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05 - Gran Premio d'Italia 1937


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Non piovve, a Livorno. O tutt’al più piovve metaforicamente sull’inguaribile ottimismo dei tifosi, accorsi con la speranza del miracolo, con la prospettiva del brivido.
Mai corsa fu più piana, regolare, simmetrica, fedele al pronostico, prosaica. Il brivido fu largamente distribuito agli spettatori delle tribune, ma soltanto dal libeccio che soffiò impetuoso e gelido tutto il pomeriggio del 12 settembre, con un clima invernale per Livorno. Ma la strada rimase asciutta, e quella caratteristica attitudine delle nostre Alfa e dei nostri campioni, di tenere la strada sul bagnato e di destreggiarsi a meraviglia quando gli altri sbandano, piroettano, rallentano, si sfibrano, non ebbe occasione di manifestarsi. Asciutto come il nostro bilancio, rimase il percorso, contro la speranzella della vigilia che, tra il giubilo degli alfisti e la tremarella degli organizzatori, prometteva acqua a sazietà. E così i tedeschi poterono sferrare una delle più belle offensive della loro carriera sportiva, e discutere in famiglia la questione della decisiva superiorità tra Mercedes ed Auto-Union, infischiandosi come di quantità trascurabile della presenza delle nostre macchine.
E’escluso che, anche se avesse piovuto, anche se il percorso fosse stato più accidentato, tortuoso e difficile di quello che era (e che già non scherzava sotto questo riguardo) il miracolo di una vittoria italiana potesse compiersi. La situazione era ben conosciuta, anche se il pubblico faceva mostra di non accorgersene e continuava a sperare. Ma almeno si sarebbe potuto attenuare il distacco, impegnare un po’più seriamente gli avversari, sgretolare la compattezza dei loro arrivi in gruppo, figurare con qualche macchina nelle posizioni d’onore. Questo poteva essere il programma massimo. Non è colpa di alcuno se abbiamo dovuto accontentarci del programma minimo.
Il quale programma minimo è stato realizzato col seguente bilancio: sei Alfa Romeo partite, di cui cinque “ufficiali” ed una isolata dell'indipendente Belmondo, e tre arrivate, ivi compresa quest’ultima, rispettivamente al 7°, 8° e 10° posto, su quindici partiti e dieci arrivati. Bilancio misero, a osservarlo con occhio puramente statistico, bilancio soddisfacente, a ragionarci su: in ogni caso pienamente regolare.
L’Alfa ha corso, ad eccezione dell’esperimento Guidotti, con le vecchie vetture dello scorso anno, che già erano state giudicate a loro tempo nel confronto delle tedesche. Così giudicate, che proprio per tentare di colmare il radicale, deciso, profondo svantaggio emerso a luce meridiana a danno delle nostre, la Casa milanese aveva impostato la nuova 12 cilindri 1937. Che quest’ultimo tentativo sia fallito, è un’altra questione, che non può ascriversi al passivo del Gran Premio d’Italia livornese: l’insuccesso già era stato scontato, sanzionato e proclamato anche troppo a Pescara, e nessuno poteva illudersi in buona fede che in meno di un mese la situazione potesse migliorare apprezzabilmente. Dunque è per lo meno inopportuno e di scarso buon gusto seguitare a considerare il G.P. d’Italia come una nuova tappa, un nuovo importante e decisivo episodio di una pretesa rivalità industriale italo tedesca.
L’Alfa, in realtà, da Livorno era assente, come si sapeva da almeno una settimana, quando aveva deciso di lasciare in gara, delle nuove 12 cilindri, una sola affidata al modesto Guidotti, sensibile tecnico e abile guidatore, ma non evidentemente investito di altro incarico se non quello di effettuare, come collaudatore della Casa, per l’appunto un collaudo e non una esibizione. Se quest’ultima decisione sia stata più o meno felice; se più opportuno non fosse stato giungere al ritiro completo e trasferire altrove gli esperimenti, questo potrebbe discutersi, ma se mai si tratterebbe di un errore tattico, non mai di un errore tecnico o di un tentativo fallito. Come esperimento tecnico, anzi, la nuova Alfa disse alcune cose interessanti, così in prova come in gara: si rivelò buona camminatrice, e confermò che i primitivi difetti di stabilità e di tenuta di strada erano stati in gran parte superati. Non poteva avere in programma di finire la gara, e non è a stupirsi che, raccolte le osservazioni che premeva raccogliere, si sia ritirata.
Dunque a Livorno non correva l’Italia contro i tedeschi: correvano i signori Nuvolari, Farina, Trossi, Biondetti e Belmondo, sapendo benissimo che le loro vecchie Alfa, già nettamente inferiori alle Mercedes e alle Auto-Union nelle corse dell'anno passato, tanto più erano distaccate quest’anno, dopo i nuovi progressi realizzati dal tedeschi. Nessuno di loro poteva sperare in un piazzamento migliore. Non s’intendano le nostre parole in significato formale: non pretendiamo di attribuire agli uomini della Ferrari la veste di corridori indipendenti, ostinati nel volersi togliere un personale capriccio sportivo. Ma anche sotto l’etichetta ufficiale, il loro gesto non muta : abbandonata in partenza l'idea di intaccare la stradecisa superiorità delle vetture tedesche, il contegno degli alfisti rientra nel semplice quadro di un atto, cavalleresco verso gli ospiti, necessario verso gli organizzatori, gentile verso il pubblico, mantenuto in un ambito rigorosamente sportivo, senza nulla d’industriale. Che avreste detto d’un Gran Premio d’Italia riservato alla Mercedes e all’Auto-Union? Eppure l’interesse sostanziale della corsa sarebbe stato esattamente identico: ma le parole grosse sarebbero corse per le gazzette. Ai nostri stessi leali e valorosi avversari di campo dovevamo questo nostro atto di presenza, perché la collana delle loro meritate vittorie nell’anno in corso avesse il previsto suggello.
Esaminato sotto questo aspetto, diciamo, di ordinaria amministrazione (altro è saper incassare le batoste, altro è farci il callo: a evitare quest’ultimo, tutti d’accordo che bisognerà provvedere radicalmente per la stagione ventura) il comportamento delle singole Alfa in gara si manifesta perfettamente normale. L’alta percentuale di ritirati nella squadra ufficiale, si spiega facilmente col treno di marcia imposto dalla Mercedes, superiore alle possibilità limite dei nostri. Solo con autentici prodigi di acrobazia in curva, Nuvolari poté mantenersi per qualche giro nel gruppetto degli avversari di secondo piano, spingendo sino a segnare un giro migliore di loro, e superato solo dal primissimi. Ma evidentemente lo sforzo non poteva ripetersi per cinquanta giri: anzi, è ancora a vedersi se Nuvolari abbia fatto bene a prodigarsi in sterili duelletti con Seaman, Muller, Varzi e Kautz, cedendo poi prima della fine, e passando la sua macchina a Farina per raggiungere il traguardo: dato il carattere prettamente personale della sua corsa, il meno che il pubblico potesse attendersi era di vederlo smontare dal suo seggiolino a corsa finita, come fecero tutti i tedeschi, tranne il provatissimo Stuck.
Lo sforzo esasperato per rubare ogni giro qualche secondo alle pratiche possibilità della macchina fu evidente anche nelle gare di Trossi e di Farina: regolare il primo, ma sempre sospeso al metaforico filo della divina provvidenza nelle curve (un suo spettacoloso dietro-front nel curvone della Rotonda, che lo costrinse a tornare contro corrente fin nello slargo delle tribune per rigirarsi con visuale aperta, rimarrà memorabile) sfortunato invece, come al solito, il secondo, gli abusi dei quale sull’acceleratore si tradussero in una serie di arresti allo stallo, culminati logicamente col ritiro.
Guidotti e Biondetti, finché si comportarono da buoni padri dì famiglia, rimasero senza infamia e senza lode nelle posizioni di coda, cosicché quando si ritirarono nessuno mostrò di accorgersene.
Il pubblico seguì invece con simpatia la cronometrica, convincente manifestazione turistico sportiva del calmo, imperturbabile, simpatico Belmondo (non a torto soprannominato “Beltondo” per la sua sorridente corpulenza) sulla sua anziana Alfa 8 cilindri 3900, con almeno un 30 per cento di scarto nella velocità massima dalle vetture vittoriose. L’aver ridotto il distacco in arrivo al 10 per cento di maggior tempo sul primo è dunque un titolo di merito egregio per il bravo torinese, che già a Pescara aveva permesso, lui solo, di non lasciare l’Italia totalmente assente dalla classifica d’arrivo.
In campo tedesco, nulla di nuovo da segnalare. La Mercedes ha rispettato il pronostico vincendo e stravincendo. Non si tratta tanto di velocità assoluta (per quanto, anche in questo elemento, minima sia la sua inferiorità dall’Auto-Union), ma di tutte le caratteristiche della macchina, straordinariamente a punto. In genere si imputa ai tedeschi una tenuta di strada non perfetta ed una discutibile maneggevolezza in curva. Chi ha osservato le Mercedes a Livorno, seppellirà questo luogo comune: queste macchine curvavano divinamente bene, stabili, docili, sicure, non altrimenti che le nostre Alfa. Seguitando a cullarci nell’illusione di supplire con queste nostre specialità al difetto di potenza, ci prepareremo altre delusioni.
Anche le vituperate Auto-Union del resto non ci apparvero in difficoltà neppure nelle curve più tormentate: diversa è la tecnica ch’esse richiedono al guidatore in curva e in ripresa, ma non meno buono il risultato complessivo. La loro soccombenza si spiega sopra tutto con la deficienza di freni: tutte le Auto-Union staccavano e frenavano, prima della curva, a maggior distanza delle Mercedes, entrando poi alla stessa velocità di queste e ripartendone anche meglio. Particolarmente provata sotto questo aspetto la macchina di Varzi, che lo costrinse ad una andatura molto cauta: per quanto sia rimasta l'impressione che il galliatese abbia forse tenuto i suoi freni anche troppo di riserva, a giudicare dal vibrante crescendo registrato negli ultimi giri.
Caracciola ha dunque vinto di merito e da gran signore, per quanto il vincitore morale della giornata sia da considerarsi il suo compagno di squadra Lang, che guidò la cavalcata per la prima metà della gara, che visibilmente rinunciò a superare Caracciola dopo il rifornimento, che fu costretto a fermarsi una decina di secondi al terzultimo giro per pulire il cofano, lasciando così al suo caposquadra di precederlo al traguardo per la lunghezza di una macchina.
Nemici delle frasi fatte e delle ripetizioni, preferiamo sintetizzare il nostro giudizio sull’organizzazione, sul concorso di pubblico, sulla riuscita mondana e spettacolare dell'avvenimento livornese, affidato come di prammatica alle cure direttive dell'insostituibile Renzo Castagneto, in una sola parola: successone.

Aldo Farinelli

La Cronaca del Gran Premio
Quando il R.A.C.I. decise di far disputare a Livorno la quindicesima edizione dei Gran Premio d’Italia nessuno, né a Roma, né a Milano, né a Livorno stessa, avrebbe potuto prevedere un così imponente concorso di folla per lo svolgimento della massima prova automobilistica italiana.
I dirigenti del R.A.C.I., prima di abbandonare la città labronica, hanno tenuto ad esprimere al Comm. Tron, Commissario straordinario per la sezione di Livorno, i sensi dei loro vivo compiacimento per la riuscita di una gara che, attesissima in tutta la Toscana e, naturalmente, in modo particolare a Livorno, ha richiamato sulle rive del Tirreno, migliaia e migliaia di appassionati tantissimi dei quali erano giunti tra noi dai più lontani centri della Penisola.
Lo spettacolo offerto dalla folla sul tracciato della “Ciano” lungo Km. 7.218, è stato descritto da una trentina di “inviati speciali” e di questo spettacolo, da autodromo, se ne trova anche una larga eco sui giornali tedeschi che avevano mandato a Livorno una dozzina di capi rubrica dello sport.
Cielo colore grigio chiaro cosparso, qua e là da nubi di colore dell'inchiostro. Vento di ponente, gagliardo, che fa garrire bandiere, drappi, orifiamme; mare in burrasca. Le ondate si ricorrono, sì fondono, spumeggiano sugli scogli e su le dighe, suscitando la curiosità e l’interesse di tutti coloro che non sono abituati a sentirsi il volto sferzato dal vento e dal salmastro. Ancor prima delle dieci, la partenza è fissata per le quindici, il Circuito comincia ad ospitare gli appassionati. Sono pattuglie numerose, carovane allegre che consumeranno, di li a poco, sulla magnifica passeggiata a mare e sui contrafforti del Montenero, la colazione al sacco. Sul tortuoso anello stradale spira aria di festa, ed è festa grande per i motori che sono chiamati, dopo sedici anni di sforzi, di sacrifici, di lavoro, a consacrare, nel modo più completo, l’internazionalità della Coppa Ciano. E la folla aumenta continuamente alimentata com'è dai sottopassaggi, dalle passerelle e perfino dai sentieri.
Poco prima delle 14 quando le tribune nereggiano di appassionati, giungono, accolte al suono degli inni nazionali. le loro A. A. R. R. le principesse Maria di Savoia, Mafalda d’Assia col consorte, Jolanda Contessa Calvi di Bergolo col consorte e i figli. La folla, che ha calorosamente applaudito all’indirizzo delle Principesse Reali, rinnova il suo entusiastico applauso quando giunge nella zona del traguardo S. E. Costanzo Ciano ch’è accompagnato dalla consorte Contessa Carolina e da S. E. Galeazzo Ciano ch’è con la consorte Edda Ciano Mussolini e il figlio Fabrizio. E’ presente anche la sorella del Ministro degli Esteri, Contessa Maria Magistrati Ciano. Fra le autorità intervenute notiamo il Sottosegretario agli Interni on. Buffarini Guidi, il Prof. Zangara, in rappresentanza del Segretario del Partito on. Starace, S. E. Pietro Mascagni e Signora, S. E. Tringalli Casanova, il Senatore Rolandi Ricci, gli on. Farinacci, Ungaro, Bibolini, Cempini, Meazzuoli, Baiocchi; gli ammiragli Romagna, comandante la R. Accademia Navale e Arturo Ciano, e tutte le autorità locali con a capo S. E. il Prefetto. Del R.A.C.I. sono presenti il Conte Bonacossa, che rappresenta anche la Direzione del Partito, il Comm. Magnani, il Presidente della Commissione Sportiva Ing. Furmanik e moltissimi dirigenti delle varie sedi.
Alle 14.20 appaiono sulla pista cento Giovani Fascisti che portano i gagliardetti delle sedi provinciali del R.A.C.I. Il gruppo compatto, che marcia ad andatura bersaglieresca, sfila davanti alle autorità per prendere poi posto in una tribuna appositamente preparata.
Alle 14.25 comincia la sfilata, al suono degli inni nazionali. delle macchine partecipanti al Gran Premio. Prima è la squadra dell’Alfa, con a capo Nuvolari, in considerazione della vittoria riportata alla “Ciano” lo scorso anno, segue l’Auto Union con in testa Rosemeyer, poi la Mercedes che ha a bordo della prima vettura Caracciola. Il pubblico ammira la parata e applaudisce calorosamente i piloti, i dirigenti ed i meccanici. Quando le macchine sono allineate, S. E. Galeazzo Ciano accompagnato dal piccolo Fabrizio, si reca a salutare i corridori mentre dai recinti più vicini alla zona di partenza e dagli stalli partono salve di applausi all’indirizzo del giovane Ministro.
Il tempo di incanalare verso il mare, una colonna di appassionati che straripa di sotto la pineta della Rotonda di Ardenza poi, quando Renzo Castagneto ha tamponata la falla, il “mossiere”, Prof. Zangara, dà il via. Si parte con Caracciola alla corda e con Belmondo in coda. Ululati di sirena, rombi altissimi emessi da quindici pulsanti motori (lo svizzero Ruesch non è partito), odore acre di essenza. E’ cominciato il carosello del XV Gran Premio d’Italia.
La prima delle macchine che irrompe sulla linea di traguardo è quella di Caracciola ch’è seguito da Varzi e Rosemeyer. Segue, vicinissima, la compatta schiera dei bolidi tedeschi tra i quali è riuscito ad insinuarsi Nuvolari. Tazio, con quella sua maglietta di colore giallo canarino, riceve applausi per sette... chilometri perché il circuito, che si è ormai trasformato in un anello umano, non ha, in questo inizio di gara, occhi che per il mantovano, idolo delle folle italiane e di quella toscana in particolare.
Terzo giro. Lang ha superato Caracciola. L’allievo ha mancato di riguardo verso il maestro ma Caracciola non è uomo da farsi piantare in asso e si getta, con la velocità di un siluro, sulle orme di Lang. E la folla approva, con applausi e grida di incoraggiamento, la fuga del giovane pilota della Mercedes. Lang, il vittorioso a Tripoli, l’uomo che ha fatto, nel giro di poche ore, di un macellaio un milionario, ispira simpatia alla folla e chissà quanti saranno coloro che nel vedere il numero “sei” sfilare davanti ai loro occhi ripenseranno al non mai visto circuito africano dove oltre al bel sol d'amore” si possono trovare, se la fortuna ci assiste, dei pacchi di biglietti da mille... Ma gli appassionati non hanno dimenticato Nuvolari che è sulla scia di Varzi. Varzi contro Nuvolari. Torna a riaffiorare il motivo classico di tante edizioni della Ciano e per un momento la folla dimentica i protagonisti della corsa per tenere dietro ai due grandi piloti italiani. Chi comanda la gara è Lang. Lang, sempre Lang. E Rosemeyer, ch’è in terza posizione, dà l’impressione in un giro di guadagnare terreno e nel giro successivo appare invece in ritardo?
E Brauchitsch il velocista? Distaccati, nettamente distaccati.
Lang, nei primi cinque giri, ha fornito questi tempi: 3’34” e 2/5, 3’19”3/5, 3’18”, 3’17”2/5, 3’15”2/5. Caracciola va... meno forte. Ecco i suoi tempi: 3’33”, 3’20”2/5, 3’21”3/5, 3’17”1/5, 3’16”2/5. Ed ecco ora, attraverso il cronometro, il duello Varzi Nuvolari.
Varzi: 3’ 34”2/5, 3’28”, 3’25”3/5, 3’25”, 3’24”.
Nuvolari: 3’39”4/5, 3’25”3/5, 3’26”1/5, 3’25”, 3’23”2/5. La dodici cilindri, modello 1937, pilota Guidotti, gira a velocità di esperimento, vale a dire senza richiedere al motore il suo massimo sforzo. Ecco il responso del cronometro per i primi cinque passaggi di Guidotti: 3’35”3/5, 3’37”4/5, 3’33”, 3’3I”3/5, 3’32”. Al quadro aggiungiamo anche i tempi di Trossi e di Farina.
Trossi 3’53”3/5, 3’35”, 3’32”2/5, 3’50”1/5, 3’50”l/5, 3’28”. Farina: 3’48”2/5, 3’30”3/5, 3’27”2/5, 3’57”,3’28”.
Al sesto giro Nuvolari finisce per avere la meglio su Varzi che appare molto meno veloce che nei giri di prova. L’inseguimento di Nuvolari tiene desta l’attenzione del pubblico che spera di vedere il mantovano piombare alle spalle della coppia fantasma, Lang Caracciola. Se l’entusiasmo della folla avesse il potere di accrescere la velocità di un'automobile, la macchina di Nuvolari diverrebbe vettura razzo. Disgraziatamente il mezzo meccanico di “Nivola” è quello che è e il mantovano, dopo un balzo in avanti, torna a riperdere terreno.
Al decimo giro la classifica è la seguente: Lang 32’54” (media Km. 131.627), Caracciola 32’57”4/5, Rosemeyer 33’4”4/5, Brauchitsch 33’11”2/5, Nuvolari 34’5”1/5, Varzi 34’7” e 1/5. Muller 34’8”3/5, Seaman 34’9”2/5, Stuck 34’24”2/5, Kautz 34’45”2/5, Trossi 35’1/5, Guidotti 35’34”, Biondetti 35’35”, Belmondo 37’15”, Farina 37’18”.
Farina, che si è ripetutamente fermato allo stallo, al tredicesimo giro si ritira. Al quindicesimo giro ha inizio il cambio delle gomme. Il primo è Brauchitsch che cambia la posteriore sinistra impiegando 30”, poi è la volta di Stuck che cambia la posteriore destra in 24”.
Diciannovesimo giro. Passa Lang, passa Caracciola. E Rosemeyer? Il pilota dell’Auto Union è in ritardo perché le gomme non hanno tenuto e per quanto il cambio sia veloce 35’’, al vincitore della Coppa Acerbo non sarà facile strappare dei secondi a coloro che forniscono una chiara dimostrazione del come si può correre per conto proprio senza preoccuparsi eccessivamente degli avversari.
Classifica al ventesimo giro: Lang 1h.5’17” (Km/h 132.676). Caracciola 1h.5’22”2/5, Rosemeyer 1h.6’45”, Muller 1h.7’3”1/5. Nuvolari 1h.7’31”2/5, Seaman 1h.7’38”2/5, Varzi 1h.7’40”, Brauchitsch 1h.8’26”1/5. Trossi 1h.9’4”1/5, Biondetti 1h.10’5”. Guidetti 1h.10’8”2/5, Stuck (che al 17°giro ha ceduto la guida a Hasse) 1h.11’53”4/5, Belmondo 1h.13’49”2/5. Al 21°giro, Nuvolari, che ha avuto un’ottima ripresa, conquista il quarto posto davanti a Muller e Seaman. Al 22°giro è la volta di Nuvolari a dover fermarsi allo stallo per il cambio delle gomme posteriori. Il mantovano approfitta della sosta per far riempire il serbatoio del carburante. “Nivola” riparte dopo 48”. Prima del ventitreesimo passaggio Lang, che con la posteriore destra cammina sulla tela, si ferma 28” allo stallo. Al ventiquattresimo giro Caracciola assume il comando della gara e tolto Lang chi si è visto si è visto. Al venticinquesimo giro il vincitore del Gran Premio di Berna, che ha impiegato 26” nel cambio delle gomme, ha 16” di vantaggio sul compagno di squadra. Classifica al trentesimo giro: Caracciola 1h.39’25”2/5 (media Km. 130.703), Lang 1h.39’26”2/5, Rosemeyer 1h.39’57”1/5, Brauchitsch 1h.40’18”1/5, Muller 1h.41’30”, Nuvolari 1h.42’8”3/5, Seaman 1h.42’31”1/5, Varzi 1h.42’31”1/5, Kautz 1h.43’21”4/5, Trossi 1h.45’36”4/5, Biondetti 1h.45’41”, Stuck 1h.47’49”. Guidotti si è ritirato lungo il rettilineo di Antignano.
Al trentunesimo giro Nuvolari si ferma allo stallo e cede il comando della sua vettura a Farina. Il ritiro di Nuvolari giunge imprevisto perché il mantovano si era fino allora battuto con grande accanimento, ma tutto sommato non si può dar torto all’uomo che ha scritto cinque volte il proprio nome sul libro d’oro della “Ciano”. Le Mercedes di Caracciola e di Lang sono irraggiungibili e le posizioni d’onore sono difese dal piloti dell’Auto Union che, per quanto siano preoccupati dal comportamento dei freni, hanno molta più potenza da spendere di Nuvolari che si trova in condizioni di netta inferiorità.
Al 33°giro Caracciola e Lang, che marciano spesso coda coda, forniscono in 3’11”1/5 il primato sul giro. Questo tempo è inferiore di ben 10” al record (3’21”) stabilito lo scorso anno da Nuvolari. Al trentacinquesimo giro Caracciola ha tre secondi di vantaggio su Lang. Nel giro successivo si ritirerà Brauchitsch.
Classifica al quarantesimo giro: Caracciola 2h.11’47” (media Km. 131.452), Lang 2h.11’48”1/5, Rosemeyer 2h.13’, Muller 2h.15’8”1/5, Seaman 2h.15’31”1/5, Varzi 2h.16’25”4/5, Kautz 2h.16’55”2/5, Farina 2h.17’ e 2/5, Trossi, 2h.22’26”4/5, Hasse, 2h.22’30”2/5, Belmondo 2h.27’40”3/5. Biondetti si è ritirato in località Marroccone e Kautz abbandonerà a sette giri dal termine della gara.
Nel finale Lang accelera e nell’ultimo passaggio Caracciola taglia il traguardo con mezza lunghezza, come si dice negli ippodromi, di vantaggio su Lang. Dopo il giro d’onore il vincitore del XV Gran Premio d’Italia viene condotto nella tribuna centrale dove riceve le congratulazioni del donatore della coppa (a cui la corsa livornese si intitola) S. E. Costanzo Ciano e di S. E. Galeazzo Ciano.
Primi di chiudere queste note riteniamo utile di pubblicare i dati che si riferiscono al giro più veloce compiuto dai corridori classificati. Ecco i nomi, i tempi e le medie: Caracciola (33) in 3’11”1/5, media Km. 135.903: Lang (33) 3’11”1/5, media Km. 135.903, Rosemeyer (18) in 3’12”3/5, media Km. 134.915; Seaman (43) in 3’14”1/5, media Km. 133.804; Muller (28) 3’17”3/5, media Km. 132.502; Varzi (43) 3’16”1/5 media Km. 132.440; Nuvolari (23) 3’16”4/5, media Km.132.036, Trossi (21) 3’21”3/5,media Km. 128.892; Stuck (8) 3’20”3/5, media Km. 129.535; Belmondo (24) 3’25”1/5, media Km. 126.631. Il servizio di cronometraggio era affidato ai camerati: Ottolini, Piovella, Ing. Ghio, Ing. Cionini, Fraschetti, Radice, Parrini, che avevano quali loro aiutanti gli “aggiunti” Cangi e Pettinelli e gli “ aspiranti” dott. Macchia, dott. Sbaraglio, Baroncini e Rimediotti.
Enrico Bensi

LA CLASSIFICA:
1. Caracciola Rodolfo, su Mercedes che compie i 50 giri, pari a Km. 360.900 in 2h.44’54”2/5, alla media di Km. 131.310;
2. Lang Ermanno su Mercedes in 2h.44’54”4/5, media Km. 131.305.
3. Rosemeyer Bernardo su Auto Union in 2h.46’19”4/5, Km/h. 130.186;
4. Seaman Riccardo su Mercedes in 2h.45’2”4/5 (fermato al 49° giro);
5. Muller su Mercedes in 2h.45’40” (fermato al 49° giro);
6. Varzi Achille su Auto Union in 2h.46’15”2/5 (fermato al 49° giro);
7. Nuvolari (Farina) su Alfa Romeo in 2h.47’38”2/5 (fermato al 49° giro);
8. Trossi su Alfa Romeo in 2h.46’15”3/5 (fermato al 47° giro),
9. Stuck (Hasse) su Auto Union in 2h.46’39”2/5 (fermato al 45° giro).
Ritirati: Farina al 13° giro; Guidotti al 24°; Brauchitsch al 36°; Biondetti al 38°; Kautz al 43° giro.
Giro più veloce: il 33° di Caracciola e Lang in 3’11”1/5, alla media di Km. 135.903.

(Da “Auto Italiana “ 20 settembre 1937)

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  • 10 months later...
3 ore fa, sundance76 ha scritto:

Se non erro, prima del via un tifoso cadde da un albero morendo nell'impatto, ma nella cronaca di "Auto Italiana" non si fa menzione del fatto..

In effetti nella cronaca di George Monkhouse vengono citate sia la morte dello spettatore che i tafferugli del pubblico con la Polizia

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