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  1. until
  2. leopnd

    BRDC International Trophy

    3D per il BRDC International Trophy del 1974...
  3. leopnd

    Esmee Hawkey

    E beh, e beh, e beh, Esmee Hawkey si laurea campionessa Porsche Carrera Cup GB con il Team Parker Racing. Niente male direi, stagione fantastica... https://www.esmeehawkey.com/
  4. leopnd

    Formula 1 - Silverstone

    until
    Emirates Formula 1 70th Anniversary Grand Prix 2020 www.silverstone.co.uk
  5. leopnd

    WRC - Wales

    until
    2019 Wales Rally GB www.walesrallygb.com
  6. leopnd

    WEC - Silverstone

    until
    4 Hours Of Silverstone 2019 www.silverstone.co.uk
  7. leopnd

    ELMS - Silverstone

    until
    4 Hours Of Silverstone 2019 www.europeanlemansseries.com
  8. leopnd

    Jamie Chadwick

    Jamie Chadwick è una pilota inglese nata a Bath il 20 maggio 1998. Jamie passò quindi i suoi primi anni nell'Isola di Man, prima di trasferirsi nel Gloucestershire, dove frequentò il Cheltenham College. Il suo interesse per le corse è iniziato nel 2010. quando ha iniziato con il karting, all'età di 11 anni, ottenendo numerosi successi e podi a livello di club nella serie Junior. I punti salienti della carriera di Jamie includono essere stata il pilota più giovane e la prima donna a vincere un campionato britannico GT. È anche diventata la prima donna pilota della storia a vincere una gara BRDC di Formula 3 britannica e nel 2019. è diventata la prima donna a vincere il campionato MRF Challenge.
  9. leopnd

    Rallycross - Silverstone

    until
    Dayinsure World RX Of Great Britain www.silverstone.co.uk
  10. leopnd

    Blancpain GT - Silverstone

    until
    Blancpain GT Series Endurance Cup – Round 3 www.silverstone.co.uk
  11. leopnd

    Ron Flockhart

    Ron Flockhart (Edimburgo, 16 giugno 1923 – Melbourne, 12 aprile 1962) è stato un pilota di Formula 1 britannico. Flockhart cominciò la propria carriera automobilistica prendendo parte a gare con vetture sport, salvo passare alle ruote scoperte nel 1952, quando con una vecchia ERA prese parte al campionato di Formula Libre... Nel 1954. ebbe l'occasione di debuttare in Formula 1 alla guida della vettura di Prince Bira, ma fu costretto a ritirarsi all'unico appuntamento a cui prese parte: il Gran Premio di Gran Bretagna. Due anni dopo, oltre ad ottenere il suo primo podio nella massima serie, riuscì a vincere la 24 Ore di Le Mans. Queste performance portarono la BRM ad offrirgli un contratto per la stagione 1957. Vinse quindi nuovamente la 24 Ore di Le Mans, ma in Formula 1 fu protagonista di un grave incidente al Gran Premio di Francia, in cui riportò diverse ustioni. Dopo un 1958. avaro di soddisfazioni, nel 1959. si impose in alcune gare a ruote coperte, mentre nel 1960. ottenne il suo ultimo punto nel mondiale di Formula 1 con un sesto posto. Negli anni seguenti continuò a correre, in particolare per il Team Lotus. Nel 1962. si stava preparando per battere un record di volo a bordo di un vecchio Mustang quando morì in uno schianto a Kallista, vicino Melbourne...
  12. leopnd

    Thundersports Series

    La serie Thundersports e' stata un campionato nazionale che si svolgeva principalmente a Brands Hatch, per prototipi di auto sportive e anche per le vetture Can-Am e C2. Per portare un po 'di eccitazione, rumore e spettacolo alle corse automobilistiche britanniche, dopo la fine del campionato britannico di Formula Uno, la BRSCC ha inventato la serie Thundersports. La nuova serie ha fatto il suo debutto il giorno di Pasquetta del 1983. e la prima grande gara di auto sportive del paese dalla metà degli anni '70 è stata un successo clamoroso. La serie iniziò appunto nel 1983., iniziando con una serie di sette gare, cinque delle quali erano state disputate a Brands Hatch. Alla fine della serie, nel 1989., erano rimaste solo nove macchine in griglia per l'ultima gara ad Oulton Park e la storia finiva li...
  13. Elio11

    William Grover-Williams

    Avete notizie più circostanziate su William Charles Frederick Grover, pilota meglio conosciuto come "Williams" fra la fine degli anni Venti e gli inizi dei Trenta? Mi interesserebbe, tra l'altro, la sua 'carriera' post-agonistica - che prese il via dopo il suo secondo ritiro, avvenuto nel 1936 - tra le file dell'esercito britannico durante la Seconda Guerra Mondiale, in particolare le operazioni condotte nell'ambito della S.O.E.
  14. leopnd

    Divina Galica

    Divina Mary Galica (Bushey, 13 agosto 1944) è un'ex sciatrice alpina ed ex pilota automobilistica britannica, conosciuta soprattutto per la sua carriera olimpica negli sport invernali. Ventenne originaria di Bushey Heath, partecipò ai IX Giochi olimpici invernali di Innsbruck 1964, gareggiando in discesa libera e slalom speciale. In seguito prese parte anche ai giochi di Grenoble 1968 e Sapporo 1972. In entrambe le occasioni fu capitano della squadra olimpica britannica di sci e finì nelle prime dieci posizioni nello slalom gigante. Oltre alle competizioni olimpiche, Divina Galica raggiunse due podi nella Coppa del Mondo in discesa libera, classificandosi terza a Badgastein e Chamonix nel 1968. Detenne per breve tempo anche il record di velocità in discesa libera a 125 mph (201 km/h). Ritornò a rappresentare la squadra britannica ai Giochi olimpici di Albertville 1992, partecipando alla gara dimostrativa di chilometro lanciato. Divina Galica iniziò la carriera automobilistica nei primi anni settanta del XX secolo partendo dai kart, fino ad arrivare alla Formula 2 e alla Formula 1. Tra il 1976 e il 1978 s'iscrisse a tre Gran premi di Formula 1 non riuscendo mai a qualificarsi. In seguito corse con buone soddisfazioni nei campionati Thundersports S2000 e nel Truck Racing.
  15. leopnd

    Billy Monger

    La telefonata che gli ha aperto gli occhi e cambiato atteggiamento: quella di Alex Zanardi che gli consigliava di concentrarsi su quello che era rimasto e non su quello che si era perso. Ovvero, Billy Monger doveva pensare al futuro e dimenticarsi il passato in cui aveva due gambe, era un ragazzo normale e dopo l'incidente a Donnington dello scorso 20 aprile, in cui ha perso le gambe in una gara di F.4, era diventato un portatore di handicap. Abbattuto, depresso? Nulla di tutto ciò. Billy lo abbiamo incontrato nei box di Silverstone dove era ospite di Lewis Hamilton e proprio l'atteggiamento del pilota inglese, campione del mondo di F.1, è la cosa che ha stupito maggiormente. Monger è stato ospite di Hamilton per tutto il week end. Sul podio Lewis ha voluto dedicargli la vittoria e ha invitato il pubblico a finanziare le terapie di rieducazione e le cure di cui Billy necessita. Adesso che ha appena compiuto 18 anni, è nato il 5 maggio 1999, Billy è trattato come una star all'interno del paddock, perchè? "E' quello che mi chiedo anche io, in fondo sono solo sopravvissuto a un grave incidente in cui ho perso le gambe. Non mi sembra un granchè per avere tutte queste attenzioni...". E ci ride sopra. Forse perché il suo incidente ha colpito gli animi delle persone, al punto che oltre a Hamilton tutti i piloti di F.1 hanno partecipato alla colletta per le sue cure..."Sì è vero, la cosa ha colpito tutti, forse perché sanno che la mia è una famiglia che non ha tanti soldi, mio padre lavora normalmente come tanti e mia madre è casalinga, oltre a me assiste mia sorella. Non saprei dire, forse perché io sono dall'altra parte della faccenda e la cosa mi pare abbastanza chiara: ho avuto un grave incidente, mi sto curando e tornerò a correre". Una specie di eroe per molti visto come la trattano..."Eh sì, me lo hanno detto in tanti: sei un eroe, sei un mito. Io sinceramente non capisco cosa ci sia di eroico nel dover fare rieducazione motoria dopo un grave incidente, però la cosa mi fa piacere, non lo nego". Hamilton ha detto che ha una forza mentale enorme, che la sua vera energia viene dalla sua testa, dalla grinta e volontà che ci mette ed è convinto che potrebbe fare grandi cose non solo nell'automobilismo ma anche in altri settori..."Sì me lo ha detto spesso sia quando viene a trovarmi sia al telefono. E la stessa cosa me l'ha ripetuta Zanardi. Mi ha chiamato subito dopo l'incidente per sapere come mi sentivo, mi ha dato dei consigli e si è messo a disposizione per darmi un aiuto, specie psicologico. Se penso a cosa ha fatto Zanardi, mi sento sciogliere. Io di sicuro non riuscirò a fare nemmeno una parte di quanto ha fatto Alex. Ma non vi dico quando squillò il telefono a casa e mi disse: ciao sono Alex Zanardi, ti disturbo? Wow!! Forse è vero che la forza è nel cervello, vedrò di applicarla al meglio". Cosa le ha detto Alex? "Una cosa semplice e fondamentale: concentrati su quello che hai adesso, su cosa è rimasto del tuo corpo non a quello che hai perso, perché tanto non potrai cambiare nulla, quindi inutile pensare al passato, concentrati sul futuro che dipende solo da te!". Alla sua età subire un trauma del genere è devastante di sicuro..."Sì ma devi prendere le cose per come vengono. So che non potrò più fare certe cose come prima, correre ad esempio o ballare, anzi no ballavo poco anche prima! Ma mi si aprono tantissime possibilità di fare una vita quasi normale". "A me piace correre, sono un pilota dentro, nel cuore e nella testa, per cui adesso il primo passo è tornare a correre. Voglio disputare la 24 ore di Le Mans nel 2020 con un team ufficiale, ho tempo per prepararmi. Sono stato a giugno in Francia, ho conosciuto Frederic Sausset, il pilota senza braccia e senza gambe che ha già corso e che ha una scuola per piloti disabili. Comincerò ad allenarmi lì, poi a novembre dovrei aver completato il percorso terapeutico e avere le protesi per camminare o stare in piedi decentemente. Ho tutto chiaro nella mente, voglio correre, voglio fare il pilota e anche se ho avuto un incidente, lo sapevo anche prima a cosa andavo incontro. Non avevo previsto questo (e mostra i moncherini delle gambe, ndr) ma faceva parte del rischio che avevo accettato. Ora è successo, bene ora ci diamo da fare per una vita normale e non perdersi tutto quello che di buono ancora c'è e che posso fare". Insomma, mai mollare come prima regola? "Appunto, mai mollare, prendere il buono che c'è e dimenticarsi il resto negativo. Se c'è gente come Hamilton o Zanardi, Button o Alonso che mi stimolano e mi considerano un pilota come loro, ecco il primo obiettivo è non deluderli". E mentre si allontana sulla sua sedia a rotelle, la mamma e il papà ci ringraziano perché tanta attenzione, per gente umile come loro, è davvero incredibile.
  16. leopnd

    Derek Bell

    Derek Reginald Bell (Pinner, 31 ottobre 1941) è un ex pilota automobilistico britannico. Nominato MBE nel 1986 per meriti sportivi, attualmente è commentatore dei Gran Premi di Formula 1 per la televisione americana ESPN. Debuttò nel 1964 con una Lotus Seven, per poi passare alla Formula 3 l'anno successivo, cogliendo la prima vittoria nel 1966 a Goodwood e ottenendone altre 7 nel 1967. Sale in Formula 2 nel 1968, dove si fa notare dalla Scuderia Ferrari, che gli affida la Dino 166 affiancandolo a Ernesto Brambilla, Andrea De Adamich e Jacky Ickx (che però, per regolamento, non prende punti validi per il titolo europeo piloti). Nel 1969 la Ferrari si defila dal campionato durante l'anno e Bell conclude la stagione con la Brabham BT30 - Cosworth FVA della Frank Williams Racing Cars, concludendo al quinto posto. Con una vettura uguale gestita dal Wheatcroft Racing, dopo una combattutissima stagione risoltasi solo alla penultima gara, è vicecampione europeo di Formula 2 nel 1970, alle spalle di Clay Regazzoni, raggiungendo poi la massima categoria delle monoposto. Ma più che per la sua attività di pilota da Formula 1, limitata alla partecipazione a 9 Gran Premi senza risultati di rilievo, Bell è noto agli appassionati per la sua abilità di guida delle vetture a ruote coperte, categoria in cui si cimenta a partire dal 1970, ma che lo assorbe completamente a partire dal 1971. Ha partecipato a molte edizioni del Campionato Mondiale Sportprototipi, fin da quando esso non assegnava ancora il titolo piloti (ma solo quello costruttori), debuttando alla 1000 km di Spa del 1970, ma fece di questa categoria il suo impegno principale a partire dall'anno successivo, quando fu ingaggiato da John Wyer per pilotare le Porsche 917 della sua scuderia dalla caratteristica livrea azzurro-arancio della Gulf Oil Corporation. Con la squadra inglese, nel frattempo riorganizzatasi come Gulf Research Racing Company Ltd., Bell fu uno degli artefici della prima vittoria di una vettura motorizzata Ford Cosworth DFV alla 24 Ore di Le Mans, avvenuta nel 1975 dopo tre anni di sforzi e che gli addetti ai lavori ritenevano improbabile. Bell ha guidato spesso vetture gestite da squadre ufficiali, facendo frequentemente coppia con un altro pilota velocissimo e tra i migliori interpreti delle gare di durata: il belga Jacky Ickx; l'aver avuto a disposizione le migliori risorse gli ha permesso di conquistare il titolo piloti nel 1985 e nel 1986 e ottenendo in particolar modo 5 vittorie alla 24 Ore di Le Mans, di cui quattro a bordo di vetture Porsche (936, 956 e 962). La sua lunga permanenza nel team Porsche che lo ha visto sempre sul podio a Le Mans dal 1981 al 1988, tranne nel 1984, quando la Casa di Stoccarda non partecipò alla gara per protesta contro la Federazione Internazionale dello Sport Automobilistico, che aveva annunciato un repentino cambio regolamentare che ne avrebbe ridotto il margine sulla concorrenza. Negli anni ottanta ha parallelamente partecipato anche al Campionato IMSA negli Stati Uniti d'America principalmente con le scuderie Bob Akin Motor Racing, Al Holbert Racing e MOMO, diventando vicecampione nel 1985, giungendo 3. nel 1984 e nel 1986 e dove, pilotando una Porsche 962, ha vinto 3 volte la 24 Ore di Daytona (1986, 1987 e 1989). Ha terminato la sua carriera di pilota all'età di 52 anni disputando negli Stati Uniti il suo ultimo campionato IMSA nel 1993 con il Team MOMO di Giampiero Moretti e la sua Nissan NPT 90, con cui arrivò 2. a Sebring e colse il 4. posto finale. Bell preferiva correre nelle gare di quel campionato perché ne apprezzava il regolamento, che non imponeva limiti al consumo che forzassero il pilota a limitare il suo agonismo. Dopo aver disputato quest'ultima stagione completa si è dedicato solo alle grandi gare di durata a Le Mans, Daytona e Sebring, gareggiando spesso con team privati e cogliendo come miglior risultato ancora il secondo posto a Sebring nel 1994 con la Spice SE89P e nel 1995 con la Spice SE90, la vittoria di classe con la Porsche 911 GT2 Evo sempre a Sebring nel 1996 e il terzo posto a Le Mans nel 1995 con la McLaren F1 GTR, in questa occasione condividendo la vettura con il figlio Justin e il connazionale Andy Wallace, anch'egli specialista nelle gare di durata.
  17. leopnd

    Peter Gethin

    Peter Gethin ha avuto un giorno di gloria vera. Un giorno soltanto, quello del settembre 1971 che lo ha visto passare per primo sulla linea d’arrivo del Gran Premio d’Italia a Monza. Primo per una decina di centimetri davanti al francese François Cévert, allo svedese Ronnie Peterson, dopo una volata inverosimile. Erano in quattro a battersi per la vittoria, ruota a ruota. Lui, Peter Gethin, era staccato di qualche centinaio di metri ed al massimo avrebbe potuto essere quinto. Non sperava altro, e non poteva sperare altro. Dal gruppetto dei quattro si staccava, a pochi giri dalla fine, quel Chris Amon che forse poteva avere in quella giornata la sua prima vittoria. Amon aveva tolto con la mano la prima delle due visiere che i piloti portavano doppie per poterne eliminare una quando fosse stata troppo sporca di olio e polvere; il gesto però faceva volar via anche la seconda. Rimasto senza protezione agli occhi, Amon doveva rallentare e si poneva tra il gruppetto di testa e Gethin, che era solo. La scia della Matra di Amon «aspirava» la BRM di Gethin, che così guadagnava qualche decina di metri sui primi. Poi era la volta dello svizzero Jo Siffert a staccarsi dal gruppetto, ed a ripetere involontariamente l’aiuto a Gethin, che arrivava quasi a ridosso dei primi. Al penultimo passaggio erano le scie di Cévert e Peterson a risucchiare la BRM. E sulla linea del traguardo, stupefacendo tutti, lui compreso, Gethin riusciva a mettere le sue ruote un pelino davanti a tutti. Quella vittoria, che è rimasta nelle statistiche, ha dato a Gethin una gloria che pur essendo rimasta effimera lo aiutava a mantenersi tra la gente della Formula 1 dove era approdato un po’ a caso. Figlio primogenito del popolare fantino inglese Ken Gethin, Peter Kenneth nasce a Ewell, nel Surrey, il 21 febbraio 1940. Non è mai stato quel che si dice uno studente modello. Lasciata presto la scuola, entrava come venditore e dimostratore presso l’azienda del concessionario Ford del suo villaggio. Inizia la sua Carriera nel Mondo dell’Automobilismo giovanissimo al volante di una Lotus Seven, la macchina allora ideale per le corse dei dilettanti, e successivamente nella Formula 3 Junior inglese con una vecchia Lotus 22. Nel 1966 passa a una Squadra meglio attrezzata, dotata di monoposto di produzione Brabham, e i suoi risultati sono migliori. Grande pilota non lo è mai stato, pur se il suo libro d’oro è pieno di successi. Ha vinto tantissime corse delle formule minori, ed il suo nome è stato ripetuto tante volte grazie al campionato della Formula 5000, una categoria di macchine che era stata ideata dagli impresari inglesi ed americani per offrire spettacoli che potessero passare bene quali surrogati della Formula 1. Macchine e monoposto dotate di potenza abbastanza elevata, ma con motori da 5000 cc derivati dalla serie, motori che costavano poco e duravano. In Inghilterra le corse della Formula 5000 avevano preso piede, e chi aveva una macchina decente poteva ben figurare. La McLaren aveva costruito una macchina un poco migliore delle altre, e Gethin spadroneggiava. Era il suo regno, quello, e vi si trovava bene. Aveva vinto il campionato americano, nel 1969, e quello inglese nel 1970, anno durante il quale correva anche con le macchine della serie Can-Am, mostri dotati di tanta potenza. Alla McLaren, purtroppo, il 1970 era stato un anno disastroso. Bruce McLaren moriva provando sulla pista di Goodwood, in un’uscita di strada che è rimasta mai spiegata. E nelle prove per la 500 Miglia di Indianapolis il neozelandese Dennis Hulme si bruciava le mani. Occorreva un pilota per guidare la vettura di Formula 1, accanto a Dan Gurney, ed era Gethin ad essere chiamato. Peter Gethin debutta in Formula 1 al Gran Premio d’Olanda 1970, disputato sul circuito di Zandvoort, al volante di una McLaren-Ford M14A ufficiale. Con la monoposto inglese, Gethin disputa la seconda parte del Campionato di Formula 1 1970 senza ottenere grandi risultati. A Mont Tremblant, in Canada, il pilota inglese conquista i suoi primi punti iridati giungendo sesto al traguardo. Faceva il suo dovere onestamente, ma senza gran luce. L’anno successivo corse a fianco del pilota neozelandese Denis Hulme al volante della nuova monoposto siglata McLaren-Ford M19A. Ma ancora una volta i risultati si fanno attendere, e mentre Hulme fece segnare buone prestazioni in gara, Gethin continua la Stagione in un lungo calvario segnato da guasti sulla monoposto e incidenti. Fino a che, a metà stagione, alla McLaren decidevano di cambiare i loro programmi. Gethin era stato nel frattempo avvicinato dalla BRM, per la Stagione 1972, ma la politica nuova della McLaren faceva accelerare le trattative. E dal Gran Premio d’Austria Gethin era al volante della BRM. La vittoria di Monza era seguita, qualche mese dopo, da quella nella gara fuori Campionato di Brands Hatch, una corsa convulsa ed interrotta dal grave incidente che costava la vita a Jo Siffert, suo capofila alla BRM. Nel 1972 Gethin trascorre un’ultima Stagione con il Team BRM. Cedimenti meccanici, squalifiche e incidenti lo relegarono in posizioni di rincalzo. Colpa principalmente della monoposto: la BRM P160C consentì solamente al pilota francese Jean-Pierre Beltoise di aggiudicarsi una vittoria al Gran Premio di Monaco. Se si esclude l’eccellente prestazione in Qualifica a Montecarlo, la Stagione di Gethin fu letteralmente un disastro. Riuscì ad agguantare un punticino iridato sempre a Monza dove giunse sesto al traguardo. Qualche buon risultato gli veniva dalla Formula 2 (vittoria a Pau davanti al francese Patrick Depailler) e dalla Formula 5000 alla quale era tornato. Riusciva a vincere, a Brands Hatch, la Corsa dei Campioni, appunto con la Formula 5000, precedendo anche macchine della Formula 1, pur se occorre dire che l’opposizione non era tanto forte. Continuava poi a correre con la Formula 5000 e con le Can-Am, ed aveva una sola ulteriore occasione di salire su una Formula 1, nel Gran Premio di Gran Bretagna del 1974, dove si era vista affidare una macchina della squadra Lola-Embassy diretta dal due volte Campione del Mondo Graham Hill. Ancora qualche gara nel 1977, con la Scuderia del belga conte Van der Straaten e infine la decisione di ritirarsi completamente, pur rimanendo nel mondo delle corse in altre forme. Peter Gethin venne coinvolto più tardi prima nella direzione sportiva della Squadra di Formula 2 del pilota Beppe Gabbiani e più tardi nel Team Toleman di Formula 1 nella Stagione 1984. Dopo, Peter Gethin è pilota istruttore sul vecchio circuito inglese di Goodwood e partecipa ad alcune manifestazioni di auto storiche in Inghilterra. È scomparso nel 2011. all'età di 71 anni dopo una lunga malattia.
  18. 3d per il Gran Premio di Gran Bretagna 2017
  19. leopnd

    Mike Hailwood

    Poteva andare comodamente anche nella sezione Drivers del automobilismo, ma tant'e'... Stanley Michael Bailey Hailwood (Great Milton, 2 aprile 1940 – Birmingham, 23 marzo 1981) è stato un pilota motociclistico e pilota automobilistico britannico. Soprannominato "Mike the Bike" per la sua innata predisposizione alla guida di motoveicoli è annoverato tra i più grandi campioni del motociclismo sportivo di tutti i tempi. Successivamente è passato alle quattro ruote disputando 49 Gran Premi in Formula 1, diventando uno dei pochi uomini in grado di competere nelle serie maggiori sia su moto che in auto. Figlio di Stan Hailwood, il più importante commerciante inglese di motociclette dell'epoca, imparò a guidare in un campo di 8 acri vicino a casa e tracciò una pista ovale causata dal continuo girare. Frequentò il Pangbourne College, ma lo lasciò presto e lavorò per breve tempo nell'azienda di famiglia prima che suo padre lo mandasse a lavorare presso la Triumph Motorcycles. Sposò la coetanea attrice e modella Pauline Barbara Nash, l'11 giugno del 1975, con la quale ebbe due figli. Morì, pochi giorni prima di compiere il quarantunesimo anno di età, a causa di un incidente stradale che coinvolse la sua Rover 3500 e un camion, mentre si recava con i figli a comprare fish and chips per cena. Nel sinistro perse la vita sua figlia Michelle, mentre il figlio David riportò solo lievi ferite. Hailwood spirò 40 ore dopo al Birmingham Accident Hospital e dopo i funerali venne sepolto, con la figlia, nel cimitero parrocchiale di Santa Maria Maddalena a Tanworth-in-Arden, nel Warwickshire. Al suo attivo conta 76 vittorie in motomondiale che lo collocano ai primissimi posti nella classifica dei piloti più vittoriosi. Vinse 9 titoli mondiali: 4 nella classe 500, 2 nella 350 e 3 nella 250. Hailwood corse la sua prima gara il 22 aprile 1957, a Oulton Park, in sella ad una MV Agusta 125 Monoalbero Corsa. Appena diciassettenne, si piazzò all'11º posto, ma cominciò presto a vincere. Così nel 1961, Hailwood iniziò a correre per una poco conosciuta casa giapponese, la Honda. Correndo con una Honda quadricilindrica a quattro tempi da 250 cm³, Hailwood vinse il mondiale classe 250 del 1961. L'anno successivo, Hailwood si legò alla MV Agusta e divenne il primo motociclista a vincere 4 campionati consecutivi del mondiale classe 500. Dopo questi successi con la MV Agusta, Hailwood tornò alla Honda e vinse 4 titoli mondiali nel 1966 e nel 1967 nelle categorie 250 cm³ e 350 cm³. Ma Hailwood è forse più noto per le sue prestazioni al rinomato Tourist Trophy dell'Isola di Man. Dal 1967 ha trionfato 14 volte sul circuito del Mountain, considerata la gara motociclistica più celebre e pericolosa del mondo, dove ingaggiò epiche sfide con l'acerrimo rivale Giacomo Agostini, scrivendo tra le più belle pagine nella storia del motociclismo sportivo. Nel 1968 la Honda si ritirò dai Grand Prix, ma pagò Hailwood per rimanere in aspettativa nell'attesa che la Honda ritornasse alle corse. Ma Hailwood non tornò più alle gare motociclistiche a tempo pieno, avendo scelto di proseguire la sua carriera sportiva nell'automobilismo, fino al 1978, quando tornò al Tourist Trophy. Vinse la TT F1 in sella ad una Ducati e si ripeté nel 1979 vincendo il Senior TT con una Suzuki. La carriera di Hailwood sulle quattro ruote non ebbe gli stessi successi di quella motociclistica, ma fu comunque caratterizzata da alcuni risultati di tutto rilievo. Oltre alla Formula 1, la sua attività cominciò con le formule minori, dove vinse il Titolo Europeo di Formula 2 nel 1972, e si estese alle gare di vetture sport, ottenendo un podio alla 24 Ore di Le Mans. Disputò 50 Gran Premi nella massima serie, a partire dal Gran Premio di Gran Bretagna del 1963. La sua carriera automobilistica terminò in seguito alle ferite riportate in un incidente sul circuito del Nürburgring, al Gran Premio di Germania del 1974. Negli anni sessanta la sua partecipazione fu sporadica, tranne un impegno continuato nel 1964, ma fu a partire dalla fine della stagione 1971 che cominciò la partecipazione in pianta stabile, con la Surtees. Nel 1972, sempre con la Surtees, ottenne il secondo posto al Gran Premio d'Italia, che rimase il suo miglior risultato in carriera, e giunse ottavo in campionato. Dopo un 1973 avaro di risultati, passò alla McLaren per il 1974, andando a punti quattro volte, compreso un podio, fino al momento dell'incidente che lo costrinse al ritiro. Il momento probabilmente più significativo della sua carriera automobilistica rimase comunque legato ad un incidente: nel corso del Gran Premio del Sud Africa 1973, entrò in collisione con Clay Regazzoni, e le due vetture finirono fuori pista, incendiandosi. Mentre Hailwood riuscì ad uscire dalla sua vettura, Regazzoni rimase all'interno della propria, svenuto e bloccato dalle cinture. Il pilota inglese quindi tornò tra i rottami incendiati per liberare il collega dalle cinture di sicurezza e portarlo al sicuro fuori dalla vettura. Per il coraggio dimostrato, gli venne attribuita la medaglia di Re Giorgio, la seconda più importante decorazione al valore civile del Regno Unito e del Commonwealth.
  20. leopnd

    Derek Warwick

    Derek Stanley Harper Warwick è nato il 27 agosto 1954 a Alresford in Gran Bretagna. Inizia a correre con le stock-car e quindi con le monoposto di Formula Ford 1600. Dopo un paio d' anni di Formula 3, nel quale supera piloti del calibro di Nelson Piquet e Chico Serra, passa in F.2 ed al secondo anno, con la Toleman, diventa vice-campione d'Europa di questa categoria. Nel 1981 fa il suo esordio in F1 ma, a causa dell'inesperienza della Toleman, riesce solo a qualificarsi in un GP per poi ritirarsi. Nel 1982, a parte il giro veloce nel GP di Olanda, non riesce ad arrivare mai meglio del 10° posto. Nel 1983 le cose vanno meglio e Warwick, nonostante la poca competitività della sua vettura, va spesso a punti tanto che ottiene un volante in casa Renault. Nel 1984, con la casa francese, Derek arriva due volte terzo (nei GP del Sud Africa e di Germania) e due volte secondo (nei GP del Belgio e di Gran Bretagna). Decide così di restare alla Renault anche nel 1985 ma commette un errore perché la vettura si rivela un disastro e lui non marca che cinque punti. La Renault si ritira dalla F1 e Warwick si ritrova senza un volante. Nel 1986 decide quindi di correre nella categoria Sport e, con la Jaguar, vince a Silverstone. Ha l'occasione di ritornare il F1 lo stesso anno quando va a sostituire lo sfortunato Elio De Angelis alla Brabham. Derek, però, finisce la stagione senza ottenere alcun punto e, per uno soltanto, perde anche il titolo mondiale per vetture Sport. Nel 1987 corre con la Arrows e va a punti in due occasioni e, l'anno seguente arriva quarto in quattro occasioni. Nemmeno nel 1989 arriva la vittoria. Nel 1990 passa alla Lotus. La squadra è allo sbando e Derek riesce ad aggiudicarsi solo tre punti nel mondiale così, nei due anni seguenti, decide di correre solo con le Sport. Vince a Silverstone, a Monza ed al Nurburgring con la TWR Jaguar, poi passa alla Peugot. Con la 905 della casa francese vince ancora a Silverstone, a Suzuka e si aggiudica la prestigiosa 24 ore di Le Mans vincendo anche il titolo mondiale della categoria assieme a Yannick Dalmas. Nel 1993 ritorna in F1 con la scuderia Footwork. La monoposto non è all'altezza ed il miglior piazzamento è un quarto posto in Ungheria. Warwick così lascia definitivamente la massima categoria delle monoposto. Partecipa ancora al campionato turismo britannico con l'Alfa Romeo, ritorna ancora a Le Mans nel 1997 e nel 1998. Oggi è proprietario della concessionaria Honda di Jersey e ha interessi nel mondo dell’edilizia, ma non si è allontanato dal mondo delle competizioni: è orgoglioso Presidente del British Racing Drivers Club, con sede a Silverstone, e Jean Todt lo ha voluto tra i F1 Drivers Stewards.
  21. leopnd

    Martin Brundle

    Martin John Brundle nasce a King’s Lynn, in Gran Bretagna, il 1° giugno 1959. Suo padre, John Brundle, era un corridore acuto e veloce nei Rally e nelle corse di Motociclismo. Spinto dalla passione del padre, Martin iniziò giovanissimo la sua scalata ai vertici dell’Automobilismo Mondiale. Nel biennio 1977/78 Martin Brundle partecipò al volante della Toyota al British Touring Car Championship. Nel 1979 il pilota inglese passò al Campionato Inglese di Formula Ford 1600 dove gareggerà per due anni. L’anno successivo Brundle iniziò ad interessarsi alle Corse di Durata e partecipa al Campionato BTCC sotto le insegne della Squadra ufficiale Audi. Nel 1982 Brundle scalò successivamente alla Formula 3 Inglese nel Team dell’irlandese Eddie Jordan dove, al termine della stagione, si classificò al quarto posto finale. La stagione seguente lo vide lottare con il coltello tra i denti contro il giovane e veloce pilota brasiliano Ayrton Senna Da Silva. Fu una stagione molto combattuta. Senna alternò grandi vittorie a ritiri clamorosi, mentre Brundle guadagnò punti sul pilota brasiliano di gara in gara. All’ultima prova Brundle era in vantaggio per 123 punti contro i 122 di Senna: fu la gara decisiva. A Thruxton Senna conquistò vittoria e Titolo di Campione d’Inghilterra di Formula 3. Gli altri concorrenti, quell’anno, furono soltanto delle comparse. Senna meritò il Titolo, ma bisogna riconoscere che il brasiliano e l’inglese si stimolarono a vicenda per tutta la stagione. In effetti, i due nemici si sono spinti reciprocamente verso la Formula 1. A fine Stagione Martin Brundle fu Vicecampione del Campionato Inglese di Formula 3, e la divisione svizzera della Philip Morris invitò il giovane e promettente pilota inglese a provare una Formula 1 sul circuito di Silverstone. Si trattò di una McLaren-Ford Mp4/1C di cui la Marlboro è lo sponsor principale. Oltre ad Brundle, c’erano il vincitore del Campionato di Formula 3, il brasiliano Ayrton Senna, e un’altra giovane speranza, il tedesco Stefan Bellof. I tre non poterono certo pensare di ottenere con qualche giro un contratto da pilota titolare, ma lo spirito competitivo era comunque alto. Dopo una lunga trattativa, Brundle venne ingaggiato, nonostante la carenza di Sponsor personali, dal Team Manager inglese Ken Tyrrell per la Stagione di Formula 1 1984. Brundle debuttò in Formula 1 al Gran Premio del Brasile 1984, disputato sul circuito di Rio De Janeiro, al volante della Tyrrell-Ford 012. La Squadra del “Boscaiolo” era composta da Martin Brundle e da Stefan Bellof. Dopo una buona Qualifica (18° posto), in gara Brundle arrivò in quinta posizione, quindi in zona punti, nella sua prima corsa in Formula 1. La monoposto, la Tyrrell 012, era una monoposto dalle linee pulite, sottili e leggere. Montava il leggendario motore Ford-Coswoth V8 aspirato che non può certo competere contro i ben più potenti turbo. Ma Brundle si batté valorosamente. Tyrrell fu come un maestro per Martin, cercò di fargli apprendere le tecniche e i segreti della Formula 1, una lezione che non dimenticherà mai. Nel Gran Premio degli Stati Uniti East, sul circuito cittadino di Detroit, Brundle si qualificò in 11° posizione. In gara approfittò dei ritiri di Arnoux, Senna, Mansell, Lauda, Warwick, Rosberg e Alboreto e riuscì a completare la gara in seconda posizione. Ma tutto cambiò improvvisamente due settimane dopo: Brundle si fratturò le gambe in un grave incidente durante le prove del Gran Premio degli Stati Uniti West a Dallas. Il pilota inglese dovette fermarsi in convalescenza durante il resto della Stagione. Qualche mese più tardi la Squadra Tyrrell venne squalificata dal Mondiale per aver utilizzato per tutto il Campionato benzine irregolari aggiunte a sfere di piombo per rientrare nei limiti del peso della monoposto. Brundle venne squalificato e privato dei suoi otto punti conquistati. Nel biennio 1985/86, Martin Brundle rimase legato alla Tyrrell portando la monoposto in zona punti nell’ultimo anno. Brundle ottenne un quinto posto in Brasile (Rio De Janeiro) e Gran Bretagna (Brands Hatch), un sesto posto in Ungheria (Budapest) e un quarto posto in Australia (Adelaide), la sua ultima gara con la Squadra del “Boscaiolo”. La mancanza di sponsorizzazioni indussero Tyrrell a puntare su piloti “con la valigia” e a rinunciare al prezioso Brundle, nome importante della Scuderia inglese. L’anno successivo Brundle, una volta abbandonata la Tyrrell, si legò alla Squadra polacca Zakspeeed firmando un contratto annuale. La monoposto, la Zakspeed 871, si rivelò sin da subito progetto disastroso. Brundle terminò in zona punti solamente nel Gran Premio di San Marino a Imola dove ottenne un miracoloso quinto posto. La scarsa affidabilità e competitività della monoposto indussero il pilota inglese a lasciare la Squadra al termine della Stagione. Nel 1988 Brundle abbandonò temporaneamente la Formula 1 in attesa di una monoposto migliore. Il pilota inglese partecipò al World Sportscar Championship dove si laureò Campione del Mondo. Il pilota britannico vinse la prestigiosa 24 Ore di Daytona con la Squadra TWR al volante di una Jaguar. Brundle instaurò un rapporto di amicizia e collaborazione con il Direttore della Squadra, il pilota scozzese Tom Walkinshaw. Partecipò inoltre, senza ottenere successo, alla 24 Ore di Le Mans al volante della Jaguar. Nello stesso anno, venne chiamato dalla Scuderia inglese Williams per disputare il Gran Premio del Belgio 1988 in sostituzione del pilota inglese Nigel Mansell (ancora sofferente dei postumi dell’incidente di Suzuka 1987). A Spa-Francorchamps, al volante della Williams-Judd FW12C aspirata, ottenne un settimo posto in gara. Brundle decise di rientrare in Formula 1 con la Brabham (Team sul viale del tramonto) per disputare con la Squadra inglese la Stagione di Formula 1 1989. Stupì l’intero circus della Formula 1 con la sua notevole prestazione durante l’intero week-end del Gran Premio di Monaco. Tra gli insidiosi muretti e i tombini di Montecarlo, Brundle si qualificò in quarta posizione e terminò la gara al sesto posto. Al volante della Brabham-Judd BT58 alternò grandi prestazioni in qualifica a mancate partenze (Canada e Francia). Terminò la Stagione con il sesto posto al Gran premio d’Italia a Monza e il formidabile quinto posto al Gran Premio del Giappone a Suzuka. L’anno successivo il pilota inglese abbandona nuovamente la Formula 1 per concentrarsi sulle corse di durata. Brundle fu vincitore della 24 Ore di Le Mans Edizione 1990 al volante della Jaguar in coppia con i piloti Nielsen e Cobb. Con il celebre marchio del giaguaro, Brundle fu secondo alla 24 Ore di Daytona, ottavo nel World Sportscar Championship e terzo nell’IROC. Nel 1991 Brundle ritornò definitivamente in Formula 1 di nuovo con la Scuderia Brabham in coppia con il pilota inglese Mark Blundell. La disastrosa Stagione di Brundle fu da incolpare alla disastrosa monoposto, la rivoluzionaria Brabham-Yamaha BT60Y, progettata dal Direttore Tecnico inglese Sergio Rinland. Brundle terminò in zona punti solamente nel Gran Premio del Giappone a Suzuka dove ottenne un quinto posto. L’anno successivo il Direttore della Squadra Benetton, l’amico Tom Walkinshaw, riuscì ad assegnargli il secondo volante da titolare nella Squadra inglese al posto del giubilato Nelson Piquet. Brundle fece un grande salto di qualità affiancato dal giovane e irruento pilota tedesco Michael Schumacher. Al volante della competitiva Benetton-Ford B192, Martin Brundle divenne un autentico pilota mastino in Formula 1. Confermò le doti e le qualità che erano emerse negli anni precedenti al volante di monoposto poco competitive. Le sue prestazioni in qualifica e in gara divennero un punto di riferimento per i suoi avversari. A partire dal Gran Premio di San Marino a Imola, Brundle divenne pilota fisso nelle posizioni di vertice e segnò regolarmente punti preziosi per la Squadra. Durante la Stagione 1992, la sua miglior annata in Formula 1, conquistò un secondo posto a Monza, cinque terzi posti (A Magny Cours, Silverstone, Suzuka e Adelaide), quattro quarti posti (A Imola, Hockenheim, Spa-Francorchamps e Estoril) e due quinti posti (A Montecarlo e Budapest). In Classifica, Martin Brunlde si piazzò in sesta posizione con 38 punti all’attivo. A fine Stagione, nonostante questi ottimi risultati, la Benetton decise di sostituirlo con il pilota italiano Riccardo Patrese. Nella Stagione 1993 Martin Brundle ebbe contatti a inizio anno con Frank Williams ma passò alla Scuderia francese Ligier in coppia con l’ex compagno di Squadra Mark Blundell. Al volante della Ligier-Renault JS39 (che montava lo stesso retrotreno della formidabile Williams-Renault FW14B), Brundle non sfigurò il confronto con il pilota britannico e fu protagonista di una brillante stagione. Ottenne un sorprendete terzo posto a Imola, tre quinti posti e tre sesti posti. La scelta della Benetton di sostituirlo con il veterano Patrese si rivelò col senno di poi un grave errore della Squadra inglese. Nel 1994 Martin Brundle venne ingaggiato all’ultimo momento dalla Squadra inglese McLaren al posto del pilota brasiliano Ayrton Senna, passato alla Williams. Al volante della McLaren-Peugeot Mp4/9 si aggiudicò un ottimo secondo posto al Gran Premio di Monaco sul circuito di Montecarlo dietro al vincitore Michael Schumacher (Benetton-Ford B194) dopo aver approfittato dei ritiri di Hill e Hakkinen. Durante l’intera stagione Brundle e il compagno di squadra, il finlandese Mika Hakkinen, soffrirono dei continui guasti dell’inaffidabile motore Peugeot V10. Al Gran Premio di Gran Bretagna a Silvertone, il motore di Martin esplose con una gigantesca fiammata al via della corsa. Nonostante ciò, Brundle terminò la sua stagione alla McLaren aggiudicandosi brillanti risultati a punti, tra cui un terzo posto al Gran Premio d’Australia ad Adelaide. Brundle avrebbe gradito restare alla McLaren anche per la stagione successiva, ma la Mercedes-Benz (nuova fornitrice di motori) impose alla McLaren la superstar inglese Nigel Mansell (Campione del Mondo di Formula 1 1992). Brundle ritornò così alla Ligier per la stagione 1995 a partire dal Gran Premio di Spagna a Barcellona. Ottenne due grandiosi risultati come un quarto posto a Magny-Cours e un terzo posto a Spa-Francorchamps dietro a Michael Schumacher e Damon Hill. Nel 1996 Martin Brundle disputò la sua ultima stagione di Formula 1 con la squadra irlandese Jordan Grand Prix a fianco del pilota brasiliano Rubens Barrichello. Nella prima gara della stagione, il Gran Premio d’Australia a Melbourne, fu protagonista di un grave incidente nel quale la sua monoposto si capottò più volte spezzandosi in due tronconi. Brundle uscì illeso dalla monoposto e corse ai box per prendere la vettura di riserva, applaudito da tutto il pubblico. Durante la stagione 1996, portò più volte la Jordan in zona punti. Concluse la sua lunga carriera in Formula 1 aggiudicandosi un quinto posto nel Gran Premio del Giappone 1996 a Suzuka. Peter Sauber offrì un contratto per la stagione 1997, ma in seguito gli fu preferito Nicola Larini. Dal 1997 al 2001, Brundle ha partecipato a cinque 24 Ore di Le Mans (al volante di TWR-Nissan, Toyota e Bentley) collezionando cinque sfortunati ritiri nella corsa che lo aveva visto primeggiare nell’Edizione 1990. Attualmente, Martin Brundle è commentatore televisivo per la televisione britannica ITV, pilota alle manifestazioni di monoposto storiche e Team Manager di alcuni piloti di Formula 1, tra cui il pilota britannico David Coulthard. Suo figlio Alex Brundle gareggia nel Campionato Formula Palmer Audi.
  22. 1949 - Gran Premio di Gran Bretagna Louis Rosier - Talbot-Lago T26C
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