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Can-Am: 1966-1974


Lotus72

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Salve a tutti

 

anche se potrebbe sembrarlo, quanto segue non è fuori tema, ma serve a contestualizzare la Can Am in quelli che erano i suoi tempi ...

 

PADDOCK 1968 - Toyota 7 la Can Am alla giapponese

“Correre è un modo molto divertente di vivere, guidare sempre più veloce se lo fai bene, o sempre più lento se lo fai male†lo dice Steve McQueen, nel film “Le Mans†e aggiunge: “Un sacco di gente passa la vita a fare le cose nel modo sbagliato, correre è importante, quando sei in corsa è la vita; tutto quanto accade prima o dopo è solo attesa.†Questo è lo spirito che ha mosso l’ambiente delle corse negli anni dai cinquanta ai settanta; le gare erano pericolose, poca o nessuna protezione per il pilota in caso di incidente.

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Eppure molti sono stati attratti dal cupo brontolio dei motori da corsa che diventava lacerante ululato,  quasi canto delle sirene che ci attira sugli scogli. In quegli anni anche i regolamenti contribuivano, con la loro “libertà â€,  a generare questa situazione, in pratica tutto era possibile; erano gli anni in cui il Presidente degli Stati Uniti si impegnava  a mandare un uomo sulla Luna in un lasso di tempo brevissimo senza apparire ridicolo e senza che la tecnologia necessaria fosse già  conosciuta quando lo chiese al Congresso. Erano gli anni del “si può fare!†ed il Motorsport non è altro che il riflesso della società  che lo circonda e non poteva essere presa in nessun altro periodo, se non in quegli anni, la decisione di “creare†il Gruppo 7, la forma più selvaggia ed estrema di corse in circuito per vetture da competizione.

 

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(Fuji Collection)

 

Il nome “Can-Am†è certo più conosciuto che non “Gruppo7â€, ma è in base a questo regolamento che è nata la Can-Am. Vetture scoperte concepite con la massima libertà  in termini di peso minimo, materiali, cilindrata e gomme che si davano battaglia sui più incredibili circuiti del Nord America. McLaren, Lola, Chaparral, persino McKee e Genie sono ormai conosciuti come le protagoniste di quello spettacolo, molto meno noti sono i nomi dei protagonisti, piloti e vetture che erano attori dello stesso spettacolo in Giappone.  Quando la JAF ha deciso di far disputare il Gran Premio del Giappone, massima corsa del paese, con il regolamento del Gruppo 7, l’intento era di creare un collegamento con il movimento CanAm ed attrarre i protagonisti di quel Campionato nel paese del Sol Levante.  Il risultato fu che Toyota e Nissan si dotarono di un reparto corse all’avanguardia e l’industria automobilistica giapponese ebbe una espansione incredibile solo pochi anni prima e diretta conseguenza della decisione di costruire un prototipo per il Gruppo 7. Il progetto originale per Toyota fu affidato a Jiro Kawano, che era già  stato il responsabile del progetto 2000 GT in grande evidenza negli anni precedenti. Toyota attivò una forte collaborazione con Yamaha, al cui reparto corse fu affidata la costruzione del prototipo ed il suo sviluppo. La prima motorizzazione fu il 6 cilindri in linea di due litri derivato direttamente dal 2000 GT. Il primo telaio era ancora un tubolare irrigidito con pannelli in alluminio e carrozzeria in fibra di vetro, sospensioni a quadrilateri ed un cambio a cinque velocità ; un set-up decisamente convenzionale. Ci si è accorti sin da subito che la potenza era decisamente poca e si è passati ad un più corposo V8 da tre litri. Nonostante questo la Toyota si è subito trovata in condizioni di inferiorità  sul piano della potenza pura nei confronti di Lola e Nissan, dotate sin da subito di corposi Chevrolet V8 cinque litri. Questo disavanzo in termini di potenza , stimato in circa 150 cavalli di fatto rendeva inutile il miglior telaio della Toyota, che quindi non poteva che finire solo 5° nel Gran Premio del Giappone al Fuji. Ma l’esperienza è servita ed il Team con Sachio Fukuzawa e Hiroshi Fushida ha portato al successo la Toyota 7 nella 1000 Km di Suzuka sul finire del 1968. Per la stagione 1969 la vettura è stata completamente rivista, a livello telaistico e soprattutto a livello del motore, ora un cinque litri con una cavalleria stimata intorno alle 600 unità . Una novità  evidente è l’alettone, in stile Chaparral, che la sovrasta nella parte posteriore, anche se in una posizione più bassa rispetto alla vettura americana. Ma anche la Nissan non è stata a guardare, producendo uno sforzo notevole con un nuovo telaio ed un motore cresciuto a sette litri. Al Gran premio del Giappone la vittoria non le sfugge, ma nel resto della stagione la Toyota farà  valere una miglior efficienza telaistica vincendo a ripetizione.

 

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(Fuji Collection)

 

Per il 1970 però la JAF spinge per disputare il Gran premio del Giappone con le monoposto con il miraggio della Formula 1. Tutto questo con l’aggravante dell’incidente mortale a Sachio Fukuzawa durante un test sulla pista di prova della Yamaha mette a dura prova il progetto Toyota. Le circostanze dell’incidente non sono mai state chiarite, anche se Sachio stava provando una versione sperimentale della vettura in versione coupè. Fukuzawa era inoltre una star non solo a livello motoristico ma anche nel mondo della moda ed appariva regolarmente in televisione. La Toyota sembra travolta dallo scandalo ed è chiamata in causa dalla famiglia del pilota, anche se una transazione viene trovata in via extragiudiziale.                                                                                                        

Di fatto la decisione della JAF ha chiuso la porta al futuro del Gruppo 7, almeno per quello che con-cerne il Giappone, ma Toyota e Nissan non abbandonano il campo e producono ulteriori sforzi per migliorare le loro vetture. Toyota si decide a cercare la potenza mancante, visti anche i Chevrolet da

8,1 litri che ormai dimorano nei telai di McLaren, Lola e degli altri contendenti in America.

Il cinque litri che nel 1969 ha equipaggiato la Toyota 7 viene dotato di due turbocompressori Garret

Che portano la potenza prima a sfiorare e poi superare gli 800 cavalli. Tutto questo due anni prima della Porche 917/10. La macchina viene testata in diversi circuiti nel sud pacifico, ma la sfortuna dell’ultimo periodo non abbandona il progetto e durante un test a Suzuka il pilota tester Minoru Kawai, altra icona giapponese del motorsport rimane ucciso. Cosi come Fukuzawa, Kawai era un personaggio televisivo, sposato alla modella e cantante Rosa Ogawa. Questa ulteriore tragedia è stata di fatto la pietre tombale sul programma Can-Am di Toyota cha ha annullato il progetto.

La vettura perfettamente funzionante è stata conservata è partecipa attivamente al programma di corse per vetture storiche. A Goodwood, nel 2002, ho avuto la fortuna di ascoltare un’intervista ad Allan McNish che per l’occasione era al suo volante. Una domanda in particolare ha attirato la mia curiosità  â€œCom’è stato guidare questo mostro su per la collina di Goodwood?â€

La risposta è stata semplice nella sua disarmante onesta “Terrificante!†Anche se poi si è articolata in una spiegazione che suonava pressoché così “Non avevo nessun controllo sull’accelerazione, era accesa o spenta. La frenata è molto rudimentale ed insufficiente per tanta potenza e la sensazione di totale insicurezza e di scarsa protezione non mi aiutavano certo a spingere quanto avrei voluto per il pubblico!†Poi a livello più colloquiale ha raccontato di aver saputo che con quella vettura qualche “samurai†aveva vinto delle gare ed addirittura una 1000 km a Suzuka. A quel punto qualcuno gli ha  raccontato un aneddoto riguardante l’ala; questa, appena installata, era più larga dell’attuale e sbordava dalla carrozzeria di circa 10 centimetri per lato e nell’abbordare una curva il collaudatore dell’epoca l’aveva strappata via agganciandosi a qualcosa sul bordo della pista.

Tralascio la sua esclamazione e la considerazione che era molto contento di essere nato qualche decennio dopo.

 

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(SportCarDigest)

 

Sempre nella stessa occasione ho avuto modo di sentire Sir Jackye Stewart, che avendo ascoltato anche lui  Allan ha voluto dire la sua. “Sono stato il primo a cercare di fare notare la pericolosità  di certe piste e di certi regolamenti, ho cercato di fare in modo che anche i piloti, che erano parte integrante del gioco, fossero tenuti in considerazione per quanto avevano da dire. Questo senz’altro ha tolto un po’ di popolarità  alla mia figura di campione; avessi detto e fatto quello che la gente voleva sentirmi dire e fare, sarei sicuramente stato molto più popolare; probabilmente morto, ma certo molto più popolare!†  Ecco Allan McNish è una persona, prima che un pilota, molto intelligente e conserva una certa coerenza, se pensa che una vettura sia pericolosa, lo dice; poi magari la guida, ma lo dice!                                                          

Ora ci resta solo il rimpianto per non aver potuto vedere quella stagione che avrebbe potuto essere la “madre di tutte le stagioniâ€, con McLaren, Lola, Chaparral, Shadow e Porsche contrapposte alle vetture del Sol Levante e vivere quei duelli che ne sarebbero scaturiti.  

A Goodwood sempre quell’anno sulla Toyota Seven è salito anche Hiroshi Fushida, uno dei piloti ufficiali di quegli anni; ha solo posato per le foto ufficiali però, senza guidarla … “… c’è una stagione per ogni cosa …†                                                                                                                  

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(SportCarDigest)

 

Alla Toyota può restare comunque l’orgoglio di aver risvegliato la tecnologia Giapponese allargando l’orizzonte motoristico di quello stesso sole.

 

Alla prossima con il seguito ...

 

Franz

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Salve a tutti,

 

ERRATA CORRIGE

 

la terza foto del post precedente, dal testo sembrerebbe una Toyota 7 nella versione '69 con il 5 litri e l'ala posteriore a tutta larghezza; in realtà  nella foto c'è una McLaren M12 (la novità  per i clienti della casa per la Can Am 1969 ed equipaggiata con il 5 litri nipponico) che la Toyota aveva acquistato per verificare la bontà  delle sue scelte in termini telaistici.

 

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(Fuji Collection)

 

Questa qui sopra è la Toyota 7 in versione 1969 con il 5 litri e l'ala alta ...

 

Alla prossima

 

Franz

Modificato da znarfdellago
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In quegli anni i motori più potenti in F1 erano il Cosworth DFV che nel '67 si presentò con circa 400CV e il V12 Ferrari che all'inizio era un po' sotto ma poi arrivò fino a 430 CV fin quando fu sostituito dal V12 boxer, anzi a cilindri contrapposti, nel '70 che aveva circa 470CV. I mostri della Can-Am superano gli 800CV quindi le Gr.7 erano molto più veloci delle F1 e suppongo anche come tempi sul giro. Ma in curva quali erano più veloci?

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Salve a tutti

 

per la stagione 68 le potenze non arrivano agli 800 cavalli , non ancora, e se guardiamo ai cavalli litro non siamo certo a livelli stratosferici; indubbiamente però quello che ancora conta è la cavalleria. Il grande merito di un regolamento come quello del Gruppo 7 è stata la massima libertà  che ha permesso sviluppo di nuovi materiali (i blocchi alu dei migliori Chevrolet ed i carter secchi, cerchi in magnesio e interi sistemi sospensivi in titanio, non solo particolari) ricerca sulle giomme, da parte dei produttori (non solo nuove mescole ma nuove carcasse) un primo abbozzo di sviluppo aerodinamico, forse ancora confuso come idea ma certamente con obiettivi molto chiari. La F.1 ha ancora un vantaggio in rapportio peso/potenza ma un chiaro limite aerodinamico (le ruote scoperte) ... chi è più veloce in curva? La F.1 ma parliamo anche di circuiti diversi, fondi decisamente più sconnessi quelli americani, con una parte mista e profili altimetrici importanti ... poi io sono un libertino (automobilisticamente parlando per carità !?!) e non mi interessa particolarmente se è più veloce ma se è più interessante ...

 

alla prossima

 

Franz

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Salve a tutti

 

andiamo avanti ...

 

PIT LANE 1968 – CanAm Esportazione – Il Gruppo 7 in Giappone

 

Il successo della Can-Am ha scatenato un interesse che ha portato venti di cambiamento anche nell’estremo oriente; la Jaf, la Federazione dello sport Automobilistico Giapponese, ha deciso che il Gran Premio del Giappone, uno degli eventi stagionali di maggior importanza nel paese, si correrà  secondo le regole del Gruppo 7. Questo avrà  conseguenze a cascata, perché il Giappone è un mercato importantissimo dal punto di vista economico e l’industria motoristica del Sol Levante è la seconda al mondo, quindi gli Europei, ma soprattutto gli americani che del Gruppo 7 hanno fatto una questione primaria, vedono in questa apertura un segnale importante.

Il progetto è portare la Can-Am a diventare la serie per Sport prototipi più importante al mondo e non c’è di meglio che avere la possibilità  di presentarsi come una serie che organizza gare anche in Giappone. Prende così corpo l’idea di presentarsi a fine stagione alla Fuji 200, altra “classica†, con una rappresentanza del meglio del Challenge, macchine e piloti.

 

Quando a maggio arriva l’ora del Gran Prix, il meglio dell’industria nipponica è presente in forze con gli ultimi prototipi aggiornati  guidati dai migliori piloti. La Nissan si presenta con tre R380 e tre R381, con la novità  dell’alettone alto e spezzato a metà , con la possibilità  di regolare indipen-dentemente le due semi-ali (una versione del progetto Ford-Calliope-G7, ma funzionante).

In attesa di mettere a punto il V12, la Nissan si affida agli Chevrolet da 5,6 litri, con blocco in ghisa, mentre la Toyota, si fa tutto in casa, ma il suo motore è un 3 litri derivato  direttamente da quello della 2000 Gt che tanti successi ha raccolto negli anni precedenti. Infine la Daihatsu schiera la sua P5, derivata dal P3 del 1967, un Prototipo 2000, abbastanza classico e che certo è limitato alla vit-toria di classe.

 

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    Hajime Kitano – Nissan R381 Chevrolet

 

Il successo della Nissan è schiacciante, vittoria con Kitano e cinque macchine nei primi sei posti, con il solo Ikuzawa e la sua Porche 910 al secondo posto, doppiato. La Toyota, che ha fatto debut-tare il suo ultimo gioiello , la Toyota 7, ha incontrato diversi problemi, oltre alla differenza di poten-za tra il suo 3 litri ed il 5,6 della Nissan, nel telaio, apparso decisamente a corto di messa a punto e carente nel suo insieme. Alla fine due sole vetture all’arrivo, staccatissime all’ottavo e nono posto. 

                 

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             Yoshio Othsubo – Toyota 7 – migliore dei Toyotisti

 

Poco o nulla da fare per la Daihatsu P5, l’unica sopravvissuta è finita lontanissima al decimo posto

con Yoshida, senza neanche la soddisfazione della vittoria di classe.

 

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            Yoshida – Daihatsu P5

 

Nelle pagine dedicate alla Toyota 7 abbiamo visto come il lavoro di sviluppo e le evoluzioni fossero continue, con anche tre modelli diversi in pista per valutare progressi ed eventuali scelte sbagliate.

Quando a fine giugno è l’ora del Gran Prix a Suzuka, di acqua sotto i ponti Toyota ne è passata tanta, e le prime quattro posizioni all’arrivo indicano i progressi, pur in assenza della squadra Nissan.

 

La stagione prosegue poi con due appuntamenti ravvicinati, il 21 luglio la 1000 Km del Fuji e il 4 agosto la 12 ore di Suzuka, con altrettante vittorie Toyota, che prosegue il lavoro di sviluppo sulla sua “setteâ€.

Anche per la 1000 Km di Suzuka lo squadrone Toyota porta a casa il successo pieno con Fukuzawa e Fushida che piegano l’inossidabile Porsche 906 di Takano e Yoneyama.

 

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L’occasione per lo scontro rivincita con la Nissan arriva a fine ottobre con la 12 ore del Fuji.

Anche se non arriva il successo pieno, che arride alle due Lola T70 Coupè assistite dalla casa madre, le Toyota 7 arrivano terza e quarta, ma cosa più importante sono costantemente davanti alle Nissan lungo tutto l’arco del week-end.

 

Per ora le due realtà , l’occidentale Can-Am e la serie “Japan†hanno avuto uno sviluppo parallelo, l’una seguendo con interesse gli avvenimenti nell’altra e viceversa, poi, arriva il tanto atteso momento. Il 23 novembre del 1968 è una data importante nel panorama delle vicende che interessano il possibile futuro del Gruppo 7 a livello mondiale: la 200 Miglia del Fuji  arriva preceduta da un battage mediatico notevole e se dagli States arriva, con esclusione delle Mclaren ufficiali, il meglio della Serie a “stelle e strisceâ€, il Giappone risponde con lo squadrone Toyota dotato di una ormai veloce ed affidabile Toyota 7 affidata alle mani dei migliori piloti nipponici.

 

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L’evento non può essere certo considerato un test probante per una futura serie mondiale, data la differenza di potenza tra la piccola Toyota ed i mostri d’oltreoceano, ma sicuramente una presa di contatto tra due mondi che dopo essersi tanto fiutati, sono pronti a confrontare le rispettive tecnologie ed ad aprirsi ai cambiamenti.

Il risultato sportivo non assume quindi un valore assoluto, ma rende chiare le possibilità  future.

 

All’arrivo, e questa è senz’altro una notizia nella notizia, Peter Revson con la sua McLaren M6B Ford precede Sam Posey con la Lola T160 Chevy di Autodynamics e Bonnier con la McLaren M6B Chevy del team Suisse.

 

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                Peter Revson – McLaren M6B Ford – Shelby Racing

 

Per quello che concerne le Toyota, ce ne sono cinque nelle prime dieci posizioni, con Sachio

Fukuzawa  quarto e  Yoshio Otsubo quinto.

 

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              Sachio Fukuzawa – Toyota 7

 

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             Yoshio Otsubo – Toyota 7

Altri protagonisti alla 200 Miglia del Fuji

 

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Sam Posey - Lola T160 Chevy – Team Autodynamics – Secondo al traguardo

 

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Al Unser – Lola T160 Chevy – Bignotti Racing -decimo

 

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Chuck Parsons – Lola T160 Chevy – Carl Haas Racing - ritirato

 

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Pedro Rodriguez – Lola T160 Chevy  - Team Yasuda - ritirato

 

Alla prossima

 

Franz

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Salve a tutti,

mi accorgo ora rileggendo di un errore in una legenda ...

è chiaro che il motore della Lola T160 Bignotti di Al Unser non è uno Chevy ma un Ford ...

capita!

Alla prossima con il Los Angeles Times Grand Prix a Riverside, quinto e penultimo appuntamento di un Challenge molto emozionante.

Franz

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In quegli anni i motori più potenti in F1 erano il Cosworth DFV che nel '67 si presentò con circa 400CV e il V12 Ferrari che all'inizio era un po' sotto ma poi arrivò fino a 430 CV fin quando fu sostituito dal V12 boxer, anzi a cilindri contrapposti, nel '70 che aveva circa 470CV. I mostri della Can-Am superano gli 800CV quindi le Gr.7 erano molto più veloci delle F1 e suppongo anche come tempi sul giro. Ma in curva quali erano più veloci?

Per raffronto 1969 Mosport pole f1 Ickx 1'17"4 can am McLaren 1'18"2

                              Watkins Glen f1 Rindt 1'03"62 can am Mc Laren 1'02"21

                     1970 St Jovie f1 Stewart 1'31"5 can am Gurney 1'33"0

                              Watkins Glen f1 Ickx 1'03"07 can am Hulme 1'02"76

                     1971 Mosport f1 Stewart 1'15"3 can am Stewart 1'17"3

                     1972 Mosport f1 Revson 1'13"6 can am Donohue 1'14"2

                              Watkins Glen(tracciato nuovo) f1 Stewart 1'40"481 can am Revsom 1'39"187

                     1973 Mosport f1 Peterson 1'13"697 can am Donohue 1'14"1

                              Watkins Glen f1 Peterson 1'39"857 can am Donohue 1'38"848

                     1974 Mosport f1 Fittipaldi 1'13"188 can am Oliver 1'14"5

                              Watkins Glen f1 Reutemann 1'38"978 can am Follmer 1'39"969

Come si vede nei tracciati brevi e tortuosi come Mosport e St Jovite  le Can Am pagavano circa uno due secondi al giro,mentre,nei circuiti dove potevano sfruttare la propria superiore potenza,come nel vecchio e nuovo Glen le gruppo 7 erano piu' veloci delle formula 1.

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Riverside – Oct.27, 1968 – Los Angeles Times Grand Prix

 

 

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Laguna Seca è solo un ricordo, a Riverside fa caldo e le gerarchie sono presto ristabilite e consolidate dalle prove. Ancora Bruce McLaren in Pole con Denny Hulme che si riprende la prima fila.La seconda fila riservata ai primi sfidanti, vede Donohue con la “Sunoco Specialâ€, la McLaren M6B di Penske e Jim Hall con la sua Chaparral 2G ma a sette ed otto decimi dal Poleman.

 

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  (RoadRacingCar)

   

La terza fila se la dividono Revson con la M6B Ford di Shelby e Dan Gurney che ha lasciato la McLeagle a Savage e che si schiera con la Lola T160 Ford. Quarta fila per altre due Lola T160, quella di Haas per Chuck Parsone e quella di John Surtees che, saltata Laguna Seca, spera di aver risolto i problemi di assetto e di motore sulla sua Lola T160 che lo hanno assillato in precedenza.

 

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     (Dave Friedman) 

 

John Surtees – Lola T160 Chevrolet – Team Surtees    Una sospensione a Bridgehampton, la meccanica a Edmonton ed infine una perdita all’impianto di raffreddamento qui a Riverside; come sono lontani i tempi del Titolo e delle vittorie a ripetizione.

Chiudono i primi dieci Sam Posey, un’altra Lola T160, quella di Autodynamics e Jerry Titus con la M6B del Team Godsal. Le due sorprese, in negativo, sono Lothar Motschenbacher e Gorge Follmer. Il pilota di origine tedesca, non è venuto a capo dei problemi di motore sulla sua McLaren M6B che lo hanno assillato per tutta la durata delle prove ed alla fine si ritrova ventunesimo ad oltre dieci secondi da McLaren,  mentre Follmer, con la T70 dei fratelli Agapiou, dopo la bella prova, almeno in qualifica di Laguna Seca, ha lamentato problemi di ogni tipo fino ad una doppia rottura dei Ford sette litri con blocco in alluminio.

 

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   (Dave Friedman)

La domenica, la temperatura si è alzata ancora, e per tutti c’è la preoccupazione di non riuscire a finire la gara, anche perché per qualcuno Riverside è l’ultima spiaggia; per Bruce Mclaren per esempio, i dieci punti di distacco da Hulme e soprattutto le due vittorie a zero, bruciano tantissimo. In questa stagione il “Patron†non è mai riuscito a mettersi dietro il suo compagno, se non in prova, quando non contava poi granché. Per Dan Gurney ed il Team All American Racers, che ha un rapporto molto privilegiato con Ford, ma ancora non ha raccolto punti pesanti e soprattutto non riesce ad ottenere quella leadership, almeno tra i Team Ford che tanto gli sta a cuore; e tra quelli messi meglio, il Team Penske che con il suo pilota, Mark Donohue e quella Sunoco Special, con una vittoria e due podi si trova protagonista nella lotta per il titolo.

 

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  (Pete Lyons)

 

Quando scatta la gara il termometro sfiora i trentacinque gradi, McLaren ha il miglior avvio, con Hulme a ruota e Hall che riesce a sopravanzare Donohue. Revson è il primo ad abbandonare con la pressione della benzina a zero, ne approfitta Gurney che si mette con il trenino dei migliori e sembra non faticare a tenerne il ritmo. Le posizioni non cambiano, solo McLaren allunga, facendo valere ogni giro quei due decimi che aveva su Hulme dopo le prove. Al settimo giro finiscono anche i sogni di gloria di Gurney che si ferma con la pompa dell’olio out. Il ritmo è blando, il caldo non aiuta certo la prestazione dei grossi stock-block, più indietro Bill Young e la sua Lola T70 sono una chicane mobile.

 

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(Dave Friedman)

 

Bill Young – Lola T70 Edmonton prima, Riverside ora e Las Vegas poi; tre ritiri e fine della storia.

 

Anche Hayes ha i suoi problemi e si ferma al decimo giro per il wapor-look che fa tossicchiare il suo Oldsmobile. Un primo colpo di scena lo si registra al quindicesimo giro, quando sia Donohue che Hall passano Hulme ora in evidente difficoltà . Più dietro la corsa è invece molto vivace con alcune rimonte degne di nota; Motschenbacher e Follmer risalgono in maniera brillante e sono molto vicini alla Top-Ten. Al sedicesimo giro si ritira Stan Burnett con la Burnett Mk3 per un problema di surriscaldamento, mentre risale bene dalle retrovie Jerry Hansen che tiene un bel ritmo con una McLaren M1c pur danneggiata da un contatto.

 

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(Dave Friedman)

 

Jerry Hansen – McLaren M6a  Un bel 7° posto a sfiorare i punti dopo una rincorsa da metà  schieramento. Per il resto una stagione avara di soddisfazioni con un ritiro a Elkhart Lake, una mancata partenza a Bridgehampton, uno stop anticipato a Laguna Seca ed infine ancora out a Las Vegas.

 

Donohue prova a forzare per avvicinare McLaren ma il suo tentativo gli vale solo un buon margine su Hall che fatica a tenerne i ritmo. Hulme arranca, un set-up inadeguato affatica le gomme ed il suo ritmo è altalenante, tanto che Parsons e Titus premono alle sua spalle. La classifica si assesta solo con gli ultimi ritiri, Follmer al quarantesimo giro con il suo Ford con la pressione dell’olio a zero, Bonnier ed Eaton al quarantaseiesimo entrambi con problemi al cambio. Una notazione va ad alcuni piloti che hanno di certo lasciato il segno su questa corsa, Lothar Mot-schenbacher, che ventunesimo in qualifica è risalito al quarto posto finale; Brett Lunger da ventiquattresimo a decimo con la miglior Caldwell della stagione;

 

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(Nate Pritzker)

 

Brett Lunger – Caldwell D7b  Un 12° al debutto con la Lola T160 a Elkhart Lake, poi il Team gli affida la Caldwell e dopo i ritiri di Bridgehampton ed Edmonton vede due volte il traguardo, 16° a Laguna Seca er 10° qui a Riverside. Per lui la stagione finisce qui.

 

Dick Brown da venticinquesimo a nono; John Cannon, ancora una bella prestazione al volante della sua McLaren, da quindicesimo a sesto; Jack Millikan che ha portato la sua LolaT70 Chevy da trentaquattresimo a dodicesimo,

 

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   (Sport Auto Magazine)

 

Jack Millikan – Lola T70 Chevrolet #77  20° a Laguna Seca, 12° qui e out a Las Vegas; bilancio discreto. Roger McCaig – McLaren M6b #55  Edmonton, Riverside e Las Vegas, tre ritiri in una stagione che definire deludente è ancora poco.

 

Dick Barbour , anche lui con un Lola T70 Chevrolet  da trentacinquesimo a quattordicesimo.

 

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     (Dave Friedman)

 

Dick Barbour - Lola T70 Chevrolet  Debutto stagionale nel Challenge e 14° posto finale non disprezzabile viste le qualifiche da 35° ; a Las Vegas verrà  stoppato prima della fine dal cambio.

 

Finisce con Bruce McLaren che fa suo il primo posto dominando, ma soprattutto riapre i giochi per il titolo, Donohue secondo ed Hall terzo a completare il podio; a punti anche Motschenbacher, Hulme e Cannon; completano la Top-Ten Jerry Hansen, Swede Savage, Dick  Brown e Brett Lunger.

 

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    (Dave Friedman)

 

Alla prossima con "Paddock - Ferrari 612"

 

Franz

 

Modificato da znarfdellago
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Salve a tutti,

 

... altro giro, altro regalo ...

 

PADDOCK 1968 – Ferrari 612P

 

Il 1968 della Ferrari è un anno storico. Per la prima volta nel Mondiale Costruttori non si vedono vetture ufficiali; i piloti casa sono stati lasciati liberi di organizzarsi. La protesta contro la CSI per i cambiamenti regolamentari decisi nell’interstagione hanno fatto imbestialire il Drake e la sua reazione non si è fatta attendere. Per tutto il 1968 la Ferrari sarà  impegnata sul solo fronte della F.1 con il debutto della nuova 312 con il 3000 V12 e con due piloti giovani ed affamati, Chris Amon ed il belga Jacky Ickx. Per tutto l’arco della stagione fa sicuramente effetto non vedere le rosse vetture del cavallino impegnarsi sui circuiti di mezzo mondo nelle classiche gare di durata, ma la decisione,

dicono in “fabbricaâ€, è irrevocabile. Ma, c’è quasi sempre un ma, arriva l’eccezione sul finire della stagione, allo Stardust Grand Prix di Las Vegas, ultima tappa della Can-Am, arriva il tanto sospirato e rimandato debutto della nuova 612P. Prima vettura di Maranello pensata, progettata e costruita appositamente per la serie Nordamericana.

 

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(Road Racing Car)

 

Per salvare le apparenze l’iscrizione in un primo momento sembrava dovesse essere a nome Bill Harrah, importatore delle vetture modenesi per la costa Ovest e che garantiva tutte le spese, poi, probabilmente proprio per dare uno schiaffo alla CSI, nell’entry-list accanto al nome di pilota e vettura appare la dicitura “Ferrari SpA SEFACâ€. Non c’è dubbio, a seguire il debutto ci sono l’ingegner Mauro Forghieri e quattro meccanici arrivati con la vettura dall’Italia. Ferrari è un concorrente Can-Am! Il colpaccio della serie Nordamericana ottiene ampio risalto sulla stampa, dato che per tutta la stagione ha sudato freddo con il continuo rinvio del debutto.

Ma merita fare un passo indietro e vedere come si è arrivati alla data dell’8 novembre in quel di Las Vegas; dopo aver partecipato ad alcune corse nel 1966 con la piccola Dino 206S e Pedro Rodriguez, iscritti tramite NART, ed aver visto in pista altre vetture di Maranello in mano a piloti privati, il crescente successo del Challenge ha convinto Ferrari che il mercato Americano meritava un’attenzione particolare e che non si poteva affidare a terzi il prestigio del marchio. Così nasce il progetto Ferrari 350P, ovvero trasformare la vincente 330 P4, forse la più bella Sport di casa, in un Gruppo 7, portando il motore a 4,2 litri e alleggerendo dove possibile il telaio. I risultati non furono certo alla altezza ed il motivo fu subito chiaro a tutti; le libertà  del Gruppo 7 andavano sfruttate con un progetto pensato e realizzato allo scopo e non semplicemente modificando un progetto, pur valido, sperando di poter raccogliere dei risultati.  Così, contattati gli importatori americani, Nart per la costa Est ed Harrah per la costa Ovest, che avranno il compito di trovare i soldi per l’operazione, parte l’operazione 612P; un V12 da 6,2 litri che è al momento il più grande V12 mai costruito in quel di Maranello. E la stampa nazionale ed estera dedica, come sempre un gran risalto a tutto questo.

 

 

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(Sport Auto Magazine)

 

 La stampa transalpina, sciovinista per Dna non rinuncia ad occuparsene …

 

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(Auto Italiana)

 

 ed Auto Italiana “strilla† titoli a tutta pagina, prima per annunciare il debutto rinviato …

 

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(Auto Italiana)

 

e poi per dare notizia della versione definitiva del prototipo destinato oltre Atlantico.

 

Il telaio è un traliccio in tubi tondi a diametro variabile con una pannellatura in alluminio rivettata, con sospensioni indipendenti sia all’anteriore che posteriormente, mentre la carrozzeria è interamente in fibra di vetro.

La vettura nasce dopo un approfondito studio aerodinamico, e dopo aver deliberato il corpo vettura studiando a fondo le linee del muso per generare un buon carico a fronte di una bassa resistenza, si è passati all’integrazione di un ala sullo stile Chaparral, ma che non utilizza i porta-mozzi come attacco bensì è montata subito dietro il pozzetto dell’abitacolo.

Gli studi aerodinamici si sono estesi alla parte aeronautica, riprendendo alcuni principi presenti sui caccia nella seconda guerra mondiale. Sulla grande ala posteriore-centrale, con comando idraulico a pedale, sono montate due ulteriori ali incernierate su davanti che in frenata si alzano garantendo un surplus di carico e di resistenza in aiuto alla frenata. Un particolare analogo è montato sul muso, ma al contrario di quelle sull’ala non ha superficie piena, è un telaio perimetrale che racchiude una rete;    questo particolare serviva a stabilizzare la picchiata dei caccia durante la seconda guerra mondiale, non offrendo resistenza e quindi non penalizzandone la velocità  di caduta ma impedendone di fatto la rotazione incontrollata.

 

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(Auto Italiana)

 

Sulla Ferrari 612P lo scopo è ovviamente un altro, pur sfruttando lo stesso principio; in frenata oltre all’aumentata inclinazione dell’ala principale, le due ali supplementari si aprono aumentando la forza d’appoggio ed anche la grigliatura sul muso si solleva stabilizzando il flusso che percorre il cofano e che è diretto al posteriore, aumentando tra l’altro lo sfogo dell’aria del radiatore anteriore.

In accelerazione l’ala è più piatta, le alette sono aderenti alla stessa ed anche la grigliatura sul cofano è chiusa, migliorando la penetrazione costringendo l’aria sulla parte superiore della carrozzeria.

 

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(Auto Italiana)

 

Il vero problema della vettura è il peso, 1700 libbre sono decisamente un po’ troppe, anche a fronte dei 620 cavalli forniti dal pezzo forte, che è il V12, gestito da un cambio a quattro velocità .

Il continuo rinvio del debutto è legato al motore, che è si costruito a Maranello, ma si avvale di pezzi che arrivano da fornitori abituali della casa Emiliana. Uno di questi si doveva occupare della guarnizione della testa, che è stata prodotta sulla scorta dei dati di un 4,5 litri, che era in effetti il più grande prima del 6,2 litri. Due alberi a camme in testa, 48 valvole, iniezione indiretta Lucas,  carter secco e un rapporto di compressione arrivato  a 10.5 a 1 hanno creato infiniti problemi prima di trovare la quadratura sugli spessori da utilizzare per una guarnizione che impedisse i trafilaggi tra testa e blocco dei liquidi di raffreddamento e dell’olio. Finalmente a fine ottobre Chris Amon riesce a girare sul circuito di Modena per quattro ore consecutive senza noie e la vettura viene deliberata, pur se il tempo di 50â€, limite prefissato, non viene raggiunto, fermandosi ad un più modesto 50â€8.

 

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(Autosprint)

 

La spedizione è organizzata nei minimi dettagli, con Franco Gozzi come Team Manager ,  Mauro Forghieri come ingegnere di pista, Giulio Borsari come chief-crew e tre meccanici al seguito.

Il debutto a Las Vegas, nell’ultima prova dell’anno, vede Amon staccare il nono tempo pur se a 2â€2 dalla pole di Bruce Mclaren, ma nel complesso senza manifestare grossi problemi meccanici. Poi la sfortuna ci mette lo zampino ed il polverone sollevato dal caos del primo giro, che favorisce molti piloti delle retrovie, intasa gli iniettori impedendo la ripartenza della vettura dopo l’innocuo fuoripista. Quello che il pubblico americano ricorderà  certamente per molto tempo sarà  il fantastico suono del V12 di Maranello, acuto, quasi crudo ed infinitamente diverso dal sordo brontolio dei sette litri stock-block che equipaggiano le altre vetture.

 

Alla prossima con una curiosità  ...

 

Franz

 

PS x V6Dino

 

Si! Dove la lunghezza del tracciato lo permetteva e dove la sede stradale era abbastanza larga, si permetteva la partenza a tutti quelli che si presentavano allo start.

 

 
 
 
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PIT LANE 1968 – Winning

 

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Genere: Azione, Drammatico, Sport
Anno: 1969
Cast:
Paul Newman .... Frank Capua
Joanne Woodward .... Elora Capua
Robert Wagner .... Luther "Lou" Erding
Richard Thomas .... Charley
David Sheiner .... Crawford
Clu Gulager .... Larry
Barry Ford .... Bottineau
Karen Arthur .... Miss Dairy Queen
Bobby Unser .... Se stesso
Tony Hulman .... Se stesso
Bobby Grim .... Se stesso
Dan Gurney .... Se stesso
Roger McCluskey .... Se stesso

 

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Frank Capua (Paul Newman) è un corridore di provincia con molto talento e vanta già  un discreto successo, si innamora di Elora (Joanne Woodward) e dopo un corteggiamento in giro per l’America al seguito delle corse, si sposano e vanno a vivere con il figlio di lei, Charly di tredici anni (Richard Thomas). La luna di miele dura poco, in tutti i sensi; Frank Capua ricomincia con la vita di sempre, correre, possibilmente vincere, spensierato e allegro. La sua carriera stenta ed insieme al suo collega Luther Erding (Robert Wagner) che invece vince alla grande, scorrazzano su e giù per gli States. Troppo tardi si accorge che il suo collega non solo lo sta battendo in pista, ma anche in camera da letto e con sua moglie. Quando li sorprende se ne va da solo ed è inseguito dal figlio di lei che cerca in tutti i modi di riavvicinarli.

Il classico finale all’americana rimette le cose a posto e Frank Capua trionferà  ad Indy ritrovando l’amore di Elora.

 

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Sono spettacolari le scene girate a Elkhart Lake ed a Indianapolis, ma sarebbe, forse, il solito film sulle corse se non che la vettura che Paul Newman utilizza nella prima fase della sua carriera di pilota, in giro per i circuiti degli Stati Uniti altri non è che la McKee Mk10 del 1968

 

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Narra la leggenda che la prevista controfigura di Paul Newman nelle scene di corsa, non abbia mai toccato il volante e che da qui sia nata la passione di “occhi blu†per le auto e le corse; mondo cui dedicherà  tempo e risorse ottenendone in cambio un’altra grande popolarità  ed importanti successi.

 

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Anche i film sulle corse non sono esenti dalla malattia delle improbabili traduzioni dei titoli origi-nali per i paesi esteri; da un anonimo “Virages (Curve)†per il mercato francese ad un fin troppo esplicito “Indianapolis pista infernale†per quello italiano. Ma tant’è!!

 

Alla prossima con la Tappa finale del Challenge 1968 ... lo Stardust Grad Prix a Las Vegas!

 

Franz

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Salve a tutti,

 

prima della cronaca della tappa finale a Las Vegas, come ragalo di Natale, ancora un cenno su una "special" che ci accompagna dal debutto del Challenge e che avremo occasione di vedere ancora in futuro ...

 

PADDOCK 1968 – BURNETT Special (1966-1970)

 

 

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(RoadRacingCar)

 

Nata dall’idea di Stan Burnett, viene realizzata a Seattle,nello stato di Washington, e si presenta. come nel più classico dei modelli « special Â» americani sotto forma di un cocktail di elementi di origine Chevrolet, tra cui, ovviamente il V8 da 5,9 litri . Per la carrozzeria è coinvolto Joe Huffacker, ed in effetti una certa somiglianza con le linee Genie traspare. Stan Burnett però non è solo uomo di idee ma anche un abile artigiano con spiccate qualità  e si costruisce in casa la propria tra-smissione.

Vengono costruite due vetture (Mk2) con le quali Stan Burnett corre a livello locale non disdegnando comunque di presentarsi, un paio di volte l’anno, in corse del Campionato Nazionale sui circuiti di Laguna Seca e Kent.

 

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Laguna Seca 1966 (Dave Friedman)

 

La vettura è figlia di una passione pura per il motorsport e non si presenta mai ad una gara nella veste in cui ha corso la gara precedente. Ci sono sempre piccole modifiche, magari di dettaglio, ma almeno per quello che concerne la carrozzeria la differenza si vede.

Queste continue modifiche, migliorie?, fanno si che ad un certo punto del 1968 Stan Burnett iscriva la vettura come Mk3; carrozzeria ora decisamente lontana dalle linee morbide della Genie, decisamente più squadrata ha perso parte di quella semplicità  e di quella ingenua eleganza ma ha senz’altro guadagnato qualcosina in prestazione.


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Stan Burnett sulla Mk3 (n°64) a Riverside nella Can-Am 1968 (PeteLyons)

Questa evoluzione non riguarda ovviamente solo la carrozzeria ; il motore ora è il più corposo 6,2 litri, sempre V8 Chevrolet ovviamente, ed è stato fatto anche un discreto lavoro sulle sospensioni per adattarle alle misure più generose degli pneumatici. Nelle due uscite in Can-Am nel 1968 Burnett con la Mk3 farà  un 16° in prova ed un 10° in gara a Laguna Seca ed un 29 in prova ed un ritiro per surriscaldamento a Riverside. Nelle stesse occasioni Don Jensen, iscritto dallo stesso Burnett con la Mk2, farà  un 20° in prova, arrivando 13°in gara a Laguna Seca ed un 28° in prova con un ritiro per rottura di un cerchio a Riverside. Il team tornerà  in Can-Am nel 1969 ed a Elkhart Lake la vettura sarà  gravemente danneggiata in un incidente. Stan metterà  in cantiere la Mk4, che doterà  di un nuovo Chevrolet 427 (la versione 7 litri) e si iscriverà  alla tappa Can-Am di Donnybrooke nel 1970 dichiarando però forfait. Stan sarà  poi vittima di un incidente mortale al volante della sua vettura poco tempo dopo.

 

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(concept-carz .com)

 

Fortunatamente ancora oggi, nel Circuito delle gare per Vetture Storiche in America, circola questa Mk2, in una delle sue tante versioni ed in perfetto stato.

 

Alla prossima e BUON NATALE A TUTTI VOI !!!!!!

 

Franz

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Salve a tutti,

 

per chiudere il 2014 e finire il 1968 ...

 

Las Vegas – 10/11/1968 – Stardust Grand Prix

 

Richiamati dal ricco montepremi, garantito dagli organizzatori sponsorizzati dai Casinò di Las Ve-gas, sono in 36 a presentarsi per le prove del venerdì. Il clima aiuta, mediando una situazione tra il diluvio di Laguna Seca e il caldo torrido di Riverside.

 

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Al termine delle qualifiche, quarta Pole stagionale, terza consecutiva, per McLaren che precede, neanche a dirlo, Denny Hulme con la seconda N8A “casaâ€. Seconda file per gli avversari più ostici, Jim Hall e Mark Donohue, con il pilota di Penske che tenta l’ultimo, disperato, assalto alla leadership del Team arancione. Terza fila per la Lola T160 di Sam Posey, Team Autodynamics alla miglior prestazione dell’anno e “Piedone†Andretti primo dei Ford con la Lola T160 di Bignotti, finalmente a punto. In quarta altri due uomini Ford, Gurney con la T160 AAR e Revson con la McLaren M6B di Shelby; a chiudere i primi dieci Chris Amon con la debuttante Ferrari 612P che, al di là  dei canonici inconvenienti di gioventù e di un peso un po’ elevato, sembra avere un discreto potenziale e Jerry Titus con la M6B del Team Godsall che continua ad ottenere prestazioni di tutto rispetto pur senza navigare nell’oro.

La temperatura è perfetta anche la domenica, tira anche una lieve brezza che da un lato favorisce lo smaltimento termico dei motori e dall’altro porta un velo di sabbia desertica sull’asfalto, rendendo più spettacolare la guida di questi prototipi da sette litri. Il via lanciato si presenta subito un po’ più caotico del solito con le prime tre file troppo vicine ed il contatto tra la Lola T160 Ford di Mario Andretti, scattato benissimo, e Bruce McLaren è inevitabile come inevitabile il caos …

 

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(Autosprint)

 

Mario Andretti – Lola T160 Ford – Gorge Bignotti Racing Due ritiri a Bridgehampton ed Elkhart Lake con la Lola T70, poi la mancata partenza a Riverside, debutto della T160 ed infine la dodicesima piazza qui a Las Vegas. Il rapporto con il Challenge continua ad essere problematico.

 

le conseguenze vedono coinvolti Jim Hall, incolpevole, che vede una parte del muso strappata via nell’urto, così come Charlie Hayes, McKee e Chris Amon, Ferrari 612P, che per evitare il botto finiscono fuori pista e rimangono con la ghigliottina dell’acceleratore bloccata dalla polvere.

 

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(Pete Lyons)

 

Chris Amon – Ferrari 612P Il giorno del tanto atteso debutto è finalmente giunto; qualche problema in qualifica ma un nono tempo promettente perché la macchina reagisce bene alle modifiche, poi la prima curva e quel ghiaino galeotto … peccato!

 

Ma è ai boxes che si consuma il dramma più grande, con Donohue che non riesce ad avviare il suo Chevrolet in nessun modo ed è così costretto a rinunciare alle residue possibilità  di lotta per il Titolo. In testa si ritrova Hulme, con Gurney a tallonarlo con insistenza per i primi giri ed i due sono seguiti da Revson, Posey, Motschenbacher e Titus. Al quindicesimo giro Gurney si ferma con un cuscinetto fuori uso e tre giri dopo è Savage ad abbandonare senza pressione nel circuito di alimentazione. Per il Team All American Racers è il terzo doppio ritiro della stagione. Ad un terzo di gara, Motschenbacher, a dispetto di una qualifica con qualche problema, si è arrampicato fino al secondo posto e dietro di lui, complice anche una fermata di Revson, è lotta ad ogni staccata tra Jerry Titus, McLaren M6b …

 

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(Dave Friedman)

 

Jerry Titus – McLaren M6B Chevrolet Il suo Challenge è cominciato in ritardo, ad Edmonton, e non bene, con un ritiro; poi ancora una qualifica nella top-ten ed il primo punto del sesto posto a Laguna Seca seguito dalla 13° piazza a Riverside e dal podio qui a Las Vegas, meritato.

 

… e Sam Posey che continuano a scambiarsi la posizione. McLaren si becca un preavviso perché sul muso che ha sostituito dopo l’incidente del primo giro non ci sono gli specchietti e deve rientrare. Si ferma di nuovo Hall per rifissare la carrozzeria precedentemente riparata e Posey fa un’escursione fuori pista, senza conseguenze se non quella di vedersi passare da Titus. Della lotta tra i due approfittano Follmer con la Lola T70 dei fratelli Agapiou e Parsons con la T160 di Haas che si ricongiungono al gruppetto offrendo un bellissimo spettacolo agli oltre cinquantamila spettatori assiepati intorno al circuito.

 

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(Pete Lyons)

 

Chuck Parsons - Lola T160 Chevrolet Secondo arrivo a punti per l’esperto pilota americano; ai 2 di Edmonton si aggiungono ora i 3 del quarto posto. Per il Team Haas, nuovo importatore Lola per gli Stati Uniti non è comunque un gran risultato.

 

Hulme, leader solitario, continua la sua marcia senza forzare e nel frattempo Giulio Borsari è riuscito a far ripartire la Ferrai 612P, dopo aver ripulito i comandi dell’acceleratore ; tutto inutile, perché i commissari impediscono al neozelandese di riprendere la pista in quanto la riparazione è stata effettuata al di fuori delle aree consentite. Intanto Posey si deve fermare ai boxes, perde un giro e di conseguenza il duello con Titus e Follmer.

La situazione al cinquantesimo giro è la seguente; Hulme primo in solitaria, Motschenbacher, più staccati Jerry Titus e Gorge Follmer, poi ad un giro Posey con a ruota Revson e Parsons ed a due giri Jim Hall e Bruce McLaren che ha già  battuto diverse volte il record sul giro e non accenna ad accontentarsi.

Al cinquantanovesimo giro, Lothar Motschenbacher si appresta a doppiare a sua volta Jim Hall, è di fianco alla Chaparral 2G del texano quando una sospensione della sua McLaren M6B cede di schianto e le due vetture si urtano in piena velocità 

La Chaparral si impenna, fa un looping completo e poi dopo diversi capottamenti si ferma in fiamme a lato della pista; brucia anche la McLaren di Lothar Motschebacher, ma i due piloti sono prontamente soccorsi ed estratti dai rottami delle vetture.

 

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(autodiva.fr)

 

Per il pilota di origine tedesca solo qualche ustione sul viso e sulle gambe, per Jim Hall invece la situazione sembra ad una prima analisi più grave; oltre alle bruciature estese a gambe, braccia e viso ed ad alcune fratture agli arti inferiori, sembra aver respirato aria rovente ed avere problemi respiratori. All’ospedale di Las Vegas, dove i piloti vengono ricoverati, la situazione apparirà  invece molto meno preoccupante. Le fratture ci sono, sono anche piuttosto brutte, ma non c’è rischio se non quello di una lunga degenza e una dolorosa riabilitazione.

 

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(autodiva.fr)

 

In questa altra foto si vede chiaramente che Jim Hall ha rischiato ben oltre la fine della sua carriera di pilota.

Le ultime annotazioni vanno nuovamente ad alcune corse partite da molto indietro e finite nella Top-Ten o a ridosso dei primi dieci. Così come era successo a Laguna Seca, complice la pioggia che aveva rimescolato le carte ed a Riverside con la situazione opposta di un caldo che aveva allungato la lista dei ritiri, qui a Las Vegas le rincorse sono state decisamente sudate e frutto di tanti sorpassi che hanno infiammato il pubblico. Jay Hills, McLaren M1B Chevy da trentatreesimo a quattordicesimo; Bob Nagel, Lola T70 Mk3 Ford da trentesimo a tredicesimo; Leo Janke, McLaren M1C Chevy da ventiseiesimo a undicesimo; Gary Wilson, McLaren M1B Chevy da ventiduesimo a decimo;

 

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(Dave Friedman)

 

Jay Hills – McLaren M1 Sono in molti a correre le gare di casa, non fa eccezione Hills che pur lontano in qualifica è stato stoppato dai freni a Riverside ma ha fatto una bella rimonta qui a Las Vegas per una quattordicesima piazza finale frutto di qualche ritiro ma di tanti sorpassi nonostante un testa coda.

 

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(Tom Schultz)

 

Leonard Janke – McLaren M1C Chevrolet Apre a Elkhart Lake con un ritiro e si ripresenta qui a Las Vegas risalendo dal 26° posto al via fino alla soglia della top-ten con una brillante 11° piazza.

 

Dick Brown, McLaren M6B Chevy da ventiquattresimo a nono; Jo Bonnier, McLaren M6B Che-vy da diciannovesimo a ottavo; Gorge Eaton, McLaren M1C Ford da ventiquattresimo a settimo;

 

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(Dave Friedman)

 

Joachim Bonnier – McLaren M6B Chevrolet 18° a Elkhart Lake ed 8° qui a Las Vegas ; per il resto tre ritiri a Bridgehampton, perdita d’olio, Edmonton per la frizione e Riverside, dove a lasciarlo per strada è il cambio.

 

Onore e gloria alle rimonte, ma onore, gloria e DOLLARI a pioggia per Hulme vincitore di gara e Titolo Can-Am. Finisce così con il Neozelandese meritatamente primo, con la sua fedele McLaren M8A.

 

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(Martin Hill)

 

seguito da George Follmer, Lola T70 Mk3B Ford,

 

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(Road Racing Car)

 

sul gradino più basso del podio un bravissimo Jerry Titus, McLaren M6B Chevrolet ed a completare i piloti a punti, Chuck Parsons con la Lola T160 Chevrolet di Haas, quarto; Sam Posey, Lola T160 Chevy del team Autodynamics, quinto e Bruce McLaren, McLaren M8A McLaren Cars, sesto.

Sesto posto importante, perché il punticino artigliato a suon di giri veloci gli vale 24 punti nella generale, uno in più dei 23 di Mark Donohue, alla fine terzo; a seguire Jim Hall 12, Lothar Motschenbacher 11 e John “happy man†Cannon 10.

 

siamo arrivati alla fine della stagione 1968, l'ultima in compresenza al Campionato nazionale USRRC che dal 1969 non verrà  più organizzato in quanto molte delle sue sedi storiche organizzeranno una tappa del Challenge ...

 

Alla prossima e se non dovessimo più leggerci prima ... che l'inizio sia più "rombante" della fine ...

 

Franz

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Salve a tutti,

No non è stagione di Can Am ma qualcosa di molto simile ... Ho incontrato alcuni amici americani da noi per le vacanze e mi hanno portato, come regalo graditissimo, un bel po' di materiale sull'USRRC dal 63 al 68 ... insomma carne al fuoco almeno fino alla pensione ...

Alla prossima

Franz

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Salve a tutti,

 

con un po' di ritardo, come quasi sempre, fatevene una ragione, cominciamo con il 1969 ...

 

1969 – Canadian American Challenge Cup

 

 

La quarta stagione della Can-Am è ricordata come il “Bruce & Danny Showâ€, un dominio vero, totale e incontrastato. Un Challenge a due velocità  in cui i due alfieri McLaren Cars si sono giocati il titolo fino all’ultima corsa con una alternanza nelle vittorie da sembrare studiata a tavolino e con gli altri a correre per il terzo gradino del podio e, in sole tre occasioni, per la piazza d’onore.

Infatti le due vetture arancione hanno vinto tutte e undici le gare disputate, ottenendo sette doppiette ed in una occasione, sull’International Speedway in Michigan una formidabile tripletta, offrendo il muletto a Dan Gurney che non aveva più motori a disposizione della sua McLeagle per la gara.

I tre piloti che hanno potuto approfittare di una delle battute d’arresto di uno dei due “marzianiâ€, sono stati nell’ordine Amon a Edmonton, quarta gara dell’anno, con la Ferrari 612P, Chuck Parsons con la Lola T163 di Carl Haas a Riverside, penultimo appuntamento della stagione ed infine George Eaton con una McLaren M12 (la versione clienti più recente) a Houston, prova conclusiva della serie.

In questo dominio troveremo comunque diversi momenti di interesse sportivo e tecnico che rende ranno questa stagione meritevole di un posto particolare nella nostra memoria.

Il 1969 segna anche una svolta nel calendario delle corse americane; il Campionato nazionale Usrrc, che apriva la stagione con le sua decina di gare e finiva giusto in prossimità  dell’inizio del Challenge, non si è disputato. Gli organizzatori delle prove più importanti non volevano doppiare l’appuntamento organizzando una corsa per il Nazionale ed una per la Can-Am e quelli che ancora non lo avevano fatto, Watkins Glen e Mid Ohio sono passati armi e bagagli al Challenge. I Team avevano già  dimostrato il loro apprezzamento alla serie Nordamericana ed il calendario da giugno a novembre offre un lasso di tempo ideale per preparare in maniera adeguata la stagione di corse.

 

01/06/1969 – Mosport / Bruce McLaren / McLaren M8B
15/06/1969 – Mont Tremblant / Denny Hulme / McLaren M8B
13/07/1969 - Watkins Glen / Bruce McLaren / McLaren M8B
27/07/1969 – Edmonton / Denny Hulme / McLaren M8B
17/08/1969 - Mid Ohio / Denny Hulme / McLaren M8B
31/08/1969 – Elkhart Lake / Bruce McLaren / McLaren M8B
14/09/1969 – Bridgehampton / Denny Hulme / McLaren M8B
28/09/1969 – Michigan / Bruce McLaren / McLaren M8B
12/10/1969 - Laguna Seca / Bruce McLaren / McLaren M8B
26/10/1969 – Riverside / Denny Hulme / McLaren M8B
09/11/1969 - Houston / Bruce McLaren / McLaren M8B

 

Tornano Mosport e Mont Tremblant, che era stata la sede inaugurale della Serie nel 1966, sono confermate Edmonton, Elkhart Lake, Bridgehampton, Laguna Seca e Riverside mentre l’uscita dal calendario dello Stardust Grand Prix a Las Vegas è ampiamente compensata dalle new entry Watkins Glen, Mid Ohio, Michigan e Houston.

Aumentano le gare, aumentano i premi, che ormai si attestano intorno agli 800.000 $ e cambia il sistema di punteggio; verranno premiati dai punti i primi dieci della classifica di gara, con una nuova scansione, 20, 15, 12, 10, 8, 6, 4, 3, 2, 1 dal 1° al 10°, per quello che da quest’anno diventerà  il punteggio stile Can Am e che verrà  adottato trasversalmente da molte serie

Non ci resta che rendere doveroso omaggio a Campione e Campionessa:

 

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Alla prossima

 

Franz

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Salve a tutti,

 

andiamo avanti ...

 

Mosport Park – 1° giugno 1969 – Labatt’s Blue Trophy

 

 

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Quando 24 piloti si presentano in Canada sul circuito di Mosport, la CASC e la SCCA sono alle prese con la loro prima “granaâ€; la CSI da maggio, tra il giovedì ed il sabato del Gran Premio di Montecarlo, ha abolito con effetto immediato gli alettoni, così come ormai eravamo abituati a vederli svettare sulle carrozzerie, formula o sport poco importa. McLaren è contrario alla decisione, lo ha detto chiaro anche in Europa, Surtees è sostanzialmente d’accordo e comunque molto più possibilista. Pilatescamente le due Federazioni decidono che a Mosport si corre “con†e dopo la gara, in seduta congiunta Team, Organizzatori e piloti decideranno il da farsi. Mosport potrebbe essere l’ultima volta delle ali mostruose a un metro e più dalla carrozzeria. Dopo le prove cronometrate la prima fila sembra dare ragione a McLaren che ha preparato la sua M8B, logica evoluzione della vittoriosa vettura della passata stagione, con un alettone nel puro spirito Chaparral, anche se montata diversamente e soprattutto con una regolazione manuale che viene scelta in prova e non è modificabile dal pilota. Dietro al duo di McLaren Cars, Surtees con una McLaren M12 curata in Chaparral, dato che la 2H continua ad essere in ritardo, Parsons con la Lola T162 di Haas, Motschenbacher, agente McLaren per gli States con un’altra M12 clienti, Gurney con la sua McLeagle ed ancora il vecchio Ford 5,6 litri derivato Indy ed in debito di cavalli, Cordts, Couture, due canadesi, il primo con una M1C ed il secondo con una M1B, Koveleski al volante di una M6B e Len Faustina con una Lola T70 Mk3.

 

 

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Len Faustina – Lola T70 (Canadian Motorsport) Per lui10° in prova qui a Mosport e 20° a Mont Tremblant, in gara due ritiri.

 

Ad una situazione complicata, si va ad aggiungere la pioggia che la domenica mattina sveglia i piloti, in un clima decisamente autunnale. Poco prima della gara il sole fa capolino, ma l’incertezza regna sovrana e sulla griglia, poco prima dell via, Cannon, forse pensando a Laguna Seca, e Parsons optano per lo gomme da pioggia, il resto del gruppo per pneumatici standard. Al via bello scatto di Surtees che si piazza tra McLaren e Hulme, poi Parsons, Gurney e Motschenbacher. Parsons approfitta della pista ancora umida e passa Hulme, mentre Gurney è alle prese con Motschenbacher e Cordts. Al quarto giro John Surtees passa McLaren, subito imitato da Parsons, e va in testa, con le McLaren che sembrano in difficoltà  sulla pista scivolosa, tanto che Hulme deve lasciar passare sia Gurney che Motschenbacher.

 

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(Road & Track

 

La pista comincia ad asciugarsi e le presunte difficoltà  delle McLaren si rivelano solo un eccesso di prudenza. All’ottavo giro McLaren si è sbarazzato di Parsons che comincia ad avere qualche problema con le gomme da bagnato che si scaldano troppo e Hulme tallona Gurney per il quarto posto. Poco dopo McLaren rompe gli indugi supera il pilota di Jim Hall ma non riesce a staccarlo, mentre dietro Gurney passa nuovamente Hulme e si avvicina al duo di testa. La gara è intensissima, i distacchi si annullano in un giro e le posizioni sono sempre in continuo cambiamento con Gurney che passa Surtees e si mette in caccia del primo posto. Parsons lotta con il degrado delle sue gomme ma tiene duro e Lothar Motschenbacher ha problemi con la frizione che lo costringe a remare in uscita dalle curve lente. Al quarantesimo giro, metà  gara, McLaren ha accumulato qualche secondo, Gurney ha rallentato la sua azione e Hulme lo attacca continuamente mentre dietro c’è ora Cordts che ha passato sia Motschenbacher che Parsons.

A due terzi di gara la pista asciutta costringe Parsons ad una sosta lunghissima per problemi nella ripartenza, Gurney si ferma con un problema alla sospensione posteriore e Lothar si ferma lungo la pista con il cambio bloccato senza più frizione.

 

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(Auto Italiana)

 

Vince Bruce McLaren di un soffio su un arrembante Denny Hulme per la prima doppietta stagionale delle M8B.

Surtees si prende il terzo gradino del podio con la M12 , la nuova McLaren clienti, nello stesso giro dei vincitori, John Cordts quarto con la McLaren M1C di un soffio su un Parsons in pieno recupero con le gomme da asciutto pur se a quattro giri dai primi.

Completano i primi dieci Jacques Couture, altro canadese con una McLaren M1B Chevy, Oscar Koveleski con una McLaren M6B Chevy, Richard Galloway McLaren M6B Chevy risalito dal tredicesimo posto in griglia, George Eaton con la terza McLaren M12 Chevy, partito ventunesimo e Leonard Janke con una vecchia M1C Chevy anche lui in rimonta dalla diciottesima piazza al via.

 

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John Cordts – McLaren M6b Chevy (Canadian Motorsport) Debutto brillante a Mosport con un bel 4° posto, poi la 5° piazza a Mont Tremblant. A Watkins Glen sarà  out per un incidente. Tornerà  a fine stagione con un Ford prendendo ancora punti per la sesta piazza a Laguna Seca e terminando la stagione con un doppio ritiro a Riverside, sospensione e Houston, motore. Decimo nella generale con 24 punti.

 

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Jacques Couture – McLaren M1B (Canadian Motorsport) Il pilota canadese si iscrive nelle prime due gare che segnano il debutto della stagione e capitalizza al massimo il fattore campo con un sesto a Mosport ed un nono a Mont Tremblant. Ventunesimo nella generale con 8 punti.

 

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Oscar Kowelwsky – McLaren M6B Chevy (Canadian Motorsport) Cinque presenze per l’americano di origine polacca; quattro arrivi di cui due a punti, 7° a Mosport e 8° a Elkhart Lake, due volte a ridosso della top-ten, 11° a Watkins Glen e 12° a Mid Ohio; il suo solo ritiro a Mont Tremblant per una sospensione. Questi 7 punti lo classificheranno 23° nella generale.

 

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Richard Galloway – McLaren m6b Chevy (Canadian Motorsport) Con l’esclusione delle tappe di Bridgehampton e Mid Ohio, corre tutta la stagione. Prende i tr3 punti dell’8° piazza qui a Mosport e ne farà  altri due da 9° a Laguna Seca; sarà  al traguardo, 15° in Michigan e poi solo ritiri, Mont Tremblant forfait, mootre a Edmonton, una sospensione a Elkhart Lake, vibrazioni a Riverside e un incidente a Houston. C’è un ritiro per incidente anche a Watkins Glen, ma li è al volante di una Lola T70 (?).

 

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(Auto Italiana)

 

Bruce McLaren festeggia un buon inizio di Challenge con il giro d’onore in compagnia del suo crew-chief e dell’immancabile “chaquered flagâ€

 

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George Drolsom – Lola T70 (Gerald "Jerry" Melton) C’è sicuramente molto poco da festeggiare invece per Drolsom, con cinque partecipazioni sempre terminate anzitempo: non classificato a Mosport, fermato da un principio di incendio a Mont Tremblant, non partito a Mid Ohio, fermato dal cambio a Elkhart Lake ed infine da una sospensione in Michigan.

 

Alla prossima con ... le McLaren ...

 

Franz

 

PS

 

la foto di Bruce nel Post di presentazone della stagione 1969 è di Dave Friedman ... ma perchè sono riuscito a modificare questo post inserendo l'annotazione e non mi fa modificare il post relativo? Mah!

Modificato da znarfdellago
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Salve a tutti,

 

terminiamo l'invio del week-end con ...

 

PADDOCK 1969 - McLaren M8B

 

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(TNF)

 

Per la prima volta Bruce McLaren non lavora su un nuovo progetto in vista della stagione 1969, ma si affida ad un lavoro di sviluppo della decisamente performante M8A.

L’evoluzione ha seguito un tracciato ben definito, primo tra tutti una ricerca aerodinamica minuziosa, che ha portato a quelle due vere differenze “visibili†rispetto alla M8A del 1968: i passaruota non chiudono più completamente il cerchio, ma dietro si è creato uno spazio libero che permette ai flussi di passare lungo i fianchi della carrozzeria senza turbolenze nocive. Per fare questo si è modificata la parte laterale del telaio ridisegnando i serbatoi e spostandoli verso il posteriore, anche alla ricerca di un ulteriore miglioramento del bilanciamento generale.

 

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(TNF)

 

Secondo punto di distacco dal progetto M8A, l’alettone alto montato posteriormente; se ad un esame superficiale può sembrare una copia dell’ala Chaparral, esaminando più a fondo la collocazione e sopratutto gli ancoraggi ci si accorge di quanto lavoro sia stato fatto e di quanti Km siano stati percorsi. I due sostegni sono ancorati si sui porta-mozzo, ma l’intera sospensione è stata progettata per lavorare con l’ala, quindi il carico derivante dall’aria preme direttamente sulle ruote permettendo alla sospensione di lavorare compensando le eventuali sconnessioni del tracciato.

 

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(TNF)

 

Tutte modifiche legate a filo doppio anche alla necessità  di seguire la crescita delle misure degli pneumatici che per l’anno in corso sono arrivati a 15x11 all’anteriore e 15x16 dietro.

La McLaren poi, come del resto la Chaparral, si sempre curata in “casa†dei suoi motori, anche se sempre seguiti da Traco; ora Bruce si spinge oltre e crea la “McLaren Engines Incorporated†e la affida a Gorge Bolthoff, grande motorista, in arrivo proprio da Traco per compensare la partenza di Gary Knudsen che ha deciso di rientrare in Chaparral. Ovviamente parliamo dei sempiterni Chevy,

con blocco e teste in alluminio e carter secco, da sette litri (anche se durante la stagione arriveranno dei sette litri e mezzo, assolutamente non necessari) con accensione a magnete ed iniezione Lucas modificata. La cavalleria è arrivata ormai a sfiorare i 700 cavalli con una coppia incredibile a partire da 3000 giri con un cambio Hewland classico a quattro velocità .

Commentando il lavoro effettuato nell’interstagione a Goodwood insieme a Hulme Bruce racconta â€a volte durante i test abbiamo dovuto prenderci dei rischi†per poi aggiungere “ma nella maggior parte delle gare mi rendevo conto che non avevamo più nessuno negli specchietti dopo una decina di giriâ€

Anche a livello di gestione delle risorse abbiamo visto un notevole salto di qualità  nel Team; in tutte

le undici prove nel paddock faceva bella mostra di se il terzo esemplare della M8B (che in realtà  era l’ultima M8A rimasta in casa e prototipizzata M8B per i primi test) come “muletto†e che ha avuto i suoi momenti di gloria nell’arco dell’anno, affidata prima a Gurney nella corsa di Michigan (terzo), poi a Amon a Laguna Seca (DNF causa differenziale) ed infine a Houston in Texas ha permesso a Bruce di vincere corsa e titolo dopo che il neozelandese aveva danneggiato gravemente la sua vettura in un incidente nelle prove.

 

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L’alettone è stato testato prima sul “muletto†… (TNF)

 

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… poi sulla vettura da gara. (TNF)

 

La chiosa sulle qualità  globali della M8B la da Dan Gurney dopo aver avuto la possibilità  di usarla nella corsa disputata a Michigan (avendo rotto tutti e due i suoi motori nelle prove Bruce gli ha offerto il muletto per la gara e Dan, partito ventisettesimo ed ultimo, è arrivato al gradino più basso del podio) “nelle corse l’evoluzione della tecnica da una stagione all’altra è una cosa normale, ma oggi io ho corso con una vettura avanti anni luce a quelle che avevo intorno!â€

 

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(Jerry Melton)

 

Come sempre la McLaren affida al gruppo Lambretta-Trojan la costruzione del modello clienti che per il 1969 è la M12., mentre per la commercializzazione viene stretto un accordo con Lothar Motschenbacher, che diventa così distributore per gli Stati Uniti del marchio McLaren. Si tratta ancora di uno chassis M6 evoluto ed alleggerito su cui vengono montate le sospensioni della M8B per poter lavorare con i nuovi pneumatici ed una carrozzeria M8A modificata nel cofano dietro per recuperare altro carico aerodinamico. Come motorizzazione è previsto lo Chevrolet sette litri, ma senza particolari problemi possono essere montate unita di altre marche e come sempre diversi Team ne comprano una per affrontare la stagione con un mezzo affidabile e che assicuri una certa garanzia di competitività .

 

 

Team Chaparral

 

Jim Hall ha dovuto rinunciare a buona parte dell’interstagione a causa del suo incidente e la 2H è ancora in alto mare. Oltretutto John Surtees, neopilota del Team e che dovrebbe occuparsi dello sviluppo ha duramente contestato le scelte tecniche effettuate e preteso modifiche che ha detta di Hall hanno finito col snaturare il progetto stesso.

Si corre quindi ai ripari acquistando una M12 (60-05) e dotandola di uno Chevy Chaparral da 7,2 litri. Il potenziale della vettura è decisamente notevole ed in effetti al debutto a Mosport John ottiene un brillante terzo posto dopo essere stato anche in testa nei primi giri.

Il vero problema è che la priorità  del Team è lo sviluppo della 2H per cui solo le insistenze di John Surtees portano ad uno sviluppo particolare della vettura e solo nei ritagli di tempo.

 

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(Dave Friedman)

 

Quindi le prime vere ed importanti modifiche alla vettura arrivano a Watkins Glen per la terza prova, con l’adozione di un ala posteriore in stile 2G costringendo di fatto la McLaren a fornire un ala tipo quella in uso sulla M8B anche alle M12 clienti ; poi tutto tornerà  a ruotare intorno al progetto 2H ed il possibile salto di qualità  con la verifica del vero potenziale della M12 non ci sarà .

 

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(Nate Pritzker)
 

George Eaton Racing

 

Il canadese George Eaton, già  brillante protagonista la stagione precedente in alcune corse sotto la pioggia, a podio nel nubifragio di Laguna Seca, disputa l’intera stagione con un suo Team ed una M12 (chassis 60-06) motorizzata con un classico Chevy sette litri con blocco in alluminio.

Le qualità  del pilota e la vettura certamente competitiva lo portano a finire la stagione al quinto posto nella generale con sette arrivi a punti e la ciliegina della seconda piazza assoluta a Houston nell’ultima corsa della stagione.


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(Harry Kennyson)

 

McLaren Lothar Motschebacher Racing Enterprises

 

Lothar Motschenbacher nuovo distributore McLaren per gli Usa chiude la stagione al settimo posto assoluto con sei tra-guardi, di cui cinque a punti, e con due quarti posti (Mont Tremblant e Bridgehampton) come migliori risultati. A dispetto del fatto di avere rapporti privilegiati con la casa madre, la sua vettura non sarà  mai dotata dell’ala posteriore alta; sfoggerà  invece una serie di spoiler in coda veramente interessanti. Per la cronaca la sua M12 è il telaio 60-03 motorizzato Chevy 7 litri.

 

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(John Wilson)

 

All American Racers – Dan Gurney

 

Dan Gurney si presenta a Mosport con la sua M6B (50-10) modificata negli ancoraggi delle sospen-sioni per ospitare pneumatici di misura superiore, ma per il resto identica a quella usata nel 1968.

Da sempre cliente privilegiato Ford, Gurney non ripresenta la vettura nelle prove successive aspettando quel blocco da 8,1 litri che Andretti stava testando e che sembrava promesso a tutti i fedelissimi dell’Ovale Blu. Dopo aver lavorato tutta l’estate sul telaio, resosi conto che quel blocco da otto litri non sarebbe mai stato disponibile, Dan cerca una soluzione in casa, recuperando il suo 6,5 litri, ennesima rielaborazione del blocco Indy, in alluminio con tre valvole in testa per cilindro e tutti i manovellismi ridisegnati e alleggeriti. I test danno purtroppo la solita risposta: “la potenza non è certo all’altezza di quella di un otto litri, ma non è il più grande dei problemi in quanto in parte l’handicap è compensato dal peso inferiore; è la coppia che manca e che rende impossibile anche solo pensare di essere competitivi.â€

Suo malgrado Gurney si vede costretto, per il rientro nel Challenge al Michigan International Speedway, ad utilizzare motori della concorrenza.

 

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(Dave Friedman)

 

Per il rientro oltre a due nuovi Chevy sette litri, anche due alettoni, uno al posteriore ed uno all’anteriore, entrambi fissati sui porta-mozzo.

Al termine delle prove Dan Gurney si ritrova senza tempo e con un bilancio passivo di due motori rotti. Sembra che qualche maligno abbia mormorato “Benvenuto nel mondo Chevrolet!â€

Da rimarcare che in questa occasione Bruce offre al suo amico Dan il muletto McLaren e Dan coglie al volo l’occasione per disputare una bellissima corsa, rimontando dal fondo della griglia fino al terzo posto. Per la gara successiva a Laguna Seca, tornato alla sua McLeagle rimarranno solo delle buone qualifiche, quarto, ma ritirato in gara per poi qualificarsi quinto a Riverside con un quarto posto, ma molto lontano dai primi e soprattutto grazie ai molti ritiri. Stanco e deluso non parteciperà  all’ultima prova.

 

Auto Worl Inc. – Oscar Kovelesky

 

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(A2Z.com)

 

Oscar Kovelesky partecipa a cinque delle prime sei prove, dotandola di un sei litri a inizio stagione per poi passare ad un nuovo sette litri in alluminio. Quattro traguardi ed un ritiro con qualche punticino raggranellato in due occasioni a Mosport ed Elkhart Lake.

 

 

McCaigh Racing Enterprises Ltd

 

 

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(Tom Piantanida)

 

Continua con la sua M6B del 1968 (50-08) usandola in sei occasioni, Mosport, Edmonton, Michigan, Laguna Seca, Riverside, Houston mentre in altre due la affida a John Cordts, Mont Tremblant e Watkins Glen. Cordts fa un quinto a Watkins Glen, miglior risultato del Team, mentre Roger raccoglie tre punticini nelle ultime due prove.

L’evoluzione della vettura concerne il motore: al debutto di Mosport è un datato 5 litri, che diventa un 6,2 litri a Watkins Glen. Dopo la pausa estiva, per la tappa in Michigan la vettura viene dotata di un corposo sette litri, anche se di quelli con blocco in ghisa.

 

Ecurie Green

 

La squadra schiera una M6B (50-07) per il pilota Dick Brown, continuando il sodalizio della stagione precedente. Anche in questo casso il minimalismo è assoluto, con eccezione, al solito per il motore, che è sempre nei pensieri di tutti.

Per le prime due gare viene montato uno Chevy sei litri che diventa un sette litri per Watkins Glen e Mid Ohio. Nelle tre successive, Elkhart Lake, Mid Ohio e Michigan torna il sei litri (mistero) ed infine per le ultime tre prove il sette litri torna al suo posto sul telaio.

Sei traguardi su dieci partecipazioni e cinque volte a punti (miglior risultato il settimo a Elkhart Lake) per una quattordicesima piazza nella generale.

 

 

Young American Racing

 

1969sp21.jpg

(Larry Fullhorst)

 

Il Team rileva il telaio che Bonnier ha usato nel 1968 (50-15) e lo affida a più riprese a tre piloti per un totale di sette partecipazioni. Comincia John Cannon che si ritira a Mosport e Mid Ohio e non parte a Mont Tremblant, poi arriva David Hobbs, ritiro a Elkhart Lake e decimo posto in Michigan ed infine chiude la stagione John Cordts, sesto a Laguna Seca, miglior risultato del Team e due ritiri a Riverside e Houston.


Holman & Moody Racing Team

 

Della McLaren M6B ampiamente rimaneggiata dal Holman & Moody per Mario Andretti e dotata di un Ford sperimentale parleremo più diffusamente nella parte dedicata al colosso di Detroit.

 

Come chicca in chiusura ...

 

PITLANE 1969 – McLaren M6 GT by B. McLaren & Gordon Coppuck

Il telaio è una versione stradale della M6A Can-Am. Monoscocca in pannelli di alluminio ed acciaio rivettati con carrozzeria in fibra di vetro, 800 Kg di peso e serbatoio da 140 litri.

Sospensioni anteriori e posteriori indipendenti con molle elicoidali e freni a disco autoventilanti. Motore Chevrolet LT1 V8 di 90°, 4993 cc e 2 valvole per cilindro 290 km/h e 0-100 km/h in 4.2 s. Cambio Hewland LG 600 a 5 marce con differenziale autobloccante.

 

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(Bruce McLaren.com)
 

Il primo esemplare (M6GTR-01) venne prodotto dalla McLaren ed utilizzato da Bruce McLaren come auto personale (targato OBH 500H); il secondo (chiamato anche M6BGT) venne prodotto dalla Trojan sul telaio M6B (M6B/GT 50-17-Oscar Kovelesky) e venduto a Prophet che lo utilizzò in due gare europee GT prima di trasformarlo in spider. Il 21 novembre 1964 la McLaren firma un accordo con la "Lambretta-Trojan" (proprietaria della ELVA). Nella sede di Hastings (Sussex - GB) la Trojan produce su licenza le vetture McLaren da competizione, lasciando a quest'ultima la possibilità  di avvalersi della propria struttura per costruirsi liberamente i propri modelli e prototipi. L'accordo termina il 1972. Oggi di questo modello M6 GT esistono solo tre esemplari al mondo. Una M6 originale vale oltre i 330.000 euro. Altri carrozzieri si sono cimentati producendo repliche simili o identiche alle originali a volte utilizzando i telai originali o stampi originali comprati all’asta. Il valore di queste repliche sono proporzionali all’accuratezza del mezzo.

 

Alla prossima con ... Labatt's Trophy a Mont Tremblant ...

 

Franz

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Salve a tutti,

 

in ritardo sulla Befana ma in anticipo sul Carnevale ...

 

Mont Tremblant – 15 giugno 1969 – Labatt’s Trophy

 

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Dopo due anni di assenza il Challenge fa nuovamente tappa sui bellissimi saliscendi di Mont Tremblant. Sono ventisei i piloti che provano e possiamo annotare subito che la guerra delle gomme è sempre una nota caratteristica del Challenge. E come sempre questo va a vantaggio dei privati che le gomme le pagano. George Eaton che aveva faticato non poco a Mosport, sta ripetendo l’esperienza qui a Mont Tremblant, quando, prendendo il toro per le corna, molla le Firestone e passa armi e bagagli alle Goddyear migliorando al primo tentativo il suo tempo di quasi due secondi. Parsons, che le Goodyear le aveva già , ha altri problemi; in prova, al sabato, subito dopo aver segnato quello che poi sarà  il quinto tempo, sbatte contro uno dei terrapieni che costeggiano il circuito e piega il telaio. La sua crew fa un piccolo miracolo raddrizzandoglielo anche se l’assetto ruote sembra un tantino falsato. Gurney invece rompe i suoi due Ford e da forfait esasperato dalla situazione che sembra non avere sbocchi; ormai è chiaro che per lui non ci sono ne l’8 litri ne il 7,5.

La prima fila è ovviamente tutta arancione con ancora McLaren davanti a Hulme, in seconda fila due M12 clienti, di Motschenbacher e Surtees (la 2H continua a essere un miraggio), terza fila per la rabberciata Lola T162 di Parsons e l’altra M12 di Eaton. Completano la Top-ten Baker con una M6B, Jerry Titus con una M1C, Joe Leonard che in attesa della Mk14, fa debuttare l’’Oldsmobile Turbo sul vecchio telaio della Mk10 e John Cordts con la M6B Chevy.

McLaren e Hulme sono i più veloci al via e transitano in testa al primo passaggio , me al secondo il gruppo è guidato dalle due M12 clienti di Motschenbacher e Surtees., con McLaren un poco staccato seguito da Parsons, Hulme e Eaton. Surtees mette pressione al pilota di origine tedesca e lo passa al quarto giro provando ad allungare, ma McLaren è decisissimo a non perdere il treno e fa lo stesso mettendosi in caccia dell’inglese. Motschenbacher non sembra avere più il ritmo delle prime tornate e appena è passato da Hulme si ferma due giri per problemi di alimentazione. McLaren sta forzando ma Surtees tiene benissimo, dimostrando che questa vettura clienti non è affatto male ed al quindicesimo giro è Denny Hulme a portare in seconda piazza la sua M8B con Bruce McLaren nuovamente staccato. Più dietro la lotta tra Parsons e Eaton è intensissima con continui sorpassi e controsorpassi.

 

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(Pete Lyons)

 

Poco prima di metà  gara McLaren riprende a girare con tempi interessanti e passa nuovamente Hulme, che al contrario sembra accusare problemi di gomme. Bruce si mette ad attaccare Surtees con insistenza e arriva il contatto tra i due. Ci sono le bandiere gialle subito dopo la prima curva, Surtees anticipa la staccata e McLaren per non passarlo e rischiare una penalità  si attacca ai freni ma lo tocca, dovendosi fermare ai boxes per una riparazione di fortuna alla carrozzeria.

Surtees continua per altri due giri perdendo alcune posizioni poi è costretto a fermarsi per la perdita della carrozzeria che strappa le tubazioni di raffreddamento dei freni posteriori; è il ritiro.

Quarantacinquesimo giro, tre quarti di gara, Hulme è solitario al comando, lo seguono Parsons ed Eaton a venticinque secondi e McLaren a quasi un minuto. McLaren forza il ritmo ed inanella una serie impressionante di giri record, recuperando manciate di secondi ai due che lo precedono.

Appena raggiunto il duo , McLaren non indugia e li salta in sequenza nello stesso giro. L’ultimo sussulto è per Eaton che accusa problemi al motore e rallenta precauzionalmente per cercare di finire. Ad approfittarne è Lothar Motschenbacher che si prende senza far niente il quarto posto. Nulla cambia più, perché Bruce si rende pienamente conto che Denny sta andando in tutta tranquillità  e che un suo recupero su di lui è pura follia. La doppietta è comunque assicurata, a parti invertite rispetto al debutto di Mosport ed i due ora guidano il Challenge a pari punti, 35!

 

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(Canadian Motorsport)

 

Chuck Parsons completa il podio sul gradino più basso, pur con una Lola T162 non perfettamente dritta ma mettendoci tutta la sua proverbiale grinta.

 

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(Canadian Motorsport)

 

Lothar Motschenbacher, rappresentante del marchio per gli States si prende , con un po’ di fortuna il quarto posto, con la sua M12, ed i primi punti della stagione, dimostrando la bontà  del prodotto clienti di McLaren Cars e assicurandosi commesse e provvigioni per la sua attività . Già  prima dell’avvio del Challenge e poi più volte nel corso della stagione, sembra che Bruce McLaren gli abbia offerto la terza M8B, quella che abitualmente fungeva da muletto, ma Lothar ha sempre rifiutato “ … rappresento un marchio e vendo un prodotto! Che cosa si potrebbe pensare se io per primo cambiassi telaio per passare a quello della squadra ufficiale? Del resto mi sembra che Surtees abbia ampiamente dimostrato la bontà  di questa vettura …â€

Altro bel risultato per John Cordts, dopo il quarto posto di Mosport, il quinto qui da lustro alle sue indubbie doti di guida, pur con una McLaren M6B Chevy che ha già  i suoi anni.

 

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(Canadian Motorsport)

 

Sesto posto per l’americano Fred Baker, anche lui con una McLaren M6B Chevy, ma il suo telaio è l’M6A/3, ovvero uno dei tre della squadra ufficiale nel 67, segnatamente il muletto che nel 1968 era stata la macchina usata da Donohue e curata dal Team di Roger Penske. Correrà  ancora in due occasioni, a Watkins Glen sarà  un problema di wapor-look a fermarlo mentre a Elkhart Lake sarà  il motore.

 

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(autodiva.fr)

 

Completano i primi dieci George Eaton settimo con la McLaren M12, Joe Leonard, ottavo con la McKee Mk10 Oldsmobile Turbo, Jacques Couture, nono con la McLaren M1B Chevy e Tom Dutton, decimo con la Lola T70 Mk3 Chevrolet.

 

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(Canadian Mootorsport)

 

Joe Leonard, ottavo con il Turbo Oldsmobile montato ancora sul telaio vecchio, Mk10. Questi tre

punti sono i primi di un motore Turbo nel Challenge; non sembra niente al momento ma sarà  proprio un motore Turbo a mettere la parola fine al Challenge.

 

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(Dave Friedman)

 

Tom Terrell – Lola T70 La meccanica che lo aveva tradito a Mosport lo porta vicino alla top-ten, 12° con una gara consistente e bei sorpassi. Per lui la Can Am 1969 finisce qui.

 

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(Canadian Motorsport)

 

Jerry Titus – McLaren M1C Le sue presenze sono sempre contate, ma molto spesso Jerry riesce a lasciare un segno tangibile della sua presenza; questa volta il motore lo ha stoppato prima della fine ma in prova era entrato nella top-ten, 8°, con una discreta facilità .

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(autocourse.ca)

 

Ross Murray – Hayman Special Chevy Ross Murray ci prova e tenta di qualificare la sua Special nella gara di casa; 21° su 26 in qualifica è già  una piccola soddisfazione ma i tanti problemi patiti lo sconsigliano dal tentare la roulette in gara. Resterà  la sua unica presenza ma sarà  un’altra Special nelle statistiche.

 

Alla prossima con un dettaglio sulle Lola ...

 

Franz

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