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  1. Per chi la storia la vuol conoscere, propongo la piacevolissima lettura dell'incredibile e avvincente cronaca di corsa del rally della Costa d'Avorio 1982 (quasi cinquemila km di corsa), gara decisiva per l'assegnazione del titolo mondiale tra Walter Rohrl (Opel Ascona, 2 ruote motrici) e Michéle Mouton (la prima donna a vincere gare del mondiale rally, su Audi Quattro a trazione integrale). Poi si confronti il tutto con le recenti lamentele dei piloti per il rally di Sardegna di un mese fa, che criticavano una tappa di 200 (dico duecento) km, che, si badi bene, era il totale tra trasferimenti e delle prove speciali. A tali lamentele, la stessa Mouton (quella che nell'82 lottava per il Mondiale e che oggi fa parte della FIA nella commissione rally) ha risposto che ci sono anche altri mestieri e che nessuno gli ha ordinato di fare i piloti da rally...
  2. Negli '70 e '80 l'Italia da rally era il Paese di Bengodi, un universo dove fiorivano campioni e personaggi nelle varie classi. Poi, dagli anni '90, il declino fino al deserto attuale. Per conoscere meglio la storia dei rally nel panorama nazionale, ecco una sintesi anno per anno fino al 1993, uscita con AS nel '94. Iniziamo dagli anni '60:
  3. sundance76

    Sandro Munari

    "Volete sapere quale è stata la gara più faticosa che abbia mai corso? Il Tour de France Automobile. Era il 1973, e Fiorio decise che la Lancia avrebbe partecipato con due Stratos, una per me e Mario Mannucci, e una per Jean Claude Andruet e «Biche», una brava navigatrice francese di cui non ho mai conosciuto il vero nome. La gara durava nove giorni e nove notti, e a malapena si riusciva a dormire due o tre ore al giorno. Si gareggiava in tutti i circuiti francesi e in tutte le prove speciali e gare in salita che abitualmente si correvano durante il Montecarlo o la Coupe des Alpes. Insomma si percorreva tutta la Francia da nord a sud e da est a ovest arrivando a sconfinare in Spagna per correre in notturna anche nel circuito usato per parecchi anni nel Gp di Formula 1 in Spagna. Inoltre gli organizzatori avevano avuto la grande idea di farci percorrere tutte le stradine secondarie per non intasare le grandi arterie, visto che le vetture che partecipavano alla gara erano state allestite per i circuiti. Rumore e curiosità avrebbero insomma indotto la polizia francese ad intervenire in maniera drastica. Risultato: quando andava bene si riusciva a dormire due o tre ore per notte, e il resto ovviamente lo trascorrevi in macchina. Non si poteva riposare nemmeno nei lunghissimi trasferimenti, perché le strade erano difficili anche sotto il profilo della navigazione, e quindi se avesse preso il volante il navigatore per farmi riposare, ci saremmo sicuramente persi. Così cercammo uno stratagemma che sulla carta doveva funzionare. Dal momento che Andruet si era ritirato e Biche era salita sulla vettura del miglior meccanico che la Lancia Corse avesse mai avuto (si chiamava Gino Gotta e poco tempo dopo, con tutti i rischi e le peripezie che aveva trascorso per essere sempre presente ai punti fissati per le assistenze, Gino morì in uno stupido incidente stradale nei pressi di Torino per colpa di un pirata della strada che non aveva rispettato uno stop, “Ciao Gino”!), pensammo che lei potesse farci strada. Mannucci si mise quindi al volante e io mi sedetti sul seggiolino accanto per riposare un po’. Purtroppo la brillante idea si esaurì nel giro di una mezz’ora, con il buon Mario che a un certo punto mi sveglia dicendomi: “Guida tu altrimenti arriviamo in ritardo al controllo orario”. Così mi rimisi alla guida, e per fortuna arrivammo con pochi minuti d’anticipo. Per fortuna dopo il controllo c’era un riordino, perché la prova che ci aspettava era il circuito di Le Mans. In questo frangente si può usufruire di un po’ di tempo e quindi ci si può rilassare, mentre i meccanici provvedono a controllare la vettura ed a prepararla per la prova su pista: scelta dei rapporti del cambio, pneumatici, slick ecc.…ecc. A questo punto eravamo più o meno a metà gara e la stanchezza cominciava ad accumularsi. Tuttavia bisognava andare avanti. Così tra una prova speciale e l’altra e i trasferimenti sempre molto snervanti, arriviamo alle 22 sul circuito di Montjuich, il circuito catalano ricavato nel parco di Barcellona; quell’anno, infatti, il Tour prevedeva anche uno sconfinamento in Spagna. Visto l’orario sembrò subito chiaro che la gara si sarebbe svolta in notturna: proprio una vera chicca in particolare per me che non avevo mai visto il percorso prima. Inoltre non avevamo avuto nessuna informazione utile per poter scegliere il rapporto più giusto. Così nella riunione tecnica ci avvalemmo di una piantina del tracciato, con il triste risultato di sbagliare in pieno la scelta per difetto. Infatti, all’inizio del rettilineo ero già fuori limite, ma nonostante ciò riuscii a finire la prova in seconda posizione grazie ad una staccata mozzafiato, al primo tornante dopo la partenza. Il tutto nasce dal fatto che feci il solo giro di formazione per cercare di memorizzare il tracciato. Così al pronti via, pur essendo in Pole in quanto leader della classifica generale, diverse vetture che erano molto più prestazionali della Stratos, mi superarono. Nel momento di affrontare il dosso ero convinto che ci fossero ancora 200 metri circa per imboccare il tornante a sinistra, e quindi non accenno a staccare. E non faccio una piega anche quando vedo le macchine davanti a me che cominciano a frenare: ormai in testa avevo voluto che il tornante fosse ancora molto più avanti. Mi ricredo subito quando vedo la Ligier, in posizione davanti a tutti, che stava già entrando nel tornante. A quel punto pianto una gran frenata e la macchina s’intraversa, le altre vetture che mi circondavano di colpo si allargano per evitare una collisione, mentre nel frattempo riesco a recuperare la macchina e a girarla dal lato giusto. Così, tutto di traverso, entro nel tornante subito dietro la Ligier. Dopo aver tirato un sospiro di sollievo, mi accodo alla vettura che mi precedeva e termino anche la prova in questa posizione mantenendo sempre il primato in classifica. Era andata molto bene, e oltretutto i commenti dei piloti che erano in bagarre con me, erano del tipo: “Quello sì che è un duro! Avessi visto che staccata ha fatto al tornante dopo il via!”. Se avessero saputo com’erano andate veramente le cose… Per concludere vi racconto cosa ci riservò l’ultima tappa. Dopo sette giorni di gara, affrontiamo l’ultima frazione che aveva inizio alle 5 del mattino dopo avere dormito solo tre ore. In quest’ultima tappa erano previste 5 prove speciali e 4 circuiti. Ebbene abbiamo corso senza soste per 41 ore, (quarantuno, avete letto bene), visto che l’arrivo a Nizza era previsto per le 22 del giorno dopo. In questa gara persi 7 chili, e meno male che ad attenuare un po’ l’immensa fatica ci ha pensato la vittoria. Se disgraziatamente fossi arrivato secondo, mi sentirei stanco ancora oggi". - Sandro Munari -
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