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  1. Oggi è scomparso il grandissimo Nino Vaccarella, il "Preside volante", fuoriclasse delle competizioni di durata tra gli anni '60 e '70. Cerco di onorarlo postando una sua bella intervista realizzata da Danilo Castellarin su "Auto d'Epoca" nel 2002.
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  2. potremmo anche fare un pezzo sul sito volendo...
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  3. GLI INIZI DI UN BINOMIO LEGGENDARIO "Il mio primo incontro con Caracciola ebbe luogo nel giugno 1923 quando collaudammo la nuova Mercedes “21” a 4 cilindri, sovralimentata, che sviluppava non meno di 120 cavalli. L’aveva progettata Porsche e fu la prima di una lunga serie di auto da corsa. Eravamo tutti troppo eccitati dall’ottimo esito dei collaudi e dalla prospettiva di vincere la Targa Florio del 1924 per dedicare attenzione al giovane dall’aspetto di ragazzino che veniva a presentarsi con una raccomandazione della nostra succursale di Dresda per diventare una nuova recluta della nostra scuderia di piloti. Ma ricordo che mi sorpresi a pensare, non senza irritazione, che avremmo dovuto avere a che fare con questo pivello, mentre avevamo dei piloti come Lautenschlager, Salzer, Werner – e, naturalmente, me stesso, Alfred Neubauer. Durante i mesi successivi, il giovane Caracciola fu impiegato come venditore nella nostra succursale di Dresda e fu autorizzato a partecipare occasionalmente ad alcune corse minori della domenica e alle corse in salita. Lo faceva molto bene ma, nell’attesa della Targa Florio che si avvicinava, le vittorie della nostra giovane recluta di 22 anni passarono un po’ inosservate. La grande corsa – a quell’epoca era l’avvenimento principale della stagione agonistica internazionale – ebbe luogo il 27 aprile 1924 con una calura insopportabile. Fu un successo trionfale per il Dottor Porsche e la sua nuova Mercedes sovralimentata. Christian Werner vinse, Lautenschlager si piazzò decimo nella classifica generale e io fui quindicesimo, ma avevamo ottenuto i primi tre posti della nostra categoria e avevamo vinto il premio riservato alle squadre. Stoccarda ci riservò un’accoglienza delirante. Sfilammo tra i ruggiti delle nostre vetture da corsa attraverso le strade tappezzate di bandiere e di ghirlande. Porsche fu nominato Dottore Honoris Causa dall’Istituto Tecnico di Stoccarda e, per quel che mi riguardava, ero più che mai convinto che la gloria e la fortuna mi attendevano nei panni di un pilota da corsa. Ma “la rupe Tarpeia è nei pressi del Campidoglio”. Nel settembre 1924, alla corsa del Semmering, vicino Vienna, salii ancora una volta sul sedile di destra di una macchina da corsa, determinato a mostrare ai miei amici austriaci quello di cui ero capace. La corsa del Semmering era quella che oggi chiameremmo una gara di velocità in salita. La strada saliva tramite vari tornanti per sette miglia attraverso le montagne, i piloti partivano uno alla volta. Era una corsa contro il tempo. Non avevo mai preso le curve così dolcemente. Alla fine ero così esausto che mi ci vollero cinque minuti abbondanti per uscire dalla macchina, ma il mio tempo, 7 minuti, 34 secondi e 4/10 sembrava virtualmente imbattibile. Poi arrivò Christian Werner. Prendeva le curve in dérapage con un colpo d’acceleratore in una maniera che trovai molto sgradevole. Non era certamente il mio stile. Il suo tempo fu di 6 minuti, 55 secondi e 6/10! Anche il veterano, Salzer, era stato più rapido di me a alla fine dovetti accontentarmi del quinto posto. Quando dissi alla mia ragazza, Hansi, che qualcosa doveva essere andato in tilt nei cronometri, lei rispose seccamente: - C’è solo una cosa che non va, Fred. Gli altri piloti correvano come dei folli, e tu come … un guardiano notturno. Cominciai allora a sospettare che dopotutto non ero forse destinato a diventare un grande pilota. I miei sospetti furono confermati alcune settimane più tardi. Ci preparammo per il Gran Premio d’Italia sul nuovo autodromo di Monza. Dividevo la camera in un piccolo albergo molto spartano con il giovane Caracciola che era stato autorizzato a partecipare per fargli fare la prima esperienza come pilota di riserva. Cercai di metterlo a suo agio in un ambiente per lui nuovo. - E’ qualcosa che non dimenticherai mai - gli assicurai - gli Italiani sono matti e ci saranno almeno centomila persone. Gli promisi che gli avrei mostrato come una vecchia volpe poteva prendere la famosa curva di Lesmo, che era stata costruita con una notevole sopraelevazione e che all’epoca poteva essere abbordata a quasi 110 miglia orarie (177 km/h). Avevo messo a punto un trucco noto solo a me. Se entravo in curva sfiorando il bordo superiore della pista, potevo far girare la vettura su un breve tratto arrotondato, e utilizzare la pendenza per acquisire velocità e lanciarmi sulla giusta traiettoria. Quando il fondo era asciutto, funzionava perfettamente. Malauguratamente, quando partii per il mio ultimo giro d’allenamento, era caduta una pioggerellina molto fine. Ero ancora determinato a mostrare al giovane Caracciola quel che potevano fare l’audacia e l’immaginazione. Arrivai alla curva a 110 miglia all’ora. Il mio passeggero, Heminger, mi gettò un’occhiata nervosa (a quell’epoca, a bordo dell’auto c’era anche un meccanico). Al momento cruciale, girai rapidamente il volante ma, appena entrammo in traiettoria, le ruote posteriori cominciarono a sbandare in derapage, prima a destra, poi a sinistra. Prima che io avessi il tempo di capire cosa stava succedendo, la vettura aveva compiuto un testacoda mentre usciva di pista a circa 80 miglia orarie (quasi 130 km/h). Fu uno shock terribile. Un turbinio di terra, polvere e sassi, poi il silenzio. Avevo paura di aprire gli occhi. Quando lo feci, non eravamo ancora finiti in paradiso, ma eravamo bloccati sulla sommità del terrapieno che era stato creato per proteggere gli spettatori. La vettura poggiava come il braccio di una bilancia sul serbatoio di carburante piazzato al centro del telaio. Ogni minimo movimento poteva farla oscillare avanti o indietro. Cinque minuti più tardi arrivò un squadra di soccorritori, che ci tolsero da quella pericolosa posizione. Dietro di loro, scorsi il giovane Caracciola, che mostrava un largo sorriso. Le umiliazioni non erano finite. Al posto dei centomila spettatori che avevo pronosticato con tanta sicurezza, ce ne erano appena qualche migliaio. Terminai i miei giri, e alla fine risultavamo tra i più lenti. Di certo questo non rese più facile la vita al ventiquattrenne Caracciola. Ammetto senza difficoltà che molta della mia delusione e del mio amor proprio si trasferirono su di lui, e che gli altri corridori più anziani gli avrebbero fatto passare alcuni brutti momenti, ma Caracciola mostrò le qualità di pazienza e indipendenza di spirito che dovevano portarlo sull’olimpo della sua pericolosa professione. Nel giugno 1926, per la prima volta potei apprezzare in profondità il suo vero carattere. Sul circuito dell’Avus a Berlino si doveva svolgere la prima grande corsa internazionale dalla sua apertura nel 1921: il Gran Premio di Germania. Partecipavano quaranta assi di varie Nazioni, ma la Mercedes aveva deciso di disputare una gara a San Sebastian, in Spagna. Rudi Caracciola si prese tre giorni di riposo dal suo ufficio di Dresda e arrivò senza preavviso allo stabilimento Mercedes di Unterturkheim. Convinse il direttore generale Sailer, che alcuni anni prima era stato anche lui un pilota, a farlo partecipare in forma ufficiosa al Gran Premio. La Mercedes avrebbe fornito la macchina e coperto i costi, Caracciola si sarebbe preso i rischi di un eventuale fallimento. Quando arrivò il grande giorno, Sailer e il Dottor Porsche apparvero insieme per dare a Rudi il loro sostegno morale. Uno dei grandi veterani della Mercedes, Otto Salzer, si era offerto volontario come co-pilota. Ma le possibilità di Caracciola di fronte all’esperienza di tutti quei piloti di calibro internazionale sembravano estremamente ridotte. Quando finalmente si abbassò la bandiera di partenza, davanti a una tribuna d’onore nella quale era presente anche il Principe Ereditario, una vettura, una Mercedes bianca che portava il numero 14, non riusciva a partire. Salzer saltò fuori e iniziò a spingere, mentre Caracciola, col viso rosso di sudore, schiacciava la frizione inserendo una marcia. Dopo un silenzio che appariva interminabile, il motore tossì poi resuscitò ricominciando a ruggire. Salzer fece appena in tempo a saltare al suo posto mentre Caracciola rilasciava la frizione, e in un attimo erano già lontani. Ma ben sessanta preziosi secondi erano andati perduti. Al terzo giro, il favorito, Riecken, in una pesante NAG, aveva preso nettamente la testa, ma due giri più tardi il famoso pilota-gentleman Rosenberger, su una Mercedes privata, era passato dall’ottava alla terza posizione. Il giovane Caracciola, sulla Mercedes della Casa, aveva recuperato il tempo perduto alla partenza ma era ancora lontano dall’essere veramente in lotta per la vittoria. Al quinto giro, una violenta pioggia cominciò a cadere e l’asfalto divenne più scivoloso del vetro. Rosenberger, guidando come un folle, strappò la prima posizione a Riecken. Poi, al settimo giro, mentre abbordava la pericolosa Curva Nord a 105 miglia l’ora (circa 169 km/h), avvertì improvvisamente un odore dolciastro e inquietante che si spandeva nella vettura. Le vetture da corsa dell’epoca avevano dei piccoli serbatoi di etere, che poteva essere iniettato nel carburante per facilitare la partenza. Il serbatoio di Rosenberger presentava una fuga di vapori di etere che si diffondevano rapidamente nell’abitacolo. Istintivamente sporse la testa verso l’alto per respirare un po’ di aria fresca, ma quel leggero movimento finì per far sbandare la vettura. Rosenberger tentò invano di riprendere il controllo della macchina. Urtò contro la postazione dei cronometristi sulla Curva Nord. Quando arrivarono le squadre di soccorso, trovarono Rosenberger e il suo co-pilota seriamente feriti, mentre nella postazione c’era un morto e due feriti gravi (più tardi morirono anch'essi, ndt). Riecken aveva ripreso la testa della corsa. Caracciola non aveva alcun modo per conoscere la sua posizione in gara e di sapere che all’ottavo giro era passato in terza posizione stabilendo anche il nuovo record sul giro sotto la pioggia battente. I sistemi di segnalazione dai boxes erano ancora sconosciuti. Quando Riecken si fermò per cambiare gli pneumatici, le cinquecentomila persone che circondavano la pista dell’Avus assistettero al raro spettacolo di un pilota che, completamente ignaro, prendeva la testa del Gran Premio di Germania, ma durò per un solo giro, visto che il motore cominciò a tossire facendogli perdere due preziosi minuti per il cambio delle candele. Quella perdita di tempo fu parzialmente recuperata con un giro record alla media di 98 miglia orarie ( 157 km/h). Quando Riecken entrò ai boxes per la seconda volta a cambiare le gomme al diciottesimo giro, la Mercedes bianca n. 14 riprese la testa della corsa senza che il pilota potesse rendersene conto. Fu solo quando Caracciola superò il traguardo, salutato da una tempesta di applausi e dai gioiosi abbracci di Sailer e di Porsche, che egli comprese di aver vinto 17'000 marchi, una coppa d’oro e il suo primo Gran Premio di Germania". (Mia traduzione dal francese del primo capitolo del libro "Mon royaume la vitesse", versione francese di "Manner, frauen und motoren", di Alfred Neubauer)
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  4. Bellissima, grazie @leopnd!!!
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  5. Brundle, salito fino al quarto posto, ma poi costretto al ritiro
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  6. Berg con l'Osella, 26° in prova a circa 8" dalla pole. Ritirato al 25° giro...
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  7. Arnoux ottimo quarto al suo rientro in f1
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  8. Elio cambiò tattica quando vide Piquet sul punto di completare la rincorsa nei confronti del duo davanti e Prost liberarsi di Cheever al nono giro. Prima era stato guardingo. Iniziò a rompere gli indugi in un paio di occasioni quando si affiancò alla Brabham prima dell'ingresso in alcune curve. In quel giro, l'undicesimo, sbagliò di grosso a misurarsi con Patrese alla "Surtees", una curva non adatta al sorpasso, anche perché seguita dal lungo rettilineo favorevole al BMW. Riccardo si difese bene ma si toccarono. La Lotus tornò in gara in sesta posizione ma, tempo due giri, si ritirò con il motore "cotto". Disse, forse per giustificarsi, che avesse avvertito il V6 cedere già prima dell'incidente. I più maligni, giustamente, evidenziarono come le accelerate furiose sull'erba non avessero fatto del bene al propulsore.
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  11. Un video dell'epopea Vanwall
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  12. Alessandro Nannini con la Minardi M185B... Ritiro dopo 18 giri per noie alla frizione...
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  13. Nino Vaccarella... ricordo una sua intervista su uno speciale di Autosprint (quello con la copertina dorata, mi pare fosse per i 40 anni... Uno di quei numeri speciali che è andato perduto in uno dei miei innumerevoli trasclochi) in cui ricordava, tra le altre cose, un incidente )a Sebring, se non ricordo male... Ma non ricordo l'anno) di cui si rese protagonista il compianto Giunti, che si schiantò in fondo al dritto accecato dal sole, nonostante lo stesso Vaccarella, appena pochi minuti prima, gli avesse raccomandato di prestare attenzione proprio al sole, in uscita dal curvone...
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  14. Imola vicina a firmare fino al 2025.
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