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Joey Dunlop


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Al TT non conta sapere dove devi aprire il gas, ma dove devi chiuderlo”. In questa celebre frase dell’indimenticato Joey Dunlop è nascosto il segreto per vincere sull’Isola di Man. E considerando il suo palmares, ben 26 vittorie lungo il pericolosissimo “Mountain”, c’è proprio da crederci. Anche David Jefferies, scomparso nel 2003 durante le prove del Tourist Trophy, e considerato da tutti l’erede di Joey Dunlop, affermò di avere imparato di più in un solo giro alle spalle di Joey che in tre anni di partecipazione alla corsa.

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Al TT non conta sapere dove devi aprire il gas, ma dove devi chiuderlo[/pullquote_right] Ma Joey, uno dei piloti più forti di tutti i tempi, non immaginava che quel maledetto 2 luglio del 2000 a Tallin, in Estonia, la “Nera Signora”, nascosta tra gli alberi, fosse lì ad attenderlo. In un attimo la piccola Honda 125, a causa dell’asfalto bagnato, sbandò, e per Joey non ci fu nulla da fare

Se ne andò così Joey Dunlop, The King of the Road, mentre era al comando di una banalissima gara delle 125. Se ne andò a 48 anni lasciando soli la moglie Linda e i cinque figli: Julie, Donna, Gary, Richard e Joanne. La televisione dell’Irlanda del Nord trasmise in diretta le esequie e per l’occasione fu anche dichiarato un giorno di pace nazionale, il primo, e finora unico, giorno di pace nazionale in un secolo di conflitti.

Grande uomo ancor prima che grandissimo campione, Joey correva per pura passione, per la sola voglia di lasciarsi andare in un ballo scatenato oltre le leggi della fisica. Per questo fondò, nella seconda metà degli anni settanta, insieme al fratello Jim Dunlop e agli amici Frank Kennedy e Mervyn Robinson, la Armoy Armada, un piccolo team, un grande sogno. Amava sfrecciare lungo le strade tra case, muretti e marciapiedi, sentire l’adrenalina salire alle stelle. Come nel 1977 quando, in sella ad una Yamaha OW 31 B con telaio Seeley, si aggiudicò la vittoria nella classe Jubilee Classic, la sua prima vittoria lungo il Mountain. [pullquote_left]Grande uomo ancor prima che grandissimo campione, Joey correva per pura passione[/pullquote_left] Da quel momento tra Joey ed il Tourist Trophy si creò un legame indissolubile durato ben 23 anni e che lo vide vincitore, come detto prima, ben 26 volte; l’ultima nel 2000, pochi giorni prima di morire.

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Di carattere schivo, restò sempre lontano dal motociclismo mediatico intorno al quale ruotava un businnes da far invidia a Paperon de Paperoni. Alle luci della ribalta preferì quelle fioche di Ballymoney e del suo pub, il Joey’s bar, che conduceva insieme alla sua famiglia. Un campione di umanità che, durante i suoi spostamenti tra una gara e l’altra, distribuiva cibo e vestiti in Romania e in Bosnia.

L’Isola di Man, in onore delle sue 26 vittorie, gli rese onore intitolandogli il 26esimo miglio del Mountain. Nei pressi del museo Murray di Bungalow fu eretta una statua in bronzo a grandezza naturale di Joey in sella alla sua Honda VTR 1000, con la quale conquistò la sua ultima vittoria al Tourist Trophy. Questa statua fu orientata verso Ballymoney, la sua città, dove ne fu posta un’altra identica. Joey Dunlop: uno dei ragazzi terribili della “Armoy Armada”

Andrea Adorni

 

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