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  1. Siamo ancora in pieno letargo invernale ma con la conferma di Ferrucci sulla iconica #14 la griglia è quasi al completo. Mancano le conferme in Coyne, come al solito e in Abel e D&R per la 500.
  2. v6dino

    McLaren MCL35M '21

    L'immagine in alta definizione è disponibile su https://gum.co/P300Monoposto2021 DATI GENERALI Scuderia: McLaren Formula 1 Team Anno di produzione: 2021 Motore: Mercedes-AMG F1 M12 Performance V6 1600cc turbo, ibrido con MGU-H e MGU-K Telaio: Monoscocca composita in fibra di carbonio, con struttura a nido d'ape, con Halo Carburante e lubrificanti: BP, Castrol Pneumatici: Pirelli Luogo di Produzione: Woking (GBR) Progettista: James Key, Peter Prodromou Impiegata nel: 2021 Piloti: 3 Daniel Ricciardo, 4 Lando Norris STATISTICHE GP Disputati: 0 Vittorie: 0 Podi: 0 Pole Position: 0 Giri Più Veloci: 0 Miglior risultato:
  3. Tengo a precisare che non mi interessano i nomi coinvolti, potevano anche chiamarsi Aldo, Giovanni, Giacomo e Marina. Quello che voglio analizzare sono i fatti, dandone una mera lettura fenomenologica e non dietrologica, o comunque non eccessivamente. E sicuramente senza lasciarmi coinvolgere in stupide discussioni sul valore dei singoli che, ripeto, potevano essere anche altri quattro a caso. Ho inoltre la presunzione di non essere sospettabile di “tifo” particolare a favore o contro uno dei soggetti che saranno coinvolti in questa disamina, men che meno di “complottismo” a vanvera. Oltre ad aver visto le gare in tv, le mie riflessioni si basano sui fatti accaduti e su fonti dell’epoca, AutoSprint, ma anche MotorSport e Quattroruote, e varie altre pubblicazioni specializzate di quegli anni. Mansell, Piquet, Prost, Senna, in ordine alfabetico, furono i piloti Honda che nella seconda metà degli anni ’80 portarono la Casa giapponese ai vertici della F1. Nigel e Nelson con la Williams, Ayrton e Alain con al McLaren. Partiamo dalla prima coppia. È noto che intorno al 1985 Nelson Piquet fosse considerato come il pilota di F1 più forte, e infatti quell’anno Frank Williams lo assume per rimpiazzare Rosberg nel 1986. Il suo compagno, Mansell, in quel periodo era considerato come un onesto pilota, anche veloce, capace un po’ a sorpresa di tener testa a un campione come Keke. Ma in ogni caso nella considerazione generale non c’era match: Nelson era il campionissimo, Mansell l’ex mansueto destinato a un ruolo da comprimario. E la Honda, che co-finanziava l’ingaggio dei piloti, non fece mai mistero di attendersi la maggior parte delle vittorie dall’affermato Piquet piuttosto che da Nigel. Eppure sappiamo tutti come si dipanò quel biennio: nel 1986 Nelson legò poco con la squadra inglese, forse anche a causa dell’incidente e della degenza di Frank, e Mansell rivelò sorprendentemente qualità velocistiche in parte insospettate. Forse, Piquet soffrì anche perché abituato nei sette anni di Brabham ad essere l’abituale punto di riferimento, senza compagni che potessero mettere in discussione tale ruolo. Proprio in quell’estate ’86 iniziarono i primi sospetti incrociati. Dopo Brands Hatch, Mansell è leader del Mondiale con 4 vittorie, mentre Piquet è in affanno con una sola affermazione. Mansell va a Maranello e sigla un pre-accordo con la Ferrari, subito dopo a Hockenheim Piquet torna a vincere e si ripete in Ungheria. Se a Budapest Mansell dice di non aver saputo trovare la giusta messa a punto, in Germania la differenza di prestazioni tra le due Williams viene interpretata da tutti gli addetti ai lavori come un chiaro segnale: se Nigel vuole giocarsi il titolo, deve firmare con Didcot e stracciare l’accordo con Ferrari, altrimenti il mondiale si allontanerà inesorabilmente (in direzione Piquet). Mansell firma, la lotta comunque si riequilibra, ma alla fine il titolo lo vince Prost con la McLaren-Tag-Porsche beffando i due Williams-Honda. Nel 1987, dopo alcuni exploit iniziali del solito Prost e di Senna con la Lotus ora dotata dell’Honda, in casa Williams si fanno un po’ meglio i conti e il titolo dopo metà estate diventa un affare tra Piquet e Mansell, nonostante la strenua ma velleitaria resistenza di Ayrton. Ora, sappiamo bene le sterili e per me ormai nauseanti serie di luoghi comuni, secondo cui Mansell veniva dipinto come uno sciupone e Nelson come un tattico sopraffino dalla guida pulita e veloce. Tuttavia in varie occasioni ho cercato di dimostrare che, almeno nel biennio 86-87, tale diceria non ha un gran fondamento nei fatti. A Brands Hatch ’86, Nelson sbaglia una cambiata, e perde il duello serrato con Mansell. Ad Adelaide, il brasiliano guida consumando le gomme, con bloccaggi in frenata e va in testacoda compromettendo in gran parte le chances mondiali. Nell’87 la vulgata vuole che ognuno dei tanti errori di guida di Nelson sia da giustificare con Imola: fatto sta che Piquet sbaglia ancora molto, testacoda al Castellet pressato da Mansell, perde nuovamente il duello diretto a Silverstone, in Spagna sbaglia al pit stop poi va in testacoda, e poi nel finale va lungo fuoripista, in Messico si tocca con Prost e viene salvato dall’intervento dubbio dei commissari che lo rimettono in pista. E nel 1987 il mondiale si dipana secondo un copione sorprendentemente riassumibile in questo modo: Mansell oscilla tra le tante vittorie (ben 6 alla fine) e ritiri per guasti meccanici spesso mentre è primo (scarichi a Monaco, alternatore in Germania, bullone in Ungheria, impianto elettrico in Portogallo), mentre Nelson Piquet oscilla tra i tanti secondi posti (ben 7 alla fine) e qualche vittoria, ma sempre e solo approfittando dei guai altrui (Germania, Ungheria e Italia). In ogni caso, che fosse Mansell, che fosse Piquet, che fosse Senna, la Honda a due terzi di campionato era già certa che un suo pilota avrebbe vinto il Campionato conduttori (quello a squadre era già Williams). A Monza ‘87, nelle prove Piquet dice di temere sabotaggi (eppure gli accidenti allucinanti, come il bullone che si sfila o la cinghia dell’alternatore erano capitati solo a Nigel), ma paradossalmente Mansell per tutto il weekend soffre con un motore tragico, insolitamente poco potente e sbilanciato nei consumi, al punto che se ne accorgono in tanti già dal suono anomalo sui rettilinei, per non parlare delle velocità massime davvero scarse. E mentre Nigel sputa i polmoni per arrivare terzo, Nelson va a vincere dopo l’erroraccio di Senna in parabolica. Una vittoria che, dopo le altre due cadutegli in testa in Germania e Ungheria con altrettanti zeri del compagno (che era ben davanti a lui), sembra ormai blindare il mondiale di Piquet soprattutto dopo quello che accade nel successivo Portogallo, quando il motore pianta di nuovo in asso Mansell, mentre ai box, sostituendo la scheda, il propulsore va di nuovo in moto. 24 punti di vantaggio per il brasiliano sembrano ormai il preludio alla vittoria matematica ben prima delle ultime corse. Senonché, a Jerez, dopo l’ennesima bizza al motore in prova, Mansell pianta una grana, i motoristi Honda cambiano qualcosa nell’elettronica, e Nigel va a vincere per la quinta volta nella stagione. L’inglese poi rivince alla grande anche in Messico, e mantiene vive le pur flebili speranze di titolo. Flebili perché ormai siamo a Suzuka, casa della Honda, e con una Ferrari già competitiva in penisola iberica e in Messico, a Piquet basta davvero poco per festeggiare. L’incidente di Mansell chiuderà imprevedibilmente la partita ancora prima della gara. Ma già a Jerez le critiche sui motori tragici assegnati a Mansell tra Monza, Portogallo e qualifiche di Spagna vengono allo scoperto. La Honda già ad agosto ha fatto sapere di voler abbandonare la Williams, e nell’88 fornirà solo le McLaren di Prost e Senna (del resto già pilota-Honda alla Lotus) e la Lotus dove Piquet andrà al posto di Ayrton. Le voci su un danneggiamento voluto dalla Honda contro Mansell non vengono smentite dalla Williams che anzi tramite Frank Dernie le accredita: “Senza dubbio, lavorando sui chip si può modificare ogni funzione di un motore come il nostro Honda. E questo senza che noi ingegneri convenzionali possiamo farci qualcosa. Non è un mistero che, da Monza in poi, i nostri motori siano stati molto meno efficienti di quanto lo fossero prima, quando le differenze di velocità massima tra noi e la Lotus erano sempre abbondantemente a nostro favore. Personalmente non so se i giapponesi abbiano lavorato contro Mansell e pro-Piquet, ma devo ammettere che se volessero potrebbero farlo senza problemi. È un discorso tutto nelle loro mani…”. Ecco, il problema non è trovare scuse per le sconfitte o delegittimazioni per le vittorie, ma di certo una serie di fatti, di prestazioni, di guasti non sono smentibili. Veniamo al 1988. Mentre in Williams al posto di Rosberg arrivò Piquet, in quanto la Honda esigeva comunque un campione di vaglia in squadra, dove c’era già Mansell, nell’88 la Honda arriva in McLaren insieme a Senna, che aveva guidato i propulsori giapponesi nell’87 alla Lotus. Nella McLaren c’è già un pluri-iridato come Prost. La storia la conosciamo: Senna è quasi sempre più veloce in qualifica, mentre in gara nella prima metà stagione il divario si riduce fino ad annullarsi (ora verrà il solito a dire che a Monaco Senna diede un secondo e mezzo a Prost in prova – vero – e che in gara gli stava dando un minuto – falso, o meglio solo in parte vero perché quel distacco era maturato grazie al tappo di Berger), al punto che al giro di boa di metà stagione Prost è in testa al Mondiale, pure grazie a vittorie come Messico e Francia dove anche dal punto di vista di velocità pura si dimostra più che alla pari con Ayrton in gara. Poi d’estate Senna infila ben quattro vittorie consecutive e diventa leader, al punto da ipotizzare, in un campionato in cui contano solo le vittorie, un’affermazione matematica ben prima della fine della stagione. Eppure, il Senna ultra-efficace e velocissimo visto per tutto l’anno, va in crisi nella penisola iberica, quasi come Mansell nel 1987. In Portogallo, dopo il quasi-scontro al secondo giro, Prost vince nettamente, mentre un’avaria al computer di bordo relega Senna al sesto posto. In Spagna, Prost rivince altrettanto nettamente, mentre Senna è solo quarto nuovamente alle prese con misteriosi consumi esagerati segnalati dal computer come in Portogallo. Nessuno in squadra riesce a spiegarsi tale differenza di consumi tra i due piloti, che per tutto l’anno avevano avuto valori molto simili. E se l’anno prima gli interrogativi sui chips Honda tra Mansell e Piquet erano rimasti senza risposta, l’andamento del finale ’88 se possibile ne aggiunge altri. Se a Estoril e Jerez, Senna era apparso impacciato, lento, inspiegabilmente inefficace, a Suzuka è Prost a fare la figura del pivello, e ad avere problemi strani alla valvola limitatrice, con valori che impediscono la potenza massima già in prova, e continui guai al selettore nei cambi tra la seconda e terza marcia, al punto che Senna, precipitato in 14ma posizione, rimonta mezzo giro, lo supera e lo stacca al traguardo. Su AS, Cavicchi, notoriamente di simpatie prevalentemente “senniste”, pur riconoscendo tutti i meriti del brasiliano campione con otto vittorie, che aveva mancato solo per due errori altre due vittorie a Monaco e Monza, scrive: “Ma Senna ha anche vinto dove la Honda voleva e proprio come la Honda aveva deciso un anno fa allorché assicurò al brasiliano la sua dote di motori. Visto con il senno di poi quanto è accaduto in F1 negli ultimi anni suggerisce molti dubbi che gettano un’ambigua ombra su questa serie di gare che sono poi il top dell’attività sportiva motoristica. Ricordate le vicende di Mansell con Piquet? Piquet era il pilota pagato dalla Honda, Mansell era quello della Williams. Il titolo, guarda caso, non è mai finito nelle mani del pilota britannico che pur per due anni aveva stupito con il suo andare così arrembante. E quest’anno il pilota della Honda era Senna, non certo Prost che era il pilota della McLaren. Piquet è stato uno dei più grandi campioni che il nostro sport ci ha offerto, Senna si propone da tempo come il talento emergente più forte, come il nuovo grandissimo, uno che potrà a sua volta segnare la storia con le sue imprese, quindi non c’è nulla di strano che a vincere siano stati negli ultimi due anni questi due brasiliani. Non sono quindi loro, la loro assoluta bravura, a far discutere. È quello che si è visto e soprattutto si è intuito a far pensare e anche a far paura. L’anno scorso si parlò a lungo dei chip, microprocessori capaci di trasformare un motore da lumaca in jet, si diceva che in qualche caso (o in molti casi) fossero gli uomini ai box a decidere l’esito delle corse [..]Si accennava a questi chips e ci si riferiva ai motori Honda. Prima del dominio giapponese, del trionfo dell’elettronica ai box, mai se ne era chiacchierato. Quest’anno i sospetti sulle manovre oscure di Goto e compagnia si sono moltiplicati [….]. Ci piace pensare che Senna e Piquet hanno vinto perchè sono stati i più bravi (ed è certamente vero) e non perché a decidere così sono stati alle loro spalle oscuri manipolatori”. La vittoria di Senna non placa gli animi, ma anzi nella settimana successiva Prost in due interviste sfoga esplicitamente i suoi sospetti sui presunti favoritismi Honda per Senna, affermando che persino due alti esponenti della Casa giapponese prima di Suzuka avevano già annunciato che Ayrton sarebbe stato campione del mondo. Prost si dice amareggiato perché quando la differenza tra lui e il compagno si manifestava in maniera netta a favore del brasiliano, nessuno lanciava sospetti, mentre quando la differenza netta era a suo favore i sospetti affioravano (e sul punto, come si è visto, le cose possono leggersi in maniere opposte). In particolare, Prost recrimina il motore balordo a Monza sin dalle prove, e che nonostante la sua miglior partenza, aveva consentito a Senna di risorpassarlo in accelerazione dopo duecento metri (il motore di Prost poi si ruppe, unica rottura meccanica Honda in gara della stagione), mentre a Suzuka, nonostante la furiosa rimonta di Senna da centro classifica, risultò che il brasiliano aveva consumato cinque litri meno di Prost, eppure Senna doveva averci dato dentro per rimontare dal centro-gruppo e staccare Prost. I giornalisti allora hanno ipotizzato che, visto il miglioramento di Prost a partire da Monza dopo che il francese si era “ribellato” coi giapponesi , forse era stata l’eccessiva rassegnazione di Alain ad aver progressivamente spinto la Honda a non equilibrare la situazione. Insomma, la storia dei chips “manovrati” dalla Honda e della volontà dei giapponesi di festeggiare “a casa” i propri campioni brasiliani, per qualche anno fu ben più di un mugugno. Mi rendo conto che moltissimi potrebbero equivocare queste elucubrazioni, magari intendendole come attacchi a questo o quel pilota. Nient’affatto, si tratta solo di uno spunto per riflettere, a distanza di oltre trent’anni, su una ipotesi che non era del tutto campata in aria.
  4. v6dino

    McLaren M26 Liggett Group/B&S '78

    Monaco: Gran Bretagna: Dati Generali Scuderia: Liggett Group - B&S Fabrications Piloti: Brett Lunger GP Disputati: 10 nel 1978 Vittorie, Podi, Pole, Giri Veloci: 0 Miglior risultato: B.Lunger, 7° posto nel GP del Belgio 1978
  5. v6dino

    McLaren M26 Lowenbrau '78

    Dati Generali Scuderia: Löwenbräu Team McLaren Piloti: James Hunt, Patrick Tambay GP Disputati: 2 nel 1978 Vittorie, Podi, Pole, Giri Veloci: 0 Miglior risultato: P.Tambay, 6° posto nel GP USA Est 1978
  6. v6dino

    McLaren M23 Scribante '74-'75

    DATI GENERALI Scuderia: Scribante Lucky Strike Racing Anno di produzione: 1974 Motore: Ford Cosworth DFV V8 2993cc. Telaio: Monoscocca in alluminio Carburante e lubrificanti: SAsol, Valvoline Pneumatici: Goodyear Luogo di Produzione: Woking (GBR) Progettista: Gordon Coppuck Impiegata nel: 1974-1975 Piloti: Dave Charlton STATISTICHE GP Disputati: 2 (+ altre del Campionato Sudafricano) Vittorie: 0 Podi: 0 Pole Position: 0 Giri Più Veloci: 0 Miglior risultato: D.Charlton, 14° posto nel GP del Sudafrica 1975
  7. I meravigliosi spaccati tecnici di Bruno Betti (Ferrari, Renault, Brabham, Williams) e Sergio Baratto (McLaren) illustrano la meccanica delle monoposto che hanno caratterizzato il drammatico campionato mondiale 1982. La Williams FW 08, pur con una sola vittoria, ha consentito a Keke Rosberg di diventare campione del mondo. Semplicità costruttiva ma senza rinunciare alla raffinatezza, sospensioni curate, aerodinamica efficiente che consentiva buone velocità di punta pur con la dotazione dell'immortale Cosworth (curato da Judd), superato in potenza dai turbo Ferrari, Renault e Bmw, ma comunque affidabile, leggero e compatto, i punti di forza dell'arma di Keke. La Ferrari 126 C2, nonostante la tragica scomparsa di Villeneuve e il grave incidente di Pironi, ha meritatamente vinto il campionato mondiale costruttori, il primo per una vettura dotata di un motore turbo-compresso. Il propulsore V6 di 120° con turbine e scarichi al centro della V, potente e affidabile anche grazie all'emulsystem Agip, unito al moderno telaio a struttura composita in pannelli honeycomb di alluminio incollati e a un'aerodinamica molto efficiente, ha consentito alla Ferrari di guidare a lungo anche il campionato piloti, sfuggito nelle ultime battute a causa delle pesanti fatalità occorse ai suoi piloti. La Renault RE 30, pur avendo segnato 10 pole position e 4 vittorie con Prost e Arnoux, ha smentito il suo ruolo iniziale di favorita, penalizzata dall'eccessiva mancanza di affidabilità, che ha vanificato l'efficienza del telaio, la buona aerodinamica e la potenza del motore. La McLaren Mp4, tecnologicamente molto avanzata in quanto è stata la prima ad aver adottato un telaio in fibra di carbonio, è rimasta a lungo in lotta per la vittoria nel campionato, ma è mancata della necessaria continuità. La Brabham-Bmw BT50 ha sofferto i problemi di gioventù del propulsore tedesco turbocompresso, ma anche la decisione di far correre contemporaneamente la "vecchia" e affidabile Bt 49 a motore Cosworth. La macchina è comunque apparsa molto curata, a partire dal telaio fino alle sospensioni.
  8. v6dino

    McLaren MCL35 '20

    DATI GENERALI Scuderia: McLaren Formula 1 Team Anno di produzione: 2020 Motore: Renault E-Tech 20 V6 1600cc turbo, ibrido Telaio: Monoscocca composita in fibra di carbonio, con struttura a nido d'ape Carburante e lubrificanti: BP-Gulf Pneumatici: Pirelli Luogo di Produzione: Woking (GBR) Progettista: James Key, Peter Prodromou Impiegata nel: 2020 Piloti: 55 Carlos Sainz jr., 4 Lando Norris, Sergio Sette Camara, Oliver Turvey STATISTICHE GP Disputati: 17 Vittorie: 0 Podi: 2 Pole Position: 0 Giri Più Veloci: 3
  9. v6dino

    McLaren M7C '70 Ec. Bonnier

    DATI GENERALI Scuderia Joakim Bonnier Racing Team Anno di produzione 1969 Motore Ford Cosworth DFV V8 2993 cc Telaio Monoscocca in alluminio Carburante e lubrificanti BP Pneumatici GoodYear Luogo di produzione Colnbrook (GBR) google.maps Progettista Robin Herd e Gordon Coppuck Impiegata nel 1970-71 Piloti Jo Bonnier, Helmut Marko STATISTICHE GP Disputati 8 Vittorie 0 Podi 0 Pole Position 0 Giri Più Veloci 0
  10. v6dino

    McLaren MCL35 Commenti

    https://www.p300.it/f1-anteprima-mondiale-2020-mclaren/
  11. djbill

    McLaren MCL35 (2020)

    Un tagliaerba...
  12. sundance76

    Denny Hulme

    Da AutoSprint, primavera 1991:
  13. v6dino

    McLaren MCL34 '19

    DATI GENERALI Scuderia: McLaren Formula 1 Team Anno di produzione: 2019 Motore: Renault RE19 V6 1600cc turbo, ibrido Telaio: Monoscocca composita in fibra di carbonio, con struttura a nido d'ape Carburante e lubrificanti: Petrobras Pneumatici: Pirelli Luogo di Produzione: Woking (GBR) Progettista: Pat Fry, Peter Prodromou, Tim Goss, Matt Morris Impiegata nel: 2019 Piloti: 55 Carlos Sainz jr., 4 Lando Norris, Sergio Sette Camara, Oliver Turvey, Rudy VanBuren STATISTICHE GP Disputati: 21 Vittorie: 0 Podi: 1 Pole Position: 0 Giri Più Veloci: 0 Miglior risultato Team: 4° Campionato del Mondo Costruttori
  14. v6dino

    McLaren MCL33

    DATI GENERALI Scuderia: McLaren Formula 1 Team Anno di produzione: 2018 Motore: Renault RE18 V6 1600cc turbo, ibrido Telaio: Monoscocca composita in fibra di carbonio, con struttura a nido d'ape Carburante e lubrificanti: BP, Castrol (anche se per accordi commerciali mostra Petrobras) Pneumatici: Pirelli Luogo di Produzione: Woking (GBR) Progettista: Tim Goss, Peter Prodromou, Matt Morris Impiegata nel: 2018 Piloti: 14 Fernando Alonso, 2 Stoffel Vandoorne, 47 Lando Norris, Oliver Turvey, Rudy VanBuren STATISTICHE GP Disputati: 21 Vittorie: 0 Podi: 0 Pole Position: 0 Giri Più Veloci: 0 Miglior risultato: McLaren, 6° posto nel Campionato Costruttori 2018
  15. KingOfSpa

    McLaren MCL33 (2018)

    Pubblicato ieri video dove fanno intravedere il colore e (giustamente ) l'HALO Quindi dovrebbe trattarsi di una livrea tutta arancione
  16. Cinquantaquattresima edizione della 500 Miglia di Indianapolis disputata il 30 Maggio 1970. Nel messaggio seguente inserisco il video da Youtube di quarantasette minuti. Non anticipo nulla sull'andamento della gara, per chi non l'avesse vista. Tra i non qualificati figurarono Chris Amon e Denis Hulme. Da 'Motor Trend' Agosto 1970, pagg. 24-28, 99:
  17. Il 6 Settembre 1970 si corre la seconda 500 Miglia della stagione e per l'occasione ci si sposta in California, località Ontario nel nuovo speedway appena inaugurato (Agosto 1970). Trentatrè partenti, diversi cambi al vertice e molti ritiri, anche eccellenti (Al Unser, Mario Andretti, Joe Leonard, A.J. Foyt, Bobby Unser, Johnny Rutherford, Mark Donohue, Roger McCluskey, Mike Mosley, Dan Gurney, Lloyd Ruby, Gary Bettenhausen, Wally Dallenbach Sr.) permisero a McElreath su Coyote di trionfare. Buon risultato per Art Pollard, secondo, Gordon Johncock e Peter Revson su McLaren. Da 'Motor Trend' Novembre 1970, pagg. 56-59, 98:
  18. v6dino

    McLaren MCL32

    DATI GENERALI Scuderia: McLaren-Honda Formula 1 Team Anno di produzione: 2017 Motore: Honda RA617H V6 1600cc turbo, ibrido Elettronica: Microsoft McLaren Electronic System Telaio: Monoscocca composita in fibra di carbonio a struttura nido d'ape Carburante e lubrificanti: BP, Castrol Pneumatici: Pirelli Luogo di Produzione: Woking (GBR) Progettista: Tim Goss, Peter Prodromou, Matt Morris Impiegata nel: 2017 Piloti: Fernando Alonso, Stoffel Vandoorne, Jenson Button, Nobuharu Matsushita, Oliver Turvey STATISTICHE GP Disputati: 20 Giri Più Veloci: 1 Miglior risultato: 9° posto nel Mondiale Costruttori 2017
  19. leopnd

    Peter Gethin

    Peter Gethin ha avuto un giorno di gloria vera. Un giorno soltanto, quello del settembre 1971 che lo ha visto passare per primo sulla linea d’arrivo del Gran Premio d’Italia a Monza. Primo per una decina di centimetri davanti al francese François Cévert, allo svedese Ronnie Peterson, dopo una volata inverosimile. Erano in quattro a battersi per la vittoria, ruota a ruota. Lui, Peter Gethin, era staccato di qualche centinaio di metri ed al massimo avrebbe potuto essere quinto. Non sperava altro, e non poteva sperare altro. Dal gruppetto dei quattro si staccava, a pochi giri dalla fine, quel Chris Amon che forse poteva avere in quella giornata la sua prima vittoria. Amon aveva tolto con la mano la prima delle due visiere che i piloti portavano doppie per poterne eliminare una quando fosse stata troppo sporca di olio e polvere; il gesto però faceva volar via anche la seconda. Rimasto senza protezione agli occhi, Amon doveva rallentare e si poneva tra il gruppetto di testa e Gethin, che era solo. La scia della Matra di Amon «aspirava» la BRM di Gethin, che così guadagnava qualche decina di metri sui primi. Poi era la volta dello svizzero Jo Siffert a staccarsi dal gruppetto, ed a ripetere involontariamente l’aiuto a Gethin, che arrivava quasi a ridosso dei primi. Al penultimo passaggio erano le scie di Cévert e Peterson a risucchiare la BRM. E sulla linea del traguardo, stupefacendo tutti, lui compreso, Gethin riusciva a mettere le sue ruote un pelino davanti a tutti. Quella vittoria, che è rimasta nelle statistiche, ha dato a Gethin una gloria che pur essendo rimasta effimera lo aiutava a mantenersi tra la gente della Formula 1 dove era approdato un po’ a caso. Figlio primogenito del popolare fantino inglese Ken Gethin, Peter Kenneth nasce a Ewell, nel Surrey, il 21 febbraio 1940. Non è mai stato quel che si dice uno studente modello. Lasciata presto la scuola, entrava come venditore e dimostratore presso l’azienda del concessionario Ford del suo villaggio. Inizia la sua Carriera nel Mondo dell’Automobilismo giovanissimo al volante di una Lotus Seven, la macchina allora ideale per le corse dei dilettanti, e successivamente nella Formula 3 Junior inglese con una vecchia Lotus 22. Nel 1966 passa a una Squadra meglio attrezzata, dotata di monoposto di produzione Brabham, e i suoi risultati sono migliori. Grande pilota non lo è mai stato, pur se il suo libro d’oro è pieno di successi. Ha vinto tantissime corse delle formule minori, ed il suo nome è stato ripetuto tante volte grazie al campionato della Formula 5000, una categoria di macchine che era stata ideata dagli impresari inglesi ed americani per offrire spettacoli che potessero passare bene quali surrogati della Formula 1. Macchine e monoposto dotate di potenza abbastanza elevata, ma con motori da 5000 cc derivati dalla serie, motori che costavano poco e duravano. In Inghilterra le corse della Formula 5000 avevano preso piede, e chi aveva una macchina decente poteva ben figurare. La McLaren aveva costruito una macchina un poco migliore delle altre, e Gethin spadroneggiava. Era il suo regno, quello, e vi si trovava bene. Aveva vinto il campionato americano, nel 1969, e quello inglese nel 1970, anno durante il quale correva anche con le macchine della serie Can-Am, mostri dotati di tanta potenza. Alla McLaren, purtroppo, il 1970 era stato un anno disastroso. Bruce McLaren moriva provando sulla pista di Goodwood, in un’uscita di strada che è rimasta mai spiegata. E nelle prove per la 500 Miglia di Indianapolis il neozelandese Dennis Hulme si bruciava le mani. Occorreva un pilota per guidare la vettura di Formula 1, accanto a Dan Gurney, ed era Gethin ad essere chiamato. Peter Gethin debutta in Formula 1 al Gran Premio d’Olanda 1970, disputato sul circuito di Zandvoort, al volante di una McLaren-Ford M14A ufficiale. Con la monoposto inglese, Gethin disputa la seconda parte del Campionato di Formula 1 1970 senza ottenere grandi risultati. A Mont Tremblant, in Canada, il pilota inglese conquista i suoi primi punti iridati giungendo sesto al traguardo. Faceva il suo dovere onestamente, ma senza gran luce. L’anno successivo corse a fianco del pilota neozelandese Denis Hulme al volante della nuova monoposto siglata McLaren-Ford M19A. Ma ancora una volta i risultati si fanno attendere, e mentre Hulme fece segnare buone prestazioni in gara, Gethin continua la Stagione in un lungo calvario segnato da guasti sulla monoposto e incidenti. Fino a che, a metà stagione, alla McLaren decidevano di cambiare i loro programmi. Gethin era stato nel frattempo avvicinato dalla BRM, per la Stagione 1972, ma la politica nuova della McLaren faceva accelerare le trattative. E dal Gran Premio d’Austria Gethin era al volante della BRM. La vittoria di Monza era seguita, qualche mese dopo, da quella nella gara fuori Campionato di Brands Hatch, una corsa convulsa ed interrotta dal grave incidente che costava la vita a Jo Siffert, suo capofila alla BRM. Nel 1972 Gethin trascorre un’ultima Stagione con il Team BRM. Cedimenti meccanici, squalifiche e incidenti lo relegarono in posizioni di rincalzo. Colpa principalmente della monoposto: la BRM P160C consentì solamente al pilota francese Jean-Pierre Beltoise di aggiudicarsi una vittoria al Gran Premio di Monaco. Se si esclude l’eccellente prestazione in Qualifica a Montecarlo, la Stagione di Gethin fu letteralmente un disastro. Riuscì ad agguantare un punticino iridato sempre a Monza dove giunse sesto al traguardo. Qualche buon risultato gli veniva dalla Formula 2 (vittoria a Pau davanti al francese Patrick Depailler) e dalla Formula 5000 alla quale era tornato. Riusciva a vincere, a Brands Hatch, la Corsa dei Campioni, appunto con la Formula 5000, precedendo anche macchine della Formula 1, pur se occorre dire che l’opposizione non era tanto forte. Continuava poi a correre con la Formula 5000 e con le Can-Am, ed aveva una sola ulteriore occasione di salire su una Formula 1, nel Gran Premio di Gran Bretagna del 1974, dove si era vista affidare una macchina della squadra Lola-Embassy diretta dal due volte Campione del Mondo Graham Hill. Ancora qualche gara nel 1977, con la Scuderia del belga conte Van der Straaten e infine la decisione di ritirarsi completamente, pur rimanendo nel mondo delle corse in altre forme. Peter Gethin venne coinvolto più tardi prima nella direzione sportiva della Squadra di Formula 2 del pilota Beppe Gabbiani e più tardi nel Team Toleman di Formula 1 nella Stagione 1984. Dopo, Peter Gethin è pilota istruttore sul vecchio circuito inglese di Goodwood e partecipa ad alcune manifestazioni di auto storiche in Inghilterra. È scomparso nel 2011. all'età di 71 anni dopo una lunga malattia.
  20. alessandrosecchi

    Mclaren MCL32 (2017)

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