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  1. 26 maggio, trent'anni fa esatti la quarta vittoria a Indianapolis.
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  2. A 40 anni, Mears diventa il più giovane pilota ad aver vinto 4 edizioni della 500 miglia di Indianapolis. La quarta affermazione in particolare è una perfetta sintesi del suo modo di correre: “…è stata una gara da manuale, perché come sempre abbiamo corso la prima metà solo in funzione della seconda parte, rimanendo dove devi essere alla fine per provare a vincere. Abbiamo lavorato sulla macchina tutto il tempo, senza mai mostrare tutta la nostra velocità fino al momento decisivo. Questo è più o meno il piano che usavamo in tutte le gare, ma il più delle volte succedeva qualcosa: l’avversario più veloce si ritirava, tu ti ritiravi o avevi altri problemi, una gomma, il motore o altro e lo scenario che avevi immaginato, con la battaglia finale per la vittoria, finiva per non realizzarsi mai. Invece quella volta è andata proprio secondo i piani. Michael era stato il più veloce tutto il giorno e andava forte anche alla fine, i suoi giri più veloci li ha fatti dietro di me, quindi nessuno ci ha regalato niente, ce la siamo meritata. Michael aveva un po’ di sottosterzo ma era comunque il più veloce, quindi probabilmente ha pensato che non valesse la pena modificare qualcosa nella macchina, rischiando di peggiorarla senza potersi più fermare e tornare indietro. Se prima della sua ultima sosta avessi mostrato quanto la mia macchina era veloce, probabilmente avrebbe fatto delle modifiche, avrebbe chiesto più ala davanti o uno stagger maggiore e sarebbe stato più difficile da battere” (…) “dopo aver perso la testa della corsa, sapevo che avrei avuto un’altra occasione per attaccare Michael, ma non mi aspettavo che accadesse proprio il giro successivo. Il tempismo fu perfetto, feci le curve 3 e 4 in piano e gli presi la scia. Non capivo che traiettoria avrebbe preso ma alla fine occupò l’interno, lasciandomi libero l’esterno come avevo fatto io il giro precedente. La velocità era molto alta. 30-40 giri prima probabilmente non avrei rischiato quella manovra, ma era il momento di provarci. Fortunatamente la macchina è rimasta lì con me e sono uscito dall’altra parte della curva davanti”. La quarta vittoria a Indy, per il modo in cui è scaturita, è per Mears anche una sorta di redenzione per quanto accaduto nel 1982, il cui finale di gara rappresentò per molto tempo una delle principali argomentazioni dei suoi detrattori. Pur non avendo la stessa costanza di risultati della stagione precedente, il 1991 per Rick è un grande anno. Dopo Indianapolis, porta infatti a casa anche la Marlboro 500 di Michigan, lottando a lungo con gli Andretti e controllando nel finale la rimonta di Luyendyk. Si toglie anche la soddisfazione di partire davanti a tutti sul cittadino di Meadowlands, dove chiude terzo. A Laguna Seca, il suo stradale preferito insieme a Road America, domina il Marlboro Challenge, competizione tra i piloti partiti in pole durante la stagione che mette sul piatto 250.000 dollari, già vinti dal pilota Penske l’anno precedente a Nazareth. Rick comanda tutta la corsa, ma rimane a secco proprio all’uscita dell’ultima curva. Riesce a tagliare il traguardo, non prima però di essere superato da Michael Andretti, che il giorno dopo conquista il suo unico titolo CART. Mears chiude il campionato al quarto posto, ancora davanti a Fittipaldi, che non vive una grande stagione. Prima fila di leggende, Rick, Foyt e Mario Andretti Alla partenza Rick mantiene il comando A tutta velocità ! Il sorpasso decisivo Quarto storico trionfo. Rick festeggia con la moglie Chris e la squadra… …portandosi a casa anche la nuova Dodge Viper La faccia sul Borg Warner Trophy per la quarta volta Rick a Toronto In pole a Michigan davanti a Fittipaldi, Rick porta a casa la seconda 500 miglia dell’anno A Laguna Seca davanti a Mario e Bobby Rahal
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  3. Così si fa. Si rescinde consensualmente e ci si viene incontro a metà strada sulla buonuscita. Tu non perdi i soldi dimettendoti, e loro non pagano per l'intero uno per cacciarlo. Comunque non sono per niente stupito. Conte ha sempre fatto così: max due anni, poi si mette a piangere che vuole Messi, Ronaldo, Pelè, Maradona, Gesù Cristo come medico societario e Schumacher e Hamilton come autisti del pullman e se ne va.
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  4. Se funziona come i contratti dei manager e credo che sia il caso è sempre prevista una retribuzione a fine del contratto. Che sia la scadenza naturale o anticipata. In pratica fa parte della retribuzione iniziale di cui tutti abbiamo sempre saputo. Sono i famosi X l'anno + Bonus
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  5. Prost non riesce a tagliare il traguardo
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  6. Due pareri particolari su Rick: “Quando ero un ragazzino c’erano due eroi cui mi ispiravo. Uno correva in macchina e l’altro giocava a football, erano Rick Mears e Joe Montana. Penso che avessero qualità molto simili. Erano entrambi dei grandi irriducibili combattenti, ma sapevano esserlo con classe e rispetto per l’avversario. Non li conosco bene ma ho avuto occasione di passare un po’ di tempo con Rick e ha rispettato in pieno tutto ciò che avevo sentito su di lui. Ho incontrato Joe una volta brevemente, ed è stato lo stesso. Ma siccome sono anch’io un pilota, è Rick il mio riferimento principale. Lo seguivo alla tv, specialmente a Indianapolis, aveva quel nome “cool”, Rick Mears, una macchina veloce ed era sempre tra i migliori…e molto spesso era IL migliore. Era un gran corridore, con i suoi grandi sorpassi all’esterno e così via. Rappresentava tutto ciò che volevo essere come pilota e come persona. Ebbi il grande piacere di andare a Indianapolis durante un giorno di prove e riuscii a parlargli attraverso le reti mentre camminava. Avevo una maglietta che volevo mi autografasse, cosa che fece e quello mi legò definitivamente a lui. Purtroppo non ho avuto il piacere di correrci insieme, sarebbe stata una grande battaglia. Quando mi dicono che guido come Rick Mears, per me non c’è complimento più grande”. Jeff Gordon “Rick era un talento incredibile, tutti dicevano quanto fosse bravo sugli ovali e penso che la cosa gli desse un po’ fastidio, perché era in grado di brillare anche sugli stradali quando ne aveva l’occasione. Bisognava fare i conti con lui ovunque. Penso che molti non ne abbiano capito la personalità, perché era sempre molto gentile, molto calmo ma non credo che, una volta in macchina, ci fosse qualcuno mosso da una competitività e da una voglia di vincere più grandi delle sue ”. Mario Andretti
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  7. Dopo 15 stagioni, 4 vittorie e 6 pole positions a Indianapolis, tre campionati CART, 29 vittorie e 40 pole positions, si conclude la carriera di uno dei più grandi piloti americani di sempre. Rick non abbandona però l’ambiente e la squadra. Penske lo arruola come consulente e uomo immagine. Oltre a partecipare a tutti i briefing tecnici, nei primi tempi il suo lavoro è volto soprattutto a far crescere Paul Tracy, suo velocissimo e irruente erede. Nel 1995 diventa anche uno dei primi spotter della storia IndyCar, quando “guida” Al Unser jr. attraverso il traffico verso il secondo posto di Milwaukee. Negli anni successivi mette su, insieme al fratello Roger, una squadra IndyLights per i rispettivi figli, Clint e Casey, che proseguono la tradizione della Mears Gang. Mentre la carriera del primo, nonostante alcune vittorie, non avrà seguito, Casey riesce a debuttare nella CART nel 2000 e a costruirsi una solida reputazione in Nascar. Negli anni successivi Rick affronta un avversario ben più temibile dei tanti con cui ha diviso la pista. Dopo il divorzio dalla seconda moglie Chris, nel 2003 fa scalpore la notizia del suo inserimento in un programma di recupero dall’alcolismo. Rick affronta il programma di sua spontanea volontà e riesce a vincere la dipendenza, continuando a lavorare attivamente per l’IndyCar a sostegno dei rookies, oltre ad avere un ruolo non trascurabile nella crescita dei vari piloti che nel tempo si succedono alla Penske, da Helio Castroneves e Sam Hornish fino a Ryan Briscoe e Will Power. Il rapporto con il brasiliano, di cui Rick è da anni lo spotter, è sicuramente il più stretto e proprio Helio è a oggi il pilota più vicino ai record di Mears a Indianapolis. A 65 anni, Rick Mears rimane una delle leggende delle corse USA, per quanto ma soprattutto per come ha vinto. Non c’è stato forse nella storia un pilota più determinato ma al contempo corretto e unanimemente rispettato dai colleghi. Allo stesso modo, Mears rappresenta uno dei rari casi di sportivi universalmente amati dal pubblico, per il suo rendimento in pista ma anche per un atteggiamento sempre positivo, mai polemico, di totale condivisione di meriti e colpe con la squadra, oltre a un’apertura verso i tifosi che, dalle corse coi buggy ad Ascot Park alle 4 Indy500, non è mai cambiata. Un esempio di sportività e umiltà come pochi ce ne sono stati nella storia del motorsport. Rick ascolta con Tracy e Fittipaldi l’analisi di Senna a Firebird ‘93 Insieme a Sam Hornish, che molti considerano il suo erede sugli ovali Per i piloti Penske Rick rimane un punto di riferimento Collage della Mears Gang E infine questa cosa…l’ho scattata io. L’anno scorso ero a Indy che aspettavo la partenza in curva 3, quando dal basso è cominciato un brusio e poi applausi sempre più forti. Mi alzo e non mi vedo a qualche metro Rick Mears che fa le scale come se niente fosse dirigendosi verso la tribuna degli spotter? Ho fatto solo in tempo ad applaudire come un dissennato e fargli una foto al volo, poi ho passato mezz’ora a guardare quella tribuna piuttosto che la pista.
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  8. La Penske apre il 1992 con una doppietta a Surfers Paradise, con Fittipaldi che sul bagnato infila Mears a pochi giri dal termine. La stagione prosegue senza acuti fino a Indianapolis, dove Rick è nuovamente vittima di un bruttissimo incidente in prova. Mentre percorre la curva 2, una grossa perdita dal radiatore inonda d’acqua le ruote posteriori, mandando in testacoda la Penske, che si schianta contro il muro capovolgendosi e strisciando sull’asfalto per diverse decine di metri prima di fermarsi. Mears se la cava con un polso malconcio e varie escoriazioni, qualificando qualche giorno dopo la sua PC21 in terza fila, poco davanti a Fittipaldi. La corsa dei due, mai realmente competitivi, finisce contemporaneamente attorno a metà gara, quando in una ripartenza Jim Crawford va in testacoda davanti a Rick che non può evitare lo scontro, mentre Fittipaldi colpisce il muro nella confusione generata dall’incidente. Il brasiliano sarà regolarmente al via a Detroit, mentre Mears subisce la rottura del polso già infortunato in prova, che lo obbliga a saltare diverse gare. Aiutato da un tutore, torna in azione a Portland, dove chiude settimo, ritirandosi poi a Milwaukee dopo essere partito dalla prima fila. Il polso non migliora affatto, ma Rick ottiene comunque un ottimo quarto posto a Loudon, ritirandosi però a Michigan quando le sue condizioni gli impediscono di controllare una macchina che diventa sempre più sovrasterzante. Nessuno lo sa ancora, ma sarà questa l’ultima corsa della carriera di Rick Mears. Nei mesi precedenti infatti, il pilota americano si rende conto di non trarre più lo stesso piacere dalla guida, che insieme allo spirito competitivo e al lavoro di squadra era sempre stato la sua maggiore motivazione. Inizia a pensare al ritiro, confidandosi a riguardo solo con Chris e il fratello Roger. Dopo qualche settimana in cui il polso migliora a stento e Rick si accorge di non provare alcun disagio nel vedere Paul Tracy correre sulla sua macchina, la decisione può essere una sola. A Road America Mears informa Roger Penske del suo ritiro, rifiutando anche la possibilità di un programma limitato agli ovali o alla sola Indy500. Constata l’irremovibilità del suo pilota, Penske dice solo “va bene, ma se poi vieni a dirmi che vuoi tornare in macchina ti prendo a calci nel sedere!”. Mears annuncia la sua decisione alla squadra durante le festività natalizie, lasciando attoniti i membri del team. L’unica motivazione che nei mesi successivi all’incidente aveva trattenuto Rick dalla decisione di ritirarsi era la possibilità di regalare alla sua squadra la storica quinta affermazione al Brickyard. Prove a Indy con la nuova Penske http://www.youtube.com/watch?v=H79r52PcnVI Incredibilmente uscirà quasi del tutto illeso da questo botto Ciò che resta della sua Penske PC 21 Ultima foto di rito a Indy, dove parte in terza fila
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  9. Il campione Fittipaldi approda nel 1990 in una Penske a tre punte: il brasiliano, Rick Mears e Danny Sullivan. Piloti e macchina che hanno dominato le ultime due stagioni in teoria dovrebbero lasciare solo le briciole agli avversari, ma a fine anno il team del Capitano avrà collezionato “solo” 4 vittorie. Le Lola-Chevrolet di Al Unser jr. e Michael Andretti monopolizzano infatti la lotta per il titolo, vincendo complessivamente 11 delle 16 corse in calendario. Né loro né i piloti Penske però si aggiudicano la Indy 500, che va a sorpresa ad Arie Luyendyk , mentre Mears chiude solo quinto senza mai trovare il giusto bilanciamento per la sua PC 19. L’unica vittoria della stagione per Rick arriva nuovamente alla prima corsa di Phoenix, ma il suo 1990 è tutto sommato positivo. Un buon rendimento sugli stradali, unito ai secondi posti di Milwaukee e Nazareth, gli permette infatti di guidare il campionato al giro di boa e chiudere al terzo posto, dietro Unser e Andretti ma davanti a Rahal. Fittipaldi e Sullivan terminano invece quinto e sesto, pagando i numerosi ritiri accumulati nella seconda parte della stagione. Il brasiliano si aggiudica la prova di Nazareth, uscendo vittorioso da un esaltante duello con Mears, che riesce a superare nel traffico e a controllare nel finale. Sullivan invece porta a casa due vittorie, a Cleveland e all’ultima corsa di Laguna Seca, dove domina prove a gara. Secondo un copione che si ripeterà anche nel seguito, Roger Penske non intende però schierare tre vetture stabilmente, col campione ’88 che sarà costretto a cercare un’altra sistemazione, andando a guidare la Lola-Alfa Romeo del team Patrick. Prima curva a Long Beach: Unser Jr precede Fittipaldi, Sullivan, Michael Andretti, Rick, Mario, Fabi, Rahal, Brayton e Pruett. A Indy in mezzo alla prima fila tra Fittipaldi e Luyendyk Secondo posto a Milwaukee Rick e la PC19 a Detroit
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  10. Il 1989 vive sulla battaglia per il titolo tra Rick e Fittipaldi, a lungo incalzati da Teo Fabi e Michael Andretti. La Marlboro, che ha sostenuto l’avventura del brasiliano col team Patrick fin dall’inizio, trova l’accordo per portare il due volte campione del mondo al team Penske, di cui diventerà sponsor principale. Il passaggio avverrà solo nel ’90, ma per il 1989 Emerson potrà contare su una Penske PC18 uguale a quelle di Mears e Sullivan. Il campionato inizia bene per Rick, che a Phoenix rifila un giro a tutti, arriva quinto a Long Beach e stacca l’ennesima pole a Indianapolis. E’ però una 500 miglia amara, perché Mears rompe il motore dopo metà gara e assiste al trionfo di Fittipaldi, che dopo aver dominato la corsa sopravvive a un contatto con Al Unser jr. a due giri dalla fine. Come sempre accade però, Milwaukee ribalta il risultato di Indy, con Mears che domina dopo essere partito dalla pole. Nelle corse successive Rick mette insieme numerosi piazzamenti, ma Fittipaldi sembra inarrestabile, ottenendo tre vittorie consecutive e due secondi posti. Il ruolino di marcia del brasiliano ha però una battuta d’arresto nelle 500 miglia di Pocono e Michigan. In Pennsylvania Rick chiude secondo dietro Sullivan, che vive una stagione difficile dopo essersi fratturato un braccio in un brutto incidente a Indianapolis. In Michigan invece Mears si deve arrendere a una sospensione, che lo abbandona a dieci giri dal termine nel bel mezzo di un esaltante duello con Michael Andretti, che vince così indisturbato. Nelle corse successive di Mid Ohio e Road America, vinte da Fabi e Sullivan, Rick chiude sesto e terzo, mentre Fittipaldi raccoglie un quarto e un quinto posto, presentandosi a Nazareth con 18 punti di vantaggio. I contendenti al titolo si giocano la corsa, ma quando Rick sembra avviato a vincere è costretto a rientrare ai box per rimuovere parte del tubo dell’aria compressa, rimasto incastrato durante l’ultima sosta, rovinata da un’incomprensione con i meccanici. Fittipaldi vince il titolo grazie al vantaggio di 22 punti e 5 vittorie con cui si presenta a Laguna Seca, dove Mears è comunque protagonista di un fine settimana strepitoso. In una corsa intensissima, Rick parte dalla pole, guida la corsa più a lungo di tutti e torna alla vittoria su uno stradale per la prima volta dopo l’incidente di Sanair. È la 26° vittoria in carriera, che fa di lui il pilota più vincente degli anni ’80, superando Bobby Rahal. Rick e Al Unser Jr. Quinta pole position a Indianapolis Road America, una delle sue piste preferite Sintesi della corsa di Laguna Seca
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  11. Nel 1988 arriva l’ennesima svolta al reparto tecnico della Penske, con l’ingaggio di Nigel Bennett, il progettista delle Lola di Andretti e Rahal, campione anche nel 1987. Fin dai primi test di Phoenix, Mears e Sullivan capiscono che la nuova PC17-Chevy sarà la vettura che riporterà il team al successo. Sullivan ha un inizio di stagione difficile, ma dopo Indianapolis vince quattro corse, chiudendo sempre in top 5, cosa che gli permette di conquistare il titolo con una gara di anticipo. Mears non riesce a tenere il passo del compagno sugli stradali, pur mettendo insieme diversi podi in piste difficili come Mid Ohio, Meadowlands e Miami. Ciò che lo estrometterà dalla lotta per il titolo saranno i ritiri per problemi tecnici a Michigan e Pocono e un incidente a Phoenix, dove viene eliminato dal doppiato Randy Lewis. Tre probabili vittorie sfumate che relegano il pilota americano al quarto posto finale, dietro anche ad Unser jr. e Rahal. Rick porta comunque a casa la vittoria dell’anno, trionfando a Indianapolis dopo essere partito dalla pole position, la quarta al Brickyard. Le Penske sono chiaramente le vetture da battere, ma la pioggia caduta il giorno prima della gara cambia totalmente le carte in tavola. Nelle prime battute Sullivan prende il comando mentre Rick cede numerose posizioni, lamentando un forte sovrasterzo. Nonostante le numerose correzioni su ali e pressione delle gomme effettuate durante le soste, la PC17 resta ingovernabile, con Rick che rimane attardato di quasi due giri. Con l’aumentare della gommatura depositata sull’asfalto però, Mears capisce che i problemi principali sono costituiti dalle ruote lenticolari usate dalla squadra per tutto il mese, utili nel rendere neutro il comportamento della vettura in tutta la fase di percorrenza. In queste mutate condizioni di aderenza, i copriruota risultano però molto più invasivi, convincendo Mears e la squadra a convertire tutti i treni da usare successivamente alla soluzione tradizionale col cerchio scoperto. L’operazione, condotta dai meccanici a ritmo frenetico, porta i suoi frutti perché la vettura diventa immediatamente più gestibile, con Rick che anche grazie alla strategia recupera in breve il tempo perduto. La vettura di Sullivan, perfetta a inizio gara, peggiora invece giro dopo giro, fino a far perdere il controllo al pilota americano, che impatta violentemente contro il muro della curva 1. Continuando a seguire l’evoluzione delle condizioni atmosferiche e della pista, la vettura di Mears migliora ancora, consentendo a Rick di rilevare il comando dalle mani del compagno Unser e andare a vincere Indy500 per la terza volta in carriera. Sette giorni più tardi, Rick concederà il bis sul miglio di Milwaukee, precedendo Sullivan in una doppietta Penske. Sul bagnato a Miami davanti a Fittipaldi Rick affronta iI tornantino di Long Beach La PC17 si dimostra imprendibile a Indy… …con la Penske che piazza in prima fila Rick, Sullivan e Al Unser sr… …qui in compagnia di AJ Foyt Penske in formazione, si notano i cerchi lenticolari sulle tre macchine Dopo una difficile rimonta Rick porta a casa… …il terzo successo in carriera al Brickyard Al Cavatappi di Laguna Seca per l’ultima gara stagionale
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  12. Dopo due anni passati a sviluppare in proprio il telaio March, Roger Penske decide per il 1986 di riprovare con le proprie macchine, dando al nuovo progettista Alan Jenkins (sostituto di Geoff Ferris, concentrato sul gruppo trasmissione) carta bianca per riorganizzare il reparto tecnico della squadra. Nasce quindi la Penske PC15, pensata per alloggiare il nuovo motore Ilmor-Chevrolet, che dovrebbe contrastare lo strapotere del Cosworth DFX. Il progetto si dimostra però poco efficace fin da subito. Il motore ha inizialmente grossi problemi all’albero a gomiti, costringendo la squadra a ripiegare sul Cosworth fino a Indy, mentre la PC15 si rivela una monoposto mediocre, con uno sterzo poco sensibile che rende difficile capire il comportamento della vettura. Rick si alterna per tutta la stagione tra i due telai, guidando la Penske su alcuni stradali e la March sugli ovali, mentre Sullivan guida quasi sempre la vettura inglese. A loro si unisce Al Unser per le varie 500 miglia. A Indy, Mears piazza la March in pole e guida a lungo la corsa, subendo però il ritorno di Rahal e dello scatenato Cogan nelle ultime battute. Negli ultimi giri Rick cerca di tornare davanti ma la sua March, velocissima a pista libera ma molto instabile nel traffico, non gli consente di replicare. Mears chiude terzo e incollato a Cogan, superato a due giri dal termine da Rahal, che ottiene un trionfo storico per il team Truesports. Rick chiude ottavo una stagione modesta, la prima senza vittorie, con i podi di Road America e Miami come uniche note positive. Sullivan invece, seppur distante dal campione Rahal, porta a casa un terzo posto finale e due vittorie. A Long Beach alla guida della PC15 Rick piazza la sua March in pole a Indy, davanti a Sullivan e Michael Andretti Due anni dopo l’incidente Rick torna a Sanair sulla March Il 1987 non si discosta particolarmente dalla stagione precedente. La Penske inizia l’annata con la nuova PC16, sempre progettata da Alan Jenkins, che sfortunatamente non risolve i problemi che affliggevano la PC15. La nuova vettura, spinta dal finalmente collaudato Ilmor-Chevrolet, verrà ancora alternata alla March 87C, con la quale Rick torna alla vittoria, dominando la Pocono 500. Per Mears una stagione discreta, chiusa al 5° posto grazie ad alcuni buoni piazzamenti raccolti nella seconda parte della stagione, come i terzi posti di Laguna Seca e Nazareth. Sullivan finisce nono in classifica, senza vittorie, ma è il buon vecchio Al Unser a portare a casa la vittoria dell’anno per la Penske, conquistando la Indy500 al volante di una March 86C-Cosworth. “Big Al”, subentrato all’infortunato Ongais e alla guida di una vettura vecchia di una anno, trionfa dopo aver visto tutti i piloti motorizzati Chevrolet, compresi Mears e Sullivan, uscire di scena per noie al motore. La beffa sarà atroce soprattutto per Mario Andretti, che domina tutto il mese ma viene messo KO a 20 giri dalla fine da una valvola che si rompe perché…Mario va troppo piano! I tecnici della Ilmor si accorgeranno infatti più tardi che Andretti, nel tentativo di preservare la meccanica, va ad una velocità che manda le valvole in risonanza, cosa che non sarebbe accaduta ad un ritmo superiore. Nonostante le stagioni deludenti e offerte più remunerative ricevute da altre squadre, Rick rimane fedele alla Penske, fiducioso che il suo momento possa nuovamente arrivare. Pit stop a Portland Alla guida della PC16 a Long Beach La squadra prova anche a Indy la nuova vettura… …ripiegando ben presto sulla March… …che Rick piazza in prima fila al fianco delle Lola di Rahal e Andretti
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  13. Nel febbraio 1985, 5 mesi dopo l’incidente, Rick può a malapena camminare con le stampelle, ma si sente pronto per tornare a guidare. Il team organizza allora un test sul difficile ovale di Phoenix, dove l’apprensione di tutti è palpabile. Dopo un inizio cauto, Mears ritrova pian piano gli automatismi e a fine giornata viaggia sugli stessi tempi di Danny Sullivan, autore di un ottimo 1984 e ingaggiato da Penske per la stagione successiva. Il rapporto tra i due nei 5 anni di convivenza alla Penske sarà eccellente, in un clima di grande collaborazione, come del resto è sempre stato con Al Unser, molto più uomo squadra del fratello Bobby. Proprio Al sr. sostituirà Rick per buona parte della stagione ’85. Mears infatti completa un programma di sole 5 gare, comprendente Indianapolis e gli altri ovali in calendario, non essendo i suoi piedi in grado di sopportare l’azione frenetica richiesta dagli stradali. L’incidente di Sanair compromette in parte la mobilità del piede destro, ma i danni maggiori per l’abilità di Rick sugli stradali verranno dalla lunga inattività su questo tipo di piste. La seconda metà degli anni 80’ è un periodo di cambiamento per l’IndyCar, che segna il tramonto dei grandi campioni degli ovali come Foyt, Rutherford, Johncock, Sneva ecc., portando alla ribalta giovani affamati come Rahal, Michael Andretti e Al Unser Jr, che si affiancano agli intramontabili Mario Andretti ed Emerson Fittipaldi. Mears, il primo vincitore di Indianapolis nato dopo la seconda guerra mondiale, è preso nel mezzo di questa guerra generazionale e, considerando la sua formazione del tutto atipica per un pilota di formula, il suo è un processo formativo continuo, che con Sanair si arresta bruscamente. Rick rimarrà quindi un po’ in “ritardo” rispetto ai giovani protagonisti delle stagioni successive, pur riuscendo a mettere a segno alcune grandi prestazioni su stradali e cittadini. Sugli ovali invece sarà sempre il maestro indiscusso. Pur correndo solo 5 gare in quel 1985, Mears riesce comunque a togliersi delle soddisfazioni, conquistando la vittoria alla Pocono 500 e altri due podi, un secondo posto a Michigan e un terzo a Milwaukee. Un po’ di rammarico ci sarà solo per Indianapolis in cui Rick, partito con il muletto dalla decima posizione, rimane in contatto coi primi fino a che un problema alla trasmissione lo costringe al ritiro dopo metà gara. Nonostante una corsa in meno dei suoi rivali, Al Unser riesce a ripetere l’exploit del 1983, vincendo una sola volta ma collezionando una lunga sequenza di piazzamenti che, unita all’inconsistenza degli avversari, gli permette di conquistare il titolo con un solo punto di vantaggio sul figlio Al Unser jr. Nel 1985 Rick si sposta nel paddock su questa sedia a rotelle motorizzata per non affaticare i piedi infortunati a Sanair Il ritorno a Indy terminerà con un ritiro a metà gara
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  14. L’inizio del 1984 è ancora peggiore di quanto accaduto la stagione precedente, con la nuova PC12 che si dimostra non competitiva sia a Long Beach che a Phoenix. Poche settimane prima di Indianapolis, Roger Penske decide quindi di abbandonare il proprio telaio in favore dello chassis March, che comincia a spopolare tra i team della CART. Come accadrà anche 15 anni dopo con la Reynard, la Penske stravolge completamente il telaio inglese, facendo valere la propria superiorità ingegneristica rispetto ai rivali. Il risultato è una prestazione dominante di Mears a Indianapolis, vinta con 2 giri di vantaggio sul secondo, Roberto Guerrero. In realtà la corsa è ben più combattuta di quanto il risultato possa far pensare, con Rick che lotta a lungo con il polesitter Sneva e il giovane Al Unser jr. Little Al si ritira però a metà gara, mentre Sneva abbandona a 30 giri dal termine, consegnando a Mears la seconda vittoria in carriera al Brickyard. Dopo Indy, Rick entra nella lotta per il titolo, infilando una lunga serie di piazzamenti che lo avvicinano al leader del campionato Mario Andretti, il cui cammino è un continuo alternarsi di vittorie e ritiri. A Milwaukee, Rick rompe il motore all’ultimo giro, consegnando la vittoria a Sneva, mentre a Pocono è beffato da Danny Sullivan per pochi decimi in una corsa basata sui consumi. La rincorsa di Mears si arresta però bruscamente sull’ovale di Sanair, dove il pilota americano è protagonista dell’incidente più brutto della sua carriera. In mezzo a un gruppo di macchine, Mears è ansioso di avere pista libera per provare alcuni giri in vista delle qualifiche. Sul traguardo tenta quindi una manovra azzardata, uscendo dalla scia delle due macchine che lo precedono senza però aver superato del tutto la March di Corrado Fabi. La ruota posteriore sinistra di Mears entra così in contatto con il muso della vettura di Fabi, che spedisce la March Pennzoil frontalmente contro i guard rails che delimitano la pista. L’impatto divelle il muso della March fino alla pedaliera, che si imprime perfettamente nei piedi di Mears, che presentano terribili traumi da compressione. Nel destro in particolare non rimane illeso un solo osso. Dopo essere stato estratto con difficoltà dall’abitacolo, Mears viene elitrasportato d’urgenza all’ospedale di Montreal, dove si parla apertamente di amputazione. Roger Penske, devastato dalle terribili ferite riportate dal suo pilota, rivive il dramma di Mark Donohue. Una volta dichiarato il pericolo di amputazione, il Capitano organizza il trasferimento di Mears al Methodist Hospital di Indianapolis, dove Rick potrà essere curato da una coppia di medici che negli anni salveranno la vita di numerosi piloti: Terry Trammell e Steve Olvey. I due scongiurano subito il rischio relativo alla perdita degli arti, ma Mears va incontro a una lunga serie di operazioni per ridurre le fratture e ricostruire i piedi osso dopo osso, legamento dopo legamento. Due fattori concorrono al sereno recupero di Rick: la presenza costante della fidanzata Chris e il supporto di Roger Penske. Qualche anno prima Mears deve affrontare il divorzio dalla moglie Dina, che non riesce più a sostenere la vita perennemente in viaggio del pilota, anche per dare stabilità alla crescita dei figli. Pochi mesi dopo Rick conosce Chris, che lavora saltuariamente al bar dell’hotel di Reading, cittadina delle Pennsylvania in cui si trova la sede del team Penske. I due si sposeranno nel 1985 e anche grazie ai suoi studi da infermiera Chris è una presenza fondamentale durante tutta la riabilitazione. Penske non fa mai mancare nulla al suo pilota, invitandolo a rispettare i tempi previsti per il recupero, rincuorandolo sul fatto che, quando sarà pronto, la sua macchina sarà lì ad aspettarlo. Il Capitano riderà per anni poi del fatto che Rick, una volta risvegliatosi dopo l’incidente, riesce a riconoscere lui ma non Chris! Qualche camera più lontano, anche Derek Daly recupera dalle fratture riportate in un brutto incidente sull’ovale di Michigan. I due, una volta ristabilitisi, diventano presto l’incubo del reparto, ingaggiando furiose gare sulle sedie a rotelle. La degenza di Rick al Methodist Hospital dura tre mesi e mezzo. Bill Simpson nel frattempo prepara, insieme a Terry Trammel, delle scarpe speciali per aiutare Mears a riprendere a guidare, con i piedi che per molto tempo continueranno a sanguinare e causare terribili sofferenze al pilota americano. La nuova PC12 si dimostrerà presto inefficace Foto di rito con la March Rick all’esterno della prima fila al fianco di Howdy Holmes e del polesitter Tom Sneva Pubblico in delirio per il secondo trionfo allo Speedway E sono due… Rick precede Kevin Cogan a Portland
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  15. Il 1983 per Rick è una stagione da dimenticare. Sesto in classifica e vincitore solo di una corsa a Michigan, Mears accumula numerosi ritiri per problemi tecnici, risultando complessivamente meno efficace di Al Unser sr., ingaggiato da Penske al posto di Cogan, lasciato libero dalla squadra dopo una stagione deludente, con l’incidente causato alla partenza della Indy 500 come punto più basso. Pur vincendo a sua volta la sola corsa di Cleveland, Al sr. mette insieme un’ottima sequenza di piazzamenti in top 5, che gli permettono di vincere il titolo tenendo a bada la rimonta dello strepitoso rookie Teo Fabi, che alla guida di una March del team Forsythe conquista la pole a Indy e soprattutto coglie 4 vittorie. Il costruttore inglese soffia alla Penske anche la vittoria a Indianapolis e la beffa è totale per il Capitano, perché a vincere è quel Tom Sneva allontanato misteriosamente dalla squadra al termine del vittorioso 1978, che precede sul traguardo Unser e Mears. Come detto, Unser basa il suo campionato sulla consistenza, con la Penske che dopo metà stagione è costretta ad abbandonare il fallimentare modello PC11, ripiegando su una versione aggiornata della PC10, denominata B e rispondente alle nuove limitazioni sull’altezza delle minigonne. Proprio alla guida della B, Mears vive una delle giornate più amare della stagione alla Michigan 500 dove, dopo aver a lungo dominato, vede la propria vettura divenire sovrasterzante a causa della rottura di un ammortizzatore posteriore. Questo favorisce la rimonta di John Paul Jr., abile all’ultimo giro a sfruttare un doppiaggio per infilare Mears all’ultima curva. Nel tentativo di incrociare la traiettoria e tornare in testa, Rick investe però la turbolenza della March di Paul, che manda la Penske in testacoda e contro il muro, non prima di essere centrata da Chris Kneifel, il doppiato che costa a Rick la corsa. Il 1983 è comunque da ricordare per Mears come la stagione del passaggio agli storici colori Pennzoil, che lo accompagneranno fino al 1990. Dopo 5 anni di successi con la bellissima livrea bianco-blu della Gould, la Penske di Rick sposa la livrea gialla della casa petrolifera americana, che diventerà presto un simbolo per la CART. Rick sulla PC10B durante una sosta a Indy, chiuderà al terzo posto In azione a Mid Ohio
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  16. Il 1982 segna un’altra novità in casa Penske, con l’allontanamento di Unser e l’ingaggio di Kevin Cogan al fianco di Rick Mears, prima guida indiscussa. Unser, in eterna polemica con il team manager Derrick Walker soprattutto per questioni riguardanti sospensioni e aerodinamica della nuova PC10, viene licenziato dopo aver litigato addirittura con Roger Penske. Se fino a questo momento Rick era considerato il giovane della squadra, nonostante i due campionati vinti, l’uscita di scena di Unser obbliga Mears al ruolo di caposquadra, sia come risultati che da un punto di vista tecnico. Questo comporta anche un salto in avanti in qualifica. Se come pilota giovane del team la regola principale era stata “non fare danni ed entrare in gara”, ora spetta a Rick elevare il suo livello di guida quando è richiesta la massima prestazione. Da un punto di vista tecnico e dello sviluppo, grazie agli anni al fianco di Unser, al suo atteggiamento riflessivo e alla sua grande curiosità per la meccanica, Mears è invece pronto a prendere le redini del lavoro di sviluppo, sempre pesante in una squadra come la Penske che costruisce i propri telai. Negli anni le doti di sensibilità di Mears diventeranno un’arma essenziale per la squadra del Capitano. Annate difficili come il 1980 sono servite a Rick per approfondire la meccanica delle vetture, studiare il funzionamento delle minigonne e migliorare il proprio rapporto con gli ingegneri, ai quali affida analisi sempre più precise e accurate. Rick ingaggia una vera e propria sfida con i tecnici, applicando la sua sensibilità nell’individuare prima di loro i problemi che affliggono la vettura, accelerando così la messa a punto. Parallelamente, prosegue l’affinamento della tecnica di guida, soprattutto sugli stradali. Noto per una pulizia assoluta nel condurre la vettura, con traiettorie sempre rotonde e uscite di curva mai oltre le righe, per Rick il primo strumento per leggere le reazioni della macchina non è il fondoschiena, ma il volante. Al variare della resistenza opposta da questo, Mears interpreta il comportamento della vettura, cosa che gli consente tempi di reazione rapidissimi, specie sugli ovali, dove si segnala come uno dei migliori nel condurre un’ auto “loose”, sovrasterzante. Nella lotta per il titolo 1982, Mears controlla senza troppi problemi l’arrembante rookie Rahal, conquistando quattro vittorie, più di tutti ma poche considerando le otto pole positions su 11 gare, che iniziano a valergli il soprannome di “Rocket Rick”. Il terzo titolo in quattro anni è però offuscato dall’esito della 500 miglia di Indianapolis, evento che come l’anno precedente non assegna punti per il campionato, in quanto ancora oggetto di scontro tra USAC e CART. Dopo aver conquistato la pole, Mears si gioca la corsa negli ultimi giri con la Wildcat di Gordon Johncock. All’ultima sosta il team riempie totalmente il serbatoio della Penske, nonostante fosse necessario solo un rabbocco parziale, costando a Mears tempo prezioso sia ai box che in pista. La sua vettura è però molto più in forma della Wildcat di Johncock. A 10 giri dal termine, il distacco tra i due è di circa 10”, con Mears che recupera al ritmo di un secondo al giro. In una 500 miglia ricordata per il rombo dei motori coperto dal boato del pubblico, l’inseguimento di Mears è frenetico e arriva al culmine allo sventolare della bandiera bianca, quando Rick e Johncock entrano fianco a fianco in curva 1. Il sorpasso sembra cosa fatta ma il veterano americano, uno dei più duri e coraggiosi piloti degli anni ’70-’80, tiene giù all’esterno e rintuzza l’attacco di Mears, che in vano ritenta l’assalto sul traguardo, transitando sotto la bandiera a scacchi con una lunghezza di ritardo rispetto alla Wildcat, vincitrice nel finale più infuocato visto a Indy fino a quel momento. In molti accusano Rick di arrendevolezza, ma il pilota americano non ammetterà mai il minimo rimpianto per l’esito della corsa. In realtà, forse anche a causa del suo “background” non pistaiolo, Rick nell’82 è in una fase della carriera in cui non è ancora disposto a rischiare tutto, anche per una corsa come Indianapolis. Nove anni dopo, come vedremo, andrà diversamente. . Mears in azione a Riverside con la quasi imbattibile PC10 Rick condivide la prima fila di Indy col compagno Cogan ed AJ Foyt Rick e Johncock in una fase delle loro duello L’inseguimento prosegue ma… …Johncock resiste nel finale più ravvicinato mai visto fino ad allora. Ultimi 4 giri del duello con Johncock
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  17. Il dominio del 1979 lascia il posto nell’80 alle briciole concesse da Johnny Rutherford e il suo “yellow submarine”, la Chaparral 2K, già competitiva con Unser sr. nel ’79, che sfrutta appieno le lezioni sulle minigonne insegnate in F1 dalla Lotus. Rick chiude quarto una stagione mediocre in cui conquista 5 podi, tra cui la vittoria sullo stradale di Mexico City, mentre Bobby Unser si segnala come il più credibile rivale di Rutherford, vincendo quattro corse contro le 5 del rivale della Chaparral, che ovviamente si aggiudica anche Indy. La nuova PC9 è un grande passo avanti rispetto alla PC7, ma la sua messa a punto risulta molto problematica. Con il finire della stagione, grazie anche al grande lavoro di sviluppo di Unser, la Penske dimostra però di aver ormai raggiunto la Chaparral, seppur troppo tardi per impensierire Rutherford. Se Unser rende giustizia alla PC9, Mears, che inizialmente guida ancora la PC7, non si adatta mai completamente alla macchina, anche a causa del ridotto numero di test effettuati. Nota positiva del 1980 sono le prove svolte da Rick a bordo della Brabham BT49 di F1, sulle piste di Le Castellet e Riverside. In Francia, alla prima presa di contatto e mantenendo un certo margine di sicurezza, il pilota americano si tiene a circa mezzo secondo dai tempi di Nelson Piquet, adattando la sua guida ad una vettura leggera e reattiva come la F1. Di quel test Mears ricorderà come “la macchina si guidava in modo completamento diverso dalla ChampCar. Con questa non potevi frenare e curvare contemporaneamente, dovevi frenare a ruote dritte e stare alla larga dai cordoli. Con la F1 invece potevi davvero attaccare, frenare più tardi, essere aggressivo, colpire i cordoli. All’inizio andavo piano perché la guidavo come una ChampCar, poi ho capito che bisognava andare sempre a tutto gas”. Nel secondo test di Riverside, svolto dalla squadra inglese in preparazione della corsa di Long Beach, Mears è addirittura più veloce di Piquet. Il pilota americano si guadagna la stima dei tecnici per la velocità mostrata e le interessanti doti tecniche, oltre a uno stile simile a quello del brasiliano. Ecclestone offre a Mears un volante per il 1981, ma l’americano declina l’offerta in quanto, seppur allettato dalla sfida, non è disposto a trasferirsi in Europa, considerando anche l’evidente crescita del campionato CART, che presenta numerose corse su ovali, un tipo di sfida di cui la F1 è sprovvista. Foto di rito dopo le qualifiche a Indy, chiuse al sesto posto Rick sulla PC9, una vettura con cui non si troverà troppo bene Rick insieme a Nelson Piquet durante i test con la Brabham Alla guida della BT49 a Riverside Imparate le lezioni sulle minigonne, che diventeranno fisse in questa stagione, la Penske torna in grande stile nel 1981 con la PC9B, evoluzione del modello precedente, cogliendo l’accoppiata Indy-campionato. Unser si aggiudica Indy dopo un’eterna polemica con Mario Andretti su presunti sorpassi in bandiere gialle, col vincitore decretato dal tribunale dopo diversi mesi. Il campionato però è completamente dominato da Mears, che si aggiudica 6 gare su 11, tra cui gli stradali di Mexico City, Watkins Glen e Riverside, oltre a una memorabile sfida sull’ovale di Michigan, in cui Rick conquista una vittoria da sogno infilando all’ultima curva niente meno che il suo idolo Mario Andretti. Una stagione perfetta con un unico neo, il ritiro a Indianapolis per un brutto incendio scoppiato durante una sosta, che costa a Mears diverse ustioni al volto, sulle quali saranno necessari dei piccoli interventi di ricostruzione. Sull’incidente Rick ricorderà:” tutti si erano concentrati sui meccanici ma fu mio padre il primo ad accorgersi che stavo andando a fuoco. Mi conosce, sa che sono pigro e che per niente al mondo mi muoverei così in fretta. Sono uscito dall’abitacolo e sentivo le fiamme che mi entravano dentro il casco. Le ustioni non sono state un grande problema, la cosa peggiore era il non poter vedere e respirare, oltre al calore assorbito dalle vie respiratorie”. Sulla nuova PC9B non ha rivali Rick a Michigan insegue il vincitore Pancho Carter Sempre a Michigan davanti a Bobby Unser L'incendio ai box di Indianapolis
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  18. Al debutto col team Penske a Phoenix, Rick ottiene un discreto quinto posto, rientrando poi in azione a Indianapolis, dove nonostante gli inviti alla cautela del team, piazza la sua vettura all’esterno della prima fila, cancellando il ricordo dell’anno precedente e posando il primo mattone di un rapporto con lo Speedway che diverrà felicissimo. La corsa non va altrettanto bene, terminando con un ritiro per problemi tecnici verso metà gara, ma Rick si rifà in breve, cogliendo un ottimo secondo posto a Mosport alle spalle di Danny Ongais, per poi centrare la prima vittoria in IndyCar nella corsa seguente, Milwaukee. Mears si dimostra velocissimo, ma la sua vittoria è chiaramente favorita dai problemi che affliggono gli avversari, in particolare Al Unser, che si ferma per un rabbocco negli ultimi giri nel bel mezzo del loro duello. Soddisfatto a metà per il modo in cui l’affermazione è scaturita, Rick discute con AJ Foyt questa sensazione. L’esperto texano non si fa pregare nel sottolineare una delle leggi più sacre delle corse :”devi prendere tutte le gare che puoi, perché saranno molte più quelle che perderai in questo modo di quelle che vincerai”. Tra il giovane Mears e la leggenda Foyt si instaura un buon rapporto, dopo un’iniziale incomprensione e relative spiegazioni che chiariranno molto agli occhi di Rick il ruolo di Foyt nel paddock. Come dirà più avanti Mears “AJ è un grande “teddy bear”, quando ci discuti capisci che il suo abbaiare è molto più forte del suo morso”. L’impegno part time per Mears prosegue tra ritiri per guasti tecnici e podi, fra i quali svettano le vittorie di Atlanta e nella trasferta europea di Brands Hatch, dove Rick ottiene il terzo successo stagionale ereditando la testa della corsa dal dominatore Ongais, fermo per un guasto. Mears si conquista così un posto da titolare per il 1979, al fianco del nuovo arrivo Bobby Unser. Con una mossa a sorpresa infatti Penske decide di dare il benservito a Tom Sneva, campione nazionale negli ultimi due anni ma mai entrato nelle grazie del patron, optando per uno schema che diventerà un classico, con un capo squadra affermato e un giovane da far crescere. Primo anno al team Penske, Rick a colloquio col Capitano Fianco a fianco con AJ Foyt Davanti a tutti a Brands Hatch nel ‘78
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