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Elio11

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  1. È un avvio di campionato anomalo per noi. Stavolta, a differenza della scorsa stagione, sulla carta avevamo la squadra più completa dell'intero campionato, ormai temprata caratterialmente, inutile nascondersi. Su Inzaghi, un po' mi pronuncio a caldo, anche perché è prematuro capire i veri motivi dietro alle ennesime prestazioni incolori dei giocatori quanto a grinta e voglia di affermarsi. Quando il nostro ago della bilancia, Brozović, sembra essere tornato quello svogliato e anarchico del pre-Spalletti, la situazione diventa molto preoccupante. È quasi sicuramente una questione di preparazione, l'apatia affligge tutti, e i plurimi infortuni in un arco temporale molto ristretto stanno a marcare la cosa, ma forse c'è dell'altro. La svogliatezza, la mancanza di fame è qualcosa che deriva dall'appagamento e dalla mancanza di abnegazione o da certi condizionamenti dovuti alla vicende del calciomercato appena terminato (es. Skriniar su tutti, perché in due anni, sono quasi riusciti a cederlo per la terza volta) o dall'assillo del pareggio di bilancio, aggravato dall'insolvenza di Digitalbits, o dallo stordimento per come è sfumato l'ultimo scudetto, però si ha l'impressione che qualcosa di grosso all'interno dello spogliatoio, a livello di gestione, sia avvenuto. L'idea che uno spettatore  si fa dall'esterno è che l'allenatore abbia perso carisma e non venga assecondato dal gruppo, quanto semmai, per certi versi, temuto. Questo fatto della spada di Damocle delle sostituzioni sta diventando una barzelletta, e i giocatori con questa paura sono assillati dalla paura di mettere la gamba durante il gioco, venendo mortificati al momento del cambio, una sentenza quando si è ammoniti. L'episodio di ieri è stato grottesco, al di là del fatto che Bastoni e Mkhitaryan stessero giocando con molta imprecisione. Da un certo punto di vista, alcune scelte in corsa, in teoria, non sarebbero state nemmeno malvagie (Dimarco "creatore" di gioco alla Perišić, Gagliardini a contenere, sperando in un calo fisico dell'Udinese, De Vrij a fare rifiatare Acerbi, questi a corto di preparazione estiva con la Lazio, Correa dentro perché Dzeko e Lautaro hanno dato l'ennesima prova di non avere molto affiatamento assieme), ma non hanno funzionato nemmeno lontanamente, anche perché tatticamente ci sono stati — e questo è avvenuto pure nelle partite precedenti, — troppi esperimenti tattici: per dire, in novanta minuti, la difesa è stata cambiata quattro volte, con in più ben tre sostituzioni su cinque a diversificare gli uomini del comparto difensivo. Una frenesia che ho compreso in parte visto che alla quinta sostituzione eravamo ancora sull'1-1! Anzi, il non avere più l'attaccante "lottatore" a centrocampo ha lasciato una squadra che correva il doppio di noi ancora più libera, e il centrale olandese ci ha affossati con giocate dubbie in occasione della seconda e della terza marcatura.

    Questa è la prima vera stagione in cui tutto avrebbe dovuto essere farina del sacco di Inzaghi; al contrario, dopo il primo mese di calcio giocato, i commenti non possono essere benevoli. L'anno scorso, Inzaghi mi aveva sorpreso in positivo per come aveva affrontato una situazione ben più critica dando prova di essere un buon motivatore, quest'anno non iniziamo per niente bene, anche perché reitera quegli errori commessi in passato, dando l'impressione di non avere fiducia nei giocatori e nelle sue stesse idee. Ripeto, le partite sono tante e ravvicinate, ma le sostituzioni devono avvenire con criterio, contestualizzandole, tenendo in considerazione alcuni indici: le criticità della partita in corso, i momenti, l'apporto del giocatore da sostituire nell'economia della partita (la prestazione offerta e quello che presumibilmente avrà da offrire fino al termine), il ruolo svolto, la considerazione che ci siano giocatori portati sistematicamente a commettere il fallo per via del loro ruolo e altri che non corrono tale pericolo, e la tenuta mentale del giocatore. Sono semplici regole che tutti gli allenatori seguono, e sono talmente ovvie che non ci sarebbe nemmeno bisogno di specificarle perché le capiamo anche noi da casa, però Inzaghi sembra non curarsene. Per dire, Barella, appena preso dal Cagliari, il primo anno, fece un fallo netto nei primissimi minuti di una partita e venne ammonito: io pensai, ecco, probabilmente sarà il primo sostituto (magari, appena dopo l'intervallo, magari oltre, non avrei potuto dirlo), invece Conte lo tenne per tutti i novanta minuti e il giocatore non giocò eccessivamente accorto ma neanche in modo scriteriato per farsi ammonire una seconda volta. Così, si inculca la mentalità del vincente in un giocatore, concedendogli quella fiducia cui ho accennato, per "tenerlo sul pezzo". Invece, in questo momento, siamo molli, senza fiato, e con i reparti separati quando il livello dell'avversario sale un pochino.


    La Juventus, credo, paghi molto di più l'avere fatto una campagna acquisti scellerata, nonostante la stampa sia stata miope durante quest'estate, trascinando i lettori a credere il contrario. L'anno scorso aveva un centrocampo debole ed è riuscito a peggiorarlo qualitativamente. Hanno ristrutturato ottimamente la fase offensiva, sia in ottica futura (Chiesa, Vlahovic) che pensando all'immediato presente (Di Maria), discretamente la difesa (le preferenze di Bremer sono nel senso della difesa a tre e, infatti, deve ancora adattarsi a certi movimenti), ma non hanno nomi che diano sicurezza in mezzo al campo. Schierare ragazzi di belle speranze e senza una previa esperienza nel palcoscenico della Serie A o in altri campionati di primo livello in qualità di scelte obbligate in altre zone mi ha lasciato di stucco. Credevo che il loro obiettivo, realmente, fosse qualificarsi alla Champions, ma, di certo, non mi aspettavo un avvio così a rilento anche per loro. L'allenatore avrà le sue colpe, ma equamente ripartite con la dirigenza. A differenza delle altre squadre, i soldi da spendere li hanno avuti, ma lo hanno fatto male.

    A proposito di squadre in lizza per i primi posti, a inizio campionato davo per spacciate l'Atalanta e il Napoli, reputandole prive di motivazioni e in alto mare. Non so se gli orobici possano definitivamente rialzare la testa, hanno però dalla loro la mancanza di impegni europei e questo potrà giocare a loro vantaggio. Volevo, invece, sottolineare, per quello che si è visto finora, quanto gli osservatori del Napoli abbiano fatto un vero capolavoro nel sostituire i loro vecchi idoli con giovani rampanti sconosciuti. Hanno ricreato dal nulla delle ottime basi su cui lavorare. Assieme al Milan sono stati i migliori a operare sotto il profilo dello scouting. Ieri sera ho visto la partita: il Napoli ha sì vinto, ma dall'altra parte ho visto una squadra che si muoveva all'unisono, come una fisarmonica, quando salivano alti e quando rimpiegavano in difesa, e che dava l'impressione di una superiorità atletica netta, insomma quello che l'Inter è stata fino a dicembre dello scorso anno.

  2. Il risultato è "bugiardo". Dopo un primo quarto disastroso a vedere il punteggio — merito dei francesi che infilavano incredibilmente una tripla dopo l'altra —, un'Italia ordinata ha dominato il terzo quarto e amministrato il vantaggio accumulato nell'ultimo. Se non fosse stato per qualche errore di troppo in attacco in un paio di "giochi da due" (prima Polonara, poi Spissu), i quali avrebbero garantito un potenziale margine di sicurezza, sarebbe finita in tranquillità. A diciannove secondi dalla fine, è arrivata la mazzata che ci ha disunito psicologicamente. Il potenziale +4 è stato gettato alle ortiche con due tiri liberi sbagliati e i francesi hanno agguantato i supplementari. Da lì in poi, per noi, non c'è stata quasi più storia. Abbiamo lottato con le unghie fino all'85-83, poi il crollo quando abbiamo concesso vari tiri liberi consecutivi. È stata una bella prova di carattere, a ogni modo. Sinceramente, non riponevo molte speranze in questa nostra Nazionale, invece ...

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  3. Belli i tempi in cui le vetture senza conduttore venivano parcheggiate in tutta tranquillità, con i piloti ritirati intenti a bivaccare a bordo pista. Sono discorsi anacronistici, certo, e in più, raffrontare i pericoli nascenti fra le velocità raggiunte in un cittadino e in una pista veloce come Monza non sarebbe proprio esatto, però è per dire che, oggigiorno, insorgono, in modo artefatto, concitate frenesie ed eccessivi isterismi quando qualcuno decide di lasciare la propria carcassa vicino a coloro che sono ancora intenti a correre.

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  4. Per continuare la serie dedicata ai medici musicisti, Claudio Dadone, ora urologo, si accompagna con il concittadino (Lo)Renzo Marino. Nei primi anni settanta, i due esecutori cuneesi partecipano a delle manifestazioni canore nel meridione, proponendo melodie strumentali. A fine '74, a loro si aggiunge Salvatore Settis, e il trio assume il nome definitivo, "Portici", in onore della città piemontese. I componenti decidono di proseguire, con le chitarre, sulla strada delle composizioni senza né voci né testi. Il loro è un finger picking coloratosi di suoni e atmosfere mediterranei. Tentano, così, il grande salto: si recano a Roma, sperando di essere accolti al Folkstudio, ma per una coincidenza non ci riescono, dunque, si esibiscono nel cuore di Roma senza troppo entusiasmo da parte astanti, infine incontrano un emergente cantautore romano, Stefano Testa, che decide di farsi arrangiare i brani del proprio album di esordio dai tre volenterosi. In fase di registrazione, il produttore di Testa, si accorge della bontà del loro estro e decide di lanciarli con un disco tutto loro, inciso in un solo giorno nel 1976 e messo sul mercato nella primavera dell'anno seguente. Qualche porta inizia ad aprirsi: a loro è dedicata la programmazione di un programma radiofonico della RAI, e, per di più, giunge l'occasione di registrare il secondo album, "Chitarre". La musica alternativa proposta dai tre è apprezzata dai circuiti "alternativi" televisivi, quelli privati, e varie emittenti della regione d'origine e non, iniziano a parlarne. Arriva il 1980, e con l'avvento del nuovo decennio la decisione di allargarsi, accogliendo altri tre elementi in squadra. Si comincia a lavorare sul terzo album, si registra qualche pezzo ma ... i giovani sono decisi ad assicurasi un futuro più solido con i rispettivi studi, universitari e al conservatorio. A malincuore, si rinvia il completamento della lavorazione dell'LP a data da destinarsi. Però, non mettono in conto che gli anni giovanili sono quelli più ferventi, tutto è in fermento e gli interessi e le prospettive possono mutare nel giro di pochi mesi. È così che le nuove, magari spiacevoli o mal accolte inedite esigenze, predisposte prepotentemente dalle loro vite, portano il sestetto a sciogliersi repentinamente. A distanza di tanti decenni, i loro dischi sono diventati merce preziosa e rara per i collezionisti. Qui sotto, il brano d'apertura di "Chitarre", "Una mattina d'inverno", pubblicato da un membro del gruppo.

     

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  5. Primario del reparto di chirurgia al "Santo Spirito" di Roma, abruzzese di nascita (Penne, verso Pescara), perugino di formazione universitaria, plasmatosi cantautorialmente a Roma, Domenico “Mimmo” Locasciulli si è palesato in questi decenni come uno dei migliori cantautori usciti dal "Folkstudio" degli anni settanta per il garbo e la musicalità  della voce, la profondità e la polivalenza dei testi. Ha cambiato più volte genere (partendo dal beat di cui non ci restano prove tangibili), prono a dilettarsi in una continua ricerca, e coerente con il proprio proposito di percorrere la propria strada senza curarsi del successo di pubblico: lui stesso si è definito spesso, senza falsa modestia, un musicista dilettante, rivendicando essere l'altra la sua vera professione. Ha raggiunto una certa notorietà al grande pubblico a metà degli anni ottanta, quando, ha allacciato rapporti con Ruggeri e ha partecipato alla "boutique" sanremese — come lui più volte l'ha definita —, senza rimanerne entusiasmato. In questi anni, lancia Kunstler, altro poco noto colto cantautore, diventato il paroliere di Cammariere negli anni Novanta, producendo e arrangiandone il l'album di debutto.

    Quanto ai lavori di "Mimmo", quelli del 1975 e del 1977, “Non rimanere là” e “Quello che ci resta”, quelli più scarni, dove predominano gli arpeggi della chitarra classica e lo stridore dell'armonica, a mio parere, possono essere annoverati fra le migliori produzioni nostrane di sempre e sono uno a cui non piace fare classifiche. Mi pare proprio che l'etichetta "Folkstudio", omonima del famoso locale da cui è partito quasi per caso, debuttò proprio con "Non rimanere là". Nell'album del 1985, quello che contiene il pezzo portato a Sanremo (“Buona Fortuna”), è presente anche una reinterpretazione di “Caterina”, la canzone di De Gregori, contenuta in “Titanic” e dedicata a Caterina Bueno, con arrangiamenti e strumenti tipici di quella stagione musicale, una versione che trovo più gradevole dell'originale. Stessa personale sensazione accade con la versione di De Angelis de  “La Casa di Hilde” di De Angelis (album “Il tuo cuore è casa mia” del 1977), anche se in questo caso, è naturale che chi abbia scritto il testo, e addirittura vissuto in prima persona l'episodio descritto, sappia "appoggiare" le parole con la lentezza più opportuna,  è come se ci fosse una maggiore cautela nel farle arrivare al meglio all'orecchio dell'ascoltatore.


    Qui sotto il brano di apertura dell'ottimo LP del 1987 "Clandestina", molto lontano dal suo primo stile anche con riguardo alla strumentazione usata:

     

    Girando per la rete (sito rockol.it) ci si imbatte in questo curioso aneddoto riportato da "Il Messaggero" e risalente al 1998. Ho tentato di appurare nell'archivio della testata se corrispondesse al vero ma il servizio è a pagamento:

    Il "Messaggero" riferisce dell'incidente avvenuto a Mimmo Locasciulli, caduto dalla moto: «Si è fratturato una gamba in un incidente stradale e mezz'ora dopo, nonostante il dolore e il piede che si gonfiava a vista d'occhio (tanto che non si può ancora ingessare) ha deciso di andare ugualmente al lavoro: doveva operare una paziente. E così ha fatto, resistendo per ben quattro ore in sala operatoria. (.) L'episodio è avvenuto venerdì scorso all'ospedale San Carlo di Nancy. (.) "Non ho fatto niente di particolare - minimizza Locasciulli - ero in condizioni di operare la signora e l'ho fatto. Avevo una motivazione fortissima per farlo, malgrado avessi un piede rotto: quella donna si era affidata a me. Però, mi creda, questo afflato umano che sembra una rarità, nella sanità è quasi una consuetudine». Il quotidiano spiega anche che a rivelare l'episodio, per segnalare il gesto di Locasciulli, è stato il marito della paziente.

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  6. È stato un bel derby, complimenti al Milan. Non vedevo i rossoneri così pronti mentalmente ad affrontarci da molte stagioni a questa parte. Le vittorie accumulate nei recenti anni mi erano parse dovute perlopiù a demeriti dell'Inter. Io sono piuttosto amareggiato per via dell'involuzione della fase difensiva dei nostri (mancanza di filtro del centrocampo, marcature perse inspiegabilmente, anticipi mancati, leggerezze nei passaggi non calibrati etc ...). Si era palesata già dalla fase di pre-campionato — l'unica partita tranquilla era stata quella contro gli spezzini —, però non saprei dire se sia cagionata dalle tappe  (o dai metodi) della preparazione atletica o dalle situazioni esterne di natura societaria che si stanno ripercuotendo sulla concentrazione in campo. Sicuramente si stanno acculumando un po' troppi svarioni, e non solo oggi, alcuni conclusi con segnature a nostro sfavore, altri fortunatamente no. Mi è piaciuta la lettura della partita in corso da parte di Inzaghi, i cambi hanno funzionato a dovere. Molti, laziali e interisti, si sono sempre lamentati di questo aspetto del tecnico. Altre cose positive di oggi sono state le mancate sostituzioni dovute alle previe ammonizioni, le belle azioni che, comunque, abbiamo creato e la volontà di rivalsa. È vero, quest'ultima si è vista a sprazzi, soprattutto all'inizio, però il fatto che si sia volatilizzata dopo il pareggio, per ricomparire dopo il 3-1, mi fa pensare che questo tipo di spinta mentale non sia stato supportato appieno da altro che non saprei individuare con esattezza. Forse la partenza del supervisionatore Pintus e del suo gruppo di lavoro, capaci di far vincere la Champions a un Real Madrid godente di poco credito, inizia a farsi sentire. In tutto questo questo, ovviamente, non dimentico i giocatori schierabili essere pressoché gli stessi degli anni scorsi — con in più ottime rotazioni nei ruoli in cui eravamo latenti —, quindi va pure detto “grazie” alla bistrattata proprietà. Speriamo sia solo una piccola crisi di assestamento, anche se non si sa mai.

    Non per volere alzare un polverone, però sono rimasto perplesso sulle decisioni arbitrali riguardanti i presunti falli di Theo Hernandez. Mi riferisco non al siparietto con Dumfries che ha portato all'ammonizione di entrambi, bensì ai due episodi del secondo tempo.

    PS: l'Elio11 in versione Europeo 2020 (2021) mi ha chiesto di gentilmente di fare una capatina, si immagina che il Bayern troverà una bella preda da azzannare e da conciare per le feste vista la situazione tesa.

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    Il primo collaudo a Hethel, domenica 10 luglio 1983, qualche giorno prima dell'inizio delle prove libere di Silverstone. La fotografia, presa dalla rivista del Team Lotus di quegli anni, è purtroppo sgranata. La vettura di Ducarouge venne presentata in quella che veniva definita la consueta "Festa natalizia" della scuderia, festeggiata in estate in quanto era stata rimandata, dopo la morte di Chapman nel dicembre del 1982. La festicciola si tenne sabato a Norwich, nella residenza di Warr e consorte. Verso mezzanotte, la monoposto venne smontata e spedita a Hethel, dove, in mattinata, Elio fece, appunto, qualche giro. Ancora non era stato completato il secondo telaio per Mansell. Qualche lieve modifica fece saltare la tabella di marcia: era stato programmato un collaudo a Donington per il lunedì, ma venne posticipato al giorno seguente. Così facendo, martedì si poterono portare entrambe le 94T. Qui, Elio ebbe ottime prime sensazioni, corroborate dal fatto che, qualche giorno dopo, avrebbe quasi fatto la pole position nel gran premio casalingo. Comunque, qualche piccolo intoppo sorse lo stesso, perché a Donington entrambe le macchine furono fermate da anomalie al sistema di carburazione. Perciò, ci si incamminò in serata verso Silverstone con questo punto interrogativo. Il mercoledì, giunti a Silverstone per il gran premio, la prima cosa fu risolvere questo problema e, a questo scopo, venne impiegata tutta la mattinata per aggiustare il telaio di Elio, mentre l'intero pomeriggio venne dedicato a quello di Nigel. Ora, la prima vettura sembrava risanata, ma quella di Mansell continuava ad avere problemi. Al termine delle prime prove ufficiali, quelle del giovedì, venne fatta una comparazione, facendo lavorare il motore di Nigel con il sistema elettrico di Elio, così da potere circoscrivere le indagini all'impianto elettrico. I fastidi per l'inglese continuarono fino all'inizio della gara, perché non riuscì a compiere neanche un giro il giovedì mattina (prove non cronometrate), e lo stesso dicasi per il giovedì pomeriggio (qualifiche) e il venerdì mattina (ancora prove libere). Dovette ricorrere alla sua 93T. Anzi, durante la notte fra giovedì e venerdì, questa 93T venne smontata e l'impianto elettrico di essa montato sulla 94T. Fecero una telefonata a Mansell, che diede il via libera ed Elio prestò il consenso a lasciare andare molti dei componenti della propria squadra di meccanici con lo scopo di aiutare negli accertamenti. Il venerdì mattina, però, il problema si ripresentò. Allora, Mansell, non potendo usare più la propria 93T, nell'eventualità che le indagini sulla 94T/2 si fossero prolungate, chiese in prestito quella di Elio. Fece bene, perché nove ore dopo i meccanici ancora stavano in alto mare. Venerdì sera – la gara si sarebbe corsa il sabato –, Steve Hallam chiese aiuto a Colin Day, ricercatore dell'Istituto tecnologico di Cranfield, dalle parti di Bredford. Insomma, vennero vagliate ancora più accuratamente le parti incriminate e i due giunsero alla conclusione che si trattasse di un problema di cablaggio. L'unica possibilità di scampo fu affidarsi a dei piccoli ma affidabili fornitori del Norfolk, Tony James e Chris Goodwin, i quali con una corsa contro il tempo, si misero in opera per soddisfare la commissione in tempo per il warm-up del sabato mattina. Ecco, fu una settimana molto movimentata. Ebbe una conclusione agrodolce e a sorpresa. Elio si ritirò dopo due giri per un problema di cui si andarono cercando le cause per settimane; Mansell partito dal fondo, giunse quarto e fu festa grande. Un po' tutti, soprattutto gli avversari, avevano capito che con la 94T la Lotus sarebbe tornata ai propri livelli.

     

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  8. Però, se, per esempio, Ascari avesse totalizzato zero punti tanto in Olanda che in Italia, e Farina, in entrambe le gare, nove, ragionando con il sistema degli scarti — quindi, computare i quattro peggiori risultati, comprendendovi le mancate partecipazioni — avremmo avuto Farina a 30 (dovendosi togliere tre 0 e un 6) e Ascari a 27 (Belgio, Francia, GB e Germania). Quindi, dopo il Gran premio tedesco, non si aveva ancora questa certezza matematica del titolo di Ascari. Seguendo lo stesso ragionamento, Farina sarebbe stato premiato anche senza il punto aggiuntivo del giro veloce in Olanda e in Italia (28 contro 27).

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  9. Girando per Youtube in cerca di qualcosa dell'Europa dell'Est, mi sono imbattuto in alcuni gruppi emergenti che suonano un post-punk molto simile alle sonorità della seconda metà degli anni ottanta, tanto che, in origine, non conoscendoli, ho pensato fossero lavori dell'epoca riportati alla luce dopo anni di oblio. Invece, è un rifiorire risalente a questi anni. Comunque, al di là di questo, durante la ricerca, mi è stato consigliato fra i video, quello della canzone “Silhouttes”, il contenuto sonoro del quale ha a che fare con ciò che dovrebbe essere, secondo le etichette affibbiate negli anni novanta, un soft-punk o indie. Sono un gruppo emergente, i "Funny Games", di San Pietroburgo (non di Leningrado, perché la canzone è del 2020 😅). Facendo una rapida ricerca, sembra abbiano realizzato solanto un EP di quattro canzoni e questo singolo, che, a sua volta, contiene un altro pezzo ma strumentale. Ovviamente, il tutto è in cirillico, quello russo, compreso il nome del gruppo, il titolo e il testo della canzone. Con il servizio di traduzione di google — si fa quel che si può — si tenta una traduzione, e il risultato sembra interessante, sperando sia esatto: The walls laughed behind the tiles,/ in black traces of cigarette burns./ We left all the old tortures/ and moved on in search of new ones./ With a childlike grin, lantern lips/ spit snow at the silhouettes of passers-by,/ silent sewer pipes/ through the overflow of frozen earrings./ Morning will play on the edges of the boulevards,/ blues of crowded sleeping areas./ Someone's smile on the glass composition./ Someone's attempt to achieve something else.

     

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  10. Sulla passione musicale, Elio si dilungò in un'intervista rilasciata al giornalista Keith Bosford alla vigilia di Dallas, intitolata "Nuances", e pubblicata sulla rivista "Grand Prix International" nel numero 85/1984. Ho cercato di tradurre il testo dall'inglese con qualche interpretazione libera (in corsivo).

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    Una delle asserzioni che Elio ha sempre fatto riguarda la sua volontà di scrivere musica, allorquando avrà appeso il casco al chiodo: non si tratta di un’inclinazione comune fra i piloti. Ai tempi dello sciopero a Kyalami, Bruno Giacomelli figurava come l’intrattenitore del gruppo, ma era Elio a rivestire i panni del musicista. “Ho studiato molto in tenera età,” ci racconta “da bambino, fino a otto anni, mi sono applicato con il pianoforte. In seguito, non ne ho potuto più di stare in calzoni corti e andare a fare pratica nei palazzi d’epoca, e ho lasciato stare. Poi, ho ripreso le vecchie abitudini con il piano, all’epoca avevo dodici anni, tuttavia non mi sono mai perfezionato nel suonarlo. Quando cominciai a interessarmene di nuovo, le mie attitudini viravano verso il blues, con delle ricadute nella musica classica. Vedi, ho smesso quando un mio insegnante (ndr o “la mia insegnante”) mi udì una volta mentre stavo suonando Brahms a tempo di blues, e inscenò una commedia! Come mi stavo permettendo di distruggere cotanta musica!”

    Come ama dire sempre, non gli aggrada eseguire le composizioni altrui. Più di ogni altra cosa, gli piace suonare il proprio repertorio, una forma di improvvisazione. Potrebbe farlo in via professionale? Gli sono pervenute offerte in tal senso: “Preciso che mi hanno contattato solo per via del mio nome, non per la bontà della mia musica”. Ha pronte delle cassette, ma “Non mi sento ancora pronto. Mi coinvolgerebbe troppo. Ho intrapreso la carriera con le corse, e le due faccende non vanno d’accordo fra loro”. Inoltre, non è abile nello scrivere musica. Ciò che spazia da Ray Charles a Stevie Wonder è nelle sue corde, a orecchio. Se le sue orecchie riusciranno a sopravvivere al rumore emesso dai motori (ndr “, della sua carriera nella musica se ne parlerà in futuro”). Avrebbe anche voluto intraprendere  molte altre attività “Molte, troppe,” tira un sospiro “volere correre può apparire un orizzonte riduttivo, ma la verità è che farlo è sempre stata la sola cosa per il cui avveramento ho lottato. Sin da quando ho imparato a ragionare e pensare, è sempre stato l’unico scopo che ho voluto fortemente perseguire. Così, continuo a lottare, anche se ora come ora mi piace meno. Bene o male, mi sono ‘affermato’. Quando ero alle prime armi, era puramente un divertimento, e mi appariva prettamente uno svago”.

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  11. Visto che ci siamo, mettiamo anche qualcosa di "Headland", l'album degli SLAG che preferisco, per i miei gusti il più compiuto e il penultimo con la loro etichetta storica, la Midnight Music, che chiuse i battenti l'anno seguente (non vorrei dire una sciocchezza ma mi pare di avere letto che “Threehouse poetry” fu proprio l'ultimo LP pubblicato). Anche se le loro opere più conosciute sono “Epic Garden Music” e “Feeding the flame”, pur assolutamente interessanti, i miei gusti personali mi portano a considerare i loro primi album ancora troppo ancorati alle sonorità punk pure. Dopo lo scioglimento e la ricostituzione nel 1986, anno in cui cambiarono molti elementi della formazione, uscirono “The Mirror Test” nel 1987 e gli altri due ultimi lavori prima della grande pausa, meno scarni e meno ritmati, più melodici, sempre con testi riflessivi e malinconici. Per me, rappresentano una sorta di triade, anche se l'ultimo è quello meno solido e il primo sembra quasi volersi essere una sorta di commiato al modo in cui avevano interpretato il post-punk. Ne metto un paio, anche se l'intero album merita almeno un ascolto, compresa "Life kill us", brano eliminato senza pietà nella ristampa di fine anni novanta, quando decisero di accorpare le canzoni del 1990 e del 1991 in un unico CD:

     

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  12. Stavolta pesco nei meandri del post-punk della metà degli anni ottanta, più precisamente gli olandesi The Gentry, da non confondere con altri gruppi che portano o portavano lo stesso nome (quelli irlandesi della “beat generation”, o gli statunitensi dell'Oregon e i The Gentrys del Tennessee). Pubblicarono tre lavori fra il 1984 e il 1987, tornando attivi a distanza di molti anni, nel decennio appena trascorso. Volendo scegliere alcune canzoni per rappresentarli — non ho mai ascoltato l'album del 2010 — virerei su "Solitary" del 1986, un lavoro che mi pare musicalmente parlando abbastanza maturo, anche se venato da toni mesti e cupi, più esattamente un paio del lato A: “The desert” e “Mutual distrust”, la traccia di apertura.

    Uno dei componenti potete trovarlo attivo su Youtube con il nome di "LaurensVredevoort". Nella sua pagina ci sono alcuni spettacoli dal vivo.

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  13. Qualche giorno fa sono incappato in un vecchio gruppo australiano della prima metà degli anni ottanta, catalogato sotto la dicitura "new wave", i The Expression. Come spesso è accaduto a vari gruppi di quell'epoca, la cui originalità non venne promossa adeguatamente dalle rispettive etichette, anche questi artisti di Sidney ebbero problemi con la casa discografica, e riuscirono, pertanto, a produrre solo un paio di album, per di più con alcuni cambi fra il primo (1983) e il secondo (1985). Nel loro caso, c'è pure da dire che la Mushroom Records, seppur controllante gran parte del mercato australiano, andava limitando il proprio raggio di azione a quegli angusti confini. Quindi, quando arrivò il momento di fare un tentativo oltreoceano e sfondare nel mercato nordamericano ci si affidò alla A&M che li trattò con un po' con sufficienza. Loro stessi non avevano raggiunto risultati molto soddisfacenti nel loro paese natio con il rilascio del primo lavoro. Nel loro album di debutto, quello omonimo, datato 1983,  c'è la terza traccia che mi ha colpito in modo particolare, perché mi è sembrata una canzone che ha delle assonanze con alcuni brani contenuti nell'album "Headland" dei Sad Lovers and Giants, questo pubblicato sette anni più tardi. Fu rilasciato anche come singolo:

     

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  14. Stavo leggendo in un numero di Autosport del gennaio 1983 che l'accordo con la Benetton, ufficializzato il venerdì precedente all'uscita della pubblicazione, datata tredici gennaio, fu procurato con la mediazione di Nanni Galli, definito amico stretto di Luciano Benetton. Comunque, viene scritto che le intenzioni della Benetton fossero di rimanere in Formula Uno per almeno tre anni (forse, furbescamente si è evitato di scrivere ‘necessariamente con Tyrrell’) e che la Benetton era stata sul punto di accordarsi con la Brabham, in quanto c'erano state frizioni con la Parmalat. 

    Modifico il messaggio per aggiungere che nel numero successivo è scritto chiaramente che il Ken sarebbe stato patrocinato per un solo anno con un'opzione per un'altra stagione.

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  15. 43 minuti fa, sundance76 ha scritto:

    Gran parte del casco di Pironi era bianco.

    Il dubbio sorge dal fatto che la fotografia è stata pubblicata altrove con l'indicazione che si tratti di Gilles. Credo sia opera di qualche fotografo amatoriale. In più, ho scritto di condizionamenti dovuti ai riflessi, in quanto, studiando questa fotografia di Pironi, scattata sempre in Belgio (a proposito, è molto interessante per dare un'occhiata al posteriore dettagliato!) è possibile notare come, da una angolazione simile, possano essere scorte da dietro quelle decorazioni blu tipiche del casco del francese. Al contrario, nella immagine di cui sopra, sembra non ci sia traccia di qualche colore che vada a sporcare la nivea luce. 

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