada. La stagione va verso l’autunno e andando verso Nord le temperature non sono più quelle di una calda estate indiana, che ancora troveremo nella doppia trasferta californiana di chiusura Challenge. Il circuito accoglie i 25 iscritti con un cielo grigio ed un asfalto freddo che mette in difficoltà  i piloti, alle prese con gomme che non vogliono saperne di fornire un grip adeguato. Dal giovedì al sabato è un susseguirsi di testacoda e uscite di strada più o meno innocue, favorite anche da improvvise folate di vento che tagliano trasversalmente il rettilineo principale ma servono almeno a tenere lontano grossi nuvoloni neri che circondano il tracciato. Comunque, pur con queste temperature ben più basse della media, la prima fila ha la sua solita connotazione arancione con Revson che continua nel suo momento magico mettendo la sua McLaren M8F in Pole con un tempo che nessuno riesce nemmeno ad avvicinare: 1’20â€3 ! Hulme che lo affianca con la seconda M8F rimedia la bellezza di 1â€1 e Jackye Stewart che pure sta facendo impazzire il pubblico per come butta la sua Lola T260 dentro le curve è addirittura ad 1â€9. Lo scozzese sta continuando, in accordo con Broadley ed i tecnici Lola, a lavorare sulla T260 per ovviare a quel comportamento che la rende imprevedibile nei trasferimenti di carico. Novità  in questo senso anche qui a Edmonton dove appare una modifica radicale al muso che perde quella sua caratteristica forma spiovente per far posto ad una nuova forma a cucchiaio, proprio con l’intenzione di riequilibrarla, lavorando sui flussi sopra la vettura e spostando l’ala completamente a sbalzo e abbassandola fino a farla diventare una ideale prosecuzione della carrozzeria.

 

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(Bob Jackson)

 

Motschenbacher completa la seconda fila con la sua M8D mentre in terza ci sono la Shadow Dn2 di Oliver e la Ferrari 612P di Adams. Quarta fila con affiancati Jo Siffert con la sua Porsche 917/10 ed a chiudere le prime cinque file troviamo ancora una volta Bobby Brown ormai abituato alla nuova M8C ed il giapponese emergente Hiroshi Kazato con la Lola T222 di Haas. Quando ormai tutte le vetture sono in griglia pronte per il giro di lancio cominciano a cadere le prime gocce di pioggia. C’è un po’ di caos ma tutti optano per le gomme da asciutto confidando nel buon drenaggio della pista e che il vento allontani e nuvole. Nel giro di lancio c’è il primo colpo di scena, Peter Revson rientra ai boxes con la sua McLaren M8F che fa un bruttissimo rumore.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Hulme scatta benissimo ma alla prima curva è forse troppo prudente sulla pista umida e Stewart non perde l’occasione per ritardare la staccata e mettere la sua Lola davanti al gruppo. Nella manovra che manda in visibilio il pubblico, lo scozzese si porta dietro Oliver e la sua Shadow. Al primo giro quindi Hulme è solo terzo e sembra faticare a tenersi dietro Motschenbacher, Adams, Siffert e Parsons. Insieme a Revson anche McCaig non è partito, fermato dalla da una panne elettrica. Non si erano addirittura schierati Dave Causey, per una perdita di benzina sulla sua Lola T222 e Rick Moore con la sua Moore Special (che abbiamo gia visto in occasioni delle trasferte canadesi nelle stagioni precedenti). Stewart da fondo a tutta la sua arte e sul fondo umido fa presto il vuoto al ritmo di 1†al giro. Hulme riprende a girare con tempi degni del suo nome e si riavvicina alla Shadow di Oliver ma non trova l’occasione per passarlo. Intanto si ferma Jim Adams con la Ferrari 612P, sulla quale sono apparse due mini ali in coda, bloccata dalla rottura del differenziale.

 

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(Bob Sparck)

 

Intanto entra nei primi dieci Milt Minter con la Porsche 917Pa di Vasek Polak; partito 11° ha perso un paio di posizioni nel caos della prima staccata, eccesso di prudenza o buona visione di gara e poi ha cominciato a risalire il gruppo, intravedendo una ghiotta occasione per un buon risultato.

 

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(John Wilson)

 

Intanto, all’11° giro Revson rientra in pista con lo Chevy che ora canta veramente una bella musica; Cosa era successo? Dopo le qualifiche, nella solita revisione di routine, sembra che una rondella sia scivolata all’interno di un tromboncino della bancata di sinistra e che sia rimasto a rimbalzare tra l’iniezione e le valvole, fortunatamente senza finire all’interno del cilindro. La pioggia sembra aumentare di intensità  ma non in maniera preoccupante e Stewart danza da una curva all’altra dando spettacolo, mentre Hulme lo insegue ma continuando ad accumulare secondi di ritardo, limitandosi a controllare Oliver e considerando anche la buona possibilità  di riaprire il Challenge grazie al problema occorso a compagno. Un altro che coglie al volo l’occasione offerta da questo strano tempo è John Cordts che, scattato dalla settima fila con il quattordicesimo tempo con la sua McLaren M8C sulla quale ha montato un Turbo, è risalito fino alla settima posizione e sta battagliando con Lothar Motschenbacher per la sesta.

 

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(Dave Friedman)

 

Al trentatreesimo giro viene data la Bandiera Nera a Bobby Brown; si ferma e discute animatamente con i Marshall, sembra che voglia a tutti i costi ripartire ma poi porta la sua McLaren M8E nel paddock e concede ai giornalisti la sua spiegazione sull’accaduto “… mi hanno fermato perché sono stato fatto partire a spinta, ma non era ancora stato dato l’avvio alla procedura di partenza e quindi non credo di aver fatto niente di irregolare …†Di parere opposto il Direttore di gara che spiega in questo modo il perché della squalifica “… il pilota, Bobby Brown, ha ragione quando dice che la procedura di partenza non era ancora cominciata ma lui non era nel paddock e quindi avrebbe dovuto avviarsi con un avviatore e non a spinta. Non ci sono alternative e concordo pienamente con la decisione dei Marshall …†Fuori anche Mel Brennan per surriscaldamento dello Chevrolet montato sulla sua Lola T163 e passata da poco la metà  gara si fermano anche Kazato col cambio della Lola T222 bloccato in quinta e Bill Cupp per il cedimento del motore sulla Lola T163.

Stewart la davanti continua la sua corsa solitaria movimentata solo dai tanti doppiaggi e sembra aver trovato una soluzione ai problemi della Lola T260. Indubbiamente la situazione meteorologica gli sta dando una mano, vista anche la situazione nel Challenge ma i tempi che fa e la sua guida su un fondo ad aderenza precaria sono sotto gli occhi di tutti. Intanto le posizioni cominciano ad assestarsi e l’unico duello è ancora quello tra Cordts e Motschenbacher che lottano per la sesta posizione abbastanza lontani da Minter, buon quinto e con margine sufficiente su Chuck Parsons, per l’occasione al volante della seconda McLaren del Team Motschenbacher. Il colpo di scena arriva ad una dozzina di giri dalla fine, con Motschenbacher che approfittando dell’arrivo di Stewart alle loro spalle, riesce a prendere qualche metro di margine su John Cordts. Lo scozzese passa la McLaren Turbo del Canadese e poi si mette in coda al pilota di origine polacca ma c’è una incomprensione e la Lola T260 non trova lo spazio per effettuare il sorpasso; Lothar Motschenbacher si è prima spostato poi ha ripreso la linea con la sua McLaren M8C. Le due vetture si toccano, un lieve contatto che lascia pochi segni sulle carrozzerie ma, sbilanciato, Stewart deve allargare sull’erba ed effettua un testa coda che lo porta lontano dalla pista.

 

 

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(Jack Gazlay)

 

Anche Lothar è sbilanciato ma esce sul lato opposto dove il prato è in salita ed approfittando di una strada di servizio rientra in pista anche se ormai John Cordts è passato e si è involato verso un brillante sesto posto. Per Stewart le cose vanno peggio; per risalire lungo il pendio erboso lo scozzese lascia per strada i suoi cinquanta secondi di margine ed un pezzo di frizione della sua T260 e quando riesce a rientrare in pista Denny Hulme è appena passato. Lo scozzese ha una sua idea sul contatto “… ho visto Lothar spostarsi e credevo mi avesse visto, invece poi improvvisamente ha ripreso la sua linea e non ho più avuto lo spazio sufficiente per poter passare ma non avevp più la possibilità  di riaccodarmi. Il contatto è stato inevitabile e purtroppo io ero dal lato in discesa. Per recupoerare l’asfalto ho bruciato la frizione ed avevo la parte dietro piena di fango per cui ho preferito accontentarmi del secondo posto …†Chiaramente anche il pilota di origine polacca ha la sua versione dei fatti “… Stewart è arrivato e non ci ha praticamente lasciato il tempo di farci da parte – commenta con un sorriso – mi sono spostato ma non potevo finire fuori, anche la mia aderenza era precaria e mi dispiace che questo incidente gli abbia fatto perdere la corsa ma non mi ritengo responsabile …†Altri tempi, altre regole, ma alla fine i piloti si sono chiariti e non ci sono state polemiche a fine gara. Tra l’altro anche Motschenbacher paga pegno perché vede scappare John Cordts e gli va bene che quelli dietro di lui erano molto lontani. I giri finali sono quindi una passerella per Denny Hulme che non crede ai propri occhi e va a vincere la sua seconda corsa stagionale con una McLaren M8F veloce ed affidabile, riaprendo di fatto un Challenge che sembrava indirizzato verso la prima vittoria di un Americano in America.

 

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(Jim Buell)

 

Secondo uno Stewart che, passata l’arrabbiatura per il contatto che gli è costato una vittoria certa, sul podio torna ad essere quel personaggio che tutti conoscono ed a festeggiare una ritrovata competitività  della sua Lola e soprattutto una dimostrazione di talento al volante su un fondo a bassa aderenza che ha lasciato tutti a bocca aperta. Gioua grande anche per Jackye Oliver che ha ancora una volta avuto per le mani una Shadow Dn2 molto veloce e questa volta anche affidabile che gli ha regalato finalmente un traguardo e pure sul podio.

 

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(Dave Friedman)

 

Quarto piazza per lo svizzero Jo Siffert che si regala il quinto arrivo su cinque partenze e mai più giù del quinto posto, a dimostrazione una volta di più dell’affidabilità  della Porsche 917/10 che a Stoccarda stanno già  sviluppando in previsione di una partecipazione su altre basi a partire dalla stagione a venire.

 

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(Jack Gazlay)

 

Seguono al quinto posto Milt Minter con la Porsche 917Pa di Vasek Polak; al sesto John Cordts che porta lo Chevy Turbo, montato sulla sua M8C, ad un bel risultato; settima piazza per Lothar Motschenbacher, McLaren M8D che precede il suo nuovo compagno di squadra (che lo accompagnerà  fino a Riverside) Chuck Parsons, con la McLaren M8E vestita da D. A Chiudere la Top-ten George Drolsom e Gary Wilson, anche loro al volante di due McLaren, rispettivamente una M8C ed una M12.

 

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(Lola-heritage)

 

Dave Causey – Lola T222 L’Americano, chiusa la stagione precedente al 4° posto (ricordate che definì la sua Lola T160 una fabbrica di $?) passa ad una più recente T222 ma la sua stagione è ricca di incidenti e con poche gioie. A Laguna Seca l’atto finale, che vedremo meglio in cronaca.

 

Alla prossima con "... BRM ..."

 

 

Franz

 

 

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Salve a tutti,

 

avviandoci verso la fine della stagione è ora della BRM ...

 

PADDOCK 1971 – BRM P167

 

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(Dave Friedman)
 

La P167 è parente della sua antenata, la P 153; mail telaio ha subito diverse modifiche che lo hanno reso decisamente più leggero pur guadagnando in termini di rigidità  e soprattutto sui campi di gara la mano di Ron Bennett si fa sentire nella messa a punto finale di adattamento al circuito. Infine, al contrario di quanto accadeva la stagione precedente, i motori, dei classici Chevrolet da 7,8 litri, non sono più curati in casa ma vengono affidati ad uno specialista del calibro di Gorge Bolthoff e la vettura sarà  seguita sui campi di gara dal Team di Syd Taylor.

 

17/10/1971 – Laguna Seca
#38 Brian Redman - BRM P167 Chevrolet (Sid Taylor) - 6° in prova in 1’00’’730 - 4° in gara

 

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(Sport Auto Magazine)

 

A Laguna Seca Brian Redman, pilota scelto direttamente da Louis Stanley, patron della storica casa inglese, finisce buon quarto dopo una gara condotta il lotta con altri protagonisti del campionato e comunque davanti a Siffert ed alla Porche “ufficialeâ€.

 

31/10/1971 – Riverside
#38 Howden Ganley - BRM P167 Chevrolet (Sid Taylor) - 9° in prova in 1’35’’690 - 3° in gara

 

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(autodiva.fr)
 

Purtroppo dopo questa corsa Jo Siffert e Brian Redman, rientrano per la Corsa dei Campioni a Brands Hatch. Siffert proprio come pilota ufficiale BRM, rimane ucciso disputandola. Brian Redman rimane in Europa per i funerali ed al suo posto Stanley ingaggia Howden Ganley. Nelle qualifiche Ganley fatica per trovare un assetto ideale, ma la domenica mattina Bennett rivolta la vettura come un calzino trovando una quadratura che permette a Ganley di finire a podio, approfittando di qualche ritiro ma dopo una gara consistente e veloce.

 

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(Autosprint Magazine)

 

Quindi dopo aver vinto le due corse conclusive dell’Interserie ad Hockenheim e ad Imola (sopra) ed aver attraversato l’atlantico per le due gare conclusive del Challenge, cogliendo due più che lusinghieri risultati, la P167 rientra in Inghilterra per proseguire la sua carriera nelle corse Europee.

 

Alla prosiima

 

Franz

 

 

 

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Salve a tutti,

 

siamo in dirittura e vediamo come andrà  a finire ...

 

Laguna Seca – October 17 – Monterey Castrol Grand Prix

 

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Molte novità  qui a Laguna Seca per la penultima prova di un Challenge che ancora una volta ha sorpreso; due debutti, la Brm P167 con al volante Brian Redman reduce da due vittorie nelle due tappe conclusive dell’Interserie e David Hobbs con la rediviva Autocoast Ti22, ora proprietà  di Nick Dioguardi. E poi c’è il ritorno ad un clima caldo, tipico della California che fa dimenticare il freddo e l’acqua presi in quel di Edmonton. Infine la presenza di un nutrito numero di piloti locali che approfittano dell’occasione per tentare la sorte nella Can-Am. Le tre settimane che intervallavano la trasferta Canadese dalla tappa Californiana hanno permesso a tutti i team di lavorare sulle macchine ed un instancabile Stewart ha condotto l’ennesima serie di test per porre rimedio al cronico sottosterzo della sua Lola. Per Laguna Seca è stata deliberata un’ala anteriore a sbalzo sul muso che non ha più quella forma a cucchiaio vista a Edmonton ma è di nuovo spiovente come ad inizio stagione; la nuova ala interagisce con un nuovo disegno dei passaruota che evacuano meglio le turbolenze create dalle ruote anteriori contribuendo a pulire il flusso verso l’ala dietro che invece è esattamente quella di Edmonton, completamente a sbalzo e bassa quasi a filo della carrozzeria.

Sin dalle prime prove lo scozzese si rende conto che la macchina in questa configurazione è decisamente più stabile ma ha perso quella velocità  di punta che l’aveva caratterizzata nelle uscite precedenti ed allora da pilota intelligente qual è lavora in funzione della gara sacrificando le qualifiche. Qualifiche che premiano nuovamente le McLaren, con Revson che mette la sua M8F nuovamente davanti a quella di Hulme, anche se stavolta di un’inezia. In seconda fila col terzo tempo l’Autocoast Ti22 pilotata da David Hobbs, che scrive un altro pezzo di storia di questa vettura che a distanza di due anni dal suo primo debutto, pur con pochi affinamenti, ora che Peter Bryant suo ideatore è passato ad occuparsi della Shadow, continua a recitare un ruolo da protagonista. Al suo fianco Stewart con la Lola T260 che a dispetto della qualifica non brillante è nei pensieri dei leader del campionato “… ho avuto modo di seguirlo durante le prove ed ho notato che ora la sua Lola è molto più composta – racconta Hulme – nella parte guidata, giù dal cavatappi fino al traguardo è veramente stabile poi nella parte iniziale del giro, quella veloce perde qualcosa ma sarà  una bella rogna trovarsela davanti …†e Revson è dello stesso avviso “… sarò costretto a partire bene perché Jackye ha sistemato veramente bene la sua macchina e se si mette davanti passarlo sarà  un problema …†Da inizio stagione poco è cambiato nei rapporti interpersonali e Hulme continua a non chiamare per nome lo scozzese limitandosi a un “lui†e Stewart non perde occasione per rimarcare quanto la M8F sia una “gran macchina†… In terza fila Oliver con la Shadow Dn2 (a chiedersi come mai si è qualificato dietro la sua ex macchina) e la debuttante Brm P167 di Brian Redman; in quarta Jo Siffert con la Porsche 917/10 e Lothar Motschenbacher con la McLaren M8D.

 

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(Dave Friedman)

 

Dietro di loro Vic Elford che si qualifica con la M8D che il Team A.R.A. ha comprato al venerdì, dopo che lo stesso pilota inglese aveva distrutto in un incidente la sua abituale M8E, affiancato da Jim Adams ancora una volta nella Top-ten con la datata Ferrari 612P, sempre spinta dal 5 litri.

Allo start le preoccupazioni del duo McLaren si stemperano quando sulla salita che porta al cavatappi sono entrambe davanti a guidare il gruppo con Hobbs, Stewart, Oliver, Redman e Siffert. Quando il gruppo ancora compatto arriva al cavatappi Stewart sfrutta il perfetto set-up della sua Lola T260 e passa Hobbs che certo non se l’aspettava; l’inglese si disunisce allargando la traiettoria e viene passato anche da Oliver che restituisce il sorriso al suo progettista mettendo la “nuova†Shadow davanti alla “vecchia†Autocoast. Stewart cerca di non perdere il contatto con i due leader, ma la cosa gli riesce solo con Hulme in quanto Revson si mette da subito a girare in tempi che sono troppo per i suoi inseguitori. La corsa è decisamente animata, soprattutto nelle retrovie dove ci sono sorpassi, contatti e testa coda che infiammano il pubblico, accorso come sempre numeroso per il Challenge. Chuck McConnel si ferma quando ha un incidente con la sua McLaren M6B modificata nelle form ora decisamente spigolose e lascia in pista una discreta quantità  di liquidi, cosa che fa pure Jerry Hodges quando la sua McKee lo lascia per strada con il differenziale a pezzi. Denny Hulme comincia ad avere problemi con il suo Chevy che spesso in accelerazione tossicchia e dopo un paio di tentativi Jackye Stewart mette la sua Lola T260 davanti alla McLaren M8F.

 

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(Pete Lyons)

 

Liberatosi di Hulme, lo scozzese prova un ricongiungimento con Revson ma il ritmo dell’americano è chiaramente indicativo di una superiorità  che neanche l’immensa classe dell’ormai Bicampione del Mondo può contenere. Intanto Laguna Seca si conferma un circuito decisamente impegnativo e duro, a dispetto del tempo sul giro sotto il minuto e ne fanno le spese Oliver che afflitto da problemi all’acceleratore sin dai primi giri finisce col trovarsi senza freni e Dave Causey che, scivolando sull’olio lasciato da chi si era fermato prima di lui, con la sua Lola T222 entra in contatto con la Autocoast di David Hobbs. Purtroppo la Lola prende fuoco e rimane distrutta. Grosso spavento per Causey, gara rovinata per entrambi ma nessun danno fisico.

 

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(tamsoldracecarsite.net)

 

La gara è stabilizzata nelle prime posizioni ma ancora molto vivace nelle posizioni di rincalzo, dove si da fondo a tutte le risorse, meccanicge e di pilotaggio, per provare ad ottenere un buon risultato. Questo spremere la meccanica porta ad una serie di ritiri che puniscono qualcuno premiando qualcun altro. Nella foto sotto vediamo Steve Matchett che porterà  la sua piccola #87 Porsche 908/2 3 litri al 13° posto finale, ultimo di una striscia di cinque arrivi di cui due a punti dopo un avvio di stagione che lo aveva visto fermarsi tre volte nelle prime tre uscite. Lo seguono George Drolsom che porterà  la sua #34 McLaren M8C alla 16° piazza e Bill Cupp che invece pur vedendo il traguardo con la #16 Lola T160 non verrà  classificato essendosi arrivato a 26 giri dal primo.

 

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(Dave Friedman)

 

Gli altri due nella foto sono Jay Hills che riuscirà  a portare la #81 McLaren M6B e Chuck McConnell che invece, come abbiamo visto in precedenza, è stato il primo a fermarsi con la #33 McLaren M6B con carrozzeria modificata. Intorno ai due terzi di gara tutto sembra essere rimesso in discussione quando, nel doppiare Kazato, Peter Revson entra in contatto con la Lola del giapponese. Kazato si ferma nella sabbia con un gran polverone che mette in difficolta i piloti che seguono mentre l’Americano è costretto ad una fermata non prevista per fissare lo sportello di destra che penzola pericolosamente. “… avevo un gran passo e forse sono stato troppo precipitoso e forse Hiroshi poteva essere più attento chissà  â€“ racconterà  Peter ai giornalisti nel dopo gara – ma credo che dovremo dividerci la responsabilità ! Di sicuro se dovrò doppiarlo ancora presterò più attenzione …†anche la versione del giapponese sarebbe stata interessante da ascoltare ma timido e schivo qual è sempre stato ha preferito glissare sull’argomento commentando al contrario la sua stagione “… un peccato questi ultimi due ritiri, avrei potuto sommare qualche altro punto ma resto comunque soddisfatto di questa mia stagione …†come dire incidente?!? Revson?!?

Quando i meccanici lo rimandano in pista Stewart è appena passato ed in breve Revson gli è in coda. Prudenzialmente, visto quanto appena accaduto si prende un certo margine e lo passa in sicurezza nella parte veloce ricominciando subito a costruirsi un piccolo vantaggio.

La gara sembra stabilizzarsi anche nelle posizioni fuori dai punti e tutti sembrano soddisfatti di quanto stanno per raccogliere ma le sorprese sono sempre dietro l’angolo e così ad una decina di giri dalla fine Revson comincia a perdere terreno con il suo Chevrolet che emette brutti suoni. Stewart che aveva a sua volta alzato il ritmo accelera nuovamente; a tre giri dalla fine sono ancora dieci i secondi che lo separano dall’americano ma proprio sul traguardo lo Chevrolet di Revson comincia a fumare dalla bancata di destra e qui comincia quello che diventerà  il giallo di questo finale di stagione perché avrebbe potuto dare un volto diverso al Challenge. Al penultimo giro solo due secondi separano ancora la McLaren M8F di Peter Revson dalla Lola di Stewart e ad accoglierlo sul traguardo l’americano trova una bandiera nera.

 

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(John Wilson)

 

“… ero impegnato a porttare la mia macchina al traguardo per non compromettere le mie possibilità  e non ho visto nessuna bandiera, nera, blu o gialla …†racconta ancora sudato appena sceso dall’auto a Teddy Mayer che lo informa del “problemaâ€.

Stewart lo raggiunge ma nel fumo preferisce accodarsi e così all’ultimo giro Peter taglia il traguardo ma non trova la badiera a scacchi che invece viene sventolata al passaggio della Lola T260 di Jackye Stewart.

 

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(Pete Lyons)

 

Anche lo scozzese ha qualcosa da dire “… è stata la miglior Lola della stagione. Precisa e stabile, ho perso velocità  di punta ma quella si può ritrovare e per Riverside lavoreremo in quella direzione. Oggi certo devo ringraziare i problemi delle due McLaren ma certo non li ho costretti io a tirare oltre il limite. Credo di essere stato l’avversario più pericoloso da anni per il Team McLaren e questa terza vittoria mi rende molto felice e fiducioso …†Purtroppo non sarà  così, almeno sotto il profilo del risultato. Il team McLaren fa reclamo per errore nella procedura in quanto sembra che la bandiera nera fosse poco visibile ( ma Stewart l’ha vista e se lui è parte in causa e può essere considerato non attendibile, la bandiera è stata vista da Redman, Siffert e Adams, stranamente tutti piloti al volante di vetture non McLaren) e quindi cominciano le riunioni dei Marshall con il Direttore di Gara ed i responsabili dei Team coinvolti. In tutto questo c’è anche l’incertezza di Hulme che non sa se sperare in una squalifica per trovarsi ancora in corsa per il Challenge oppure confidare nel potere del Team per una soluzione favorevole. Alla fine con una decisione che non sorprende quasi nessuno nel paddock la classifica viene modificata reinserendo Peter Revson al primo posto, davanti ad uno Stewart molto perplesso “… trovo assurda questa decisione – racconta pur con poca convinzione – la bandiera a scacchi è stata data a me e non a Peter, quindi vuol dire che una scelta era già  stata fatta! Anche il fatto che la bandiera fosse poco visibile non mi sembra realistico infatti sia io che Jo e Brian l’abbiamo vista quindi vuol dire che visibile era visibile! Ma ad un certo punto vincere o finire secondo non cambia la sostanza di questo Challenge che Peter si è meritato non certo con la “fortuna†di oggi …†ma con già  in tasca una bozza di contratto con il team arancione per il 1972 ed un Hulme che vede ormai tramontate le sue residue speranze di riconfermarsi.

 

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(Dave Friedman)

 

Una conferma viene da Brian Redman che porta con una gara consistente la Brm P167 alle soglie del podio, dando una idea del potenziale della macchina inglese che ha già  trovato gloria nell’Interserie, la can-Am Europea, cogliendo un paio di affermazioni su circuiti come Hockenheim e Imola.

Al quinto posto Jo Siffert che (ancora non lo sappiamo è alla sua ultima uscita prima di quel tragico week-end a Brands Hath nella Race of Champions che ce lo porterà  via) porta la sua Porsche 917/10 ad un ennesimo risultato a punti che gli darà  la quarta piazza finale nella Classifica Generale del Challenge. Lo segue Tony Adamowicz al rientro dopo due gare di assenza che mette la sua McLaren M8B al settimo posto. Per lui ultimo arrivo a punti che portano il totale a 34 per la settima posizione finale nella Classifica Generale.

 

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(Bob Tronolone)

 

Chiudono la top-ten Jim Adams su Ferrari 612P, ottavo …

 

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(Cars & Drivers Magazine)

 

… nono posto per Milt Minter con la Porsche 917Pa di Vasek Polak e decimo per Chuck Parsons con la M8E carrozzata D del team Motschenbacher.

In chiusura di cronaca meritano ancora un cenno due piloti in particolare: Vic Elford che ha avuto un week-end rocambolesco con l’incidente in cui ha distrutto la sua gialla McLaren M8E durante i test del giovedì, tanto da costringere il suo patron ad acquistare da Roy Woods, in tutta fretta, una McLaren M8D per potergli permettere di correre; la vettura, la M8D/4 (che era servita per prototipizzare la M8E) acquistata prima da Tony Dean e poi passata a Woods, non cambia neanche il colore e permette a Elford una buona qualifica ma lo tradisce in gara per problemi elettrici.

 

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(Dave Friedman)

 

Altro discorso per la Autocoast Ti22 che torna a calcare l’asfalto dei circuiti e lo fa nuovamente a stagione conclusa. Con al volante David Hobbs fa preoccupare Peter Bryant, geniale progettista che la disegnò nel 1969 e che dopo le qualifiche se la ritrova piazzata meglio della sua ultima creatura, la Shadow Dn2. David Hobbs ha un avvio abbastanza prudente e perde subito due posizioni a favore di Stewart e Oliver ma rimane a guidare il gruppo degli inseguitori senza problemi quando al 22° giro nel contatto con Dave Causey danneggia la sua vettura ed è costretto a rientrare ai boxes, dai quali però non riuscirà  più a ripartire per problemi con il. motorino d’avviamento.

 

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(Pete Lyons)

 

L’ennesima occasione perduta per un progetto che da solo meriterebbe un libro.

 

Alla prossima con il Paddock dedicato alla " Autocoast Ti22 " ...

 

Franz

 

 

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Salve a tutti,

 

una delle vetture che più mi ha intrigato per la sua storia lunga tre stagioni e per i risultati ottenuti ma, soprattutto per quelli non ottenuti ...

 

PADDOCK 1971 - AUTOCOAST

 

La stagione 1970 è finita da poco quando il Team TRC, che possiede la TI22 fallisce. Tutti i beni del Team finiscono all’asta e la vettura è acquistata da Nick Dioguardi che ne diventa così il nuovo proprietario.


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(primotipo.com)
 

Per la stagione 1971 quindi è il Tam TG Racing ad iscriverla alle gare, affidandola a David Hobbs, anche se, per motivi mai chiariti la si vedrà  impegnata nel Challenge solo per le ultime due trasferte a Laguna Seca e Riverside. Sembra ricorrente per questa vettura arrivare sempre a stagione finita, anche quando, come nel 1969, la stagione invece la comincia dalla prima gara.

 

La vettura è alla sua seconda evoluzione, con un diversi impianto frenante, maggiorato nei dischi, con cerchi di maggior diametro per poterli ospitare, e con passaruota dal diverso disegno che ne appesantiscono un poco la linea, ma che contribuiscono a risolvere alcuni problemi manifestati la stagione precedente, ovvero una frenata troppo pastosa ed una accelerazione non a livello dei migliori per via del galleggiamento dell’anteriore. Durante i test è stato provato anche un alettone diverso al posteriore, ora in posizione bassa, fedele ai dettami CSI finalmente recepiti anche dagli organizzatori del Challenge, che dovrebbe aiutare a scaricare a terra la cavalleria dello Chevrolet che la equipaggia.

A Laguna Seca David Hobbs si qualifica brillante terzo, dietro solo alle due McLaren ‘’casa’’ e più rapido degli ‘’ufficiali’’ di Lola, Stewart e di Porsche, Siffert ma soprattutto di Oliver con la Shadow di Peter Bryant, migliorando la prestazione dell’anno prevedente di ben 1’’55. Un brillante avvio di gara lo vede lottare nel gruppo degli inseguitori in compagnia proprio di Oliver, Siffert e Motschenbacher; purtroppo al ventiduesimo giro durante il doppiaggio di Dave Causey, la Lola dell’americano entra in contatto con la TI22 obbligando il pilota inglese ad un arresto ai boxes per riparare la carrozzeria. Una panne del motorino d’avviamento ne impedisce il restart costringendola al ritiro.

 


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(SportAuto Magazine)

 

Per Riverside, ultima gara della stagione, viene pronto anche il nuovo alettone, in posizione arretrata ma non completamente a sbalzo e che sfrutta un nuovo disegno dei passaruota per accelerare i flussi tra ala e carrozzeria generando carico senza penalizzare troppo la velocità .

Ma non c’è fine alle disavventure per questa vettura ed un problema ad una sospensione posteriore non ne permette la qualificazione. Con il beneplacito di tutti i Team in gara Hobbs viene ammesso al via in ultima posizione. La partenza dell’inglese è folgorante ed approfittando di una buona velocità  sul rettilineo supera una decina di avversari tagliando il primo giro in quindicesima posizione. Gli avversari si fanno poi più consistenti ma prima di metà  gara Hobbs è in quinta posizione ed in recupero su chi lo precede. Anche questa volta però una toccata in una delicata fase di doppiaggio lo costringe al ritiro.

 

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(Pete Lyons)

 

Andando indietro nel tempo ed analizzando la storia di questa vettura pare proprio di trovarsi di fronte alla sagra delle occasioni perdute.

 

Alla prossima con il "... Los Angeles Times Grand Prix a Riverside ..."

 

Franz

 

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Salve a tutti,

 

è ora di finire con le cronache ...

 

Riverside – October 31 – Los Angeles Times Grand Prix

 

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Sembrava una stagione indirizzata verso la prima volta di un americano vincitore del Challenge, ma una McLaren insolitamente meno affidabile ha più volte mischiato le carte ed ora Denny Hulme, un po’ fortunosamente ma i suoi trascorsi parlano per lui, si ritrova in piena corsa per quello che sarebbe il suo terzo titolo. Anche se allo stato attuale, 127 punti per il suo compagno Revson e 112 per lui, avrebbe bisogno di un’altra dose di fortuna per farlo suo. L’americano è arrivato sul circuito con il suo solito sorriso guascone e non si nasconde certo “… so che niente è ancora deciso – racconta ai giornalisti il giovedì mattina in conferenza stampa – ma io potrò permettermi di stare a guardare mentre Denny dovrà  sudare per stare la davanti …†Al solito, come sempre nella doppia trasferta californiana di fine stagione, c’è un bel gruppo di piloti locali, più o meno noti, che approfitta dell’occasione per mettersi in mostra nella vetrina che il Challenge offre a tutti coloro che ci provano. Già  dal giovedì emerge che in casa McLaren non hanno lasciato niente al caso; una sessione di prove di due giorni con entrambi i piloti e le tre vetture completamente smontate e rimontate, motori e cambi nuovi e tutta la squadra pronta a fare “nottata†in caso di necessità . Un insolitamente loquace Teddy Mayer dice la sua “… non faccio il tifo, non l’ho mai fatto e quindi sono tranquillo perché una McLaren, comunque vada a finire, vincerà ! - dice con una strana voce ad una platea attenta nel paddock prima delle ultime qualifiche – Ma io dirigo la squadra che Bruce ha creato e diretto prima di me e sento la responsabilità  che qualunque cosa dovesse accadere sia perché doveva accadere e non dipenda da una mia valutazione errata. Tutti quelli che fanno il mio lavoro fanno un lavoro difficile ma io faccio quello che fino a poco più di un anno fa faceva Bruce e credetemi se vi dico che alle volte non ci dormo la notte …†una gran bella dichiarazione d’amore verso una grande squadra che ha fatto sempre il massimo per onorare la memoria di una grande uomo. Le qualifiche danno ancora una volta un verdetto inequivocabile, con Hulme autore della Pole che mette la sua McLaren M8F davanti a quella del compagno. Seconda fila per Jackye Stewart, non proprio contento della sua Lola T260, ancora afflitta dal sottosterzo …

 

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(Lola heritage)

 

affiancato da George Follmer al volante della McLaren M8D di Woods (quella usata da Elford in occasione della gara di Laguna Seca).

 

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(Pete Lyons)

 

In terza fila Jackye Oliver con la Shadow Dn2 e Lothar Motschenbacher con la solita McLaren M8D. Settimo tempo per Sam Posey al suo debutto stagionale con la McLaren M8E del Team ARA, ricostruita dopo l’incidente di Elford a Laguna Seca ed ottavo per Tony Adamowicz con la sua McLaren M8B. Chiudono i primi dieci Howden Ganley con la Brm P167, che sostituisce Brian Redman, rimasto in Europa per le esequie di Jo Siffert e Chuck Parsons con la McLaren M8E/D del Team Motschenbacher. Un calda giornata soleggiata fa da cornice all’ultimo start della stagione e proprio per aiutare Teddy Mayer nella sua ricerca di un risultato che sia solo sportivo il via è assolutamente regolare con Denny Hulme he interpreta il suo ruolo e si invola alla guida della sua McLaren M8F …

 

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(Pete Lyons)

 

… mentre Revson si accoda precedendo Stewart ed un gruppo che si sgrana regolarmente senza contatti guidato da Follmer, Jackye Oliver sulla Shadoow Dn2, Motschenbacher e gli altri.

 

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(forum-auto)

 

Le emozioni in questo avvio di gara le regala David Hobbs; costretto a partire dal fondo per non essersi potuto qualificare per un problema nel montaggio della sospensione posteriore che lo ha bloccato ai boxes, David si lancia con la Autocoast Ti22 modificata con l’aggiunta di un’ala al posteriore e transita alla fine del primo giro gia in quindicesima posizione. Il suo passo è molto veloce tanto che al decimo giro è già  ampiamente nei primi dieci ed in pieno recupero su quelli davanti a lui. Per il resto la gara è una delle meno interessanti con il gruppo che continua a sgranarsi senza che ne scaturiscano duelli degni di un certo interesse. I problemi li ha Follmer che continua a perdere posizioni ed è già  stato passato da Howden Ganley, che sta portando la sua Brm verso le posizioni che contano e da Chuck Parsons che è al volante della McLaren M8E/D del Team Motschenbacher.

 

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(forum-auto)

 

Denny Hulme continua ad incrementare il suo vantaggio sul duo Revson-Stewart che a cavallo del ventesimo giro sembrano gli unici ad animare la gara; infatti approfittando di uno dei frequenti doppiaggi, operazione che l’americano compie con una certa prudenza, Stewart lo passa e prende subito un certo margine. In tutti i casi per Revson il terzo posto senza rischi vale il titolo ed è chiara la sua intenzione di finire questa corsa. Gli scossoni alla classifica arrivano praticamente solo dai ritiri e da problemi di ordine pratico come quando a Vic Nelli, cha partecipa con una datata Lola T70, viene esposta la Bandiera Nera per “andatura troppo lentaâ€!! Fermi anche Jim Butcher per rottura del cambio della Lola T163, Hiroshi Kazato per surriscaldamento dello Chevrolet montato sulla Lola T222, Jackye Oliver, che chiusa la parentesi del podio di Edmonton, si ritrova per le mani la solita Shadow Dn2 veloce ma ancora per niente affidabile.

Problemi anche per Jim Adams che ha strapazzato la sua Ferrari 612P cercando di rimanere con gruppo egli inseguitori ed ora si ritrova senza freni.

 

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(Pete lyons)

 

Ad un terzo di gara si ferma anche Lothar Motschenbacher che inonda la pista d’olio quando una biella del suo Chevy decide di aprire un bel buco nel basamento ed in contemporanea anche Denny Hopkins dice basta con i freni della Lola T160 ormai andati. Finisce, purtroppo anche quel po’ di spettacolo che David Hobbs stava dando al pubblico, anche quest’anno decisamente numeroso, poiché in un doppiaggio una incomprensione porta ad una collisione che danneggia la carrozzeria della Autocoast impedendo all’inglese di proseguire. Una citazione la merita Tony Dean che sta passando un anno davvero travagliato dopo le due stagioni davvero incredibili; rispolverata la sua Porsche 908/2 riesce a vedere la bandiera a scacchi seppur solo 14°.

 

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(Dave Friedman)

 

Con le posizioni ormai stabilizzate la corsa è un mero elenco di ritiri con Jay Hills fermato dal surriscaldamento dello Chevy della McLaren M6B ...

 

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(M.P.Hewitt)

 

... è la guarnizione della testa che ferma Tony Adamowicz costringendolo a parcheggiare a bordo pista la sua McLaren M8B ed a due terzi di gara è la Lola T260 di Stewart a fermarsi per un trafilaggio che mischia i liquidi del suo Chevrolet. Questo permette a Peter Revson di salire in seconda posizione mantenendo la sua corsa sotto controllo ed avvicinandosi a quel titolo che certo non era in preventivo ad inizio stagione. Si arriva così alla bandiera a scacchi con Hulme meritato vincitore del Los Angeles Times Grand Prix che precede un altrettanto meritevole Campione del Challenge, Peter Revson che porta la sua McLaren M8F ad un ennesima doppietta.

 

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(John Wilson)
 

Sul gradino più basso del podio, alle spalle del duo McLaren Cars arriva Howden Ganley che con una gara accorta e veloce ha risalito il gruppo ed anche approfittando di qualche ritiro coglie un importante risultato con la BrM P167, neanche lontana parente della pesante e poco affidabile antenata. La nona piazza sullo schieramento era figlia di un assetto raffazzonato al quale Ron Bennet, ingegnere del Team di Syd Taylor, pone rimedio rivoltando la P167 e dando al pilota neozelandese una vettura equilibrata ed affidabile.

 

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(Pete Lyons)

 

Quarta piazza per Sam Posey, per l’occasione al volante della McLaren M8E del Team ARA che senza infamia e senza lode prende altri punti in questo Challenge, dopo i 6 del sesto posto presi a Watkins Glen guidando la Ferrari 512M.

 

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(autodiva.fr)

 

Quinta piazza per Chuck Parsons, McLaren M8E/D; sesta per Milt Minter con la Porsche 917Pa del Team Vasek Polak; settimo Roger McCaig al volante della McLaren M8E del Team da lui stesso diretto; ottava piazza per Gary Wilson al volante di una McLaren M12 …

 

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(M.P.Hewitt)

 

… nono posto per George Follmer che pur con molti problemi riesce a prendere dei punti con la McLaren M8D di Roy Woods ed a chiudere i primi dieci Charlie Kemp con una McLaren M8C. Ultima citazione per una tre litri che è ricomparsa qui in California, schierata dal Team Vasek Polak, la Porsche 908/2 guidata da Dave Jordan, che l’ha ereditata da Dick Barbour al suo volante a Mosport e Road Atlanta. Per Jordan a Laguna Seca è stato un NC ma qui a Riverside è arrivata la bandiera a scacchi per il 13° posto finale.

 

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(vpracing.com)

 

Alla prossima

 

Franz

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Salve a tutti,

 

fine della stagione 1971 ...

 

1971 – Bilancio della stagione

 

Leggendo la Classifica Finale del Challenge non sembrano esserci dubbi su come possa essersi svolta la stagione. Un completo dominio delle McLaren ufficiali, ben guidate da Denny Hulme e Peter Revson e gestite alla perfezione da Teddy Mayer. Ma guardando dietro la facciata dei numeri si scoprono realtà  un po' più complesse che non devono di contro far pensare ad un successo fortunoso, ma che portano alla luce diverse verità . Forse per la prima volta dal 1966, anno del dominio Lola, vincitrice di 5 gare su 6 (bloccata in una sola occasione, a Laguna Seca, dalla Chaparral) i piloti della McLaren hanno dovuto spremere tutto il potenziale delle loro vetture per assicurarsi il successo delle singole gare e della serie. E tutto questo ha un nome ed un cognome: Jackye Stewart, Lola T260, Team Haas.

 

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(Jack Gazlay)

 

Quando Bruce McLaren diceva di non stupirsi delle figuracce rimediate da fior di Team che si erano presentati nel Challenge per “suonare†ed erano stati “suonati†sapeva di cosa stava parlando. Ed in questo 1971 effettivamente per la prima volta si è presentata una vera rivale, la Lola, che ha schierato una nuova vettura, effettuato dei test nell'interstagione poi proseguiti durante tutto l'arco dell'anno, creato una struttura in grado di gestire il pacchetto sui campi di gara e convinto uno sponsor ad investire per avere un pilota all'altezza. Per la prima volta da tempo la McLaren è stata messa alla frusta ed è stata costretta ad evolvere il propulsore alla ricerca di un surplus di potenza andando incontro a diverse rotture (Mid Ohio e Elkhart Lake) evento molto raro nella storia del Team, e che ha, in qualche occasione, messo in crisi anche il telaio, rivelandone i limiti su fondi a scarsa aderenza (Edmonton). Tutto questo però non fa che accrescere il valore di questo successo.

Nei primi mesi della stagione 1971 molti degli addetti ai lavori si domandavano se la Can-Am stesse mostrando il peso degli anni e fosse in crisi; bene credo che proprio la stagione stessa si sia incaricata di dare una risposta molto chiara sullo stato di salute della Serie. La Can-Am è viva e vegeta, molti Team sono disposti a spendere anche a rischio di non rientrare dei costi perché la serie è una vetrina imprescindibile che attira giornalisti, pubblico e quindi interessa ancora molto gli sponsors. Una riprova viene dalle molte iscrizioni di piccoli Team che trovavano proprio una sponsorizzazione in virtù del fatto di correre, pur con pochissime certezze sul risultato finale, una tappa del Challenge.

Un altro esempio viene dalla presenza della Porsche, fortemente voluta da Jo Siffert, ma assecondata da Zuffenhausen, tanto da varare il progetto 917 Spyder e non solo per monetizzare i telai ormai inutilizzabili nel Mondiale. Il programma ha subito trovato copertura delle spese direttamente sui campi di gara, il giovedì precedente la gara di Watkins Glen, grazie all'accordo con la STP di Andy Granatelli.

 

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(Richard A. Reeves)

 

In Porsche sapevano benissimo di avere un debito di cavalleria nei confronti degli otto litri ormai imperanti sui circuiti americani ma hanno dato fondo a tutte le risorse per mettere in pista una vettura molto buona sotto il profilo telaistico e ci sono certamente riusciti, lasciando intendere una volontà  precisa di sbarcare nella Serie nel 1972.

Non possiamo poi non parlare della Shadow di Don Nichols; ingaggiato Peter Bryant, transfuga Autocoast, viene schierata una nuova vettura che sfrutta le ricerche sui minimi ingombri senza estremizzarle. C'è stata una mancanza di affidabilità , certo ma le qualifiche di Jackye Oliver, molto spesso nelle prime tre file, mostrano la bontà  di fondo del progetto, con in più la certezza di un impegno a lunga scadenza.

 

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(autocourse.ca)

 

C'è in Europa una serie di gare che riprende lo spirito Can-Am; è l'Interserie che ha debuttato la scorsa stagione ed è cresciuta quest'anno con una bella partecipazione sia in quantità  che in qualità . La BRM ci ha fatto correre la nuova vettura che ha colto due belle affermazioni nelle ultime due gare. Questo ha spinto la casa inglese ad attraversare l'Atlantico per correre anche nel Challenge ed anche qui ha ottenuto risultati interessanti supportata da un Team, quello di Syd Taylor, decisamente all'altezza e guidata da piloti di rango quali Brian Redman e Howden Ganley. Non sembra intenzionata a proseguire nell'impegno, preferendo dedicarsi alla Formula 1 ma l'interesse c'è stato.

 

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(Pete Lyons)

 

Poi ci sono le presenze dei Team privati, piccole realtà , alle volte con pochi mezzi e senza grandi ambizioni se non la ricerca del colpo a sorpresa in condizioni particolari ma che alla fin fine sono quelli che garantiscono i numeri ed uno schieramento degno di questo nome. Spesso poi questi Team mettono in pista vetture dal nome pesante, come la Ferrari schierata dall'Earle Cord Racing e guidata da Jim Adams in sette delle dieci prove della stagione.

 

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(Norm McLeod)

 

Ma tra i Team privati ci sono anche realtà  molto ben strutturate, con tecnici e meccanici professionisti, in grado di seguire le vetture sui campi di gara in maniera molto efficiente. Per esempio il Team Motschenbacher che per tutta la stagione ha seguito due vetture; una McLaren M8D per il titolare Lothar Motschenbacher (anche “dealer†del marchio McLaren per il mercato americano) e la seconda per un pilota pagante. Tra l'altro ad oggi Lothar è l'unico pilota ad aver preso parte a tutte le corse del Challenge dal momento della sua creazione nel lontano 1966.

 

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(Jim Buell)

 

Insomma le preoccupazioni di inizio stagione sembrano lontane ed ancora una volta la Can-Am è sopravvissuta al suo stesso successo mettendo le basi per la stagione successiva in cui, è certo, uno sfidante scenderà  in pista per vincere. Per concludere credo che la foto qui sotto sia l'espressione di quello che il Challenge sa dare ed il motivo per cui prima di darlo per morto bisogna ancora spettare.

 

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(Pete Lyons)

 

Alla prossima con "... la Stagione 1972 ..."

 

Franz

 

PS

 

Non ho volutamente inserito il "Pitlane" concernente la stagione '71 dell'Interserie perche conterei, finita la Can Am del 1° periodo, di dedicare un po' di tempo alle prime 5/6 stagioni della Serie Europea ... può interessare ?

 

 

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Salve a tutti,

 

come sempre per mettere la parola fine alla stagione 1971 allego i "freddi" numeri, che però restano l'altro metro di giudizio di quanto è accaduto e che comunque sono poi quelli che finiscono negli archivi ...

 

alla prossima con "... La Stagione 1972 ..."

 

Franz

1971-23 CanAm Numeri.xls

1971-22 CanAm Punti.xls

Modificato da znarfdellago
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Salve a tutti,

 

come aperitivo in questo giorno festivo ...

 

1972 – Canadian American Challenge Cup

 


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(Sport Auto Magazine)

 

Sono sempre stato affascinato da questo modo di fare automobilismo sin da quando i racconti del nonno divagavano dalle solite storie per bambini fino ad arrivare a racconti che avevano per protagonisti piloti incredibili e vetture fantastiche. Ma non era la fantasia di una favola, era la realtà  delle Modified che dal primo dopoguerra hanno riempito gli schieramenti delle gare sugli aeroporti militari e sui primi circuiti permanenti. Da quel mondo arriva diretto il Gruppo 7, quel modo di costruire le vetture il cui regolamento era “nessun regolamentoâ€. Certo lo abbiamo visto in moltissime occasioni, non tutte le corse sono state entusiasmanti e spesso si trasformavano in un monotono carosello. Ma c’era sempre qualcosa per cui venire a vedere i mostri dal vivo e quel motivo erano loro … i mostri. Anche il perentorio dominio delle McLaren nelle ultime quattro stagioni non ha certo aiutato la causa (una delle regole non scritte del businnes nel Motorsport è che se è un bene vincere dappertutto, di contro non lo è vincere tutto!) ma c’è sempre stato un motivo di interesse per i partecipanti, per il pubblico e per gli addetti ai lavori. Persino andando con la memoria a quel dominio sfrontato del 1969 le prime cose che vengono in mente sono l’incertezza sul nome del vincitore, che è durata fino agli ultimi giri dell’ultima corsa e poi il primo impegno della Porsche, mascherato dalla volonta di Siffert ed ancora l’attesa, attenzione solo l’attesa, per l’arrivo della Ferrari. Bene tutto questo ha fatto della Can-Am quello che è la Can-Am. La SCCA, da sempre la più povera delle federazioni che reggono il Motorsport in America, ha fatto i soldi con poche imposizioni, in macchina non ci devono stare le turbine e ci devono stare pilota e passeggero. Poi però bisogna pur sempre fare i conti con la volontà  di avere al via piloti e costruttori europei e quindi, conseguenza diretta, far entrare la Serie sotto l’egida della CSI e della FIA. Si può nicchiare sulla questione degli alettoni e mantenerli per tutto il 1969 alla faccia delle Formula 1 costrette a toglierli dal giovedi al sabato a Montecarlo ma alla fine, un po’ per volta, arrivano delle regole che mettono i progettisti nella necessità  di sottostare a misure e caratteristiche che non sono proprie, di cominciare il disegno della nuova vettura sapendo di non poter fare determinate cose. Beninteso, nel Gruppo 7 resta la massima espressione di libertà  nel campo della progettazione, ma non avremo mai più una Chaparral o una Special dall’improbabile telaio in tubi saldati spinta da un Ford da 6 litri o ancora degli ibridi Lotus 19 motorizzati Ferrari o Cooper motorizzati Buick. C’è un tempo per tutto e questo forse è il tempo delle rinunce ma forse è anche il tempo di raccontare perché, a dispetto di tutto quanto detto e scritto in queste poche righe, vale ancora la pena di raccontare e di leggere cosa è successo in questo 1972.

 

Il calendario resta quello del 1971 con la sola assenza della trasferta a Mont Tremblant, per via del circuito ritenuto carente sotto il profilo della sicurezza.

 

11/06/1972 Mosport Denny Hulme #5 McLaren M20

09/07/1972 Road Atlanta George Follmer #6 Porsche 917/10Tc

23/07/1972 Watkins Glen Denny Hulme #5 McLaren M20

06/08/1972 Mid Ohio George Follmer #6 Porsche 917/10Tc

27/08/1972 Elkhart Lake George Follmer #6 Porsche 917/10Tc

17/09/1972 Donnybrooke Francois Cevert #22 McLaren M8F

01/10/1972 Edmonton Mark Donohue #6 Porsche 917710Tc

15/10/1972 Laguna Seca George Follmer #7 Porsche 917/10Tc

29/10/1972 Riverside George Follmer #7 Porsche 917/10Tc

 

Tutte le sfidanti schierano vetture nuove. La McLaren con la sua M20 segue come in passato la filosofia dei piccoloi passi ma alla fine l’ultima nata ha ben pochi punti di contatto con la serie M8 che l’ha preceduta. Anche in ambito motoristico ormai McLaren Cars non gode più di alcun vantaggio, essendo disponibili per tutti i blocchi total-alu che hanno portato le tolleranze meccaniche ai minimi storici sia nelle dimensioni che nel peso. Il suo asso avrebbe dovuto essere il contratto firmato con Jackye Stewart ma il 1972 è l’anno dell’ulcera per lo scozzese, problema che lo convincerà  a concentrarsi sulla sola Formula 1 abbandonando il sogno americano. Teddy Mayer ripesca così Peter Revson che se ne era andato preferendo privilegiare, anche lui, l’impegno nella massima formula. Però potevano togliere il nome di Jackye prima dell’arrivo di Peter.

 

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(Clark Oden)

 

La Porsche non si nasconde più dietro le voglie di Siffert, mascherando la vettura ufficiale con iscrizioni posticce; la stagione è stata preparata dall’estate del 1971 con l’avvio del programma 917 Spyder e con i primi collaudi condotti da Willy Kahusen a Weissach. La possibilità  di modificare il blocco 5 litri per cercare i cavalli mancanti è stata subito scartata optando per la via più difficile ma che garantiva risultati migliori, il turbocompressore. Anche il telaio è stato ottimizzato per l’accresciuta potenza e si è cercata la massima guidabilità  con una ricerca prolungata nel centraggio delle masse. Alla fine su una vettura che pesa 750 kg c’è un motore che eroga 850 cv per un rapporto kg-cv pari a 0,88. Il pacchetto a disposizione del Team Penske, la 917/10Tc e Mark Donohue è dei migliori. La McLaren è avvisata.

 

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(John Wilson)

 

La Lola per non essere da meno schiera una vettura che giudicare nuova è veramente poco. La T310 è bassa e filante facendo figurare la T260 tozza e pesante e l’aver conservato lo sponsor Liggett & Myers permette una certa sicurezza sul budget per test e sviluppi. A pilotarla un veloce e coriaceo David Hobbs.

 

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(photoessayist.com)

 

In questo panorama di novità  è una novità  anche la nuova Shadow, che pur continuando con la filosofia del piccolo è meglio, sta lentamente arrivando a dimensioni pari a quelle delle rivali. Il primo passo è l’adozione dei cerchi da 15 che le hanno permesso l’accesso a carcasse e mescole prima negate. Ed anche la macchina pur conservando una certa spigolosità  presenta alcune raccordature che ne ammorbidiscono la linea. Jackye Oliver ha condotto una serie di simulazioni alla ricerca di quell’affidabilità  che è sempre stato il tallone d’achille della vettura.

 

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(Pete Lyons)

 

Tra tante novità  che solleticano la curiosità  del pubblico c’è anche qualcosa di “riciclato†che ha pur sempre nel suo nome un qualcosa che giustifica sempre il prezzo del biglietto. Pur se in un solo paio di occasioni, ed iscritta dalla NART, si rivede in pista la Ferrari 712M affidata a Jean Pierre Jarier.

 

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(RJS image)

 

I motivi di interesse insomma non mancheranno nemmeno in questa stagione …

 

Alla prossima con la prima trasferta 1972 in quel di Mosport ...

 

Franz

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Salve a tutti,

Ancora poche ore di pazienza ma tra le gare, Novak e la miniera di Norm & Chris la settimana e' volata via ...

Stasera comunque ho già  messo in preventivo un dopocena dedicato ...

Alla prossima

Franz

OPPSSS doppio invio ... Chi può cancelli ... Grazie

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Salve a tutti,

 

come promesso ...

 

Mosport – June 11, 1972 – Labatt’s Blue Trophy

 

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C’è stato un gran parlare alla vigilia del debutto di questa settima stagione del Challenge. La Porsche ha svelato le sue intenzioni senza tanti preamboli con dei crono durante i test a Road Atlanta e poi prorpio qui a Mosport, in vista della corsa, che hanno lasciato il segno. Ma si parla anche di una sorta di giubileo della Can-Am che sta per disputare la sua cinquatesima corsa dalla creazione; ed un giubileo lo festeggia anche Lothar Motschenbacher, solo ed unico ad essersi allineato allo start di tutte queste quarantanove prove ed assolutamente intenzionato a farlo anche in questa occasione. Comunque il venerdì si comincia a fare sul serio e, dal momento che anche le prove sono uno spettacolo, gli organizzatori hanno regolamentato in maniera particolare l’evento. Test liberi per tutti in mattinata poi due ore di prove cronometrate per poter stabilire una divisione in tre gruppi che permetta a tutti di esprimersi al meglio, con i più veloci non più costretti a districarsi nel traffico ed a quelli meno veloci di poter guidare concentrati sulla performance senza avere sempre un occhio allo specchietto. I dubbi della viglilia hanno dunque una risposta e le certezze una conferma; alla fine dei turni previsti mark Donohue ha fissato il limite a 1’14â€2 con ben 8/1 su un Peter Revson decisamente brillante che lascia ad altri 2/10 il suo compagno. Rispuntano da subito i fautori del partito “no turbo†vista la supremazia teutonica in questo primo round ma è altresì evidente che le due McLaren M20 sono meno brillanti nella parte guidata dove i due piloti devono lavorare molto con lo sterzo mentre Donohue sembra mettere le ruote esattamente dove le vuole mettere. Come al solito Peter Revson è eloquente nel descrivere il momento di difficoltà  della sua McLaren M20 “… è la miglior McLaren che io abbia guidato – racconta ai giornalisti che riempono il paddock delle arancioni dopo questa prima giornata – ma nel misto sento la vettura che scivola prima di riuscire a trovare la corda ed in uscita si comporta al contrario tendendo ad andarsene con il retrotreno! Siamo certamente in difficoltà  con il set-up più che con la potenza. Domani dovremo rimboccarci le maniche …â€

 

 

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(Norm MacLeod)

 

Sembra insomma una situazione transitoria anche se Hulme non è proprio dello stesso avviso. Sia quello che sia al sabato dopo il turno dedicato ai piloti locali la pista è in condizioni disastrose e nessuno riesce a migliorare. Quindi è Pole al debutto per Mark Donohue e la sua Porsche 917/10Tc curata alla perfezione dal Team di Roger Penske.

 

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(AutosportMarketingAssoc.)

 

Al suo fianco Revson con la prima delle McLaren Cars che sulla pista allentata del sabato è l’unico che, pur non migliorando, ha avvicinato i suoi tempi. Seconda fila per Hulme con la seconda M20 e Oliver co una Shadow Dn2 ora in “total black livery†ed in terza Milt Minter con la Porsche 917/10 spinta dal 5,4 litri atmosferico (640 cv dichiarati) e schierata dal Team Vasek Polak affiancato da Roger McCaig su una McLaren M8F costruite su licenza. Settimo tempo per Lothar Motscehnbacher che con la McLaren M8D del suo Team spegne le candeline della cinquantesima partecipazione al Challenge ed al suo fianco Peter Gregg con la seconda Porsche 917/10 clienti, iscritta dal Team Brumos Porsche Audi RT, importatore sul suolo americano del marchio tedesco. A chiudere la top-ten Gregg Young con una delle McLaren M8F ex casa, ora schierate dal Yart, e John Cordts al volante della Lola T163 dell’Overhauser Racing. Lo spettacolo è assicurato, la Can-Am è in piena salute, ci sono tutti i protagonisti annunciati, i comprimari di lusso e le comparse che, come sempre accade, non sono li solo per riempire lo schieramento ma anche pronti a cogliere l’occasione. La domenica gli spalti sono gremiti e le tribune naturali del circuito canadese offrono uno magnifico spettacolo multicolore anche se alcuni tra loro, venuti al seguito del pilota locale Reiner Brezinka, avranno una delusione nel non vederlo schierato per problemi meccanici alla sua Porsche 910.

 

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(Jack Webster)

 

In perfetto orario, dopo un giro di riscaldamento la partenza lanciata saluta l’avvio della settima stagione del Challenge con Revson che sembra avere un miglior avvio sfruttando la lentezza nella risposta del turbo Porsche anche se alla prima staccata Donohue riesce a girare per primo con la M20 dell’americano negli scarichi e Oliver, che con la Shadow ha sorpreso Hulme, subito dietro. La nera vettura di Don Nichols sembra decisamente migliorata rispetto alla stagione passata ma rimane una cronica mancanza di affidabilità ; il pilota inglese infatti si è schierato con problemi alla trasmissione tanto che il Team gli ha consigliato di non utilizzare l’ultimo rapporto per precauzione. Al primo giro quindi in coda alla Porsche di Donohue ci sono già  le due McLaren, con Oliver a rallentare Minter e Gregg con le due Porsche clienti, Motschenbacher, McCaig e Young. Donohue mette subito in chiaro la sua intenzione ed al ritmo di 2/3 decimi al giro allunga sul duo McLaren. Oliver viene passato da Minter e Gregg e prima che possa cedere agli altri parcheggia la sua Shadow a bordo pista con la trasmissione out. Revson appare al momento l’unico che possa tenere un ritmo almeno vicino a quello della 917, perché Hulme comincia a lamentare problemi meccanici non definiti “… avevo vibrazioni al posteriore ed ho preso un paio di spaventi con l’acceleratore che tendeva a bloccarsi aperto – racconterà  ai giornalisti a fine gara – ma poi nel complesso la macchina è migliorata e, pur se riconosco che questo è stato un successo decisamente fortunoso, sono convinto cha la macchina possa darci altre soddisfazioni …†In tutti i casi ad un quarto di gara, Donohue conta già  su un vantaggio di più di dieci secondi su Revson con Hulme che sembra aver ripreso un buon ritmo e le due Porsche clienti che sembrano non aver problemi a regolare il gruppo, con Milt Ninter davanti a Peter Gregg.

 

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(AutosportMarketingAssoc.)

 

Tutto accade all’improvviso, con la Porsche che dopo aver rallentato perdendo qualche secondo rientra ai boxes dove i meccanici si affannano subito sul motore. Roger Pemnske sembra l’unico a rimanere calmo mentre parla col suo pilota e riferisce le sensazioni ai meccanici che si danno da fare con un martello e dell’olio. Una valvola ausiliaria dell’alimentazione si è bloccata ed una volta ripristinato il suo funzionamento Mark viene rimandato in pista, pur se con tre giri di ritardo. La 917/10 TC funziona a meraviglia e Donohue si sdoppia subito da Revson e imprimendo alla corsa un ritmo indiavolato. Hulme dal canto suo continua a perdere terreno tanto da trovarsi a breve nello stesso giro del pilota di Penske. Anche Lothar Motschenbacher non è velocissimo con la sua McLaren M8D e probabilmente avrebbe voluto festeggiare con tutt’altra prestazione.

 

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(Chris Kennedy)

 

La corsa, arrivata a metà  del suo svolgimento sembra cominciare ad assestarsi, con Revson a guidare il gruppo davanti ad un Hulme rinunciatario, Donohue che è stato invitato dal Team a rallentare prudenzialmente il ritmo. Nel frattempo sono entrati nei primi dieci Gordon Dewar con la sua McLaren M8C vestita con un body “D†…

 

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(Richard A. Reeves)

 

… Steve Durst, al volante della McLaren M8E, anche questa ricarrozzata come “D†, Charlie Kemp e Bob Nagel, entrambi al volante di Lola T222.

 

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(Chris Kennedy)

 

La corsa è ormai indirizzata verso la fine con una tanto insperata quanto improbabile, alla vigilia, doppietta McLaren quando al 78° giro degli 80 previsti, Peter Revson rientra ai boxes con il motore che emette suoni inquietanti. Un rapido esame degli ingegneri e Teddy Mayer lo rimanda immediatamente in pista ancora davanti a Hulme, pur se per pochi secondi. Ma non è chiaramente giornata per i leader della corsa e l’americano non va tanto lontano; alla prima curva il motore cede definitivamente e blocca il treno dietro facendolo finire rovinosamente nelle reti. Denny Hulme non crede ai suoi occhi quando la bandiera a scacchi gli viene sventolata dichiarandolo vincitore con la McLaren M20, ennesimo debutto vincente della casa di Bruce. Alla fine non è rimasto leader abbastanza a lungo per patirne pure lui le conseguenze.

 

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(Norm MacLeod)

 

Fortuna anche per Mark Donohue e la Porsche 917/10Tc che si prende il secondo gradino del podio per la gioia di Roger Penske, che vede chiaramente quanto potenziale ci sia nella vettura ma anche quanto sia difficile alle volte raccogliere risultati alla portata sulla carta, e per Peter Revson che pur bloccato nelle reti viene comunque classificato al terzo posto con la seconda cLaren M20. Dietro gli ufficiali vengono anche chiarite le gerarchie tra i Team clienti, con Milt Minter, quarto e Peter Gregg, quinto con le Porsche 917/10 aspirate che pur con qualche cavallo in meno, sfruttando le evidenti qualità  telaistiche della vettura, hanno dominato le McLaren nello loro varie versioni; dalla D di Lothar Motschenbacher, sesto alla E/D di Steve Durst, settimo fino alla C/D di Gordon Dewar, ottavo alla fine. Chiudono i primi dieci le Lola T222 di Charlie Kemp, nono e Bob Nagel, decimo. Le premesse per una stagione interessante anche lontano dal podio ci sono nuovamente tutte e tutti, protagonisti e comprimari hanno ben chiaro che la partita si gioca sempre sulle prestazioni ma che l’affidabilità  è sempre la prima cosa “… se vuoi vincere una corsa ti servono una buona macchina ed un buon pilota, ma con entrambe le cose devi prima vedere la bandiera a scacchi! …â€

Alle soglie delle posizioni a punti troviamo anche William Wonder, McLaren M8C, che vedremo più avanti, seguito in dodicesima posizione da Jim Butcher che al volante della sua Lola T165 correrà  ancora a Road Atlanta, dove sarà  fermato dal motore; a Mid Ohio dove sarà  al traguardo 15°; ad Elkhart Lake stoppato dalla rottura di un semiasse e Donnybrooke dove sarà  una perdita d’olio a fargli finire anzitempo la gara. Sarà  al via ancora una volta in questa stagione, a Edmonton dove vedrà  ancora una volta il traguardo in 14° posizione.

 

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(Chris Kennedy)

 

Tredicesimo al traguardo, Bob Klempel con una datata McLaren M1C. Lo rivedremo ancora a Road Atlanta, fermato dalla pressione dell’olio, a Mid Ohio, 17° al traguardo e infine 20° a Elkhart Lake. Nella foto lo vediamo in difficolta durante un doppiaggio da parte della Porsche 917/10 di Milt Minter.

 

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(Dave Friedman)

 

Quattordicesimo al traguardo Dick Durant, che con la sua Lola T163 sarà  pure a Road Atlanta, fermato da problemi meccanici in prova e quindi non partito la domenica mentre a Mid Ohio si ritirerà  per la frizione andata e ad Elkhart Lake sarà  l’acceleratore bloccato a costringerlo ad un paio di fuopri pista e quindi al ritiro.

 

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(autodiva.fr)

 

Per la prima volta dal lontano 1966, nonostante una vittoria e due posti sul podio, in McLaren non si respira l’aria della tranquillità  e della sicurezza. Nelle stagioni precedenti ci sono stati week-end difficili con rotture e avversari che sembravano diventati un vero problema ma quelle erano situazioni occasionali e c’era la certezza di avere mezzi e possibilità  per rimettersi in carreggiata. Dopo il week-end di Mosport qualcosa pare essersi incrinato e certi sguardi valgono molto più di mille parole … soprattutto se gli sguardi sono quelli di Peter, Denny e Tyler …

 

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(Dave Friedman)

 

Alla prossima per parlare delle "... McLaren ..."

 

Franz

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Salve a tutti,

 

proseguiamo con alcune delle protagoniste della stagione ...

 

PADDOCK 1972 - McLAREN

 

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Charles J. Stucker)

 

La McLaren M20 segna un deciso taglio col passato; pur continuando a perseguire la politica delle evoluzioni, la nuova vettura stacca dalla serie delle M8 che l’hanno preceduta e tante vittorie hanno colto negli anni. Davanti alla certezza della solidità  della minaccia Porsche, Gordon Coppuck ha dato fondo a tutte le sue idee creando una vettura il cui principio base è stato ricercare un centraggio delle masse che la rendesse assolutamente neutra. Quindi ora i serbatoi sono tre, con il principale alle spalle del pilota e due più piccoli nei pontoni laterali che sono più stretti e cominciano qualche decina di centimetri più indietro. In questa nuova configurazione la M20 carica 300 litri di carburante, necessità  creata dalla cilindrata dei nuovi Chevrolet arrivata a 8,1 litri. Sempre alla ricerca di un equilibrio di base viene montato un distanziale tra motore e cambio che sposta in avanti il blocco di circa dieci centimetri.

 

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(M.P.Hewitt)

 

Questo lavoro di centraggio ha reso lo chà¢ssis molto rastremato nella parte posteriore tanto che i meccanici l’hanno soprannominato « bottiglia di Coca Â» Non ci sono poi i prolungamenti al posteriore del telaio che termina subito dietro l’abitacolo; al loro posto un traliccio in tubi permette il montaggio di motore e sospensioni che derivano da quelle della M8F pur con ancoraggi diversi. Modificata radicalmente anche la fluidodinamica interna, con il radiatore acqua che non è più all’anteriore ma ora è ospitato nelle fiancate, insieme a quello dell’olio, e decisamente in posizione molto arretrata. Ottimizzando ulteriormente il concetto aerodinamico iniziato con la M8D del ’70 ed evoluto con la M8F della stagione scorsa, i nolder sulle fiancate, ora perfettamente lisce per l’assenza di prese e sfoghi d’aria, incanalano l’aria verso la generosa ala posteriore, sostenuta da due impennaggi che ne permettono anche lo spostamento longitudinale. La scelta del traliccio al posteriore tradisce l’intenzione di poter montare in seconda battuta la versione “turbata “ dello Chevrolet L72, progetto poi rientrato per la mancanza di tempo per una messa a punto e per la ricerca di una affidabilità  ottimale. Del resto a stagione non iniziata i 760 cavalli garantiti dall’8,1 litri sembrano ancora una garanzia. Il cambio è un Hewland ed i freni entrobordo al posteriore, all’uscita del differenziale, sono sulle ruote all’anteriore. Le risultanze di tutto questo grande lavoro di Coppuck sono un aumento del passo con le carreggiata che invece rimangono invariate. In ultimo per sfruttare al meglio le nuove carcasse Good Year i cerchi per il treno dietro passano a 19 pollici. Nell’inverno si è fatto un gran parlare dell’arrivo del bicampione del Mondo Jackye Stewart, poi i problemi di salute dello scozzese lo consigliano a concentrarsi solo sulla massima formula e Teddy Mayer richiama, a suon di dollari, il Campione uscente del Challenge Peter Revson, anche lui deciso a dedicarsi solamente alla F.1

 

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(John Wilson)

 

Dopo il debutto di Mosport, chiarita sin da subito la necessità  di evolvere la M20 per cercare un confronto più equo con la Porsche 917/10, la vettura subisce un primo rimaneggiamento che riguarda le carreggiate, aumentate di 4,5 cm anteriormente e di 5 al posteriore e un due profili sul muso nella parte bassa per aiutare la vettura nell’inserimento in curva. Ma la vera differenza si vedrà  chiaramente nel corso della stagione; le qualità  del telaio della M20 sono senz’altro pari a quelle della 917/10 ed il punto debole diventa quello che fino ad ora era stato indicato come l’asso nella manica delle vetture arancioni … il motore. Non è possibile spremere un blocco atmosferico a quei livelli senza pagare un prezzo in termini di affidabilità , cosa che puntualmente si è verificata. Troppe le rotture nell’arco della stagione per poter pensare di poter competere con la Porsche e del resto il budget impegnato nel progetto 9217/10Tc dalla casa di Stoccarda è tale da non essere assolutamente alla portata del Team arancione.

Le vetture che Hulme e Revson hanno impiegato nella loro cavalcata trionfale nella stagione precedente, le due M8F, vengono vendute al Team YART (pomposamente simile a quel NART di ben altro spessore) ovvero Young American Racing Team che, pagato con i soldi di famiglia, impiega Gregg Young e dalla seconda gara il francese Francois Cevert. Nel pacchetto ci sono anche sei blocchi Chevrolet da 8,1 litri che il neonato Team affida a Stone Davis, uno degli specialisti americani del settore. Purtroppo come per molti altri la ricerca dei cavalli mancanti creerà  molti problemi di affidabilità  e molti risultati alla portata del giovane, ma molto professionale, Team verranno vanificati proprio da problemi meccanici legati alla motorizzazione.

 

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(Jack Webster)

 

Gregg Young utilizzerà  lo chà¢ssis (M8F-2) ex Hulme mentre il francese correrà  con la vettura (M8F-1) che portò Peter Revson alla vittoria nel Challenge.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Rimanendo alle vetture ex “ufficiali†ora in mano ai Team privati, dobbiamo ricordare Il Team Motschenbacher, diretto dall’omonimo pilota di origine polacca Lothar Motschenbacher che utilizza il telaio M8D-1, quello che porto Denny Hulme al Titolo 1970, e che oltre a correre continua la sua attività  di Dealer del marchio per gli Stati Uniti.

 

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(John Wilson)
 

Altre M8D calcano le piste del Challenge in questo 1972; una è lo chà¢ssis M8D-4, che era servito per mettere a punto la M8E, vettura clienti per la stagione 1971, e che è guidato da John Cordts che lo alterna alla Lola T163 del Team Overhauser. L’altra è la M8D-3, ricarrozzata con un body F, pilotata prima da dan Gurney e poi da Peter Gethin ed ora nelle mani di Jerry Grant a Donnybrooke e di Mike Hiss nella doppia trasferta californiana di fine stagione.

 

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(ayutodiva.fr)

 

E risalendo nel tempo troviamo ancora la McLaren M8B (M8B-2) ex Bruce McLaren 1969, poi guidata da Oscar Kowelsky nel 1970 e da Tony Adamowicz nel 1971 ed ora acquistata da Warren Agor per il suo Team e pilotata oltre che dallo stesso Agor anche da Kent Fellows e Mark Wako. La vediamo sotto in primo piano negli affollati stands di Watkins Glen.

 

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(Charles J. Stucker)

 

La McLaren poi fa commercializzare tramite Trojan una serie di M8F, prodotte su licenza, e tra queste quella di Hans Wiedmer (M8F 72-07), quella con cui Warren Agor ha sostituito la sua M8B e che è stat affidata per la gara finale di Riverside a Mark Waco (M8F 72-05) e ancora quella di Roger McCaig (M8F 72-01) per il Team omonimo che farà  correre sul finire di stagione anche Chuck Parsons.

 

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(Dave Friedman)

 

Gli schieramenti poi sono ancora popolati da tutta una serie di vecchi modelli M12, M8E, M8C, M6B ed anche alcune M1C che pur avendo ormai perso la loro competitività , hanno ancora il loro mercato.

 

Alla prossima con il "... Can Am Trophy a Road Atlanta ..."

 

Franz

 

 

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Salve a tutti,

 

ancora un pezzetto di storia ...

 

Road Atlanta – July 9, 1972 – Road Atlanta Trophy

 

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Alle volte succedono cose che possono cambiare la vita di molti, o semplicemente non cambiare niente di quello che avrebbe potuto accadere; alle volte succedono cose che possono far realizzare entrambe le situazioni. Lunedì 3 luglio, a Road Atlanta, i principali protagonisti di questa stagione si sono dati appuntamento per una sessione di test sul circuito che ospiterà  nel week-end la seconda tappa del Challenge. Donohue ha inanellato una serie di long-run con il muletto per mettere a punto il complicato sistema di valvole che regola la sovrappressione del turbo sul flat 12 della 917/10 e le cose embrano indirizzate verso una soluzione positiva, in quanto la vettura gira veloce senza nessun problema. C’è anche il Team McLaren che mette alla frusta le modifiche apporatte sulla M20 di Hulme. Coppuck, dopo Mosport, si è rimboccato le maniche ed ha messo mano al progetto sotto il profilo meccanico, modificando i triangoli delle sospensioni e allargando le carreggiate di 4,5 cm all’anteriore e di 5 dietro e lavorando sull’aerodinamica, arretrando l’ala posteriore di circa dieci cm e montandola su un traliccio di tubi. Nel pomeriggio Mark scende in pista con la vettura da gara per verificare il funzionamento delle modifiche apportate anche su questo motore, quando in piena velocità  si strappa una chiusura del cofano motore e la vettura, dopo una sbandata, sfonfa il guard-rail e s’impenna. Dopo un pauroso tonneaux la 917/10 finisce ad una trentina di metri dalla pista completamente distrutta e Mark sembra, fortunosamente, solo leggermente contuso ed appena zoppicante; portato all’ospedale per precauzione gli viene riscontrato lo stiramento dei legamenti del ginocchio ed il responso è sei settimane per sistemarli ed almeno tre mesi per poter tornare al volante. Tradotto in soldoni, stagione finita. Roger Penske, che è comunque un uomo pragmatico, si attacca al telefono e chiama George Follmer (cher aveva gia guidato con lui e proprio facendo coppia con Mark ai tempi della Lola T70 nel 1967). Venerdì, l’idea di Mosport ormai è prassi, si prova per due ore per poi, in base ai tempi segnati dai piloti, dividerli in tre gruppi dalle prestazioni cronometriche omogenee e quindi farli girare per stabilire la griglia di partenza. Nel gruppo dei migliori oltre a Follmer che, pur in difficoltà  per la cavalleria del suo flat 12, gira con tempi decisamente buoni troviamo le due McLaren che sembrano aver trovato un buon set-up, le altre due Porsche clienti, Jackye Oliver con una Shadow veloca ma sempre poco affidabile (un cambio rotto ed un incidente per l’acceleratore bloccato in prova), ed insieme a loro due debuttanti; una vettura, la Lola T310 affidata a David Hobbs (e che vedremo nel dettaglio in un prossimo paddock) e Francois Cevert che ha raggiunto il Team Yart prendendo il volante della seconda McLaren M8F (ex casa).

 

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(SportAutoMagazine)

 

E’ comunque al sabato che si decide tutto; se già  al mattino i proitagonisti scendono sotto il record di Elford del 1970 (ottenuto al volante della “sucker car†Chaparral 2J, 1’17â€42) al pomeriggio quel tempo viene demolito da uno Hulme in gran spolvero che mette la sua M20 in pole con 1’14â€134 e che precede Follmer, prudente ma già  a suo agio al volante della Porsche 917/10, di 29/1000. In seconda fila Revson, con la seconda M20 e Francois Cevert con la McLaren M28F ed in terza la coppia di Porsche 917/10 clienti con Milt Minter più veloce di Peter Gregg.

 

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(AutosportMarketingAssoc.)

 

Settimo tempo per Gregg Young, titolare e compagno di Cevert nel Team Yart con la seconda McLaren M8F, seguito dalla debuttante Lola T310 guidata da David Hobbs. La quinta fila se la dividono Lothar Motschenbacher con un’altra McLaren ex casa, la M8D del ’70 e Steve Durst con una McLaren M8E con carrozzeria D. Finite le sessioni di qualificazione, c’è chi è rimasto fuori e tra loro Jerry Hodges che rispolverata la vecchia McKee Mk2, non è riuscito a segnare un tempo decente e non riuscirà  a schierarsi.

 

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(Richard A. Reeves)

 

La domenica mattina ultima sessione di prove per le ultime regolazioni (in quegli anni di contingentato non c’era proprio niente) e Oliver riesce a dare un senso al set-up della sua Shadow, dopo l’incidente dei test, ma a cedere è il rapporto della terza marcia del Weissmann; altro lavoro per i suoi meccanici. Problemi anche per Revson che mentre roda il nuovo Chevrolet appena montato è fermato da problemi all’accensione. IL via, lanciato come d’abitudine, viene dato dopo due giri di riscaldamento ed un George Follmer assolutamente prudente lascia che Hulme metta la M20 davanti alla sua Porsche 917/10 alla prima curva. Lo Starter non gradisce la manovra non da la bandiera verde e le vetture fanno un altro giro di lancio. Finalmente la partenza è giudicata regolare e questa volta Follmer è in testa al gruppo alla prima curva con le due McLaren negli scarichi. Cevert è poco più indietro già  con un piccolo margine su Minter, Gregg e Hobbs. Quello che appare è che Follmer non riesca ad esprimere tutta la velocità  che la sua vettura potrebbe dargli e che in realtà  stia facendo da tappo alla coppia arancione che gli sta negli scarichi. Al terzo giro questo smette di essere un problema per Revson che si ritrova bloccato, ancora per l’accensione e Hulme allora decide di aumentare la pressione sulla Porsche A metà  del quinto giro, spostandosi leggermente per uscire dalla scia di Follmer la M20 decolla letteralmente esplodendo nel successivo impatto col terreno. Il tutto sotto gli occhi di Peter Revson che corre sul luogo dell’incidente con un brutta sensazione “… non volevo neanche pensarlo ma d’altro canto quello che avevo visto non mi lasciava tante speranze – racconterà  ai giornalisti fuori dell’infermeria dove il suo compagno è stato portato – quindi quando ho visto che Denny non solo respirava ma cercava di uscire dai rottami sono stato sorpreso e felice allo stesso tempo …â€

Tutto bene anche se il neozelandese, al momento, non sa dove si trova e nemmeno come si chiama. Siamo appena al quinto dei 75 giri e la corsa è virtualmente finita. Follmer alza ancora il suo ritmo tanto da non doversi preoccupare di Cevert e delle due 917/10 aspirate e si avvia ad una lunga passerella. La corsa scorre tranquilla ed anche i ritiri sono pochi; danny Hopkins ferma la sua Lola T160 per problemi meccanici al tredicesimo giro, in parallelo a Peter Revson, che ripartito dopo qualche giro è di nuovo stoppato, questa volta definitivamente, dall’accensione. Ed al ventesimo si fermano, entrambi per il motore, Jackye Oliver, con lo Chevy che esplode letteralmente e Francois Cevert per un problema alle valvole. Chi non se la prende certo comoda è Charlie Kemp che, scattato dalla undicesima piazza dello schieramento sta risalendo la classifica con la Lola T222 del Team Rinzler, verso quel quarto posto finale che sarà  il fiore all’occhiello della sua stagione.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Si ferma anche Steve Durst anche lui con lo Chevrolet, che spinge la McLaren M8E/D, esploso. Questi ritiri di piloti tra i primi dieci in griglia, aprono le porte delle posizioni a punti a chi scattava più indietro sullo schieramento: è così per Roger McCaig che si ritroverà  decimo, con un punto in carniere, al volante della sua McLaren M8FP.

 

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(Richard A. Reeves)

 

La corsa si trascina stancamente verso un epilogo scontato con George Follmer che alla sua prima uscita regala la prima vittoria “ufficiale†alla casa tedesca, con quella macchina da guerra che è la Porsche 917/10 TC.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Seconda piazza per la McLaren M8F del Team YART pilotata da Gregg Young, che vede una delle sue poche bandiere a scacchi in questa stagione.

 

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(John Wilson)

 

Terza piazza per Milt Minter, al volante della Porsche 917/10 iscritta da Vasek Polak, al suo primo podio stagionale. Un pilota costante e veloce, un Team decisamente ben strutturato ed una macchina che lascerà  il segno in questo Challenge sono gli ingredienti per una stagione che finirà  con un risultato sorprendente per molti, non certo per loro.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Quarta piazza per Charlie Kemp, autore di una corsa capolavoro con la Lola T222 del Team Rinzler, che approfittando di qualche ritiro e con gran sorpassi coglie la sua miglior prestazione in una stagione che lo vedrà  comunque protagonista in altre occasioni. Quinto Peter Gregg con la seconda della Porsche 917/10 clienti, ancora in versione aspirata e che non pare cosi a punto come la sua gemella. Sesta piazza per Lothar Motschenbacher, ancora al via ed ancora a punti con una McLaren M8D e settimo posto per la debuttante Lola T310, condotta, pur tra molti problemi per un set-up ancora tutto da trovare, da un David Hobbs veloce e coriaceo.

 

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(Dave Friedman)

 

Ottava posizione per uno dei piloti americani più amati e conosciuti, Chuck Parsons, qui al volante della Lola T163 del Team Overhauser per sostituire John Cordts. Nella foto lo vediamo precedere la McLaren M8FP di Roger McCaig e la Shadow Dn2 di Jackye Oliver.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Nona posizione per una vettura particolare; l’Alfa Romeo 33/3 che qui in America è una 33/4, in quanto equipaggiata da quel 4 litri che l’ing Chiti si era portato dietro la scorsa stagione in occasione della trasferta di Watkins Glen senza riuscire a provarlo per i tempi ristretti imposti dalla 6 ore Mondiale e dalla tappa della Can-Am. Quel motore non tornò mai a casa, perché un abboccamento con Scooter Patrick sfociò in un accordo per cui il pilota americano si sarebbe interessato di collaudi e debutto in corsa tramite la struttura del Team di Otto Zipper.

 

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F. Perkins)

 

Unica partecipazione al Challenge ’72 per Don Devine. Una delle tante McLaren che popolano gli schieramenti, in questo caso una M12, che ha permesso al pilota di finire la corsa al 16° posto.

 

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(Chris Kennedy)

 

Corsa noiosa quella di Road Atlanta; troppo presto fuori molti dei protagonisti perché lo spettacolo potesse accompagnarci fino alla bandiera a scacchi. Certo che il colpo d’occhio vale comunque e sempre il prezzo del biglietto. Nella foro sotto William Wonder, McLaren M8C, guida il gruppo davanti a Charlie Kemp, Lola T222 e Tom Heyser, Lola T260.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Alla prossima con le sfidanti "... Porsche ..."

 

Franz

 

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Salve a tutti,

 

ed ora atutto Porsche ...

 

PADDOCK 1972 - PORSCHE
 

La stagione ’71 di Siffert e della Porsche è stata importante per tutti la messe di dati raccolta; primo fra tutti la configurazione aspirata del motore non avrebbe mai permesso di ottenere i cavalli sufficienti per competere con i grossi V8 stock-block americani e punto due, al contrario, il telaio permetteva tutta una serie di regolazioni che portavano ad avere sempre una messa a punto ottimale. Il fatto di aver disputato buona parte della stagione ha portato in dote anche i dati di messa a punto su una gran parte dei circuiti che anche quest’anno saranno teatro

del Challenge. Del fatto che sarà  Roger Penske ad occuparsi del programma e del dente avvelenato di John Wyer parleremo in un’altra occasione.

 

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(Frank Yaskin)

 

La ricerca della massima potenza sulle vetture della Can-Am è fino ad ora passata all’aumento delle cilindrate, sfruttando tutta la tecnologia dei total-alu (Reynolds insegna) per mantenere le dimensioni degli attuali nove litri molto vicine a quelle dei primio 6 litri della seconda metà  degli anni sessanta. Questa strada in America può essere percorsa senza problemi in quanto non c’è costruttore a stelle e strisce che non possieda a listino un blocco V8 di grossa cilindrata ma, in Europa questa strada non è percorribile, neanche in Porsche. Quindi viene varato il programma “turbo-compressore†da applicare al 12 flat da 5 litri che tutti ben conosciamo. Si tratta di un metodo molto complesso che necessità  di dare fondo a tecnologie ancora non del tutto chiare, ma a Stoccarda non mancano ne le idee ne i mezzi per realizzarle. Lo chassis ’71 in alluminio, pur rimanendo come base a parte due unità  che vengono costruite in magnesio, viene rivisto sia nel traliccio che nella posizione degli attacchi delle sospensioni ed è destinato a d ospitare, almeno all’inizio, il 4,5 litri montato in posizione posteriore centrale. Questo blocco, giudicato più affidabile del 5 litri viene ulteriormente sviluppato da Hans Metzger. Il prototipo pesa intorno ai 750 kg (270 sono di motore) e la potenza dichiarata al banco (ad 1,4 di pressione indotta) si aggira sugli 850 cavalli, per cui a vuoto il rapporto peso/potenza arriva ad un 0,88 che ha del fantastico. Rimane quello che all’epoca è il vero grande handicap di una motorizzazione di questo tipo ovvero il tempo di risposta tra la richiesta di potenza e l’erogazione di questa potenza; in Formula Indy nel ’72 questo ritardo si aggira tra 1â€5 ed i 2†ma i tecnici Porsche sono convinti di arrivare, per il debutto a Mosport, a circa 1†– 8/10.Nel corso della stagione la vettura subirà  una continua evoluzione della parte meccanica, con l’adozione di tre modelli di turbo, un continuo affinamento delle sospensioni ed anche un gran lavoro sul cambio, mentre sotto il profilo dell’aerodinamica le forme viste a Mosport non subiranno variazioni se non quelle di dettaglio per adeguare il set-up alle caratteristiche dei singoli circuiti. I serbatoi del carburante (per 310 litri complessivi) sono posizionati all’interno del telaio nelle fiancate e per la lubrificazione ci sono ben 24 litri d’olio. Per la questione logistica il programma viene affidato al Team di Roger Penske che si occuperà  di schierarla in corsa e di tutte le spese relative agli spostamenti di mezzi e personale, con l’apporto di tre grossi sponsor che sono l’importatore per l’America del marchio Porsche+Audi, il tabaccaio Liggett & Myers e il produttore di lubrificanti Sunoco (sponsor storico del Team). Porsche Ag si occuperà  di tutto quanto farà  capo alla meccanica, quindi evoluzioni, ricambi e rialzi/riparazioni della vettura. Ricordiamo come John Wyer fosse stato molto chiaro nel dettare le priorità  base per la conquista (e la riconquista) di Mondiale e 24 ore di Le Mans e quindi nella decisione finale presa a Stoccarda probabilmente c’è un po’ di insofferenza per l’ingombrante figura dell’inglese. La decisione stessa viene presa in tempi strettissimi, dai primi abboccamenti i giugno alla firma di agosto con già  tutto messo, dettagli compresi, nero su bianco.

Lo sviluppo della vettura è forse stata la cosa più complicata da affrontare vista la distanza dei teatri di gara dalla fabbrica e ci sono state molte trasferte per e dagli Stati Uniti con Mark Donohue, ingegnere/pilota del Team che si è fatto carico di buona parte dei test.

 

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(Porsche AG-Norbert Singer)

 

Col progredire dei test sia Penske che Donohue spingono per passare al blocco 5 litri, con cui ci si può spingere fino ai 1000 cavalli o comunque restare sulla soglia dei 900 ma con sovrappressione inferiore all’1,4 previsto (100 kgm a 6500 rpm). Quando nel corso della stagione, nelle cronache si parlerà  di vetture clienti, si vuole evidenziare una vettura dotata dello stesso telaio e dello stesso motore di quella del Team Penske ma con sostanziali differenze a livello aerodinamico (carrozzeria vecchio tipo) e motore in configurazione standard mentre Donohue ad ogni test deliberà  modifiche tecniche (al motore e alle sospensioni) che passeranno sulle vetture clienti solo in un secondo momento. Comunque in Porsche mandano avanti parallelamente una serie di Test con Willy Kauhsen per verificare alcune soluzioni e fare comparazioni con gli sviluppi curati dal Team americano.


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(Porsche AG-Norbert Singer)

 

La prima versione della 917/10 appare a Road Atlanta nel dicembre del 1971. Sul telaio è montato un blocco 4,5 litri aspirato (al momento la versione turbocompressa sta girando al banco) e la carrozzeria è ancora un vero e proprio laboratori di sartoria.

 

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(Porsche AG-Norbert Singer)

 

Solo nell’aprile seguente Donohue comincia a girare con la versione sovralimentata del 4,5 litri. Ma si da subito il motore si dimostra potente e affidabile. Il record di Road Atlanta viene polverizzato (i tempi non sono resi noti, ma voci interne alla scuderia parlano di oltre 5†più veloce del tempo di Jo Siffert) e nei long run non vengono fuori problemi di affidabilità  o di calo della prestazione.

Tutti all’interno del Team sono concordi ne dire che la vettura è molto potente e che questa potenza è utilizzabile praticamente in ogni situazione ma lo sono anche nel ribadire che il telaio permette una percorrenza di curva molto più veloce. A questo punto Mark Donohue comincia a spingere per avere a disposizione anche la versione 5,4 litri del blocco 12 flat per verificarne le potenzialità  in termini di potenza massima ed affidabilità , caso mai ce ne fosse bisogno.

 

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(Porsche AG-Norbert Singer)

 

Per fare tutto questo lavoro a meno di due mesi della stagione Donohue lavora incessantemente dentro e fuori della vettura, alternando la guida ai calcoli …

 

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(Porsche AG-Norbert Singer)

 

Come anticipato vengono vendute due vetture, 917/10 a due Team privati che da sempre gravitano nell’orbita del marchio di Stoccarda.

Peter Gregg, concessionario Porsche in Florida, con la struttura del Team Brumos Porsche e l’impegno economico personale e dello sponsor Kendall Lubricants, schiera il telaio 917/10-007. Al debutto, a Mosport, monta il 5,4 litri atmosferico (640 cv) ma già  per la trasferta a Watkins Glen, terza gara del Challenge gli viene dato (dietro pagamento) il 5 litri turbocompresso. La sua stagione si sviluppa tra alti e bassi con buone prestazioni ed inopinati ritiri fino a Donnybrooke dove in un incidente la vettura è distrutta. Saltata la trasferta successiva a Edmonton Gregg si ripresenta con la vettura ricostruita utilizzando parti di un nuovo telaio, tanto che qualcuno la tende ad identificarla come 917/10-008. Nell’occasione del rientro Peter Gregg sfoggia anche un muso uguale a quello delle vetture ufficiali.

 

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(Norm MacLeod)

 

L’altra Porsche 917/10 destinata ai clienti (917/10-006) arriva al Team Vasek Polak che la affida a Milt Minter. Anche per lui al debutto c’è il 5,4 litri aspirato ed anche per lui arriva il 5 litri turbo a stagione iniziata, ma solo ad Elkhart Lake. Il pilota americano fa quello che sa fare meglio, andare veloce e vedere il traguardo, e questa stagione gli porterà  la seconda piazza nel Challenge a pari punti con Denny Hulme (che lo precede in classifica in virtù dei migliori piazzamenti). A differenza della scelta fatta dal Team Brumos per Gregg, in Vasek Polak al debutto del 5 litri turbocompresso fanno debuttare anche la carrozzeria “Penske†con la doppia presa d’aria che carena il roll-bar.

 

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(autodiva.fr)

 

Il Team Vasek Polak schiera anche una Porsche 917Pa (l’ex Siffert del 1969) nella doppia trasferta californiana che chiude il Challenge. La vettura viene affidata a Sam Posey che approfitta dell’occasione disputando due buone corse in cui coglie una quinta piazza a Laguna Seca per poi ritirarsi a Riverside quando era nei primi dieci. Anche questa vettura sfrutta la moderna tecnologia, infatti è spinta da un blocco 4,5 litri turbocompresso.

 

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(photoessayist.com)

 

Infine, ancora iscritta dal Team Vasek Polak, a Riverside abbiamo una Porsche 908/2 affidata a Tony Adamowicz, che purtroppo non riesce a schierarsi allo start per motivi non precisati.

 

Abbiamo menzionato le due Porsche 917/10 clienti ed in realtà  quelle clienti sono proprio quelle due; il terzo esemplare (917/10-001) che si è visto in effetti è portato in pista nelle due corse conclusive della stagione da Willy Kahusen, che aveva partecipato ai test di sviluppo e che in pagamento aveva chiesto i primi due esemplari. Per lui due qualifiche nei primi dieci ed in gara un ritiro a Laguna Seca ed un ottava piazza a Riverside.

 

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(autodiva.fr)

 

Con la stagione 1972 l’entrata in vigore del nuovo regolamento che limita a tre litri le pretendenti al Mondiale Marche si riflette anche sul lungo week-end di Watkins Glen che era caratterizzato da quella promiscuità  tra le grosse stock-block americane e le 5 litri europee. Ora, anche le più competitive delle tre litri non avrebbero la minima possibilità  di ben figurare e nella manche del Challenge ne troviamo iscritte solo un paio. Una è la Porsche 908/3 di Reinhold Joest che in quella che sarà  una lunghissima carriera potrà  mettere nel palmares anche una partecipazione alla Can-Am

 

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(Charles J. Stucker)
 

Merita un cenno anche una partecipazione solitaria di un pilota che in altre occasioni si era fatto vedere in una tappa del Challenge. Reiner Brezinka schiera la sua Porsche 910 a Mosport e i mille problemi patiti in prova lo convincono a non schierarsi al via. Va però fatto notare che la stessa vettura era stata iscritta anche alla 24 ore di Daytona ed alla 6 ore del sabato proprio qui a Watkins Glen con altrettanti forfait mentre a Sebring per la 12 ore, guidata da Roman Pechman, Rudy Bartling e Milt Minter, era arrivata 7à  assoluta.

 

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(Chris Kennedy)

 

Alla prossima con la terza gara della serie ...

 

Franz

 

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Salve a tutti,

 

andiamo a Watkins Glen ...

 

Watkins Glen – July 23, 1972 – The Glen Trophy

 

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Sembra passata una vita dai lunghi week-end al Glen, con le sport 5 litri che dopo aver lottato al sabato, correvano in massa la gara Can-Am la domenica. Ora la Federazione ha cominciato quel programma destinato ad eliminare l’Endurance dal panorama motoristico mondiale e le tre litri, che ora se lo giocano quel Mondiale non pensano neanche lontanamente di provarci; troppo distanti le prestazioni per competere con i V8 americani e col turbo Porsche.

Sullo schieramento la domenica pomeriggio troveremo solo Reinhold Joest con la Porsche 908/3, quinto assoluto nella 6 Ore, e 12° nella Can-Am …

 

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(Schlegelmilch)

 

… e Alain De Cadenet al volante della Duckhams LM Ford, che alla vigilia ha percorso solo sette giri prima di veder andare arrosto il suo Cosworth, e che non vedrà  il traguardo nemmeno la domenica.

 

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(Joe Martin)

 

Tutti i Team ufficiali hanno approfittato della pausa per effettuare test e sviluppare le vetture (McLaren e Porsche) o trovare una prima messa a punto (Lola e Shadow). Per la McLaren la stagione sembra già  essere a un bivio pur dopo la vittoria a Mosport , fortunosa, e la bella prestazione di Road Atlanta, troppo breve per dare garanzie sulle reali possibilità . Anche nel Team Penske i sonni sono agitati dallo spettro di quella affidabilità  che sembrava raggiunta prima dell’avvio della stagione e che invece ha finora creato molti grattacapi ai tecnici americani, che la seguono sulle piste, ed ai loro colleghi tedeschi che continuano lo sviluppo in Germania. Watkins Glen è anche il primo circuito che può mettere a confronto la massima categoria dell’automobilismo, la Formula 1, con i mostri della Can-Am e quindi da parte dei semplici appassionati e degli addetti ai lavori c’è la massima attenzione ai tempi per dare risposta a quel quesito che in questi ultimi anni ha avuto risposte controverse. Ma prima di arrivare ai tempi che determineranno la griglia, tutte le vetture, in misura maggiore o minore, soffrono di un problema di vibrazioni legato agli pneumatici ed alle velocità  che vengono raggiunte in fondo al rettilineo, siamo oltre i 300 kmh ed alle accelerazioni in uscita dalle curve, soprattutto la mitica “the Essesâ€. Sono questi problemi, e mille altri, che spaventano Sam Posey e lo convincono a lasciare la Ferrari 712M a Jean Pierre Jarier per la corsa.

 

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(autodiva.fr)

 

Dopo due giorni di assetti stravolti e di pneumatici esplosi, le due McLaren M20 monopolizzano la prima fila con Peter Revson (1’39â€187) e Denny Hulme (1’40â€472) davanti a George Follmer (1’40â€515), che sembra un po’ più in sintonia con la sua Porsche 917/1Tc affiancato in seconda fila da Francois Cevert (1’41â€222) con la McLaren M8F del Team Yart.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Tutti questi piloti sono andati sotto la Pole di Stewart in occasione del Gran Premio dell’anno passato, 1’42â€642. Le previsioni danno per plausibile un miglioramento di 1†netto per la Pole ’72, ed arriviamo ad un 1’41â€5 … sembra la risposta definitiva! Le vetture della Can-Am sono le vetture da corsa in circuito più veloci al mondo. Ora che gli americani hanno questa certezza, possiamo tornare allo schieramento e trovare una Lola T310 nettamente migliorata rispetto a Road Atlanta, quinto tempo con Hobbs davanti a Oliver con la Shadow. Quarta fila per Young, con la seconda McLaren M8F del Team Yart affiancato da Milt Minter con la prima Porsche 917/10 clienti. A chiudere la top-ten in quinta fila Peter Gregg con la sua Porsche 917/10 ora dotata del 5 litri Turbocompresso e Reine Wisell, per l’occasione al volante della Lola T260 di Tom Heyser e che per inciso non vedrà  il traguardo per noie al motore in quella che resterà  la sua unica partecipazione.

 

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(Dave Friedman)

 

Scooter Patrick da forfait con il motore quattro litri della sua Alfa Romeo che surriscalda e dall’ultima casella al via scatta Tony Dean con la sua Porsche 908/2, habitué del Challenge. Sarà  nono alla fine con 2 punti per la generale e vedrà  il traguardo, 14°, anche a Mid Ohio.

 

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(Joe Martin)

 

La giornata è calda sin dalle prime ore della domenica; la sessione del mattino viene usata per verificare che tutto funzioni, ma Hulme non gira. “… la macchina sembra andare bene ed è meglio se mi rilasso! L’alternanza destra sinistra delle curve qui al Glen mi sta mettendo alla frusta dopo il botto di Road Atlanta! Non sono ancora al mio meglio ma sono fiducioso …†C’è sicuramente un po’ di nervosismo in griglia e servono quattro giri di riscaldamento perché il direttore di gara dia il verde; Revson transita davanti al gruppo alla prima curva ma Hulme lo passa subito dopo. Follmer ha il suo bel daffare per chiudere i varchi ad un Cevert che occupa tutti e due i suoi specchietti. David Hobbs si ferma subito per verificare una possibile foratura ma lo rimandano in pista subito. Da li comincia una corsa nella corsa fatta di sorpassi e di una guida funambolica con la Lola T310 buttata di forza dentro le curve.

 

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(Sport Auto Magazine)

 

Ad un quarto di gara Follmer ha messo un paio di secondi tra lui e Cevert che deve comunque cominciare a preoccuparsi di Hobbs che sta ritornando sui primi a passo di carica. Si ferma John Cordts che è costretto a percorrere tutto un giro con un pneumatico stracciato finendo col danneggiare la sospensione della Lola T163.

 

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(Norm MacLeod)

 

La corsa vive esclusivamente della performance della Lola, per il resto è una processione con pochi spunti interessanti. Oliver si ferma una prima volta con problemi ai freni ed i meccanici scoprono che una pastiglia e stata montata al contrario; lo rimandano in pista ma passano pochi giri ed i freni si allentano nuovamente con l’inglese che si ferma definitivamente. Hobbs intanto si è fatto sotto a Cevert e dopo un paio di attacchi in cui finisce un po’ lungo, lo passa di forza prima della “the Esses†mettendosi subito in caccia della Porsche Penske. Hulme fa corsa a se anche se Revson sembra essersi risvegliato e si sta lentamente riavvicinando. Hobbs passa anche Follmer che accusa nuovamente problemi ad una delle valvole dell’impianto di sovralimentazione ed ha problemi nelle accelerazioni. Francois Cevert gli si fa sotto ed il duello è abbastanza rusticano prima che il francese riesca a mettere la sua McLaren M8F, che ne porta i segni, davanti alla Porsche.

 

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(Sport Auto Magazine)

 

Quando la corsa sembra ormai essersi stabilizzata purtroppo Hobbs sembra accusare nuovamente problemi perché il suo ritmo si alza improvvisamente. Follmer si ferma per tentare una riparazione; come a Mosport un paio di martellate ed un po’ d’olio sembrano sortire l’effetto e viene rimandato in pista al sesto posto. Non resta più molto tempo ma è sufficiente a Cevert per riprendersi la posizione ai danni di David Hobbs ed a Follmer per passare la porsche 917/10 di Milt Minter. Revson si è avvicinato a Hulme ma sembra più che sia il neozelandese a controllare che non l’americano ad attaccare e, per fugare ogni dubbio, Teddy Mayer espone a Peter un cartello assolutamente esplicativo; “easy†c’è scitto! La McLaren M20 di Denny Hulme è la prima a tagliare il traguardo. Per la seconda volta in tre gare!

 


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(Autosport Marketing Assoc.)

 

Con Revson secondo, la festa McLaren è completa ora che torna a fare quello che ha sempre fatto in questi ultimi anni, correre e vincere. Al momento con Hulme primo nel Challenge le cose assumono un aspetto migliore, mentre in casa Porsche sembra pesare sempre di più l’assenza di Mark Donohue. Sul podio anche un Francois Cevert raggiante con la sua McLaren M8F “… è semplicemente fantastico! – spiega ai giornalisti – Quando mi hanno proposto di correre in Can-Am pensavo a tutti quei cavalli ed ero preoccupato, ma ora vorrei averne di più perché è veramente un grande piacere guidare queste macchine …†Quarto, nonostante i problemi nel finale di corsa, David Hobbs al volante di una Lola T310 molto veloce; quinta piazza per George Follmer con la Porsche 917/10Tc “… bisogna trovare soluzione a questi problemi – commenta – non ero veloce come le McLaren ma ad ogni giro il mio feeling con la vettura cresce e sono ottimista per il futuro …†Sesto Milt Minter con la 917/10 clienti e settima posizione per Motschenbacher al volante della sua McLaren M8D. All’ottavo posto troviamo la Lola T222 di Bob Nagel …

 

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(Joe Martin)

 

… al nono posto Tony Dean con la piccola Porsche 908/2 e per finire decima piazza ad un tenace Jean Pierre Jarier che è riuscito a portare al traguardo una Ferrari 712M che definire “difficile†è eufemistico.

 

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(forum-motorlegend)

 

Alla prossima con le "... Lola ..."

 

Franz

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Salve a tutti,

 

mentre la cavalla è a paddock ....

 

PITLANE 1972 – Lola

Eric Broadley, abbandonato da Jackye Stewart e dallo sponsor L&M non è neanche sfiorato dall’idea di mollare tutto, ma spinto, quasi ossessionato dall’idea di riportare la Lola alla vittoria rompe con il passato e sforna una nuova vettura che non ha punti di contatto con la pur valida T260.

 

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(Richard A. Reeves)

 

La nuova Lola, la T310, è più bassa, più lunga e più larga. Il suo telaio è fortemente ispirato a quello della T270 di Formula Indy con, ovviamente, una vasca più larga e diversi prolungamenti all’anteriore ed al posteriore per gli attacchi delle sospensioni e del motore. Una delle caratteristiche che dovrebbe renderla originale, ovvero un impianto frenante servoassistito, verrà  abbandonato dopo il debutto a Road Atlanta. Anche la carrozzeria ha il suo fascino, bassa e larga con un muso profilato e decisamente a cucchiaio per dare il massimo della deportanza ed una linea sinuosa fino alla coda che si raccorda con un’ala montata in posizione bassissima.

 

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(Frank Yaskin)

 

Già  a Watkins Glen la vettura, afflitta da problemi di guidabilità , viene modificata con l’aggiunta di due profili sui passaruota e di due spoiler laterali per incanalare l’aria verso la coda, la dove l’alettone è stato rialzato di una decina di centimetri per farlo lavorare al meglio in aria pulita.

La vettura, tendenzialmente buona, soffrirà  per tutta la stagione di uno scarso sviluppo. La struttura di Carl Haas, importatore del marchio per gli States non è più quella che seguiva Stewart nel ’71; ora ci sono tre ottimi meccanici ma nessun tecnico interagisce con il pilota e le sensazioni vengono riportate in Inghilterra per interposta persona e gli sviluppi viaggiano appunto “per sentito direâ€! Gli aggiornamenti successivi arrivano solo a Donnybrooke e si tratta per altro di un diverso supporto per l’ala posteriore che ne permette un montaggio ancora più in alto.

 

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(Charles J. Stucker)

 

Per vedere ancora uno sviluppo bisognerà  aspettare Riverside dove viene montato un muso con un cucchiaio ancora più pronunciato e sul quale sono montati tre deviatori che hanno il compito di pulire il flusso che passa sopra la vettura.

 

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(M.P.Hewitt)

 

Ultima annotazione; nell’interstagione sembrava che la vettura fosse destinata a Francois Cevert, ma quando la L&M ha ritirato il suo apporto economico per il francese si è aperta la possibilità  di correre con una McLaren ex ufficiale e quindi Broadley ha chiamato David Hobbs.

 

Carl Haas in vista della nuova stagione ha venduto le due Lola T260. Il telaio HU01, quello che Stewart ha usato per tutta la stagione ’71 è acquistato da Jerry Hansen che lo utilizza in una sola occasione a Donnybrooke, dovendo per altro ritirarsi. Hansen utilizza la carrozzerie testata a Mid Ohio nella passata stagione con l’ala posteriore sorretta da due pinne che sono il prolungamento dei profili rialzarti sulle fiancate ed il grosso alettone a sbalzo sul muso.

 

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(Bill Oursler)

 

Il telaio HU02, mai utilizzato nella passata stagione debutta in corsa, nelle mani di Tom Heyser, a Road Atlanta. A Watkins Glen, tappa successiva del Challenge, al suo volante salirà  una tantum Reine Wisell per poi lasciare che sia ancora il pilota americano a finire la stagione finendo quattro volte di cui tre a punti. Tom Hayser monta la carrozzeria classica con l’ala posteriore sorretta dal traliccio a due supporti ed a seconda delle gare anche l’ala all’anteriore.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Ci sono poi due Lola T222, la versione clienti della T220 di Revson del 1970, prodotte nel ’71.

Lo chassis T222-HU07 viene schierato, cosi come la stagione precedente, da Bob Nagel che fa tutto il Challenge ad esclusione della trasferta di Edmonton. Per lui sette traguardi su otto partecipazioni di cui cinque a punti (in totale 11) e la quattordicesima piazza nella Classifica assoluta del Challenge.

 

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(farmfresh)

L’altra T222 corre con al volante Charlie Kemp ed è schierata dal Team di Bobby Rinzler, che si affaccia alla Can-Am un po’ in sordina in attesa di far parlare di se nel 1973 su tutte e due le sponde dell’Atlantico. Per Kemp tutte e nove le gare con sei traguardi di cui cinque nella top-ten per 27 punti che gli valgono la decima posizione assoluta nella Classifica Finale.

 

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(autodiva.fr)

 

Ci sono poi come sempre numerose, anche se Lola percentualmente non è il marchio più presente sullo schieramento, le T163 tra cui quelle di John Cordts, Chuck Parsons, Jim Butcher ed altre ancora …

 

… come quella di Danny Hopkins che il pilota iscrive in cinque occasioni, partendo in tre e vedendo una sola volta la bandiera a scacchi a Riverside da 15°. E sempre a proposito di Lola, nella foto lo vediamo precedere Tom Heyser con la Lola T260 in versione senza la grossa ala anteriore.

 

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(Dave Friedman)

 

Ancora una Lola T163, quella di Ron Grable; per lui solo le due tappe in California concluse tutte e due con altrettanti ritiri.

 

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(Dave Friedman)

 

Alla prossima per la 4° gara in quel di "... Lexington - Mid Ohio ..."

 

Franz

 

 

 

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Salve a tutti,

 

ancora questo poi per oggi basta ...

 

Mid Ohio – August 6, 1972 – Lexington Can Am Cup

 

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Dopo quanto successo la stagione scorsa, con il quasi sciopero di Jackye Stewart che aveva costretto gli organizzatori a modifiche dell’ultima ora, nell’inverno la proprietà  del circuito ha fatto risistemare l’asfalto e creato nuove vie di fuga con l’abbattimento di altri alberi. Quello che trovano i piloti il giovedì pomeriggio è a tutti gli effetti una nuova pista. Tutti gli occhi sono puntati sulla coppia McLaren anche in virtù della prestazione pura messa in mostra a Road Atlanta, non suffragata dal risultato e a Watkins Glen, con una fantastica doppietta alla vecchia maniera. Di riflesso, pur se nessuno lo dice apertamente, Follmer è sotto tiro. Il Team, nella persona di Roger Penske non è soddisfatto, a dispetto del fatto che il pilota abbia preso in mano una macchina che Mark Donohue si era cucito addosso e che comunque abbia bisogno di uno stile di guida che non ci si inventa in pochi giorni. Dulcis in fundo Mid Ohio con i suoi saliscendi e nessun vero rettilineo non sembra proprio una pista dove la Porsche possa far risaltare le sua qualità . Quindi quando sabato sera la lista dei tempi mette davanti a tutti proprio l’americano e la sua Porsche 917/10Tc, anche i più critici devono fare ammenda e riconoscere che non è solo la cavalleria prodotta dal sistema di sovralimentazione la qualità  principale della vettura tedesca, ci sono anche un telaio ben fatto che li mette per terra questi cavalli permettendo di sfruttarli ed in seconda battuta George Follmer non sarà  Mark Donohue, ma il suo approccio conservativo ha prodotto risultati tangibili. Quella che ci aspetta sarà  comunque una gara tirata e si spera spettacolare perché le due McLaren M20 sono vicine con Hulme davanti a Revson, affiancato in seconda fila da Jackye Oliver con una Shadow che sembra adattarsi bene ai saliscendi del circuito. Seguono David Hobbs che continua a metterci del suo ma riesce a portare la Lola T310 nelle prime file; le due Porsche 917/10 cienti con Milt Minter ancora una volta più veloce di Peter Gregg e Lothar Motschenbacher con la solita McLaren M8D. Chiudono i primi dieci le due McLaren del Team Yart con Gregg Young e Francois Cevert che hanno patito i soliti problemi di motore durante le prove. La domenica il tempo minaccia pioggia ma al momento dello schieramento tutti montano gomme da asciutto. Solo alla bandiera verde cominciano a cadere le prime gocce. George Follmer si invola dalla prima curva ed al primo giro sono gia due i secondi che separano la Porsche 917/10 da Revson e Hulme.

 

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(Jack Webster)

 

La pista con il nuovo asfalto regge bene le poche gocce anche se Revson sta dando spettacolo utilizzando tutta la pista e spesso andando con la sua M20 anche fuori. Tutto fino al 32° giro quando un brutto rumore annuncia la fine del suo Chevrolet. Peter si ferma ed in quel momento la pioggia aumenta di intensità . Denny Hulme che non ama la pioggia ed è uno dei primi, e dei pochi, a fermarsi per montare pneumatici da pioggia sulla McLaren M20.

 

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(John Wilson)

 

Lo spettacolo delle vetture Can-Am sulla pista bagnata con gomme da asciutto è qualcosa di molto comico. Lunghe pattinate in accelerazione, frenate che si allungano e disegnano traiettorie infinite e la sagra del testa coda in prima visione per un pubblico in delirio. Follmer è in grande difficoltà  ed anche lui finisce col girarsi, come quasi tutti. Ma queste sono giornate in cui qualcuno finisce per togliersi qualche soddisfazione uno di questi è Jackye Oliver; sembra che per lui, rigorosamente con gomme da asciutto sulla Shadow, non stia piovendo e il suoi tempi sono dai 3 ai 5 secondi più veloci di quelli di Follmer dal quale si è sdoppiato a sta recuperando.

 

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(Dave Friedman)

 

Così come è cominciata la pioggia smette e la pista si asciuga velocemente; Denny Hulme si ferma e torna a pneumatici da asciutto. E altri piloti diventano protagonisti sfruttando questa giornata dal mereo bizzarro. Warren Agor, pilotando la sua McLaren M8B (ex Bruce McLare, ex Oscar Kowelesky, ex Tony Adamowicz) è vicinissimo alla zona punti dopo essere scattato 22°.

 

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(Joe Martin)

 

Con la pista asciutta Follmer ristabilisce un buon margine su Oliver ed anche Hulme precipitato nelle retrovie dopo la sequenza dei suoi cambi gomme sta risalendo con tempi persino migliori di quelli del pilota di Penske. Milt Minter sfrutta alla grande questa parte di gara asciutta per allungare sui diretti rivali e consolidare quel podio che ora sembra davvero alla portata della sua Porsche 917/10 mentre Peter Gregg ha salutato la compagnia con problemi di alimentazione.

 

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(forum-auto)

 

Ma le sorprese non sono finite e la pioggua ricomincia copiosa. Hulme è pronto a fermarsi ma uscito con gomme scolpite rientra nuovamente il giro dopo con un pneumatico afflosciato. Follmer è di nuovo in grande difficoltà  ed Oliver ricomincia a recuperare ora con differenze che arrivano anche a cinque secondi al giro. Un altro che approfitta del meteo variabile e delle difficoltà  in pista è Charlie Kemp che sta portando la sua Lola T222 verso quel quinto posto finale che conribuirà  a dargli la decima piazza nella generale del Challenge.

 

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(Richard A. Reeves)

 

La corsa è monotona, questo e certo, ma lo spettacolo di Oliver in piena rimonta e le presenze occasionali nei primi dieci, legate tanto ai capricci del tempo quanto a meriti personali, la rendono affascinante e nonostante la pioggia il pubblico rimane attento a quello che accade in pista. Un plauso a Gordon Dewar che con la McLaren M8C ampiamente rimaneggiata nella carrozzeria si prenderà  una settima piazza tutta da incorniciare.

 

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(G. Dewar-facebook)

 

David Hobbs dopo una prima parte di gara in cui era riuscito a girare con costanza e su buoni tempi, anche durante la prima parte bagnata della corsa si trova, come gia accaduto a Watkins Glen, con evidenti problemi di guidabilità  sulla Lola T310 ed è decisamente più lento. In queste condizioni la sesta piazza finale può sembrare poco e forse lo è ma al momento le qualità  telaistiche della vettura permettono questo.

 

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(Richard A. Reeves)

 

Prima della fine smette ancora di piovere, l’asfalto si asciuga nuovamente, Alan Johnson fa un testa coda e scivola sull’erba bagnata perdendo qualche posizione con la Mclaren M8E di William Cuddy.

 

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(autodiva.fr)

 

Follmer bloccato in pista da Roger Penske (un cambio pneumatici a quel punto, con Oliver in piena rimonta poteva costare la gara) ricomincia a girare più veloce della Shadow e rimette le cose nella giusta prospettiva. Detto di Hulme che si ferma a cambiare gomme, rimontando quelle da asciutto (sono cinque soste delle quali una per una foratura) nulla cambia più e Follmer porta al secondo successo la Porsche 917/10TC. Seconda piazza per un raggiante Oliver con una Shadow che quando risulta affidabile è da podio e terza per Minter, ancora a punti, quattro su quattro, con la Porsche clienti. Seguono Hulme, nonostante abbia passato più tempo ai boxes che in pista, Charlie Kemp su Lola T222, David Hobbs con la Lola T310, Gordon Dewar con la sua Mclaren M8CD e Gary Wilson con una McLaren M8E. A chiudere la top-ten Warren Agor nono al volante della McLaren M8B e Bob Nagel, decimo con un’altra Lola T222.

 

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(Jim Hayes)

 

 Alla prossima con un'altra delle protagoniste di questo 1972 "... la Shadow ..."

 

Franz

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Salve a tutti,

 

avanti col'72 ...

 

PITLANE 1972 – SHADOW

Per la stagione 1972 Peter Bryant lavora molto sul telaio della Shadow (55 modifiche dichiarate) con alcune decisamente importanti, come lo spostamento dei radiatori a fianco dell’abitacolo, in posizione arretrata, ed alimentati dall’aria che passa in due canyon che passano attorno al cockpit. Il telaio è ancora una monoscocca in alluminio con prolungamenti all’anteriore ed al posteriore per gli attacchi delle sospensioni e del motore. Per i freni c’è una soluzione mista con quelli anteriore on-board e quelli posteriori sulle ruote.

 

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(TNF)

 

Anche il muso ha un diverso andamento, con i passaruota ora meno spioventi e con un labbro che accentua la forma a cucchiaio. La parte centrale del cofano invece risulta leggermente più arretrata favorendo un passaggio d’aria adeguato per l’ala montata anteriormente.

La stagione comincia ancora con il cambio Weissmann rivisto negli ingranaggi, ma che da ancora problemi di affidabilità . A Watkins Glen viene fatto debuttare un nuovo impianto di raffreddamento con un terzo radiatore dell’olio riservato al cambio ed a Mid Ohio Oliver trova in montato in vettura un Hewland a quattro rapporti. Per quanto concerne la motorizzazione ad inizio stagione lo Chevrolet è un total alu da 8,1 litri che crescerà  nel corso dell’anno fino a 8,4.

“… abbiamo fatto un gran lavoro nell’inverno e se anche il telaio di base è quello dell’anno scorso, le modifiche sono state tali e tante che la considero a tutti gli effetti una macchina nuova. Nel corso della stagione abbiamo evoluto l’aerodinamica – racconta ai giornalisti dopo la trasferta di Mid Ohio – presentando una carrozzeria tutta nuova e lavorando sulla fluidodinamica interna. Ma bisognera pensare tutti in ottica di sovralimentazione dei motori, viste le qualità  e le prestazioni della Porsche. L’era dei grossi V8 atmosferici è decisamente al tramonto …â€

Pur nelle limitate possibilità  di un piccolo Team, pur molto professionale, la Shadow ha lavorato addirittura sulle benzine, proprio grazie allo sponsor UOP, leader del mercato dei carburanti “lead free†(senza piombo). In effetti dopo la rottura di Road Atlanta gli Chevrolet curati in casa non sono mai stati il problema e le prestazioni sono state decisamente migliori di quelle del 1971.

 

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(autodiva.fr)

 

Ad Elkhart Lake arriva quella seconda versione della carrozzeria di cui parlava Bryant ai giornalisti. Niente più canyon ai lati dell’abitacolo, il cofano anteriore sale fino all’altezza del parabrezza e c’è solo un lieve invito che indirizza l’aria verso due grosse prese Naca che hanno sfoghi sui passaruota posteriori che mandano l’aria calda direttamente sulla grossa ala posteriore.

 

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(forum-auto)

 

Nelle prove appare anche una grossa ala montata a sbalzo anteriormente ma viene presto scartata in quanto sbilancia la vettura, caricando troppo l’avantreno, rendendola pesante e poco reattiva.

E siccome Bryant non è uno che lanci messaggi solo per il gusto di parlare, parallelamente un gruppo di tecnici sta facendo girare al banco una versione turbocompressa dello Chevrolet 9,2 litri.

A Riverside tappa conclusiva del Challenge Don Nichols chiama Bobby Allison per portare in gara la Shadow dotata dello Chevy classico mentre Oliver si incarica di qualificare la versione turbocompressa, che al banco fa leggere 1000 cavalli a 6000 giri.

 

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(TNF)

 

Oliver ci da dentro ma la guidabilità  è critica tanto che il tempo segnato 1’40â€240 lo qualificherebbe in 19° posizione. Per chiarire Bobby Allison segna il quinto crono in 1’34â€250. Per la gara Bobby Allison lascia la vettura a Oliver che chiuderà  quarto pur se afflitto da problemi al comando del cambio. Comunque anche se non coronato da successo è pur sempre un progetto targato Peter Bryant e quindi degno dell’attenzione di uno che ne mastica abbastanza. Nella foto sotto un attento Donohue scruta il mostro cercando di capirne la pericolosità  â€¦

 

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(Dave Friedman)

 

Alla prossima con la quinta gara dell'anno "... Road America Trophy a Elkhart lake ..."

 

Franz

 

 

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  • leopnd changed the title to Can-Am: 1966-1974

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