Vai al contenuto

sundance76

Staff
  • Numero messaggi

    9854
  • Registrato

  • Ultima Visita

  • Days Won

    260

Contenuti inviati da sundance76

  1. Sì, '93, ma le qualifiche erano già finite (Berger non se ne era avveduto) e non ci fu urto tra le vetture.
  2. Beh, in effetti per il momento Vettel è ancora padrone del proprio destino. Vincendo tutti i restanti Gran Premi, a Hamilton non basterebbero cinque secondi posti
  3. Ultimi chilometri delle auto da Gran Premio sul circuito malese.
  4. Davano Kimi a 21, volevo metterci un centone. Ma non mi sono fidato.
  5. Proprio così. I Campionati si vincono non con le isolate imprese impossibili, ma vincendo nelle occasioni più favorevoli.
  6. Mi piacerebbe capire se il turbo si è rotto oppure se c'è stato qualche errore nella fase di sostituzione e montaggio.
  7. Io ancora oggi non mi convinco nemmeno della morte di Senna. Quando la mia mente pensa a Senna, per qualche lunghissimo attimo provo la certezza più ovvia che lui sia ancora qui, come lo è Prost, Piquet o altri suoi contemporanei. Poi subentra lo stupore. E parlo di due piloti, Senna e Schumacher, dei quali non ero tifoso.
  8. Sì, però 6 vittorie, o anche meno, su 16 gare spesso e volentieri erano garanzia di vittoria finale, se pensi appunto agli anni col mondiale a 16 gare (più o meno da metà anni '70 a fine anni '90). Poi c'erano comunque alcuni dominii McLaren o Williams, con 9-15 vittorie.
  9. A parte il fatto che il Mondiale lo si può vincere anche con sei-sette vittorie su venti Gran Premi, il mio discorso era comunque leggermente diverso. Non ho detto che la Ferrari per essere normale debba vincere poche gare. Ho detto che anche cinque vittorie (esempio) non sono affatto poche (tanto è vero che quattro vittorie, pasticcio di Singapore a parte, hanno garantito a Vettel la piena lotta per il titolo contro un team che ne ha vinte il doppio).
  10. Le sofferenze ferrariste dal 2009 in poi hanno avuto almeno l'unico merito di far rientrare in una dimensione più consona le valutazioni circa il valore delle vittorie riportate. La sbornia della straordinaria serie di vittorie di Schumacher con la Ferrari aveva fatto perdere ogni dimensione agli appassionati. Vincere 10-15 Gran Premi all'anno non era la normalità, eppure molti si sono convinti che lo fosse. Adesso, si dà grande valore alle quattro vittorie ottenute quest'anno. Ed è un bene. Ricordo un giovane internauta, che schifava con determinata ostinazione ogni cosa fosse accaduta prima della sua età della ragione, secondo cui 6 vittorie su 16 gare erano poche, le considerava "una vittoria ogni tanto". E pensare che negli anni '70, quelli più ricchi di vittorie per la Ferrari pre-2000, 6 vittorie all'anno (su 14-16 gare) erano considerate tantissime. Ma quel tizio le sparava talmente grosse che il mio fegato ancora se le ricorda.
  11. Ora che ci penso nel 2018 anche Didier Auriol compirà 60 anni. Come passa il tempo...
  12. sundance76

    NASCAR 2017

    Facendo violenza al mio istinto che mi suggeriva di desistere, sono andato a leggere i regolamenti di punteggio. Il mio istinto aveva ragione.
  13. sundance76

    NASCAR 2017

    Non oso chiedere il meccanismo attuale di punteggio della Nascar, immagino che mi verrebbe un colpo.
  14. L'intervista di Delli Carri a Rob Walker nel 1997 (Walker morì nel 2002): L'Inghilterra e le corse: qual è il segreto di questo matrimonio così ben riuscito? Penso che il motivo sia che abbiamo cominciato a fare le corse club in quantità maggiore rispetto ad altri paesi, e questo ci ha dato un vantaggio. E' dagli anni '50 che la F1 parla inglese. Non è sempre stato così. Prima della guerra l'Italia e la Germania dominavano il mondo delle corse. Nel dopoguerra noi non avevamo auto da Gran Premio che potessero competere con le Alfa Romeo Alfetta. Abbiamo cominciato con Cooper che costruiva piccole monoposto quasi senza telaio e con motori da motocicletta, e grazie a una competizione bollente sono venuti fuori piloti come Peter Collins e Stirling Moss. Il vantaggio era che loro correvano tutto l'anno, probabilmente al ritmo di una corsa ogni settimana, e la Formula 3 di 500 cc era una macchina perfetta per imparare a guidare. Così, dopo qualche anno, l'Inghilterra si trovò ad avere dei buoni piloti. Mancavano le macchine, però, e fu per questa ragione che molti piccoli costruttori cominciarono a costruire piccole macchine da corsa per partecipare alle tante gare club che venivano organizzate. Io non penso che in Italia ci fossero molte gare club, all'epoca, sebbene ci fossero invece grandi gare e grandi piloti. Almeno fino al 1954, quando la Germania tornò alle corse: e fu allora che i nostri piloti dimostrarono cosa avevano imparato nelle gare club. Anche lei è stato pilota, ma solo prima della guerra: perché? Durante la guerra ero pilota da caccia, una cosa realmente pericolosa. Quando mi sposai, la guerra non era ancora finita e mia moglie mi disse: “Se mi vuoi sposare, devi promettermi che non correrai più in auto”. Il tasso di mortalità nella mia classe di leva era molto elevato, tanto che alla fine delle ostilità sopravvivemmo soltanto in 26 su 260 piloti. Quando promisi a mia moglie che non avrei più corso, in realtà non ci avevo riflettuto troppo a lungo: in quei momenti non pensavo che avrei mai più visto una corsa, e ovviamente che non avrei più guidato una macchina da corsa. Alla fine della guerra possedevo la più veloce vettura Sport della Gran Bretagna, ma non potevo guidarla a causa della promessa fatta a mia moglie. Così cercai un pilota per la macchina, e trovai Tony Rolt, che prima di incontrare me era stato un corridore di ruote scoperte. Lo incoraggiai affinché guidasse una macchina Sport, e lui mi incoraggiò affinché facessi correre una monoposto di Formula 1. Egli vinse la 24 Ore di Le Mans con la Jaguar e allora decidemmo di correre con le monoposto a ruote scoperte. All'epoca, però, non si poteva comprare niente. Presi una vecchia Delage, una macchina magnifica, assolutamente superba, ma di vent'anni prima. Vincemmo qualche gara club, fino a che un giovane farmer, un certo Connaught, cominciò a costruire macchine da corsa e io comprai uno dei primi esemplari. Era una Formula 2. Nel 1953 si correvano i Gran Premi con le vetture di Formula 2 e noi facemmo molto bene con questa macchina. Partecipammo a 24 meeting, e in ogni meeting c'era più di una corsa: vincemmo 17 corse e arrivammo sette volte secondi o terzi. La Connaught era molto buona e nel Gran Premio di Gran Bretagna ci inserimmo tra le Ferrari e le Maserati fino a meno di venti giri dalla fine, quando si ruppe un semiasse: finalmente una macchina inglese era allo stesso livello delle italiane. Poi Connaught presentò la sua nuova monoposto, la tipo B, e io ne comprai una. Tony Brooks la guidò a Siracusa e vinse la corsa: era la prima volta che una macchina inglese vinceva un Gran Premio dai tempi di Segrave, anni 1923-'24. Questa vittoria attirò l'attenzione del mondo dei Gran Premi sull'Inghilterra. A quel punto io chiamai Peter Collins per guidare la mia prima Connaught, e capii di avere incontrato un vero pilota professionista: insieme vincemmo molte corse. Fu allora che Cooper creò la monoposto a motore posteriore che più tardi avrebbe debuttato in Formula 1. Fu poco dopo, nel 1956. John Cooper ebbe l'idea di mettere un motore per azionare pompe, il Coventry Climax 1500, su uno dei suoi piccoli telai. A quel tempo il mio pilota era Reg Parnell e quando la Cooper venne fuori io gli dissi: “Reg, cosa ne pensi?”. E lui rispose: “Penso sia grande, Rob. Comprane una. E ti dico un'altra cosa: il meccanico di Moss, Alf Francis, ha litigato con Stirling e lo ha lasciato. Prendilo”. Così comprai la terza Cooper costruita e presi Alf Francis con me. Ma questa fu una cosa molto difficile, perché Alf diceva che non voleva più partecipare alle corse, che non era più interessato. Gli dissi: “Ho comprato una casa in campagna e lì avrai tutto ciò che ti serve per occuparti delle mie auto da corsa”. A questo punto lui si interessò alla cosa e venne. Fu un successo, perché Tony Brooks nel '57 vinse otto corse sulla mia macchina, mentre le Cooper ufficiali ottennero solo sette vittorie. Era il tempo della guerra di Suez, e si sapeva cosa sarebbe successo se gli americani avessero preso il Canale: sarebbe stata una pessima cosa per l'Inghilterra, non ci sarebbe stata più benzina, soprattutto non ci sarebbe stata più benzina per le corse. Proprio in quel momento, era il '57, John Cooper ebbe l'idea di prendere la sua Cooper-Climax Formula 2 1500 cc e di dotarla di un motore di maggiore cilindrata, 1860 cc, per farla partecipare alle corse di Formula 1, nelle quali la cilindrata massima consentita era 2500 cc. John mi disse: “Pagherò io tutte le spese per sperimentare questo motore. Stiamo rischiando di non avere più corse in automobile: tanto vale rischiare un po' di soldi e vedere cosa succede”. Io ricevetti il primo e unico motore 1860 cc e, come si sa, si continuò a correre nonostante la guerra di Suez. Montammo questo motore sulla Cooper-Climax, rinforzando il telaio e aggiungendo serbatoi laterali di maggiore capienza. Tony Brooks era il mio pilota. Ci furono molti problemi con il cambio, perché stavamo usando un cambio derivato dalla Citroën che non era abbastanza resistente, ma il comportamento in curva di questa macchina a motore centrale era realmente magnifico, ed era talmente leggera che sembrava che le Ferrari, le Maserati e le BRM la dovessero fare volare fuori strada. Andammo a correre a Silverstone: non era un Gran Premio, ma Tony Brooks fece la pole position. In gara si ruppe il cambio, però io ero ancora sicuro che fosse una macchina vincente. A Goodwood, ultima corsa della stagione, alla fine delle prove venne da me Stirling Moss e mi disse: “Sto pensando di comprare una Formula 2 per il prossimo anno, ma non so ancora se sarà una Lotus o una Cooper: posso provare la tua Cooper?”. Invece della Formula 2, Alf tirò fuori la Cooper Formula 1, la 2 litri. All'esterno erano identiche, tanto che non si poteva dire quale fosse la Formula 2 e quale la Formula 1. Stirling fece un primo giro di riscaldamento, poi un giro lanciato, quindi rientrò ai box. Nel suo giro veloce fece registrare il nuovo record sul giro del circuito. Ovviamente fu molto impressionato dalla macchina, anche quando scoprì che era la Formula 1. Nel 1958 cambiò il regolamento e si doveva utilizzare benzia avio al posto delle miscele di alcool. Le compagnie petrolifere investirono molti soldi nelle corse, perché cercavano pubblicità. Noi eravamo soddisfatti, perché ricevevamo tanti soldi senza dare nulla in cambio. Alf lavorò molto duramente all'inizio dell'inverno, e molto bene, per adattare il motore della Cooper alla benzina Avio. Stirling Moss aveva firmato per la Vanwall, che si era dimostrata molto veloce ma poco affidabile, e mi aveva chiesto di correre per me in Formula 2. E fu proprio Moss a vincere per lei il Gran Premio d'Argentina 1958 sulla piccola Cooper davanti alla Ferrari di Luigi Musso… A gennaio ero in Svizzera, e lì ricevetti un telegramma del manager di Stirling Moss. Diceva: “Stirling vorrebbe guidare la tua Cooper nel Gran Premio d'Argentina, perché la Vanwall non sono pronte”. Le macchine di Vandervell erano molto indietro nell'adattamento del motore alla benzina Avio. Io fui contento della proposta di Stirling, però non sapevo come mandare la macchina laggiù, visto che allora le auto si mandavano in Argentina con la nave e la nave era già partita. Saputo che avrebbero potuto avere Stirling Moss, gli organizzatori promisero che avrebbero pagato il trasporto aereo per la macchina, il pilota e due meccanici, così partimmo. Quando la macchina venne tirata fuori dall'aeroplano, gli argentini diventarono matti: “Noi abbiamo pagato tutti questi soldi per questo? Non è nient'altro che un giocattolo”, dissero. Erano davvero molto arrabbiati, ma nelle prime prove fu Stirling il più veloce. Credo che qualcuno pensò allora che fosse un giocattolo alquanto pericoloso. Quella notte Stirling, che era sposato da poco, ebbe una discussione con sua moglie e lei gli ficcò un pollice in un occhio, rendendolo praticamente cieco da un occhio. Stirling fece il secondo turno di prove con un solo occhio, e finì al settimo o all'ottavo posto in griglia. Mezz'ora prima della gara, il dottore lo esaminò e tolse il bendaggio: Stirling ci vedeva abbastanza, per cui gli venne dato il permesso di correre. La Cooper era così leggera che poteva frenare molto più tardi rispetto alle Ferrari e alle Maserati, così dopo la prima curva Stirling era già terzo. Doveva solo stare attento al cambio, che infatti al secondo giro si ruppe e lo lasciò con la terza sempre innestata. Per continuare a correre, Stirling dovette usare molto la frizione, che si bruciò. Si trovava quindi con il cambio in terza e senza frizione, ma giro dopo giro recuperava. Prima andò in testa Hawthorn su Ferrari, poi Fangio su Maserati, che però perse molto tempo per cambiare le gomme. Moss prese la testa. L'unico problema che ebbe fu la Ferrari che cercava di raggiungerlo, ma anche la Ferrari doveva fermarsi a cambiare le gomme, mentre la Cooper non doveva farlo perché le sue gomme duravano un giorno intero tanto la macchina era leggera. Alf Francis, che era molto intelligente, mise fuori il cartello con l'indicazione di rientrare ai box per cambiare le gomme, ma Stirling sapeva perfettamente cosa significava, perché sapeva che la Cooper non doveva fermarsi ai box per le gomme. Alla Ferrari invece credettero che anche la Cooper dovesse farlo, e dissero al loro pilota di mantere il ritmo, perché pensavano che avrebbero passato Moss quando egli sarebbe rientrato ai box. Così Musso smise di fare pressione su Moss. Ci rimasero così male quando, a due giri dalla fine, Musso era 2”4 da Moss! Ma Stirling guidò al limite, superando la soglia di sicurezza: all'ultimo giro aveva 2”5 di vantaggio e al traguardo 2”7. Che cosa provò nell'essere protagonista di un evento tanto importante nella storia dell'automobilismo? Il mio era il primo team privato che vinceva un Gran Premio di Formula 1. La gente non smetteva di parlare di questo, a casa, e i giornalisti non smettevano di fare squillare il mio telefono. Tutti però dicevano che il merito della vittoria era stato di Stirling Moss. Però al Gran Premio successivo, Monaco, Stirling dovette tornare alla sua Vanwall e io presi Maurice Trintignant per guidare la mia Formula 1. Trintignant era un pilota brillante sui circuiti come Monaco: tutte le cose che gli inglesi odiavano, come i muri o i marciapiedi che potevano ucciderti, a Trintignant piacevano; era così preciso nello sfiorare i muri, giro dopo giro, che faceva impressione. Al 47° giro andò in testa: dietro aveva Musso che cercava di prenderlo, ma non seriamente, infatti al traguardo recuperò solo venti dei quaranta secondi di vantaggio che Trintignant aveva su di lui. Una macchina iscritta privatamente aveva vinto, con due piloti diversi, i primi due Gran Premi della stagione! Il resto dell'anno facemmo abbastanza bene, ma non vincemmo più Gran Premi. Trintignant guidò in Formula 1 e Moss in Formula 2, categoria nella quale vincemmo parecchie volte. Poi ci fu Casablanca, alla fine della stagione, dove morì Lewis-Evans… Io conoscevo Vandervell molto bene, e penso che si sia sentito colpevole della morte di Lewis-Evans: perché se lui avesse avuto Lewis-Evans davanti a Hawthorn, Stirling avrebbe vinto il Campionato del Mondo. Penso che Vandervell abbia spinto Stuart oltre i suoi limiti. Questa è soltanto la mia personale visione dei fatti, e tra l'altro non è mai stata scritta. Penso che questo fu ciò che accadde, e Vandervell fu così toccato dall'incidente che fece tutto ciò che poteva fare per salvare Stuart: lo portò in Inghilterra con il suo aereo personale, lo mise in una clinica specializzata nella cura delle ustioni che durante la guerra aveva assistito numerosi piloti da caccia bruciati. Ma dopo una settimana Lewis-Evans morì. Vandervell disse soltanto che avrebbe smesso di correre. Stirling venne da me e mi disse: “Posso correre con la tua Formula 1?”. Stirling non era riuscito a vincere il Campionato del Mondo negli ultimi quattro anni, e ora voleva vincerlo. Disse: “Però ci vuole un cambio adatto”. Ordinammo a Colotti, a Modena, un cambio per la nostra Cooper, ed egli ne preparò uno stupendo, magnificamente disegnato, ma poco robusto: credo sia stato uno dei pochi cambi sbagliati da Colotti. A Monaco nel '59 eravamo in testa con 69 secondi di vantaggio: 69 secondi! E al 82° giro il cambio si ruppe. Prima che il Campionato finisse, vincemmo in Portogallo e a Monza. E battere le Ferrari a Monza fu qualcosa di magnifico. Nell'ultima corsa dell'anno, il Gran Premio degli Stati Uniti, se Stirling avesse vinto e avesse fatto il giro più veloce, avrebbe vinto il Campionato, ma mentre era al comando si ruppe il cambio. Trintignant, che stava guidando la seconda macchina, fece segnare il giro più veloce e arrivò secondo per sei decimi dietro Brabham… Qual era il suo sogno in quegli anni? Vincere il Campionato del Mondo. Stirling era tanto in gamba, ma fu Hawthorn a vincere il Campionato nel 1958. Non penso che Stirling ci rimase troppo male, perché lui cercava sempre la competizione più grande che potesse trovare: ecco forse perché venne a correre per noi. Un giorno, lui che aveva corso per la Mercedes, mi disse che la differenza tra Neubauer, direttore sportivo della Mercedes, e me era terrificante: con me si viveva una vita amabile, con Neubauer era come essere in prigione, non si poteva bere birra né vino, per esempio. Noi eravamo una famiglia felice. Eravamo un piccolo team privato nel quale tutti erano felici insieme. Quando il matrimonio di Stirling andò in crisi e marito e moglie si lasciarono, lui era così dispiaciuto che decidemmo che avremmo smesso di correre tutti assieme. Andammo nella mia casa di campagna e mia moglie si prese cura di lui. Gli disse che aveva bisogno di un hobby, e gli propose di dipingere: in un fine settimana egli dipinse un vaso con della frutta dentro, e fu così bravo che il Daily Express venne e fotografò sia il dipinto sia il vaso di frutta vera, e tu non potevi vedere la differenza. Mio moglie lo tirò fuori dal suo umore triste e così Stirling decise di tornare a correre. Le corse per lei sono state un lavoro o un hobby? Non completamente un lavoro. Io avevo già un lavoro, ma volevo fare qualcosa con le macchine, perché adoravo le belle macchine. Ho perso molto denaro per farlo, ma avere un piccolo team, il migliore del mondo, mi ha tenuto occupato, molto occupato. Non ci ho fatto dei soldi, ma alla fine sono stato molto contento. È più importante vincere o partecipare? Bisognerebbe partecipare per vincere. Comunque, il motivo della partecipazione è ottenere la vittoria. Mi parli di Mike Hawthorn: era un angelo o un diavolo? È difficile per me parlare di Mike Hawthorn, perché si è ucciso quasi davanti a me. Devo stare attento, molto attento a quello che dico. Mike Hawthorn era un amico. Non un amico particolarmente stretto, ma noi eravamo abituati ad andare ai party e a divertirci assieme. Posso dire che Stirling Moss era un professionista, Hawthorn no. Mike non aveva molta cura delle macchine. Una volta gli prestai una delle mie macchine per partecipare a uno speedtrial. Io la guidai subito dopo di lui, ma alla fine del chilometro di gara accadde una cosa molto strana: la macchina tirò improvvisamente a sinistra, e feci fatica a rimetterla dritta. Tagliata la linea del traguardo, scoprii che non avevo più trazione. Bene, entrambi i semiasse erano rotti, perché lui si era accanito sulla macchina al punto da romperli. Ecco: questo era Mike Hawthorn. Non gliene fregava niente. Era un good friend, good party man, una persona molto piacevole. Il suo modo di salutarti era: “Let's have a beer”. E Peter Collins? È stato differente da tutti gli altri. Con lui ci si divertiva molto, le donne lo adoravano, perché aveva un gran bell'aspetto, ma era molto più serio, molto più professionale di Hawthorn. Non andava mai fuori la notte prima della gara, non faceva cose così. Fu un buon amico per me, e guidò le mie macchine. Che tipo di pilota era, Collins? Era uno che non prendeva rischi stupidi. Era un guidatore molto bravo. Io non so se egli commise un errore al Nürburgring, quando morì, ma lui e Hawthorn stavano spingendo molto forte per raggiungere Tony Brooks. Mike era probabilmente più veloce, Peter più affidabile, e direi anche più sensibile. Mi tolga una curiosità: qual è l'origine del soprannome di Trintignant, “Petoulet”? Maurice aveva una Bugatti 35 GP e durante la guerra la nascose in un granaio coprendola di fieno, affinché i tedeschi non la trovassero. Dopo la guerra si tenne una gara a Parigi, una delle prime del dopoguerra. Maurice arrivò con la sua Bugatti, ma si ritirò. Vinse la gara Wimille, che andò da Maurice e gli chiese: “Cos'è successo?”. E Maurice: “Se la petoulet”. Petoulet significa escremento di topo. I topi erano finiti nel serbatoio, durante la guerra, e i loro escrementi intasavano i carburatori. Da allora venne chiamato Petoulet. Come definirebbe il coraggio? Andare vicino al limite. Ma non ne sono sicuro, perché è una cosa personale. Ho incontrato molte persone coraggiose, ma essi non provavano alcuna paura. Il loro coraggio forse era stupidità. Direi che ci sono due tipi di coraggio: uno quando combatti e vinci la paura, l'altro quando vai avanti senza pensare a niente. Qual è stato il pilota che ha apprezzato di più fra quelli che ha incontrato nella sua vita? Sono stati due. Stirling Moss, che adoro e che ancora oggi è un grandissimo amico con il quale facciamo delle cose assieme. E Jo Siffert, l'ultimo dei grandi corridori che non si prendevano cura di quello che facevano, che cioè uscivano per un party la sera prima della corsa e il giorno dopo guidavano la macchina vicinissimo al limite. Inoltre, Jo Siffert faceva ciò che io gli dicevo, mentre Stirling mi insegnava: da Moss ho imparato, e quello che sapevo l'ho poi insegnato a Siffert. Stirling Moss diceva sempre una cosa: “Quando sei in testa a una corsa, quello è il momento di andare piano. Ma quando devi superare qualcuno, è il momento di andare al massimo”. Ricordo che a Siracusa ci fu una corsa terrificante che non dimenticherò mai: Siffert sulla mia macchina, Jim Clark sulla Lotus, Surtees sulla Ferrari. Un duello pazzesco. Dopo la gara, Clark mi disse: “Siffert e Surtees si passavano l'un l'altro, affrontavano le curve fianco a fianco, a tavoletta. Io non farò mai questo”. Bisogna dire che fu proprio Clark che vinse la corsa, dopo che Siffert e Surtees uscirono di strada. Come racconterebbe l'ambiente delle corse di allora? Eravamo tremendamente amici, eravamo un gruppo affiatato, facevamo una vita molto divertente. Che cos'è l'ambizione? Non so che cosa sia. Che cosa fa di un pilota, un campione? La concentrazione assoluta. La concentrazione che serve per fare di ogni giro, il miglior giro. Certo deve anche essere molto coraggioso e molto intelligente. Stirling Moss era tutto questo. Quanto conta la fortuna nella vita di un uomo? Potrei dire molto. Ma se si guarda alla storia di Fangio, quando c'era un incidente egli ci passava in mezzo e se ne andava, mentre gli altri restavano bloccati. Mi racconta la storia dell'unica Ferrari Formula 1 blu della storia? Quella che Stirling avrebbe dovuto guidare ma non guidò? Sì. All'epoca non avevo una macchina con cui competere ad alto livello e la Ferrari nel 1961 era stata così competitiva che Stirling andò da Ferrari e gli chiese di noleggiargli una macchina che lui avrebbe iscritto alle corse con il mio nome e che avrebbe verniciato con i miei colori. Ferrari, che aveva una grande considerazione di Moss, disse che andava bene. Purtroppo subito dopo Stirling ebbe l'incidente che pose fine alla sua carriera. Comunque Ferrari mandò la macchina in Inghilterra e noi la facemmo anche correre, pure se in una corsa sola: la guidò Innes Ireland. Comprammo anche due 250 GT, con le quali vincemmo tutte le corse a cui ci iscrivemmo. Ma io non le amavo. Perché? Probabilmente erano troppo potenti. Quando schiacciavi davvero il piede sull'acceleratore, la macchina sbandava. Stirling amava queste cose, io no. Perché le sue macchine erano color blu profondo con una striscia bianca? Perché io amavo questo colore. E poi perché il blu e il bianco sono i colori della Scozia. Lei è di origini scozzesi? Johnny Walker, il creatore dell'omonimo whisky, è mio trisavolo. Io faccio parte della famiglia Johnny Walker. Infatti il suo nome è Johnny Ramsey Campbell Walker. Tutti nomi molto scozzesi. Ma penso che l'origine del mio nome sia italiana, perché Cambell viene da Campobello. Come definirebbe Enzo Ferrari? Ai miei tempi, se Ferrari non era in gara e noi vincevamo, io non la consideravo una vera vittoria. Il mio unico interesse era battere Ferrari. Una volta, negli anni Sessanta, David Piper, amico sia mio sia di Ferrari, alla fine di un pranzo ha chiesto a Ferrari se gradisse del whisky. Lui ha risposto: “Sì, ma non Walker”. Penso che sia stato il re delle corse automobilistiche. La Formula 1 di oggi è ancora un confronto tra gentlemen? No. Una volta era sport, oggi è una macchina per fare denaro. Io con la Formula 1 ho soltanto perso del denaro, sempre
  15. sundance76

    Rob Walker

    Forse non tutti sanno che la Cooper e la Lotus, cioè due scuderie storiche e importantissime per le innovazioni tecniche che hanno introdotto in F1, vinsero i loro primi GP non grazie alle loro proprie forze, bensì tramite un team privato che acquistava da loro le vetture!! Il team in questione era quello di Rob Walker, facoltoso gentiluomo scozzese, ex pilota dell'aviazione britannica (la celeberrima RAF), nonchè rampollo della famiglia proprietaria del marchio "Johnny Walker", il whisky che in anni recenti si è visto anche come sponsor della McLaren-Mercedes. Dicevo della Cooper: ebbene nel 1958, Stirling Moss aveva firmato per la Vanwall, ma questa non aveva macchine pronte per il primo GP, in Argentina. Allora Moss chiese a Walker di partecipare con la sua Cooper appena acquistata, e così vinse il GP davanti a Musso, segnando l'inizio della fine per le vecchie auto a motore anteriore. Al GP seguente a Monaco, il team privato di Walker rivinse, stavolta con Trintignant. L'anno seguente, 1959, la Vanwall si ritirò, e Moss firmò per la squadra di Walker, che gli metteva a disposizione le macchine più disparate: Cooper, Lotus, persino Porsche. Moss era sempre il più veloce in pista, ma il cambio della sua auto era fragile. Moss vinse in Portogallo e in Italia, e all'ultimo GP può vincere il titolo, ma quando è in testa alla corsa il cambio si rompe di nuovo, e il titolo va a Brabham. Nel 1960 Moss è vittima di un gravissimo incidente a Spa, diserta molte gare, il titolo è largamente di Brabham che fa il bis (bisognerà attendere l'85-86 di Prost per rivedere una doppietta iridata consecutiva), ma Moss, stavolta con una Lotus, vince due GP (i primi per la Lotus..) e arriva terzo in campionato. Nel 1961 la Ferrari domina, ma Moss sempre al volante della Lotus privata di Walker batte le rosse a Monaco e al Nurburgring, laddove il manico del pilota può avere la meglio sull'inferiorità tecnica. Forse oggi non ci si riesce a rendere conto della portata di queste imprese, compiute da un pilota che correva con un team privato usando le auto di team ufficiali, spesso battendoli e addirittura ottenendo vittorie prima che le squadre ufficiali ci riuscissero. Infatti la Cooper "ufficiale" ottenne la prima vittoria a Monaco '59, quando Walker ne aveva già vinte due con la stessa auto. E la Lotus di Chapman vinse per la prima volta al GP USA '61, quando Walker con Moss ne aveva già vinti 4.... Purtroppo nel 1962 Moss è costretto a ritirarsi dalle corse in seguito a un gravissimo incidente. Nel prosieguo degli anni '60 la lotta divenne più dura, durissima per Walker, con piloti come Bonnier e Siffert e vetture ormai decadute come le Cooper, ma c'è ancora un ultimo periodo felice: nel 1968 Walker riesce a convincere Chapman a vendergli una Lotus 49 per farla guidare a Siffert, svizzero molto bravo ma al quale nessuna squadra ufficiale offriva mai un'auto. Ma durante una messa a punto in officina, un incendio divora la Lotus distruggendo anche molti cimeli storici custoditi da Walker nel locale. Un parente molto ricco di Walker mette mano agli assegni e Walker può riacquistare un'altra Lotus 49. La stagione '68 inizia male con tanti ritiri. A luglio c'è il GP di Gran Bretagna a Brands Hatch. Nelle prove le Lotus ufficiali di Hill e Oliver vanno forte, ma anche Siffert "va" e parte in seconda fila. In gara le due Lotus ufficiali si ritirano mentre sono in testa, e quindi Siffert si trova leader davanti alla Ferrari di Amon: due piloti ancora senza vittorie iridate. La lotta è entusiasmante, ma sulle rampe di Brands dopo le curve il V8 di Siffert ha più accelerazione del V12 Ferrari, Amon cerca di non mollare, ma alla fine cede, e Siffert va a vincere il suo primo GP con la Lotus "blu-Scozia" di Walker. Per Walker è una grande giornata, non vinceva dal '61 dai tempi di Moss. Siffert fa anche la pole position all'ultimo GP stagionale in Messico: al primo giro si invischia ed è ottavo, ma in pochissimi giri con una rimonta eccezionale è primo!!! Buca una ruota, perde ben 2 giri al box, rientra dodicesimo, rimonta un intero giro e finisce sesto a 1 giro: impressionante!! Nel 1969 l'ottimo Siffert ottiene un terzo posto a Monaco e un secondo posto in Olanda, ma i tempi sono cambiati: con l'avvento degli sponsor non c'è più spazio per i privati e Walker non può più essere competitivo come una volta. Siffert nel '70 va alla March, Walker allora ingaggia Graham Hill, licenziato da Chapman dopo il grave incidente al Glen '69: Hill arriva subito sesto al primo GP in Sudafrica, e poi è ottimo quarto in Spagna (il giorno del rogo, incruento, di Ickx), ma a fine stagione Walker si fa assorbire dalla scuderia di Surtees. E' la fine dell'avventura dell'unico vero privato della F1 che batteva gli ufficiali. Il team di Walker vinse ben 9 Gran Premi validi per il Campionato Mondiale.
  16. Gran Premio di Monaco 1935, lo schieramento delle Mercedes W25B di Caracciola, Fagioli e von Brauchitsch. Monopolizzeranno la prima fila, ma von Brauchitsch non farà neppure un giro (rottura del cambio), Caracciola romperà una valvola al 65° giro. Vincerà la Mercedes superstite di Luigi Fagioli, 100 giri in 3 ore e 24 minuti, autore anche del giro più veloce.
  17. Negli anni '50, il Campionato Mondiale era composto di sei-sette corse. Tra gennaio e giugno si correvano tutte, meno una, posticipata verso fine estate. Le Mans quindi era la penultima, spesso decisiva.
  18. Mi sembra assurdo un campionato dalla periodicità calcistica...
  19. Purtroppo negli ultimi otto Gran Premi la Ferrari ha raccolto una sola vittoria. Al di là degli episodi giustificanti, è un trend sottotono.
  20. Diciamo che c'è una prevalenza tecnica a favore delle Mercedes, ma che probabilmente essa è meno ampia rispetto a quanto indicano le statistiche stagionali.
  21. Fino alla fine degli anni '80 praticamente nessuno tagliava in diagonale quando sbagliava la partenza. La paura di innescare un incidente era enorme, con lo spauracchio del fuoco e della minore sicurezza. Negli ultimi trent'anni quest'attitudine è invece progressivamente aumentata, e purtroppo è stata sempre ammessa. Il guaio è che tagliare in diagonale stringendo l'avversario, anche se non ci si fa più male, è comunque un modo per aumentare esponenzialmente le probabilità di finire subito la gara.
×
×
  • Crea nuovo...