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Williams F1 Racing


Luke36

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Quando si parla della Williams F1 Racing la prima cosa che ci viene in mente è Sir Francis Owen Garbatt Williams CBE.

Come pilota non valeva un granchè. Diciamo anche che era una schiappa però, a differenza di molti altri piloti, lui capii che non era la carriera del pilota che gli avrebbe dato fortuna ma lui amava troppo le corse e allora decise di riversare tutte le sue energie nel tentativo di fondare una scuderia e nel 1970 iniziò l'avventura di Frank in F1 con una De Tomaso ma senza soldi non si va da nessuna parte, specialmente in F1. Ma come oggi, anche allora gli sponsor furono una manna per Williams che, grazie ad una fabbrica di giocattoli, la Politoys produce una monoposto totalmente nuova, la FX3. Era il 1972.

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POLITOYS FORD FX3

Ma la vera svolta fu acquisire sponsor istituzionali come Marlboro e Iso-Rivolta e nel 1974 viene prodotta da Dallara la Iso-Marlboro con alla guida Merzario

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ISO-MARLBORO 1974

Ma la prima monoposto a portare il nome Williams fu la FW04, pilotata da Laffitte e Merzario.

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FW04

I risultati non venivano per carenza di liquidità . Fu nel 1976 che Williams si mise in società  con Wolf, ricco petroliere australiano ma nel 1977 Wolf lascia Frank e fonda una sua scuderia, la Wolf omonima che riesce anche a portare alla vittoria grazie a Jody Scheckter. La Williams vive un periodo nero ma nel 1978 qualcosa succede: viene assunto il progettista Patrick Head che insieme a nuovi sponsors riesce a portare alla vittoria la Williams già  nel 1979 in cinque occasioni.

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FW06 - Prima monoposto progettata da Patrick Head - 1978

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FW07

Iniziano le annate che hanno creato il mito. Il 1980 vede la Williams primeggiare nel campionato costruttori con la FW07B e con Alan Jones primo.

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FW07B

La Williams si ripete anche nel 1981 con la FW07C ma non si ripete nel piloti, vinto da Piquet.

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FW07C

I successi sembrerebbero da imputarsi a molti fattori ma in primis a Patrick Head, che seppe progettare monoposto molto semplici ma efficaci e facili da settare, la galleria del vento, vera innovazione per l'epoca, che fece sviluppare l'effetto suolo della Williams a livelli di eccellenza e soprattutto lo sponsor storico, la Saudia, arabi petrolieri ricchissimi che hanno consentito a Williams di diventare leggenda.

Così Williams si ripetè nel 1986 - 1987 - 1992 - 1993 - 1994 - 1996 - 1997 ! E arrivò secondo nel 1989 - 1991 - 1995 - 2002 - 2003 !

In poco più di un trentennio, Frank ottenne 9 titoli costruttori, 5 titoli di vicecampione e portò nell'olimpo dei piloti campioni del mondo Alan Jones, Keke Rosberg, Nelson Piquet, Nigel Mansell, Alain Prost, Damon Hill, Jacques Villeneuve e dandoci sempre la sensazione che più che il pilota fu soprattutto la monoposto a far vincere il pilota !

Se avete piacere potete approfondire gli argomenti che ho brevemente accennato finora. Sulla Williams F1 Racing c'è veramente un mondo da scrivere :)

Modificato da Luke36
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Ad integrazione, aggiungo anche gli scritti di Gio, sempre preziosi, che mi permetto di postare, facendo cosa gradita a tutti noi :)

By Gio66

Francis Owen Garbett Williams nasce il 16/04/1942 a South Shields, nel nord-est dell'Inghilterra. Dopo la morte del padre, pilota di bombardieri della RAF disperso in missione di guerra, viene mandato in collegio a Dumfries, in Scozia. Al termine degli studi rientra a Nottingham dove cresce la sua passione per le auto da corsa, in particolare per le Jaguar.

Nel 1961 comincia a correre con un'Austin A35 senza ottenere nessun risultato degno di nota. Incontra un pilota quasi omonimo ma non parente, Jonathan Williams, che lo presenta a sua volta ad un altro pilota, Piers Courage, figlio di una grande famiglia proprietaria della birreria Courage.

Nel 1963 Frank si licenzia da rappresentante della famosissima azienda produttrice di salsa di pomodoro Campbell's Soup Company e divide assieme a Jonathan e Courage un appartamento a Londra. Jonathan Williams corre in F.Junior e Frank lo segue come meccanico/DS/organizzatore tuttofare.

La sua istruzione, la conoscenza di più lingue e la sua naturalezza nei rapporti con le persone gli fanno guadagnare la fiducia di molte persone nel paddock. In virtù di questo Frank riesce a guadagnarsi una Brabham per fare correre Courage in F3 nel 1964 grazie all'interessamento del miliardario Anthony "Bubbles" Horsley che poi parteciperà  all'avventura della Hesketh. Contemporaneamente gestisce, sempre grazie a Horsley, la Brabham BT10 di F2 di Jochen Rindt che a Crystal Palace regala la prima vittoria al team manager Frank Williams battendo piloti come Graham Hill, Alan Rees, Denny Hulme e Jim Clark. E' il 18 maggio 1964.

Nel 1966 nasce a Slough la Frank Williams Racing Cars Ltd. e di lì a poco Frank smette anche di effettuare le poche gare che si concedeva di correre ogni tanto, uscendo puntualmente di pista. Intanto Tim e Reg Parnell mettono gli occhi su Courage e lo fanno esordire in F1 nel 1967.

Nel 1968 Frank acquista una Brabham BT23 di F2 per fare correre Jonathan che vince a Monza il GP lotteria e Courage che conquista il 3° posto ad Albi. Saltuariamente la suddetta Brabham viene affidata anche ad un giovane avvocato londinese appassionato di corse: Max Mosley. Nella tradizionale Temporada Argentina Courage conquista la vittoria a Buenos Aires e Frank fa correre anche una giovane speranza locale: Carlos Reutemann.

Nel 1969 (non nel 1970) Frank decide di fare il salto in F1 ed acquista una Brabham BT26 modificata da Robin Herd per essere equipaggiata con pneumatici Dunlop invece dei Goodyear per i quali la monoposto è stata disegnata. Il pilota sarà  Piers Courage.

La prima stagione in F1 è positiva con l'8° posto finale di Courage nella classifica piloti ed il 2° posto conquistato a Montecarlo alle spalle di Sua Maestà  Graham Hill. Al Glen arriva un altro 2° posto davanti alle Brabham ufficiali che fa storcere il naso ai dirigenti della Goodyear.

La scuderia di Williams comincia a far parlare di sè ed a Monza l'ing. Giampaolo Dallara presenta Frank ad Alejandro De Tomaso il quale gli propone di gestire nel 1970 una sua F1 disegnata proprio da Dallara. Frank deve procurare gli sponsor ed un DFV. Il pilota sarà  ancora Courage.

La rossa monoposta sponsorizzata da Dunlop, Ward e Castrol è bella ma troppo pesante. I risultati non arrivano e Courage va a sbattere parecchie volte. A Zandvoort sembra esserci un'inversione di tendenza, Courage è sesto e sta recuperando sulla Ferrari dell'esordiente Clay Regazzoni ma all'improvviso la De Tomaso esce di pista andando a schiantarsi contro il terrapieno. Courage muore sul colpo. Pochi giorni più tardi, a Monza, Frank perde un altro amico, Jochen Rindt. Da quel giorno decide che non si affezionerà  mai più ad un suo pilota. Anche per questo, a volte, può sembrare che Williams tratti troppo duramente i suoi piloti.

Terminata la collaborazione con De Tomaso, Frank acquista da Max Mosley una March 711. Nel frattempo, infatti, l'avvocato ha fondato assieme ad Alan Rees, Graham Coaker e Robin Herd la scuderia March. Lo sponsor è la Politoys, il pilota è Henry Pescarolo. La mancanza di soldi e, conseguentemente, di sviluppo porta ad una stagione 1971 particolarmente avara di risultati: solo 4 punti. La situazione è talmente critica che Frank deve usare una cabina pubblica per le telefonate in quanto gli sono stati staccati i fili del telefono per morosità .

A questo punto Williams cambia tattica. Non più acquistare monoposto ma costrursele da sè. Ingaggia Len Bailey (quello della Ford GT40) e Maurice Gomm, ottiene ancora la fiducia della Politoys. La vettura per il 1972 è però in clamoroso ritardo di costruzione e così Frank affida a Pescarolo e Carlos Pace due pessime March 721. La Politoys FX3 debutta desolatamente a Brands Hatch quando Pescarolo va a sbattere alla Dingle Dell e non apparirà  mai più.

Il team si trasferisce a Reading e Frank trova l'inaspettato aiuto di un amico francese, Patrick Duffeler, membro del consiglio di amministrazione della Marlboro che decide di aiutare un piccolo team. La Iso-Rivolta accetta di portare avanti il progetto e le vetture saranno guidate da Howden Ganley e Nanni Galli (e poi da altri) che portano i soldi necessari a completare il budget. La FX3, pur modificata, non è affatto competitiva, nel finale di stagione viene guidata anche da Jacky Ickx ma senza alcun risultato utile.

Ciononostante la Marlboro conferma il suo appoggio anche per il 1974. Frank ricontatta Dallara per costruire la prima vera Williams, la FW01 (non la FW04). L'unico pilota ad inizio stagione è Arturo Merzario che a Kyalami è clamorosamente 3° in qualifica alle spalle di Lauda e Pace e davanti a Reutemann, Fittipaldi e Regazzoni. In gara Merzario dà  il massimo e, con il 6° posto finale, regala a Williams il primo punto iridato da costruttore vero. La seconda vettura intanto viene affittata a diversi altri piloti ma è ancora Merzario a portare punti con il 4° posto di Monza.

La Marlboro riduce il suo apporto economico per il 1975, Merzario resta primo pilota mentre Jacques Laffite deve portare 1000 sterline a gara per poter correre. I Cosworth di Williams si rompono facilmente e le revisioni costano care così gli altri team manager mossi a compassione, da Tyrrell ad Ecclestone, aiutano Frank svelandogli alcuni trucchi del mestiere per evitare rotture e costi inutili. Una solidarietà  che non esisterà  mai più in F1. Frank deve sfuggire agli ufficiali giudiziari che lo inseguono ovunque, viene sfrattato, subisce un'interdizione bancaria ma non si arrende e addirittura, per sposarsi, chiede in prestito le 8 sterline necessarie a celebrare la cerimonia.

La svolta avviene quando il petroliere austro-canadese Walter Wolf, che vede nella F1 un buon mezzo per farsi pubblicità , fa visita al team all'International Trophy di Silverstone. Dopo aver rotto entrambi i motori disponibili, Merzario deve rinunciare alla corsa ma Wolf, entusiasta come un bambino, mette mano al portafogli e procura due DFV nuovi per Williams. Non solo! Seguirà  la scuderia per tutta la stagione occupandosi personalmente delle spese necessarie e consentendo al team di fare un salto di qualità . I risultati arrivano e Jacques Laffite conquista uno splendido 2° posto al Nurburgring che consente al team di usufruire dei benefici economici previsti dalla FOCA.

Wolf azzera tutti i debiti del team in cambio del 60% della proprietà  della scuderia stessa e decide di rilevare tutto il materiale della Hesketh, ora nelle mani di Anthony "Bubbles" Horsley dopo la fuga negli USA di Lord Alexander Hesketh, nei guai col fisco inglese. Assieme al materiale, Wolf rileva anche una parte del personale tra cui c'è Harvey Postlethwaite che diventa l'ingegnere-capo della nuova scuderia Wolf-Williams. Questo mette in imbarazzo Frank che stava per affidare quel ruolo ad un giovane ingegnere, Patrick Head, che accetta umilmente di fare il secondo di Postlethwaite.

La FW05 del 1976 non è altro che una Hesketh 308C modificata, il primo pilota è Ickx mentre la seconda vettura sarà  sempre a pagamento. La FW05 si rivela catastrofica, Ickx abbandona il team a metà  stagione. A fine campionato la FW05 non ha racimolato nemmeno un punticino. Wolf acquista anche il restante 40% del team e sostituisce Frank con Peter Warr.

Walter Wolf degrada così Frank Williams a semplice… autista (lo manda a ricevere gli ospiti all’aeroporto per poi accompagnarli all’albergo o alla factory), considerandolo l’anello debole della squadra. Umiliato, Frank decide di lasciare la squadra. La nuova vettura per il 1977, progettata da Harvey Postlethwaite e Patrick Head, si chiamerà  solo Wolf, il nome Williams non esiste più. Il pilota del Walter Wolf Racing Team è Jody Scheckter.

Frank non si è arrende e con i soldi della liquidazione di Wolf ha comprato una March 761 (che, in realtà  è una 741 ex-Brambilla, come scoprirà  togliendo la vernice dalla carrozzeria), 3 motori Cosworth usati e ingaggia il pilota belga Patrick Neve che porta lo sponsor birraio Belle-Vue.

Nasce la Williams Grand Prix Engineering.

Un amico di Williams che fa l’agente pubblicitario gli propone un incontro con Mohammed Al Fawzan, rappresentante per l’Europa della compagnia aerea araba Saudia Airlines, che vede nella F1 un buon mezzo pubblicitario. L’accordo viene raggiunto e sull’alettone posteriore della March appare la decal Fly Saudia. La nuova sede della scuderia, dove Patrick Head, Ross Brawn e Neil Oatley lavorano ad una vettura completamente nuova per il 1978, si trova a Didcot.

Con i soldi della Saudia Airlines Frank Williams può finalmente far costruire una nuova monoposto in tutta tranquillità . La nuova FW06, molto bella e ben rifinita, disegnata da Patrick Head assistito da Ross Brawn e Neil Oatley, è già  pronta a fine ’77 ma occorre un pilota valido per condurla: Williams e Head puntano le loro speranze su Alan Jones che accetta con entusiasmo dopo una visita alla factory di Didcot.

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Ora che ci sono i soldi, anche la Goodyear cambia atteggiamento nei confronti della Williams. A partire dal GP del Brasile 1978 Frank può usufruire delle speciali gomme da qualifica, riservate fino a quel momento solo ai top teams.

A Kyalami arrivano i primi 3 punti per la nuova scuderia nonostante Jones corra con l’influenza, a dimostrazione del carattere battagliero dell’australiano. Questa dote sarà  il collante fondamentale tra lui, Head e, soprattutto, con Williams che, dalla morte di Courage e Rindt cercava sempre di “tenere le distanze†coi suoi piloti. Forse, ancora oggi, Alan Jones è l’unico pilota che può dire di essere stato trattato coi guanti bianchi a Didcot.

Il 9° posto nella Coppa Costruttori 1978 restituisce al team i diritti FOCA persi a fine ’76.

Patrick Head diventa socio al 50% della Williams Grand Prix Engineering

Un ulteriore sponsor arabo si aggiunge nel 1979 alla Saudia Airlines che già  campeggia sulla carrozzeria della Williams: si tratta della Techniques d’Avant Garde di Akram Ojjeh, padre di Mansour, amico del cugino del proprietario della Saudia, Mohammed Ben Nawaf. Il giovane Ojjeh convince il padre che la F1 è un fantastico mezzo di promozione e la coppia Williams-Head non chiede di meglio. Ormai senza più problemi economici la scuderia di Didcot si permette il lusso di ingaggiare un secondo progettista, Frank Dernie, ed un secondo pilota dalla grandissima esperienza e velocità  come Clay Regazzoni. La progettazione della nuova FW07 è rallentata dalla minuziosità  con la quale Head allestisce un sofisticato sistema di controllo-qualità  dell’azienda per ridurre al minimo la possibilità  di errori nella costruzione di componenti della vettura e, di conseguenza, aumentarne l’affidabilità  e la sicurezza.

La FW06 viene pensionata a Long Beach con uno splendido 3° posto favorito dalla particolarità  del circuito cittadino californiano. Ormai il concetto tradizionale della FW06 è superato. La F1 entra nell’epoca delle wing-cars e la FW07 ne sarà  una delle migliori espressioni in assoluto.

Dopo gli inevitabili problemi di gioventù emersi a Jarama, la nuova monoposto dimostra il suo potenziale a Zolder dove Jones potrebbe già  vincere se non fosse fermato da un problema elettrico poco dopo metà  gara quando è ampiamente al comando.

A Monaco, nonostante il tracciato, Regazzoni si rende protagonista di una splendida rimonta che lo porta dal 16° posto di partenza al 2° conclusivo a meno di mezzo secondo dal vincitore Scheckter su Ferrari.

A Digione, teatro del duello Villeneuve-Arnoux, la Goodyear non può niente contro lo strapotere Michelin (3 monoposto sul podio) ma Jones è il primo dei non Bibendum.

Il GP di Gran Bretagna si corre a Silverstone e la FW07 esprime il suo potenziale fin dalle prove. Jones fa segnare una pole incredibile in 1’11â€88 polverizzando il record di 1’16â€07 ottenuto da Peterson l’anno precedente all’International Trophy con la Lotus 78. Regazzoni, 4° in prova, scatta al comando ma già  nel corso del primo giro cede il passo al compagno di squadra ed alla Renault turbo di Jabouille. Dopo 16 tornate il motore del francese si rompe e le due monoposto bianco-verdi si ritrovano indisturbate al comando del GP di casa. Sarebbe un vero e proprio trionfo se non si rompesse la pompa dell’acqua di Jones, comunque Gianclaudio Regazzoni, a 39 anni e 10 mesi, regala la prima vittoria in un GP di F1 a Frank Williams. Per lo svizzero è la quinta ed ultima vittoria in carriera. La superiorità  della FW07 viene ancor più esaltata dai tempi sul giro in gara: Clay fa segnare il più veloce in 1’14â€40, Jones all’8° giro (quindi con ancora quasi 200 litri nei serbatoi) è secondo in 1’14â€89. Tutti gli altri non scendono mai sotto l’1’15†anche con la vettura scarica.

Per rispetto degli sponsors musulmani, sul podio Rega non beve champagne ma… succo d’ananas. Questa forma di rispetto continuerà  per tutto il periodo di sponsorizzazione della Saudia. Certamente, una volta sceso dal podio, Clay avrà  recuperato abbondantemente…

La doppietta è solo rinviata di 2 settimane: ad Hockenheim Jones conquista il suo 2° GP davanti a Rega e a Laffite. Al GP di Germania appare anche un nuovo, piccolo, sponsor arabo: Baroom Bin Laden. L’australiano si ripete anche a Zeltweg e Zandvoort dove infligge distacchi importanti al 2° classificato ma il regolamento adottato per la stagione 1979 impedisce matematicamente a Jones di contendere il titolo iridato alle Ferrari di Scheckter e Villeneuve a causa dei risultati insufficienti ottenuti nella prima parte del campionato. Comunque Jones vince anche a Montreal e si piazza al 3° posto della classifica piloti, unico a conquistare 4 vittorie.

Con 5 primi posti, la Williams è seconda nella Coppa Costruttori: non male per una scuderia al 2° anno di attività .

Nonostante gli ottimi risultati ottenuti, Regazzoni viene lasciato a piedi a fine stagione e, per il 1980, viene ingaggiato Carlos Reutemann. Entra un altro sponsor: la British Leyland. Durante l’inverno Head, Dernie ed Oatley affinano la FW07 alla evoluzione B ma, come d’abitudine in quegli anni, è la vecchia monoposto a cominciare il campionato. E lo comincia alla grandissima. Jones vince con 24†di vantaggio sulla Brabham di Piquet nonostante 3 testacoda ed una sosta ai box per liberare un radiatore ostruito da un pezzo di carta raccolto in pista. Il giro più veloce in gara è di quasi 1†migliore di quello del più vicino antagonista, Laffite.

Nei 3 GP successivi (Interlagos, Kyalami e Long Beach) nonostante l’esordio della FW07B, Jones raccoglie solo 4 punti e Reutemann 2 ma da Zolder il team ritorna competitivo col 2° posto dell’australiano.

A Monaco arriva la prima provvidenziale vittoria per Lole la cui remissività , contrapposta alla grinta di Jones, lo stava già  mettendo in secondo piano all’interno del team.

La guerra FISA-FOCA fa si che la vittoria di Jones a Jarama sia inutile. Per “rappresagliaâ€, al termine del successivo vittorioso GP di Francia, in casa di Balestre, Jones rallenta appena tagliato il traguardo per ricevere dalle mani del capo-meccanico Ian Anderson una Union Jack da esibire nel giro d’onore.

Altra vittoria per Jones a Brands Hatch mentre ad Hockenheim l’australiano è costretto ad un pit-stop a 3 giri dal termine a causa di una foratura lenta quando è ampiamente in testa.

A Zeltweg lo strapotere del turbo Renault ha il sopravvento e Jabouille batte Jones, il quale si mette nei guai da solo a Zandvoort quando, dopo aver già  sbattuto violentemente in prova, compromette la gara rompendo una minigonna su un cordolo terminando 11° e consentendo al vincitore Piquet di riaprire i giochi per il titolo.

A Imola vince ancora Piquet davanti a Jones e Reutemann ed il brasiliano si porta al comando della classifica di un solo punto (54 a 53) quando mancano 2 gare al termine. Questa volta il regolamento arride a Jones che, a differenza del 28enne carioca, non deve scartare punti.

Al termine delle prove del GP del Canada si materializza il duello: Piquet è in pole, Jones al suo fianco. Quando il semaforo diventa verde Piquet ha una leggera incertezza, Jones lo supera e lo stringe contro il muro alla prima semicurva. Le monoposto si toccano generando una carambola che coinvolge una decina di vetture costringendo il direttore di corsa a sospendere il GP. La Brabham di Piquet è danneggiata per cui il brasiliano deve ripartire con il muletto sul quale è montato un DFV ormai fiacco. Infatti, quando la corsa riparte, Jones non rischia un altro scontro lasciando andare Piquet il quale Cosworth rende l’anima dopo 24 giri. Pironi domina il GP ma viene penalizzato di un minuto per partenza anticipata. Sul traguardo l’australiano è primo davanti a Reutemann per una splendida doppietta. Jones e la Williams sono Campioni del Mondo ma nel box non si festeggia, eccezion fatta per la Union Jack issata sopra al box: bisogna pensare all’ultimo GP dell’anno.

Per Frank Williams, come per Enzo Ferrari, la vittoria più importante è la prossima.

La stagione si conclude con un’altra doppietta a Watkins Glen.

L’unica certezza per il 1981 è la conferma dei piloti.

La Goodyear si ritira dalla F1, la guerra FISA-FOCA sembra portare ad una scissione che darebbe vita ad un nuovo campionato. I teams FOCA partono per Kyalami con monoposto dotate di minigonne scorrevoli, vietate dalla FISA. Il GP si corre e viene vinto da Reutemann ma non viene ritenuto valido per il mondiale.

Poi viene stipulato il Patto della Concordia e, una volta spartita la torta dei diritti televisivi, la F1 si riunifica e riparte da Long Beach con nuove regole: minigonne non scorrevoli ma fisse ed altezza minima del fondo dal suolo di 6 centimetri.

Ciononostante in California è ancora doppietta per la FW07C (evoluzione della FW07B).

A Jacarepaguà  la pioggia caratterizza il GP ed esalta il nuovo connubio tra il telaio della FW07C e le Michelin. Reutemann e Jones dominano la gara fin dal via ma Reutemann non rispetta il suo ruolo di seconda guida espressamente accettato sul contratto: “Se Jones è primo, Reutemann non dovrà  passarlo. Se Reutemann è primo con 5†su Jones dovrà  rallentareâ€. Lole non rallenta e va a vincere ma al suo ritorno ai box gli vengono richieste spiegazioni. Lui cerca di giustificarsi dicendo di non aver visto i cartelli che gli indicavano di invertire le posizioni e poi ancora di essere rimasto sorpreso dalla bandiera a scacchi pensando di avere ancora un giro da disputare nel quale avrebbe ceduto la vittoria a Jones. Peccato che Lole abbia fatto segnare il suo miglior tempo proprio all’ultimo giro… Jones ed il team la prendono molto male.

Fatta la legge, trovato l’inganno: Gordon Murray inventa i correttori d’assetto che permettono di aggirare il nuovo regolamento e garantire il sigillo al suolo della sua Brabham. A Buenos Aires le BT49C volano (Rebaque è secondo!!! prima di ritirarsi per un guasto meccanico) e Williams corre ai ripari chiedendo ad Head di adottare la stessa soluzione.

Ad Imola il sistema viene omologato dalla FISA, legalizzando di fatto una truffa.

A Zolder si consuma un week-end di follia. Durante le prove del venerdì, Reutemann investe un meccanico dell’Osella nella strettissima corsia dei box uccidendolo. Sullo schieramento i piloti, in segno di solidarietà  verso i meccanici, decidono di non partire, ma Ecclestone, Chapman e Williams intimano loro di partire immediatamente, pena il licenziamento. Nel caos generale si spegne il motore della Arrows di Patrese. Dave Luckett, un meccanico Arrows, entra in pista per riavviarlo proprio mentre viene dato il via. Tutti evitano la vettura ferma, tranne il compagno Stohr che tampona la monoposto gemella schiacciando il malcapitato meccanico che, fortunatamente, se la cava con fratture alle gambe. Reutemann vince questo disgraziato GP davanti a Laffite e Mansell, al suo primo podio, e allunga decisamente in classifica. Il suo vantaggio su Piquet è di 12 punti.

A Monaco Jones torna protagonista ma la vittoria gli sfugge nel finale a causa di un problema alla pompa di benzina che consente a Gilles di riportare la Ferrari alla vittoria.

L’australiano butta via la corsa a Jarama con un’uscita di pista dopo 13 giri quando stava dominando. Lole potrebbe portare a casa il bottino pieno ma si impappina alle spalle di Villeneuve senza mai impensierirlo ed alla fine termina addirittura 5° superato da Laffite, Watson e De Angelis. La mancanza di grinta dimostrata peggiora la sua posizione all’interno del team.

Dal GP di Francia rientra la Goodyear e fornisce Lotus, Brabham e Williams.

L’annata nera di Jones prosegue tra ritiri ed uscite di pista e perde ogni possibilità  di difendere il titolo. Lole è sempre in testa al campionato ma Piquet gli rosicchia punti su punti.

A Zeltweg Reutemann si presenta con 43 punti contro i 35 di Piquet. Jones è 4° in classifica con 24 ma si guarda bene di lasciare passare l’odiato compagno nel finale ricambiandogli il “favore†di Rio. In Austria Piquet è 3°, Jones 4° e Lole 5°: un punto che si rivelerà  pesantissimo alla fine del campionato.

In Canada la pioggia condiziona la gara: le Goodyear non hanno voce in capitolo. Ciononostante Piquet porta a casa 2 punticini mentre Reutemann naufraga nelle retrovie.

L’ultimo appuntamento stagionale è nel parcheggio del Caesar’s Palace di Las Vegas nel quale viene ricavato un circuito assurdo delimitato dai Jersey. Reutemann ha 49 punti, Piquet 48, Laffite 43. Lole conquista la pole davanti a Jones a sottolineare che la Williams è in perfetta salute. Piquet è 4°. Al via Jones, che ha annunciato il suo ritiro dalle corse a fine stagione, scatta al comando per non lasciarlo più ed andare a vincere con 20†su Prost. Reutemann invece parte male ed alla prima curva è 5°, scavalcato da Villeneuve, Prost e Giacomelli. Nei 2 giri successivi viene superato anche da Watson e Laffite ed è 7° proprio davanti a Piquet. Nonostante l’inizio disastroso l’argentino sarebbe Campione del Mondo ma il suo calvario è appena iniziato. Al 17° giro Piquet ed Andretti lo scavalcano ed il suo morale va definitivamente a fondo. Nelson Piquet taglia il traguardo in quinta posizione ed è Campione. Reutemann è 8°, doppiato dal vincitore e dal neo-campione del mondo. Il suo giro più veloce in gara è più lento di 1.3†rispetto a quello del compagno che viene festeggiato da tutto il team. Non sembra neppure che la squadra abbia perso il titolo piloti all’ultima gara dopo essere stata al comando per l’anno intero.

La Williams conquista il Mondiale Costruttori che subentra alla Coppa Costruttori.

Nonostante tutto Reutemann decide di rimanere in Williams per il 1982. Al suo fianco viene ingaggiato il 33enne finlandese Keke Rosberg del quale si ricorda l’incredibile vittoria all’International Trophy del 1978, sotto la pioggia battente, con l’abominevole Theodore: un altro combattente.

Ci sono grosse novità  a Didcot. Il DS Jeff Hazell viene rimpiazzato da Peter Collins ma soprattutto diventa operativa la galleria del vento privata del team.

Nell’inverno viene anche realizzata e testata una FW07C con 4 ruote motrici posteriori. L’esperimento sembra dare dei buoni risultati al Paul Ricard ma il nuovo regolamento FISA, pubblicato di lì a poco, metterà  al bando per sempre le F1 con più di 4 ruote ponendo fine all'esperimento.

Con la FW07C Lole e Keke sono 2° e 5° a Kyalami mentre a Rio il finlandese mette in mostra le sue credenziali battagliando col campione in carica Piquet e conquistando il 2° posto. Brabham e Williams adottano strani serbatoi d’acqua per il raffreddamento dei freni che sono soltanto una furba interpretazione del regolamento per correre sotto peso. E’ infatti previsto che le vetture, prima delle verifiche di fine gara, possano rabboccare i liquidi di consumo. In realtà  quei serbatoi, durante la gara, sono sempre vuoti. Ferrari e Renault sporgono reclamo, la Federazione si riserva di dare una risposta a breve.

Carlos Reutemann annuncia il suo ritiro dalle corse immediato a fine GP. L’argentino non sopporta più le beghe politiche della F1 e la durezza delle wing-cars che, a causa delle sospensioni pressoché bloccate, spaccano la schiena ai piloti. Qualcuno dice anche che la decisione venga presa a causa della crisi delle Isole Malvinas che porterà  alla guerra tra Argentina e Gran Bretagna (in luglio il tennista Guillermo Vilas boicotterà  Wimbledon per questo motivo).

Williams deve trovare in fretta un altro pilota per Long Beach e si rivolge a Mario Andretti che accetta ma solo per quella gara che Rosberg conclude ancora al 2° posto dietro al redivivo Lauda.

La FISA emette la sentenza riguardante il GP del Brasile e squalifica sia Piquet che Rosberg consegnando la vittoria a Prost. Per protesta, quasi tutti i teams FOCA boicottano il GP di S.Marino a Imola.

Da Zolder lo schieramento ritorna a ranghi compatti e la Williams #5 viene affidata al 29enne irlandese Derek Daly. Nel GP che porta via Gilles, Keke è ancora una volta 2° alle spalle di Watson con la nuova FW08.

A Detroit Rosberg conduce il GP nella fase centrale ma poi deve cedere fino al 5° posto finale.

L’estate è caratterizzata dai circuiti veloci sui quali i turbo di Renault e Ferrari lasciano solo le briciole ai vecchi DFV ma Keke è sempre molto regolare disputando alle McLaren il ruolo di “miglior aspiratoâ€.

L’incidente di Hockenheim toglie dai giochi il favorito per il titolo Didier Pironi e lancia Keke verso l’iride.

A Zeltweg il baffuto finlandese si ritrova alle calcagna di Elio De Angelis fin dall’8° giro ma è il 53° ed ultimo che infiamma i cuori degli appassionati che assistono ad un duello meraviglioso che vede prevalere il romano per soli 0.05â€. E’ l’ultima volta che si vede volare in aria il cappellino nero di Chapman.

Due settimane dopo a Digione i turbo cedono ad uno ad uno e Keke, finalmente, porta a casa la sua prima vittoria passando anche in testa alla classifica iridata con 42 punti contro i 39 del convalescente Pironi ed i 31 di Prost. La vittoria è particolarmente entusiasmante per il pubblico perché Keke, sui curvoni di Digione, mette in mostra una guida altamente spettacolare facendo scivolare la sua FW08 sulle 4 ruote.

Monza segna una battuta d’arresto sia per Rosberg (8° a 2 giri) che per Prost (ritirato) il quale viene scavalcato da Watson con 33 punti e perde matematicamente ogni possibilità  iridata.

Per l’ultima volta il mondiale si chiude a Las Vegas. Solo un miracolo può dare il titolo a Watson che comunque ci prova concludendo 2° alle spalle di Michele Alboreto, al primo successo con la Tyrrell. Rosberg, 5°, è Campione del Mondo.

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1983. Il Patto della Concordia ha di fatto “sdoganato†il motore turbo ed è evidente che solo il destino (per quanto riguarda la Ferrari) e l’ancora scarsa affidabilità  (per la Renault e la BMW) hanno impedito ai motori sovralimentati di conquistare il titolo iridato. Il vecchio, glorioso DFV ha i giorni contati e a Didcot non si può perdere tempo. Williams ed Head contattano il loro vecchio amico Ron Tauranac che, una volta ceduta la Brabham ad Ecclestone, dirige e costruisce la Ralt in F2. Le vetture di Tauranac sono equipaggiate con l’ottimo V6 Honda ed i due soci, sapendo che la Honda vorrebbe entrare in F1 e che la TAG li lascerà  a fine ’83 per finanziare il turbo Porsche destinato alla McLaren, raggiungono un accordo con i giapponesi per la fornitura di un nuovo motore turbo ma la stagione della Williams comincia col motore aspirato.

Al posto del deludente Daly viene ingaggiato Jacques Laffite che ritrova così la sua vecchia scuderia, ben diversa da quando vi debuttò nel 1974, nella speranza di poter conquistare quel titolo che insegue da almeno 4 anni.

Il mondiale, per la prima volta nella sua storia, comincia a metà  marzo, ben 5 mesi e mezzo dopo il GP di Las Vegas (25 settembre). Per questo motivo la quasi totalità  delle squadre presenta le nuove monoposto e si perde la consuetudine di rivedere nei primi GP dell’anno le vetture che avevano appena concluso la stagione precedente.

La nuova FW08C non è altro che l’adattamento della FW08 al nuovo regolamento che impone il fondo piatto e riduce drasticamente l’effetto suolo. Per questo motivo non sono più necessarie le lunghe fiancate che contenevano i profili alari determinanti per creare il Tubo di Venturi che “incollava†le auto all’asfalto. Anche per il 1983 la Williams monta pneumatici Goodyear come Tyrrell e Ferrari. Tutti gli altri top teams hanno le Michelin mentre la Lotus opta per le Pirelli.

La Williams adotta il sistema del pit-stop tattico introdotto dalla Brabham nel 1982 con cambio gomme e rifornimento di benzina. Al via Keke, autore della pole, scatta al comando per poi cedere il passo alla più veloce Brabham-BMW di Piquet. Poco prima di metà  gara Rosberg rientra per il pit-stop ma i meccanici Williams pasticciano e la benzina fuoriuscita dalla pompa di rifornimento si incendia. Il finlandese dimostra tutta la sua “freddezza†saltando fuori dall’abitacolo mentre i commissari antincendio ripristinano la sicurezza. Dopo l’iniziale spavento, Patrick Head intima al proprio pilota di riprendere la gara nonostante abbia accumulato un ritardo di un minuto e mezzo. Rosberg compie un vero capolavoro sdoppiandosi e rimontando fino al 2° posto. Termina così il GP con tre campioni del mondo (Piquet, Lauda e Keke) sul podio ma Rosberg viene squalificato per essere stato spinto dai meccanici nella ripartenza dai box.

Anche a Long Beach Rosberg è protagonista. All’accendersi del semaforo verde, non indugia a farsi largo a ruotate ai danni di Arnoux e nel corso del 1° giro tenta l’attacco in frenata ai danni del leader Tambay. Tradito probabilmente dalla rabbia accumulata a causa della squalifica subita nel GP precedente, il baffuto finlandese si scompone nel tentativo di sorpasso compiendo un testacoda di 360 gradi perdendo solamente una posizione a vantaggio del compagno Laffite.

Imperterrito, il campione del mondo si sbarazza del fantino francese e si lancia nuovamente alla caccia della Ferrari numero 27, raggiungendola nell’arco di poche tornate. Il passo di Tambay non è proprio da leader e alle sue spalle si forma un trenino composto dalle due Williams, dal sorprendente Alboreto, da Patrese e da Jarier. Rosberg, impaziente, tenta di scavalcare in ogni modo Tambay, ma la tortuosità  del circuito non permette un’agevole manovra di sorpasso, fino a quando, nel corso del 26° giro, lo affianca alla staccata del tornantino; il francese non lascia spazio sufficiente ed il contatto è inevitabile con il conseguente ritiro di entrambi.

Il 10 aprile Keke e la Williams conquistano a Brands Hatch una vittoria in qualche modo storica, aggiudicandosi l’ultima edizione della Race of Champions battendo la Tyrrell di Danny Sullivan e l’Arrows del rientrante Ala Jones. Da quel giorno non si correrà  mai più un GP di F1 non valido per il Mondiale.

A Le Castellet ed Imola non c’è storia: i turbo dominano in lungo e in largo. Comunque il Campione del Mondo è sempre il migliore tra gli aspirati: 4° in Francia e 5° in Romagna.

Anche a Monaco i turbo dominano le prove ma la pioggia, caduta poco prima della gara, mescola le carte. Al momento del via non piove più ed in Williams si tenta l’azzardo montando gomme slick ad entrambi i piloti. La scelta paga: Keke scatta benissimo dalla quinta posizione ed a S.te Devote è secondo per poi transitare in testa al termine del primo giro ed allungare con decisione. Alle sue spalle lo segue il compagno Laffite. Il dominio Williams è assoluto, tutti gli altri piloti devono infatti fermarsi a montare le slick perdendo ogni possibilità  di vittoria. La festa viene rovinata dal cambio di Laffite che si rompe quando la doppietta sembra ormai acquisita.

Dopo il ritorno alla “normalità â€ di Spa, dove 4 vetture turbo precedono Rosberg e Laffite, la Williams torna sul podio a Detroit, altro circuito cittadino sul quale l’aspirato può ancora dire la sua. Le prove lasciano presagire ben poco (Keke 12°, Laffite 20°) ma la gara è un’altra cosa. Al primo passaggio il Campione del Mondo è già  7° dopodiché supera Warwick, Alboreto, De Cesaris e Piquet risalendo al 2° posto (grazie anche al ritiro di De Angelis) in soli 20 giri. Anche Laffite si dà  da fare e dopo il pit-stop le due vetture bianco-verdi sono al 3° e 5° posto. A 10 giri dal termine il leader della gara Piquet è vittima di una foratura che lo costringe ai box e scende in quarta posizione lasciando via libera ad Alboreto, Rosberg e Watson che concludono nell’ordine.

Per il glorioso Ford-Cosworth è il canto del cigno, l’ultima di 176 vittorie.

La seconda parte della stagione è un vero calvario per la Williams e per chiunque non dispone di un motore turbo. Addirittura a Brands Hatch si classificano 10 vetture sovralimentate ai primi 10 posti.

Frank Williams e Nobuhiko Kawamoto, vice presidente della Honda, presentano la nuova FW09 a margine del GP d’Austria ed effettua i primi test a Donington all’inizio di settembre.

L’unità  RA163E è un V6 biturbo che eroga circa 600 CV.

A Kyalami la non-proprio-bellissima monoposto fa il suo debutto ufficiale per l’ultimo GP della stagione, quello che laurea Piquet Campione del Mondo. Le qualifiche promettono bene: Keke è 6°, Laffite 10°. Jacquot esce di pista nel corso del 1° giro mentre Rosberg, con una gara accorta, porta la FW09 in fondo in quinta posizione girando su tempi vicini a quelli di De Cesaris (2° al traguardo) e della ben più collaudata Ferrari di Tambay.

Rosberg chiude il campionato in quinta posizione, la Williams è quarta, miglior team con motore aspirato.

Chiusa con una nuova speranza la stagione agonistica, la Williams trasferisce la propria factory in una struttura più accogliente ed adeguata ma sempre a Didcot.

Il 1984 sarà  dedicato quasi esclusivamente allo sviluppo del turbo Honda.I 650 CV a disposizione (contro i 480 del DFV) sono ancora pochi rispetto ai 750 del TAG-Porsche o agli 850 del BMW. La potenza è volutamente tenuta sotto controllo per avere una maggiore affidabilità .

Ciononostante il V6 made in Japan ha un’erogazione estremamente brutale con un tempo di risposta esageratamente lungo. Questo crea grossissimi problemi ai piloti che si trovano a dover gestire una macchina che passa dal sottosterzo al sovrasterzo senza preavviso col rischio di andare in testacoda o fuori pista. Più che una F1 la FW09 sembra un cavallo da rodeo. Forse proprio per questo l’unica vittoria dell’anno arriva a Dallas, terra di cavalli e di rodei.

Il campionato comincia bene a Rio dove Keke ottiene un buon 2° posto, seppure favorito dai numerosi ritiri degli altri concorrenti. In ogni caso fa segnare il 6° giro più veloce in gara.

A Kyalami è 2° in qualifica e addirittura scatta al comando del GP transitando in testa al primo giro per poi cedere la posizione a Lauda. Un problema al cambio lo mette fuori gara a metà  GP.

Anche a Zolder le qualifiche vanno bene per il finlandese che conquista il 3° tempo ma un problema lo costringe a partire in fondo allo schieramento. Comincia così una furiosa rimonta che lo porta dall’ultimo al 2° posto dopo 34 giri!!! All’ultimo giro, quando è tranquillamente 3° alle spalle di Alboreto e Warwick, finisce la benzina.

In seguito i ritiri e le delusioni si susseguono. Il team si concentra esclusivamente su Keke e Laffite perde grinta e motivazioni lasciandosi andare alla deriva.

L’8 luglio si corre sull’inedito circuito cittadino di Dallas dove, alla presenza di Sue Ellen e JR Ewing (protagonisti della celeberrima soap-opera “Dallasâ€), Mansell conquista la prima pole in carriera. Rosberg è 8° in prova. L’asfalto di Dallas, inadeguato alla potenza delle F1, si sbriciola ad ogni passaggio delle vetture e costringe gli organizzatori a rattoppare la sede stradale con cemento a presa rapida la mattina prima del GP. Mansell onora la pole scattando in testa e difendendosi dagli attacchi di Warwick che, in un tentativo di sorpasso, va a sbattere contro le protezioni. Rosberg si inserisce nella lotta tra le due Lotus, che conducono la gara. Poco dopo metà  gara Mansell è costretto a rallentare lasciando così la leadership al finlandese della Williams. La McLaren tenta di riscattare l’opaca prestazione di Detroit portandosi al comando con Prost ma il piccolo Napoleone deve fare i conti con gli insidiosi muretti del circuito texano. Stessa sorte capiterà  al compagno Lauda. Vince Rosberg, che regala così la prima vittoria al motore Honda-turbo. Laffite conquista il 4° posto grazie alla sua esperienza.

Il resto della stagione è amarissimo per la scuderia di Didcot che non raccoglierà  più nemmeno un punto. Anche l’evoluzione FW09B che debutta a Brands Hatch è un fallimento totale.

Keke è 8° nel mondiale, la Williams è sesta.

Per Head è ora di cominciare a creare la FW10.

Laffite torna alla Ligier ed il suo posto in Williams per il 1985 viene perso dal 31enne Nigel Mansell, pilota veloce ma non certo regolare né esperto. Una scelta sorprendente per il team Williams. Le sue possibili vittorie gettate al vento per errori grossolani e la sua mancanza di capacità  nella messa a punto non gli hanno certamente dato una grande credibilità  nell’ambiente eppure Frank lo prende in squadra fidandosi del suo “sesto sensoâ€.

Nell’inverno i motoristi della Honda lavorano duro per avere un’erogazione più dolce della potenza e riescono a raggiungere gli 800 CV che possono diventare 1000 in configurazione da qualifica. Per migliorare la collaborazione col team, viene riservato un reparto della factory di Didcot ai tecnici giapponesi che entrerà  in funzione nel mese di maggio.

Anche Patrick Head, da sempre diffidente al proposito, si “converte†alla fibra di carbonio, più rigida e resistente di qualsiasi pannello in honeycomb. Addirittura, seguendo la strada aperta a suon di vittorie dalla McLaren, la FW10 adotta dischi-freno in carbonio.

Dopo aver segnato il 2° tempo in prova Rosberg, a Rio, inaugura il mondiale 1985 transitando in testa alla prima curva dalla quale non esce Mansell a causa di un contatto con Senna.

Per i primi 9 giri Keke guida il gruppo ma poi deve abbandonare col motore rotto.

Nel nubifragio dell’Estoril Mansell conquista i primi 2 punti in Williams mentre Rosberg esce di pista dopo pochi giri.

Ancora 2 punti per Mansell a Imola e ancora ritiro (freni) per Keke.

Al GP del Canada la Honda porta un motore più potente e con un maggiore campo di utilizzo della potenza e i risultati si vedono. Entrambe le vetture concludono il GP a punti (4° Keke e 6° Nigel) col finlandese che ottiene il 2° miglior tempo in gara a soli 0.16†da Senna.

A Detroit la FW10 dimostra il suo potenziale. Rosberg e Mansell conducono il GP tra l’8° ed il 19° giro. Poi Mansell si ferma per un problema ai freni mentre Rosberg torna sul gradino più alto del podio quasi un anno dopo Dallas.

A Le Castellet, durante le prove libere del sabato mattina, Mansell esce di pista alla curva di Signes a oltre 300 kmh a causa dello scoppio di un pneumatico difettoso. Nell’urto l’inglese riporta una commozione cerebrale provocata dalla sospensione anteriore che si è staccata andando a colpire il casco del pilota. Sottoposto alla TAC, Mansell non prende parte al GP. Il team si riscatta con Rosberg che ottiene la pole. Al via Senna brucia Rosberg che però ritorna al comando dopo solo due curve. Piquet si mette nella scia di Keke superandolo all’undicesimo passaggio ed allunga. Prost riesce a superare Rosberg, in crisi con le gomme, al 39° giro. Il finlandese rientra ai box per la sostituzione cedendo momentaneamente il 3° posto a De Angelis ma rientra in pista inferocito e a colpi di giri veloci conclude al 2° posto superando De Angelis e Prost.

Si va a Silverstone dove Rosberg si porta a casa un’altra Vespa Piaggio, premio riservato al pilota più veloce in prova. Con la media di 259,005 kmh. stabilisce, a distanza di 14 anni, il nuovo record sulla media in qualifica ottenuto da Amon su Matra nel 1971 a Monza (251,214 kmh.). Il primato resisterà  fino al 2004, quando Barrichello sulla Ferrari girerà  a Monza alla media di 260,395 kmh. A fianco del finlandese scatta Piquet, distaccato di ben 7 decimi. In gara però, sia Rosberg che il rientrante Mansell sono costretti al ritiro.

Al Nurburgring Rosberg conduce il GP fino a tre quarti di gara quando va in crisi con le gomme ed esce dai punti. Mansell è 6°.

Il finnico è ancora leader nei primi 19 giri a Zandvoort ma poi rompe il motore. Mansell è ancora 6°.

Le due FW10 scattano al comando del GP d’Italia. Mansell deve fermarsi ai box al 3° giro per un problema e riparte ultimo. Al 28° giro Prost rileva Rosberg al comando ma gli restituisce la posizione 12 giri dopo. Il potentissimo motore Honda, però, lascia a piedi per l’ennesima volta lo sfortunato finlandese quando mancano solo 7 giri al termine. Le due FW10 fanno segnare i 2 migliori tempi in gara con quasi 1.4†sul migliore degli altri, Prost.

A Spa piove e Senna mette in riga tutti. Mansell compie una gara quasi perfetta e conquista il primo podio in Williams chiudendo al 2° posto. Rosberg è 4°.

La prestazione di Spa rinvigorisce Mansell che a Brands Hatch, davanti al pubblico di casa, fa meglio del compagno di squadra in prova ottenendo il 3° tempo. Nel corso del 7° giro Rosberg, secondo al via, tenta una manovra azzardata ai danni di Senna ma si gira venendo poi urtato dall’incolpevole Piquet che è costretto a ritirarsi. Rosberg rientra ai box per sostituire le gomme e riparte proprio davanti al leader Senna che ora è incalzato dall’altra Williams di Mansell. Il finlandese, ormai fuori gara, applica un plateale gioco di squadra, grazie al quale Mansell si porta al comando e può allungare decisamente sul “bloccato†pilota della Lotus. Mansell vince il suo primo GP in carriera davanti al suo pubblico e diventa il “Leone d’Inghilterraâ€. Rosberg è 3°. Nella conferenza stampa di fine gara vengono ufficializzati i primi ingaggi per il 1986: Piquet firma per la Williams e Rosberg per la McLaren.

Il 19 ottobre si va a correre in Sud Africa. Il più veloce in prova è proprio Mansell che precede Piquet e Rosberg. L’inglese prende comodamente la testa della corsa davanti a Piquet, Senna, De Angelis e Rosberg. Keke cerca porre rimedio alla brutta partenza superando Senna al 3° giro, De Angelis al 4° e Piquet al 5°. All’ottavo passaggio il finlandese supera anche Mansell mentre Senna si deve ritirare. Lo show di Rosberg dura solo ancora un giro perché va in testa-coda sull’olio lasciato dalla Toleman di Ghinzani perdendo 4 posizioni. A questo punto sono le McLaren di Prost e Lauda che tallonano il leader Mansell ma dopo il “carosello†dei cambi gomme l’austriaco rompe il turbo della sua vettura. La gara è caratterizzata dall’inseguimento di Rosberg che a suon di giri veloci raggiunge e supera Prost e conclude la corsa alle spalle del compagno Mansell alla sua seconda vittoria per regalare a Williams ed Head la prima doppietta “dell’era turboâ€.

La prestazione di Mansell fa dire a Rosberg: "Non sono così sicuro che Dennis abbia portato via il pilota migliore a Frank".

Il finale di stagione è travolgente per il team di Didcot. Ad Adelaide, Mansell e Rosberg sono 2° e 3° in qualifica. Il più veloce al semaforo verde è Rosberg. Il finlandese domina la gara fino al 41° giro quando è costretto, per la prima volta, a cambiare le gomme. Dopo il pit-stop di Senna il finlandese si porta nuovamente in testa ma, al 52° giro, è ancora fermo per sostituire i pneumatici. Torna al comando Senna che però viene superato da Lauda, il quale sembra poter chiudere in bellezza la sua carriera ma i freni della McLaren lo tradiscono e lo costringono al ritiro.

Al 63° passaggio il turbo Renault di Senna si rompe lasciando via libera a Rosberg che, dopo una terza sosta ai box, va a vincere il primo GP di Australia.

La classifica finale vede Rosberg al 3° posto e Mansell al 6°. Tra i costruttori la Williams è terza a pari punti con la Lotus.

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La nuova FW11 per il 1986 presenta molte novità  rispetto alla FW10: l’elettronica, prima di tutto, per la gestione di iniezione, accensione e pressione di sovralimentazione. Un sistema di telemetria trasmette i dati dalla vettura ai box in tempo reale e i piloti possono parlare via radio col rispettivo ingegnere di macchina. La riduzione, da regolamento, della capacità  del serbatoio da 220 a 195 litri, permette di distendere un po’ di più la posizione del pilota, abbassando il baricentro della vettura ed allungandone il passo. La potenza del V6 turbo Honda, versatile e poco “assetatoâ€, il “genio†telaistico di Patrick Head, la trasformazione di Nigel Mansell, dopo la prima vittoria a Brands Hatch, da “Mansueto†a “Leone†e l’arrivo del 2 volte Campione del Mondo Nelson Piquet, sembrano lasciare poco spazio agli avversari. L’unico dubbio riguarda la gestione dei piloti, vero “Tallone d’Achille†della Williams. Piquet ha costruito la sua carriera in Brabham col ruolo di prima guida indiscussa, beneficiando sempre del materiale migliore e delle attenzioni della squadra. Mansell vede crescere giorno dopo giorno la propria ambizione e, conscio dei propri mezzi e di quelli della vettura, non intende lasciarsi scappare la ghiottissima occasione di diventare Campione del Mondo.

L’8 marzo, il team sta effettuando i canonici test pre-campionato sul circuito di Le Castellet. Al termine della giornata di prove, Frank Williams, mentre rientra in albergo al volante di una Ford presa a noleggio, esce di strada rovinosamente. Viene trasportato all’ospedale di Marsiglia in condizioni molto gravi. La diagnosi è terribile: tetraplegia. Il dinamico Frank sarà  costretto per il resto della vita a muoversi su di una sedia a ruote, sostenuto da un corsetto.

Le prove del GP d’apertura vedono la Lotus-Renault di Senna ottenere la pole davanti a Piquet e Mansell. Al via il “Leone†si inserisce tra il compagno e la Lotus per mettere subito pressione a Senna. Nel lungo rettilineo delle tribune affianca il paulista all’interno, nessuno dei due cede, impostano appaiati il curvone a sinistra con Mansell all’interno ma leggermente più indietro. L’inglese si scompone, le gomme si toccano e Mansell conclude la gara contro il guardrail interno dopo appena mezzo giro, come nel 1985. Nel corso del 2° giro Piquet si porta al comando superando Senna nello stesso rettilineo e lo lascerà  solo per via dei 2 cambi gomme andando a vincere senza problemi. Con questa prima, facile, vittoria Nelson forse pensa (a torto) di aver già  risolto le gerarchie interne al team. Non è così.

Dopo 13 anni si torna a correre in Spagna sul nuovo circuito di Jerez de la Frontera, in Andalusia, un circuito misto-lento dove i sorpassi sono difficili. I primi tre posti dello schieramento sono gli stessi di Rio. Senna scatta ancora al comando seguito da Piquet, Rosberg e Mansell. Questa volta l’inglese si dimostra “Mansueto†nei primi giri ma comincia ad attaccare dal 18° passaggio superando in sequenza Prost, Rosberg e Piquet per portarsi al comando superando Senna al 40° giro. Nello stesso momento Piquet si ritira per problemi di surriscaldamento. Per Mansell sembra l’occasione buona per pareggiare subito i conti col compagno-avversario ma il progressivo degradarsi delle gomme lo costringe prima a rallentare e poi a fermarsi per cambiarle a 9 giri dalla fine. Torna in pista scatenato, fa segnare giri veloci a ripetizione, supera Prost e raggiunge Senna nel corso dell’ultimo giro. Le due vetture si giocano la vittoria in volata ed è il brasiliano ad avere la meglio per soli 14 centesimi di secondo.

Anche a Imola lo schieramento di partenza non cambia. Senna è ancora il più veloce al via ma Piquet lo supera già  nel corso del primo giro e conduce la gara senza problemi mentre Mansell rientra subito ai box per problemi elettronici prima di rompere il motore. Al pit-stop, i meccanici Williams perdono tempo con una ruota e Piquet rientra in pista dietro alle McLaren di Prost e Rosberg. Il finlandese rimane senza benzina a 2 giri dalla fine e Prost sembra rimanere a secco a sua volta nel corso dell’ultimo giro ma, grazie anche alla pendenza del circuito, riesce ad arrivare e a vincere davanti a Piquet.

A Montecarlo, Mansell è 2° in prova mentre Piquet è solo 11°. La gara non è favorevole ai piloti Williams: Mansell conclude al 4° posto e Piquet al 7° mentre Prost concede il bis dopo Imola.

Piquet conquista la prima pole dell’anno a Spa mentre Mansell non va oltre il 5° tempo. Alla Source si toccano Berger e Prost provocando un ingorgo che permette a Piquet e Senna di prendere il largo inseguiti da Mansell. L’inglese raggiunge e supera Senna al 3° passaggio ma si gira alla Bus-stop perdendo 2 posizioni. Riparte furiosamente e supera la Ferrari di Johansson mentre Piquet rompe il motore al 16° giro. Dopo i pit-stop, Mansell si ritrova in testa ed ottiene la sua prima sospiratissima vittoria stagionale.

La trasferta nordamericana inizia sul Circuito Gilles Villeneuve di Montreal dove Mansell e Piquet sono 1° e 3° in prova. Dopo un allungo iniziale, Mansell subisce il ritorno dello scatenatissimo Rosberg ma, grazie ad un’incertezza del finlandese nel doppiaggio della Lola-Ford di Jones, il “Red five†si riporta in testa per la conquista della seconda vittoria consecutiva. Piquet sale fino al 2° posto ma è costretto ad un cambio gomme supplementare che lo costringe al 3° posto finale.

Sul circuito cittadino di Detroit, le Williams sono seconde in prova solo al velocissimo Senna che scatta al comando al semaforo verde. Mansell, ben presto, lo sopravanza ma dal 7° giro comincia a rallentare per problemi di freni. Senna fora e lascia la leadership prima ad Arnoux e poi a Laffite. Si forma un gruppetto agguerrito di 6 vetture e, dopo i pit-stop, Senna è in testa inseguito da Piquet che, nella foga di raggiungerlo va a sbattere contro le barriere. Mansell, sempre più in crisi con i freni chiude 5°.

Si riattraversa l’Atlantico per correre a Le Castellet dove Senna è ancora in pole davanti a Mansell e Piquet. Il “Leone†stavolta è velocissimo e abbandona il primo posto solo per il tempo dei 2 pit-stop mentre Piquet fa una corsa in difesa finendo comunque 3°.

A metà  campionato, la classifica generale vede in testa Prost con 39 punti davanti a Mansell con 38, Senna 36 e Piquet 23. Nelson vede così ridimensionato il suo ruolo interno al team: può vantare solo una vittoria contro le 3 del compagno che sta lottando gomito a gomito con Senna e Prost per il titolo. Per il carioca è il momento di reagire e comincia a farlo cercando di utilizzare le armi dell’astuzia e della psicologia. Piquet punzecchia il Leone sminuendolo pubblicamente, giudicandolo un pilota poco intelligente.

A Brands Hatch, tra la commozione generale, fa il suo ritorno nei box Frank Williams. L’accoglienza della sua squadra non potrebbe essere migliore: la prima fila è tutta Williams-Honda con la pole di Piquet. Alla prima curva, un incidente nelle retrovie mette fine alla lunghissima carriera di Jacques Laffite che riporta numerose fratture alle gambe: è il suo 176° GP. La corsa viene interrotta per ripristinare le condizioni di sicurezza e Mansell ne approfitta per cambiare la vettura che alla prima partenza aveva manifestato diversi problemi. Al secondo via le Williams si sbarazzano ben presto della Benetton di Berger e cominciano uno splendido duello tra di loro. All’uscita dal pit-stop, Mansell è primo ma ha ancora le gomme fredde e Piquet cerca in tutti i modi di superarlo. Le vetture rischiano il contatto più volte ma alla fine Mansell resiste e trionfa davanti al suo pubblico in delirio per una splendida doppietta Williams, la prima dell’anno. Il terzo classificato, Prost, è staccato di un giro.

Hockenheim vede le vetture di Didcot in difficoltà  nelle prove: solo terza fila per Piquet e Mansell mentre la Honda annuncia che, dalla stagione successiva, equipaggerà  anche le Lotus di Senna e Nakajima. Dopo un avvio cauto, Piquet supera Berger, Senna e Rosberg portandosi al comando mentre Mansell è in difficoltà  a tenere dietro la Ferrari di Alboreto. Per una incomprensione con i box Piquet rientra per il pit-stop mentre la squadra aspetta Mansell. A causa di questa incomprensione, il brasiliano scende in quarta posizione. Dopo il secondo cambio gomme Nelson è solo 3° ma non si dà  per vinto e recupera sia Prost che Rosberg, entrambi in difficoltà  coi consumi. A 6 giri dalla fine, Piquet è in testa e va a vincere mentre Mansell agguanta un insperato 3° posto, grazie al ritiro di Rosberg e Prost a secco di benzina. Il francese spinge la vettura sul traguardo per conquistare un importante punticino.

Per la prima volta il circo della F1 si trasferisce in un paese dell’est: il 10 agosto 1986 si corre a Budapest il 1° GP d’Ungheria su un circuito che assomiglia più ad un kartodromo che ad un autodromo. Senna è sempre in pole davanti a Piquet mentre Mansell è 4°. Senna conduce fino all’11° giro quando deve subire la superiorità  della Williams-Honda di Piquet. Dopo il cambio gomme, Senna ritorna in testa ma Piquet gli è subito addosso e lo supera all’interno alla staccata della prima curva ma arriva lungo e permette al pilota della Lotus di ri-infilarlo. Due giri dopo, Nelson ritenta la manovra, questa volta all’esterno. La vettura si scompone, il retrotreno sbanda paurosamente ma Piquet, con un controllo formidabile, la riprende e la domina portando a termine quello che sarà  ricordato come uno dei più bei sorpassi di tutti i tempi. Il carioca va a vincere mentre Mansell è ancora 3°. Nelson è ancora “vivoâ€.

A Zeltweg la tensione in casa Williams è palpabile. Tra i 2 piloti non ci potrà  mai essere collaborazione. 6° e 7° tempo per le vetture bianco-giallo-blu. Per la prima volta nell’anno, sia Mansell che Piquet sono costretti al ritiro per problemi tecnici.

Fabi concede il bis della pole a Monza davanti a Prost, con Mansell 3° e Piquet 6° ma il GP d’Italia prenderà  il via senza la prima fila. Per problemi manifestati al momento del giro di ricognizione, sia Fabi che Prost sono costretti a partire dal fondo dello schieramento. Dopo un allungo iniziale di Berger, Mansell si porta in testa seguito dal compagno-nemico. A 13 giri dalla fine Piquet supera Mansell alla Curva Grande e va a vincere davanti all’inglese.

Senna torna in pole a Estoril davanti a Mansell, con Piquet 6°. Nigel scatta in testa e saluta tutti. Piquet resta invischiato in una lotta a 3 con Prost e Senna ed è anche autore di un testa-coda. Al penultimo giro, Senna rimane a secco regalando il 2° posto a Prost e il 3° a Piquet. Mansell è primo in classifica con 11 punti di vantaggio su Piquet e 12 su Prost a 2 gare dal termine.

Dopo 16 anni, si torna a correre il Gp del Messico dove Senna (all’ottava pole) regola Piquet e Mansell in qualifica. Al semaforo verde Mansell (colpito nella notte del sabato dalla classica “maledizione di Montezuma†che lo porta a stare più nel bagno che nei box) ha un’esitazione e viene sfilato da tutto il gruppo mentre Piquet “mena la danzaâ€. Il brasiliano, però, è costretto a cambiare le gomme 3 volte per la troppa usura e chiude al 4° posto davanti al debilitato Mansell.

Si giunge in Australia per l’ultimo GP dell’anno con 3 piloti che possono ancora vincere il titolo: Mansell con 70 punti utili davanti a Prost con 65 e Piquet con 63. L’inglese è in forma ed ottiene la pole davanti a Piquet, Senna e Prost. Per il regolamento, che tiene conto solo degli 11 migliori risultati, gli è sufficiente il terzo posto per laurearsi Campione del Mondo. Dopo una buona partenza, il “Leone†si lascia sfilare da Senna, Piquet e Rosberg ed imposta la sua gara su Prost. Senna rallenta per problemi di motore e Rosberg, al suo ultimo GP, supera Piquet portandosi al comando della gara. Al 22° giro Piquet va in testacoda e viene superato da Prost e Mansell. Al 32° passaggio Prost cambia le gomme a causa di una foratura lenta e scende al 4° posto: sarà  la mossa decisiva. Piquet, intanto, supera di nuovo Mansell ed è 2°. Nel corso del 62° giro Rosberg si ritira per il dechappamento del pneumatico posteriore destro, Piquet passa a condurre e Prost supera Mansell che, a 20 giri dal termine, si sente ormai il titolo in tasca ma non ha fatto i conti col destino. Al passaggio seguente, la gomma posteriore sinistra della sua Williams esplode in pieno rettilineo, costringendo l’incolpevole inglese ad una acrobazia per evitare uno spaventoso incidente a 320 kmh. Il box Williams, temendo un altro dechappamento, richiama ai box Piquet e Prost va a vincere il Gp e Campionato, uno dei più emozionanti di sempre.

Il pubblico resta ammutolito: Mansell ha perso, ma il suo box non l’ha aiutato per niente. La Williams si consola con il Mondiale Costruttori stravinto con 141 punti contro i 96 della McLaren-TAG Porsche.

Piquet critica apertamente il team che non ha saputo/voluto dargli il ruolo di prima guida e, di conseguenza, ha perso il mondiale piloti. Per il 1987 vuole delle garanzie.Ha dalla sa parte la Honda che ha interessi di mercato nel Sudamerica ma Frank e Head fanno valere la loro indipendenza, incrinando di conseguenza i rapporti tra i piloti e col motorista.

La FW11B è simile alla vecchia monoposto tranne che per l’impianto di raffreddamento maggiorato ed il motore ancora più potente nonostante la valvola di scarico uguale per tutti imposta dalla FIA.

Il campionato ha inizio il 12 aprile nel rovente autunno brasiliano. Mansell e Piquet dominano le qualifiche infliggendo oltre 2†di distacco alla Lotus di Senna e alla Benetton di Fabi. Per la gioia dei tifosi brasiliani, Piquet e Senna scattano al comando seguiti da Fabi, Boutsen, Mansell che ha sbagliato la partenza e Prost. Il “Leone†recupera in breve due posizioni e si porta in scia a Senna. Al 7° passaggio Piquet è costretto ai box per il surriscaldamento del motore e fa ripulire le prese d’aria dei radiatori dalla carta raccolta accidentalmente in pista e rientra al 12° posto. Tra l’undicesimo e il tredicesimo giro anche Senna e Mansell si fermano per cambiare i pneumatici lasciando il primo posto a Prost che li imita al sedicesimo giro permettendo allo scatenato Piquet di tornare al comando. Il brasiliano però chiede troppo alle sue gomme e le deve sostituire nuovamente al 21° giro, così Prost si riprende la leadership per non abbandonarla più fino alla fine. Alle sue spalle si alternano al secondo posto Senna, Johansson e Piquet ed è proprio quest’ultimo a concludere alla piazza d’onore.

Durante le prove del GP di San Marino Piquet esce di pista a 280 kmh nella curva del Tamburello. Il pilota non riporta alcun trauma ma viene consigliato dal Dott. Sid Watkins, in via precauzionale, di non prendere il via alla gara. Avrà  modo di salutare e rassicurare il pubblico imolese facendo un giro in sella ad una Ducati poco prima della partenza. L’incidente avrà  comunque dei postumi che creeranno al pilota problemi di insonnia, mal di testa e stanchezza ingiustificata per ancora molti mesi.

Senna coglie la 16ma pole in carriera davanti a Mansell. Senna scatta come un fulmine al semaforo verde ma già  al 2° giro Mansell lo passa alla staccata della Tosa. Mansell cede il comando solo per il breve tempo necessario ai cambi gomme permettendo ad Alboreto di ricevere gli onori del pubblico ferrarista. Al termine della girandola dei pit-stop Mansell è saldamente al comando e va a vincere a mani basse.

Il leader della classifica Mansell si rivela ancora il più veloce nelle prove del GP del Belgio dove infligge 1â€4 di distacco a Piquet, Senna e Berger. Sono necessarie due partenze in quanto al primo via le due Tyrrell di Palmer e Streiff si autoeliminano distruggendo entrambe le vetture all’uscita del Raidillon. Per rimuovere i resti delle monoposto da un punto così veloce il direttore di gara espone la bandiera rossa. Al secondo via Senna è il più veloce seguito da Mansell, Piquet e Alboreto. Il “Leone†cerca di risolvere la gara già  nel corso del 1° giro attaccando Senna all’esterno alla esse di Fagnes; il brasiliano resiste all’attacco, il contatto è inevitabile ed entrambi si devono ritirare. Quando si rincontreranno nei box daranno vita ad un breve alterco. Piquet conduce la gara davanti ad Alboreto ma entrambi, al 9° giro, sono costretti al ritiro per problemi meccanici.

Terza pole stagionale per Mansell che precede Senna sul circuito di Montecarlo. L’inglese domina la gara fino al 29° giro quando è costretto al ritiro per problemi allo scarico; gli subentra Senna che va a vincere agevolmente davanti a Piquet, Alboreto e Berger.

Mansell è di nuovo il più veloce nelle prove del GP di Detroit con 1â€4 di vantaggio su Senna, Piquet e Boutsen. I primi tre guidano le fasi iniziali della gara ma già  al 2° giro Piquet è costretto ai box per una foratura. Al 33° passaggio Mansell si ferma a cambiare le gomme e cede la testa della gara a Senna che non la abbandona fino al traguardo. Nel finale l’inglese è costretto a rallentare e chiude la gara solo al 5° posto distaccato di un giro. Vince Senna. alle sue spalle un fantastico Piquet che ha recuperato dal 21° posto.

Al ritorno in Europa, sul tracciato del “Paul Ricardâ€, Mansell segna la sua quarta pole consecutiva davanti a Prost, Senna e Piquet. Il “Leone†domina la prima parte della gara seguito da Piquet. Al 19° giro Prost supera Piquet il quale è costretto ad un primo pit-stop al 31° passaggio. Alla conclusione della girandola dei cambi gomme, la classifica vede Piquet in testa seguito da Mansell, Prost e Senna ma il brasiliano della Williams, pur essendo il più veloce in pista e autore del record sul giro, deve cambiare le gomme altre due volte permettendo a Mansell di aggiudicarsi la sua seconda vittoria stagionale. Sul terzo gradino del podio sale Prost.

Piquet, a Silverstone, gioca un brutto scherzo al compagno Mansell e gli soffia la pole position davanti al pubblico di casa. Prost sorprende tutti all’accensione della luce verde ma, già  al termine del primo giro, il duo Williams torna in testa alla gara. L'inglese comincia a sentire delle intense vibrazioni alle ruote che lo inducono a rientrare precauzionalmente ai box per sostituire le gomme. Al suo rientro in pista Nigel ha 26†di distacco ma, grazie alle gomme fresche, rimonta su Piquet guidando in modo impeccabile. A dieci giri dalla fine i secondi di distacco sono 7 e al 59° giro Mansell è praticamente incollato a Piquet. Sull'Hangar Straight, dove le vetture raggiungono velocità  di 320 km/h, Mansell finge l'attacco all'interno, Piquet chiude, Nigel va verso l'esterno e Piquet chiude ancora commettendo l'errore che Mansell aspettava: l'inglese si butta all'interno della Stowe e ne esce in testa. Manterrà  la posizione fino alla bandiera a scacchi. Ai primi 4 posti si classificano 4 vetture motorizzate Honda con Senna 3° ad un giro e Nakajima 4° a 2 giri. Tra il giro più veloce in gara delle due Williams e il migliore degli altri, Senna, c’è una differenza di quasi 2â€. La gara ha un epilogo polemico. Piquet accusa il compagno di averlo attaccato troppo duramente ed il team di non aver fatto nulla per evitare un rischio che avrebbe potuto eliminare entrambe le vetture. I rapporti tra il brasiliano ed il team sono ormai irrimediabilmente deteriorati.

Mansell ritrova la via della pole ad Hockenheim dove batte Senna, Prost e Piquet. Il brasiliano della Lotus scatta in testa ma già  al termine del 1° giro cede il passo ai più veloci Mansell, Prost e Piquet. Il campione del mondo della McLaren, che dispone di una versione potenziata del motore TAG-Porsche per il GP di casa, si porta al comando all’ottavo passaggio. Al termine dei cambi gomme esplode il motore Honda di Mansell consentendo a Prost di avviarsi in tranquillità  verso una facile vittoria ma, a soli 5 giri dalla fine, la cinghia dell’alternatore si rompe e Piquet eredita la testa della corsa andando a vincere davanti all’altra McLaren di Johansson. Al giro di boa di metà  campionato Piquet diventa il leader della classifica con una sola vittoria e ben 5 piazzamenti al 2° posto che gli valgono 39 punti contro i 35 di Senna e i 30 di Mansell.

A Budapest, Mansell ottiene la settima pole stagionale davanti a Berger e Piquet che, prima della gara, annuncia un accordo biennale con la Lotus respingendo l’invito rivoltogli dal suo amico-tecnico Gordon Murray a seguirlo alla McLaren nel 1988. Il carioca giustifica il suo rifiuto ricordando il titolo 1986 perso per la difficile gestione interna del team Williams e non vuole ritrovarsi nelle stesse condizioni avendo per compagno un’altra prima guida del calibro di Prost. Scherzosamente indica Ayrton Senna come suo sostituto alla Williams. Anche la Honda decide di abbandonare la Williams a causa della indipendenza manifestata dal team nei confronti del motorista giapponese in fatto di gestione dei piloti. Nel 1988 i V6 turbo si trasferiranno da Didcot a Woking.

Mansell prende subito la testa, seguito proprio dalle due Ferrari ma già  al 13° giro il pilota austriaco è costretto al ritiro per la rottura di un giunto. Piquet supera Alboreto al 29° giro. Alle spalle delle Williams seguono gli altri due contendenti al titolo Senna e Prost ma, a 6 giri dalla fine, avviene il colpo di scena. Mansell, in testa per tutta la gara, perde il dado di una ruota e, nonostante abbia oltre un minuto di vantaggio sul terzo classificato Senna, parcheggia la sua monoposto senza nemmeno tentare di raggiungere i box per un intervento d’emergenza. Doppietta brasiliana con Piquet davanti a Senna e Prost.

Forte della sua posizione di leader della classifica Piquet conquista la pole in Austria seguito da Mansell. Lo stretto rettilineo di partenza di Zeltweg costringe il direttore di gara a dare il via per ben tre volte a causa di incidenti che coinvolgono diverse vetture. Al terzo e decisivo via Piquet è il più veloce seguito da Boutsen, Berger e Mansell che tenta di rimediare alla brutta partenza superando Berger, poi costretto al ritiro nel corso del 5° giro, e Boutsen che perde troppo tempo ai box per il cambio dei pneumatici. Al 20° giro Piquet è in difficoltà  con le gomme, la sua vettura perde aderenza alla curva Rindt permettendo a Mansell di raggiungerlo e superarlo nel giro successivo. Il brasiliano rientra immediatamente ai box dove l’operazione di sostituzione delle gomme è più lunga rispetto a quella del compagno. Impossibilitato a tentare la rimonta, Piquet si accontenta dei 6 punti del secondo posto.

Sul circuito di Monza la Williams porta in gara per la prima volta le sospensioni attive sulla macchina di Piquet e il brasiliano non si fa sfuggire l’occasione per partire davanti a tutti; al suo fianco il compagno di squadra Mansell. Il brasiliano conduce il GP d’Italia davanti a Boutsen, Berger e Mansell fino al pit stop dove avviene la sorpresa della gara. Senna, che nei primi giri ha risparmiato le gomme mantenendosi in quinta posizione, beffa tutti non effettuando il cambio e andando in testa al 24° giro. Piquet, con le gomme fresche, è più veloce del connazionale e comincia a pressarlo. Al 42° giro, per un’incomprensione con il doppiato Ghinzani, il pilota della Lotus arriva “lungo†alla Parabolica uscendo di pista e restituendo la testa della corsa a Piquet. Dopo due giri, necessari per ripulire le gomme, Senna cerca disperatamente di riprendersi quella vittoria che sembrava già  sua impegnando allo spasimo sia l’avversario della Williams che il direttore di corsa il quale, forse affascinato dallo splendido duello finale, si dimentica di abbassare la bandiera a scacchi di fronte al trionfante Piquet, alla sua ventesima vittoria, tra l’incredulità  del pubblico. Uno spento Mansell conclude 3° con quasi 50†di distacco.

Dopo un dominio incontrastato che durava dal GP del Belgio, la Ferrari di Berger scalza le Williams dalla pole nel GP del Portogallo. Alle spalle dell’austriaco, alla prima pole in carriera, partono Mansell, Prost e Piquet. Il “Leone†è il più veloce al via ma già  nel corso del 2° giro Berger si porta al comando con Senna e Piquet ad inseguire. Il gruppo dei migliori perde due elementi importanti quando Senna, all’undicesimo giro, è costretto ad una lunga sosta ai box e, al 13° passaggio, il motore di Mansell si rompe. Al termine dell’ormai consueta girandola dei cambi gomme, Berger è sempre primo seguito da Prost e Piquet. La lotta per la vittoria si restringe alla coppia Berger-Prost. Il campione del mondo fa valere tutta la sua esperienza pressando da vicino il giovane austriaco fino a indurlo ad un errore decisivo quando mancano appena due giri alla fine. Ripresosi dal testacoda Berger conclude al posto d’onore staccato di 20â€, davanti a Piquet che, come ha imparato dal suo maestro Lauda, pensa ad accumulare punti preziosi rinunciando alla vittoria. E’ questo infatti il nono podio consecutivo ottenuto dal brasiliano che eguaglia il record ottenuto da Clark nel 1963 e da Lauda tra il 1975 e il 1976. A quattro gare dal termine del campionato Piquet è nettamente in testa al mondiale con 67 punti davanti a Senna con 49, Mansell 43 e Prost 40.

Con una breve trasferta i team si spostano in Spagna dove le Williams si riprendono il ruolo di “lepri†con Piquet, alla sua 24ma ed ultima pole in carriera, seguito da Mansell. Nonostante il distacco di ben 24 punti sui 36 ancora a disposizione, Mansell tenta il tutto per tutto e, dopo una partenza non brillante, si porta al comando superando Piquet nel finale del 1° giro e dominando la gara per una facile vittoria. Al 46° giro Piquet rientra a sostituire i pneumatici perdendo due posizioni a vantaggio di Senna e Prost. Rientrato in pista velocissimo, il carioca attacca subito il francese ma commette un errore precipitando al 6° posto. Il pilota della Williams non demorde e negli ultimi 12 giri compie 4 sorpassi. A 10 giri dalla fine esplode il motore della Ferrari di Berger, 6° in quel momento, inondando la pista d’olio. Ne fanno le spese prima Boutsen, che era brillantemente in terza posizione, e poi lo sfortunato Piquet che è costretto a cedere il 2° e il 3° posto alle McLaren di Prost e Johansson. Vince Mansell.

Il finale extra-europeo del campionato inizia sull’altopiano di Città  del Messico dove Mansell, che crede ancora nella rimonta, ottiene il miglior tempo nelle prove davanti a Berger e Piquet. L’inglese parte bene davanti a Berger e Piquet. Nella serie delle “esse†di ritorno verso il traguardo Prost tenta un sorpasso impossibile nei confronti di Piquet e la collisione è inevitabile: il campione del mondo è costretto al ritiro con la sospensione anteriore sinistra danneggiata mentre il brasiliano si gira e rimane in una posizione pericolosa con il motore spento. I commissari lo spingono per ripristinare le condizioni di sicurezza della corsa e Piquet ne approfitta per rimettere in moto e ripartire, seppure dall’ultima posizione. Nel frattempo Berger e Boutsen superano Mansell ma già  nel corso del 2° giro il belga prende la testa lasciando presagire un’altra bella prestazione della Benetton sul circuito messicano come l’anno prima. I suoi sogni di gloria svaniscono già  15° giro per problemi elettrici mentre al 20° passaggio anche il nuovo leader Berger si ritira con il motore rotto. Ritorna così al comando Mansell seguito da Senna. Dopo soli 23 giri Piquet con una rimonta furiosa risale fino al 4° posto ma la corsa viene interrotta due giri dopo a causa di un rovinoso incidente occorso all’Arrows di Warwick. Alla ripartenza Piquet cerca di mettere in difficoltà  Mansell recuperandogli 17 dei 43†di distacco accumulati prima della bandiera rossa ma il Leone non si scompone e va a conquistare la sua sesta vittoria.

Si arriva in Giappone con gli unici contendenti al titolo distaccati di 12 punti ma non è necessario aspettare la fine del GP per conoscere il nome del nuovo campione del mondo. Nelle prove libere del venerdì Piquet, consapevole del cospicuo vantaggio, è più veloce dell’agitato Mansell il quale dimostra di non essere ancora pronto per la laurea di campione del mondo: tentando di battere il tempo del compagno di squadra il “Leone†perde il controllo della vettura nelle “esse†veloci dopo il traguardo andando a schiantarsi con il posteriore della macchina contro le barriere a 230 kmh. Mansell rimane dentro la vettura sofferente per lungo tempo a causa del terribile colpo subito alla schiena e viene poi estratto dall’abitacolo con la necessaria cautela. Pur non riportando danni, il baffuto inglese deve rinunciare al GP (riparte il giorno stesso per l’Inghilterra) incoronando, di fatto, Nelson Piquet campione del mondo per la terza volta.

La classifica finale vede Piquet campione del mondo che, con 73 punti utili su 76 segnati, eguaglia il record di Prost del 1985 precedendo Mansell con 61, Senna 57 e Prost 46. La Williams vince il mondiale costruttori con 137 punti davanti alla McLaren con 76, Lotus 64 e Ferrari 53.

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A fine ’87 la Williams si trova in un grave empasse tecnico nonostante abbia stradominato la stagione. La perdita dei motori Honda è un problema difficilissimo da risolvere, anche perché l’annuncio ufficiale arriva ad agosto quando è ormai troppo tardi per stabilire nuovi rapporti con un altro motorista.

A questo proposito, è curioso notare il diverso comportamento della Williams a 20 anni di distanza: nel 1987 persero la Honda a causa del veto ad ingaggiare Satoru Nakajima, veto espresso per rimarcare la propria prerogativa di indipendenza. E’ di pochi giorni fa la notizia dell’ingaggio del figlio di Nakajima, Kazuki, una mossa che va molto probabilmente interpretata come un favore nei confronti del motorista giapponese per “tenerlo buono†e non ritrovarsi a piedi un’altra volta.

Frank si rivolge così a John Judd, il preparatore che seguiva le revisioni dei suoi DFV (e anche di Lotus, Arrows, Fittipaldi ed altri) che da qualche anno ha cominciato a produrre in proprio dei V8 aspirati. Certo, non potrà  mai competere coi grandi fornitori della F1 ma la sua competenza e l’amicizia con la scuderia di Didcot saranno fondamentali nella decisione di collaborare insieme.

Piquet viene rimpiazzato da Riccardo Patrese che ha già  debuttato in Williams ad Adelaide ’87 in sostituzione dell’infortunato Mansell. Per il padovano, la chiamata di Williams è l’occasione per cercare il rilancio dopo 4 anni disastrosi in Alfa e Brabham.

La FW12 è dotata di un nuovo cambio trasversale ma soprattutto il telaio è disegnato appositamente per alloggiarvi le sospensioni attive. Gli ammortizzatori verticali anteriori sono eliminati e sostituiti da cilindretti idraulici. Questa soluzione permette anche una notevole riduzione della sezione frontale della vettura.

Nonostante un buon inizio di campionato (2° tempo in qualifica a Rio) saranno proprio le sospensioni attive e la loro affidabilità  a creare insormontabili problemi. Dopo 7 GP il team di Didcot ha conquistato solo un misero punticino a Montecarlo con Patrese. Al termine della prima giornata di prove disastrosa del GP di Gran Bretagna a Silverstone, Patrick Head decide che è ora di tornare indietro ed ordina di smontare tutto l’impianto delle attive per tornare alle tradizionali passive. Non essendo previsto nel telaio lo spazio per gli ammortizzatori si trasformano i cilindretti idraulici all’interno dei quali vengono alloggiate delle molle a tazza. Il tutto viene eseguito nel corso della notte. La fatica dei meccanici viene ripagata da Mansell che, dopo essersi qualificato 11°, si rende protagonista, sotto la pioggia, di una delle sue più belle corse, gestendo magnificamente le gomme rain quando la pioggia smette, rimontando fino al 2° posto alle spalle dell’imprendibile McLaren di Senna e facendo segnare il giro più veloce in gara.

Il Leone dà  un’altra zampata a Budapest, ma solo in qualifica, col 2° tempo e compie un altro capolavoro a Jerez. Dopo aver ottenuto il 3° tempo sullo schieramento scatta benissimo al verde superando Senna ed incollandosi a Prost. Solo dopo il cambio-gomme il francese può rilassarsi e portare a casa la vittoria ma Nigel chiude il GP al 2° posto col 2° miglior giro in gara.

Anche questa splendida prestazione resta però fine a se stessa. Il resto del campionato è una collezione di ritiri, Mansell non crede più nella Williams e decide di cedere alle lusinghe della Ferrari firmando a Maranello per il 1989.

A questo punto il riferimento del team diventa Patrese che si rivela un interlocutore privilegiato per Head ed un lavoratore infaticabile. Questo fa sì che si crei un rapporto di lavoro e di fiducia tra il pilota ed il DT che permetterà  di gettare le basi per i futuri successi del team.

Il 1988 è la peggior stagione per la Williams dal 1978: Mansell 9° con 12 punti, Patrese 11° con 8. Tra i costruttori la scuderia è solo settima ma nessuno si perde d’animo e a Didcot si comincia a lavorare in ottica futura.

Dopo il ritiro dalla F1 del 1986, alla Renault si è mantenuta una struttura dedicata alle corse affidata a Bernard Dudot, l’ex capo progettista del V6 turbo. Dal 1989 sono banditi i motori turbo e a Viry-Chatillon si lavora su un V10 aspirato, un’architettura nuova per la F1 che si propone di trovare un valido compromesso tra la grande coppia di un V8 e l’elasticità  di utilizzo di un V12. Il DS Renault Patrick Faure annuncia la disponibilità  del nuovo motore già  nel 1988 e Williams dimostra tutto il suo interessamento al progetto sebbene tra Frank e la Règie non corra buon sangue fin dai tempi della guerra FISA-FOCA. La Renault, in quanto inventore del turbo, fece infatti non poche pressioni su Balestre per difenderla dalle richieste di Ecclestone e della FOCA di proibire i troppo costosi motori sovralimentati ma, da buon pragmatico qual è, Williams bada al concreto, dimentica il passato e già  dal mese di agosto 1988 si aggiudica la fornitura Renault per l’anno successivo.

La nuova FW12B, oltre al nuovo V10 Renault, alloggia anche un nuovo cambio in magnesio che consente un notevole risparmio in termini di peso. Il posto di Mansell viene occupato dal 31enne belga Thierry Boutsen.

Le qualifiche del GP del Brasile mostrano una Williams in gran spolvero: Patrese è 2°, Boutsen 4°. Al via le FW12B prendono il comando della corsa per i primi 15 giri ma poi si devono ritirare per problemi di motore. E’ chiaro, comunque, che il potenziale vincente c’è. L’albero a camme viene subito ridisegnato ed a Imola è così pronta una seconda versione dell’RS1 col quale Boutsen conquista il 4° posto ed i primi 3 punti per l’aspirato francese.

Oltre alla competitività  comincia ad arrivare l’affidabilità : Patrese è 2° a Mexico ed a Phoenix. A Montreal si corre in condizioni di pista bagnata. Patrese conduce a lungo il GP ma a metà  gara deve cedere il passo prima a Warwick e poi a Senna. L’australiano rompe il motore della sua Arrows permettendo a Patrese di recuperare il 2° posto ma il padovano è in crisi con le gomme e viene raggiunto dal compagno Boutsen. I due danno vita ad una feroce bagarre per il 2° posto che fa temere il peggio al box Williams ma, a soli 3 giri dalla bandiera a scacchi, il motore Honda di Senna ammutolisce e si concretizza un’imprevedibile doppietta col belga che conquista la sua prima vittoria. Dopo soli 6 GP la Renault torna così sul gradino più alto del podio.

La Williams-Renault continua a raccogliere ottimi risultati salendo ancora sul podio a Le Castellet (3° Patrese) Budapest e Monza (Boutsen 3°). Nel finale di stagione, a Estoril, debutta la nuova FW13. Derivata dalla FW12B si caratterizza per un ampio snorkel in stile anni ’70 ed una nuova geometria della sospensione anteriore con ammortizzatori orizzontali. La nuova monoposto sembra nata bene: Patrese è 2° a Suzuka davanti a Boutsen, anche per la squalifica di Senna. Ad Adelaide si corre sotto il diluvio e Boutsen si dimostra di nuovo un grande interprete del bagnato. Al via è 2° alle spalle dell’amico Senna e quando questi si ritira per il tamponamento ai danni di Brundle, raccoglie il testimone e va a cogliere la sua seconda vittoria. Patrese è 3° alle spalle di Nannini.

Alla fine del campionato la Williams è di nuovo tra le Grandi: secondo posto tra i costruttori, alle spalle dell’imprendibile McLaren-Honda ma nettamente davanti a Ferrari e Benetton. Patrese raggiunge il suo miglior risultato tra i piloti dopo 13 stagioni di corse ed è sempre più il “cocco†di casa Williams. Boutsen, nonostante le 2 vittorie, è solo 5° (dopo il 4° posto del 1988 con la Benetton) e lascia il team non propriamente soddisfatto. La sua lentezza nel trovare i giusti assetti, l’indecisione in alcune scelte faranno sì che, anche in questo caso, la Williams deciderà  di avere in squadra figli e figliastri.

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La nuova unità  RS2 è più bassa del motore 1989 per cui la FW13 deve essere modificata nei suoi punti d’attacco del motore, nel circuito di raffreddamento e nel carter del cambio. Nasce così la FW13B che conquista il 3° posto con Boutsen al debutto a Phoenix.

Prima di Imola il team effettua una lunghissima sessione di test sul Santerno, macinando chilometri su chilometri, ed il giorno del GP coglie i frutti di tanto lavoro con la vittoria di Patrese che avrebbe potuto essere una doppietta se non ci fosse stato il cedimento del motore di Boutsen. Quella di Patrese è la terza vittoria in carriera, a 7 anni di distanza da Kyalami ’83 e da quella bruttissima giornata, proprio a Imola, nella quale i tifosi italiani dimostrarono tutto il loro cieco e bieco fanatismo.

Il padovano pensa di avere finalmente a disposizione la vettura che gli può consentire di lottare per quel titolo che insegue da ormai troppo tempo ma le aspettative di un ritorno del team agli antichi splendori vengono ben presto disattese. Nel resto del campionato le FW13B non progrediscono come McLaren e Ferrari. Le prestazioni migliori arrivano a Silverstone dove Boutsen è 2° (prestazione eclissata dall’annuncio del ritiro dell’eroe nazionale Mansell), e a Budapest dove il belga vince resistendo per quasi 2 ore agli attacchi di Ayrton Senna.

Il problema maggiore della FW13B deriva dall’usura anomala e precoce dei pneumatici, le cui cause vengono individuate nell’aerodinamica della monoposto. Questo porta Patrick Head ad ingaggiare Adrian Newey, un ingegnere aerodinamico che ha lavorato molto bene alla Leyton House, a stagione in corso. Il nuovo tecnico tenta di porre rimedio alle carenze della monoposto ma il compito si rivela particolarmente arduo. Meglio lasciare la vettura al suo destino e concentrarsi sulla FW14 che dovrà  correre nel ’91.

A fine campionato la Williams-Renault è quarta, superata nel finale anche dalla Benetton mentre Patrese è solo 7°. Boutsen conquista qualche punto in più e chiude al 6° posto ma il suo destino in seno alla squadra è segnato. Il “colpo di grazia†per il belga arriva quando Mansell decide che l’abitacolo della Williams è più confortante dei campi da golf sui quali diceva di volersi ritirare.

Il ritorno del “figliol prodigo†Mansell è un’iniezione di grinta per il team. La nuova FW14 ha un’aerodinamica più fluida mentre il motore RS3 raggiunge ormai i 700 CV. La maggiore novità  tecnica è però l’adozione del cambio semiautomatico, introdotto l’anno precedente dalla Ferrari, di cui Mansell conosce già  pregi e difetti. La sua esperienza si rivelerà  molto importante nello sviluppo del nuovo componente ma, nonostante questo, la Williams pagherà  caro il periodo di ricerca dell’affidabilità .

A Phoenix, Patrese e Mansell scattano alle spalle dei duellanti Senna e Prost ma ben presto sono proprio loro a darsele di santa ragione lottando accanitamente per il 3° posto. Il cambio li lascia a piedi a metà  gara.

Anche a Interlagos le Williams sono protagoniste. Stavolta Mansell sembra poter fare un sol boccone di Senna ma rompe il cambio dopo aver ottenuto il giro più veloce. Nel finale, ironia della sorte, è il brasiliano ad andare in crisi col cambio ma Patrese non riesce a raggiungerlo concludendo al 2° posto.

A Imola è una panne elettrica a mettere fuori gara Patrese quando sta conducendo il GP mentre a Monaco va a sbattere perché il motore della Brabham di Modena esplode proprio mentre Riccardo sta per superarlo, inondandolo d’olio. Mansell conclude 2°.

Tutti e 4 i GP sono vinti da Senna.

Il GP del Canada dimostra tutta la bontà  del progetto FW14: le Williams Renault occupano la prima fila. Senna è staccato di mezzo secondo e si ritira dopo 25 giri mentre Mansell e Patrese dominano il GP. Patrese fora a metà  gara e perde 4 posizioni che cerca di recuperare a suon di giri veloci ma nel finale il cambio comincia a dare problemi e deve rallentare. Mansell, indisturbato, inizia l’ultimo giro salutando il pubblico ma proprio all’uscita dell’ultimo tornante, a meno di un km. dal traguardo, forse per un suo errore, il cambio si blocca negandogli una vittoria ormai acquisita.

In Messico è ancora Patrese a segnare la pole davanti a Mansell. Nel tentativo di colmare lo svantaggio nei confronti della Williams, Senna tenta il tutto per tutto affrontando la velocissima curva Peraltada, che immette nel rettilineo dei box, con la sesta marcia anziché la quinta. Il risultato è catastrofico: la McLaren esce di pista capottandosi e facendo temere il peggio ma fortunatamente il brasiliano potrà  riprendere tranquillamente le prove. Al via Mansell va al comando seguito da Alesi, Senna e Patrese. Il padovano, scatenato, all’11° passaggio scavalca prima Alesi e poi il campione del mondo, poi prende la scia del compagno di squadra: le due Williams arrivano alla staccata in fondo al lungo rettilineo del traguardo con le ruote fumanti, percorrono affiancate la prima chicane all’uscita della quale il pilota italiano si porta finalmente al comando allungando sensibilmente. Alle sue spalle Mansell viene raggiunto da Senna che lo attacca ripetutamente ma senza riuscire a sorpassarlo. Mansell comincia un incredibile forcing che lo porta a raggiungere Patrese facendo segnare più volte il giro veloce addirittura inferiore al proprio tempo ottenuto il qualifica. Riccardo non si lascia intimorire e conquista il suo 5° successo personale davanti al compagno e a Senna staccato di quasi un minuto.

Si corre per la prima volta sul rinnovato circuito di Magny-Cours dove Patrese ottiene la sua terza pole consecutiva davanti a Prost, Senna e Mansell. Patrese sciupa tutto all’accendersi del semaforo verde a causa di un probabile errore nella procedura di partenza ed è Prost ad approfittarne guidando il gruppo davanti a Mansell. Il Professore riassapora il gusto della prima posizione per 21 giri quando al tornantino Adelaide Mansell lo supera con una splendida manovra all’esterno. L’ottimo lavoro dei meccanici della Ferrari permette a Prost di tornare in testa dopo il cambio gomme ma la superiorità  della Williams è tale che Mansell, con un sorpasso fotocopia sempre al tornantino, si riporta al comando al 55° giro. La corsa non ha altri motivi di interesse e il Leone va a vincere davanti a Prost, Senna, Alesi e Patrese.

Sul modificato circuito di Silverstone, la pista sulla quale Mansell si è sempre esaltato e dove l’anno prima aveva annunciato il ritiro, l’inglese conquista la prima pole dell’anno davanti a Senna e Patrese. Nonostante il tentativo di chiudergli la traiettoria, il Leone si fa “bruciare†alla partenza da Senna mentre Berger spedisce Patrese fuori pista alla prima curva. Già  nel corso del primo giro alla staccata della curva Stowe, Mansell riprende il comando della gara e va a vincere il suo 2° GP stagionale ma alle sue spalle non giunge Senna rimasto senza benzina a metà  dell’ultimo giro. Durante il giro d’onore, il vincitore si improvvisa taxista di lusso e concede un passaggio sulla sua Williams al campione del mondo in carica.

A metà  campionato la classifica vede Senna in testa con 51 punti, Mansell secondo con 33, Patrese 22.

Sulle ali dell’entusiasmo per la vittoria riportata in patria, Mansell stabilisce la pole position anche ad Hockenheim precedendo Senna, Berger e Patrese. Con un’ennesima partenza in sbandata controllata il Leone prende la testa del GP seguito da Berger, Senna, Prost, Alesi e Patrese. Al 21° passaggio, dopo i cambi gomme, Mansell riprende il comando di forza mentre Patrese si esibisce in una bella rimonta nella quale supera nell’ordine Prost, Senna e Alesi, risalendo fino al 2° posto.

Il tortuoso circuito dell’Hungaroring è simile ad una pista per kart, la passione di Senna, e forse proprio per questo il brasiliano riesce a staccare un’incredibile pole, grazie anche ad un’evoluzione del motore Honda e della nuova benzina fornita dalla Shell che gli permettono di distanziare di 1â€2 le Williams di Patrese e Mansell. Dopo una frenata al limite alla prima curva Senna prende la testa della gara con gli inseguitori che mantengono le posizioni ottenute in prova. Patrese tenta inutilmente per 44 giri di impensierire il leader della gara dopodiché si fa superare da Mansell per lasciargli la responsabilità  di tale compito. La conformazione del tracciato fa desistere il britannico che per una volta si accontenta dei sei punti del 2° posto e non corre rischi inutili. Vince Senna davanti a Mansell e Patrese.

Il 25 agosto Senna parte ancora una volta dalla pole position sul circuito di Spa. Alle sue spalle staccati di più di 1†ci sono Prost e Mansell. Alla staccata della Source Senna precede Prost e Mansell. Al 2° giro Prost si ritira per una perdita. Come sempre i cambi gomme rivoluzionano la classifica e ancora una volta Alesi tenta il colpaccio non fermandosi ai box. Il francese passa al comando al 22° giro superando Mansell alla chicane Bus-stop imitato dopo poco da Senna. Il motivo di tale arrendevolezza del Leone è svelato al giro successivo quando si ritira per problemi di elettronica.

Senna fa segnare ancora la pole a Monza davanti a Mansell, Berger e Patrese. Senna è il più veloce al via davanti a Mansell, Berger e Patrese che al 7° giro supera Berger e si porta in terza posizione. Al 19° giro Mansell, accortosi della maggiore competitività  del compagno di squadra, gli fa cenno di passare alla Parabolica per cercare di infastidire il leader Senna e al 26° giro Patrese riesce a conquistare la testa della gara. I sogni di gloria del padovano svaniscono il giro successivo alla variante Ascari a causa di un testacoda probabilmente dovuto al bloccaggio del cambio. Al 34° giro Mansell supera Senna il quale ha chiesto troppo ai suoi pneumatici. Vince Mansell davanti a Senna.

Senna guida la classifica mondiale con 77 punti contro il 59 di Mansell, Patrese 34.

Un Patrese in gran spolvero segna la pole all’Estoril davanti a Berger, Senna e Mansell. A dimostrazione dell’ormai netta superiorità  della Williams nei confronti di tutte le altre squadre, Patrese e Mansell prendono decisamente la testa del gruppo allungando su Berger e Senna. Al 18° giro il box Williams chiede a Patrese di lasciare passare il proprio “capitano†nel tentativo di recuperare punti preziosi per il titolo mondiale. Mansell va in testa e vi resta fino al 29° giro quando rientra per sostituire le gomme. Tutto sembra filare liscio ma, al momento in cui l’uomo del “lecca-lecca†dà  a Mansell il segnale di via, l’addetto al serraggio del dado della ruota posteriore destra ha un gesto di stizza. Dopo pochi secondi si capisce il perché: il dado non era ancora stato stretto a dovere e la Williams di Mansell, dopo aver percorso poche decine di metri, perde la ruota costringendo l’inglese a fermarsi nel mezzo della corsia box. Dopo qualche attimo di smarrimento, alcuni meccanici accorrono presso la vettura e montano un’altra ruota permettendo al Leone di riprendere la gara pur dopo aver perso un’enormità  di tempo. Al giro successivo Mansell transita solo 17° ma si esibisce in una stupenda rimonta che lo vede risalire fino al 6° posto al 47° giro. Poco dopo però arriva un’altra doccia fredda per il pilota della Williams: su reclamo di Ron Dennis i commissari decidono di squalificare Mansell per aver effettuato il cambio gomme in una zona vietata. Contrariamente a quanto successo due anni prima sempre ad Estoril, Nigel rispetta la bandiera nera che gli viene esposta e rientra mestamente ai box. Patrese va a cogliere il suo 5° successo personale precedendo Senna.

Il terz’ultimo GP in calendario si corre su un circuito nuovo di zecca nei pressi di Barcellona. La prima pole del Circuito de Catalunya viene fatta segnare da Berger che precede Mansell, Senna e Patrese. Berger mantiene la prima posizione alla prima curva davanti a Senna, Mansell, Schumacher, Alesi e Pirro mentre Patrese, ancora una volta, ha un pessimo avvio. Schumacher dimostra di essere a proprio agio sulla pista umida e si permette di superare Mansell nel corso del 1° giro. Mansell ormai non ha più niente da perdere e si scatena superando prima Schumacher per poi mettersi nella scia di Senna. All’inizio del 5° giro le due vetture sono affiancate nel lungo rettilineo del traguardo arrivando quasi a sfiorarsi a oltre 300 kmh. Nessuno dei due ha intenzione di cedere il passo all’altro e, in mezzo alle scintille che si sprigionano dal fondo delle monoposto, Senna e Mansell hanno anche il tempo per scambiarsi uno sguardo di sfida. La traiettoria della curva successiva favorisce l’inglese che si lancia all’inseguimento dell’altra McLaren. La pista si asciuga velocemente e i piloti rientrano per montare le gomme slick. Mansell e Senna rientrano simultaneamente ed ancora una volta i meccanici Williams, forse per voler effettuare l’operazione con più calma per non sbagliare, fanno perdere la posizione al loro pilota. Senna si ritrova al comando ma fa cenno a Berger di superarlo per poter gestire personalmente la rincorsa di Mansell. Il brasiliano però pecca di superbia e commette un errore all’ingresso del rettilineo compiendo un testacoda che gli fa perdere tre posizioni. Con la pista libera Mansell raggiunge e supera Berger con una manovra da brivido e va a vincere rilanciando la propria candidatura nel mondiale davanti.

A due gare dalla fine sono 16 i punti di distacco tra i due contendenti e tutto può ancora succedere.

A Suzuka, sul circuito di casa, la Honda fornisce alla McLaren un’evoluzione di motore che permette alle vetture di Woking di occupare la prima fila con Berger e Senna. Alle loro spalle seguono Mansell, Prost e Patrese. L’unica tattica possibile per Mansell è vincere e sperare nelle disgrazie altrui. In casa McLaren si concorda di far prendere il largo a Berger con Senna a contenere il rivale inglese confidando sullo scarso sangue freddo del Leone che, vedendo allontanarsi l’austriaco, potrebbe perdere la testa e commettere un errore. Come da copione la McLaren applica alla lettera la propria strategia con Berger che già  alla fine del primo giro ha un cospicuo vantaggio nei confronti di Senna, Mansell e Patrese. Al 9° giro lo spazientito Mansell commette il “preventivato†errore all’ingresso della prima curva lasciando nella sabbia della via di fuga le residue speranze iridate. Il primo a complimentarsi con il nuovo campione del mondo è proprio l’antagonista Mansell a dimostrazione di un campionato nel segno di una leale sportività .

Ayrton Senna si laurea campione per la terza volta con 96 punti davanti a Mansell con 72, Patrese 53. La McLaren-Honda si aggiudica il quarto titolo costruttori consecutivo con 139 punti davanti alla Williams-Renault con 125.

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Luca ecco io voglio postarvi il secondo periodo vincente della williams quello che va dal 1989 al 1997

La scuderia si è assicurata una fornitura d'alto livello dalla Renault per il 1989. La collaborazione in otto anni porterà  a vincere quattro titoli piloti e cinque titoli costruttori tra il 1992 e il 1997. La combinazione tra la potenza del motore Renault e le innovazioni telaistiche portate da Adrian Newey (Head resta come direttore tecnico sportivo) condurranno in pochi anni a vittorie schiaccianti e sovente con largo anticipo. Alcuni ritengono che le Williams FW14B e FW15C "furono le più avanzate auto che avessero mai corso in Formula 1. ".[1]

L'era Renault inizia nel 1989, con i piloti Riccardo Patrese e Thierry Boutsen (Mansell è passato alla Ferrari). La vettura è quella dell'anno precedente, opportunamente adattata e denominata FW12C. Il Gran Premio del Brasile è disastroso con entrambe le vetture ritirate per problemi al motore. Il successivo Gran Premio di San Marino porta i primi punti con un quarto posto. Altre due gare e al Gran Premio del Messico, il team ottiene il primo podio con Patrese che termina secondo a 15 secondi da Ayrton Senna. Dopo il secondo posto nella successiva gara americana, nel Gran Premio del Canada, sotto la pioggia, Boutsen regala alla Williams e alla Renault la prima vittoria con Patrese termina secondo. Grazie ad un altro successo di Boutsen nella gara conclusiva in Australia, la Williams chiude secondo dietro alla McLaren nel mondiale costruttori e Patrese finisce 3º nel mondiale piloti.

Nel 1990 Patrese e Boutsen rimangono come piloti. Malgrado il successo di Patrese nel Gran Premio di San Marino e di Boutsen al Gran Premio d'Ungheria, la stagione segnala un regresso con 30 punti in meno e solo il quarto posto nel mondiale costruttori. La vettura è la FW13, già  saltuariamente in pista nel 1989.

Boutsen lascia la scuderia per passare alle Ligier all'inizio del 1991. Gli subentra il rientrante Nigel Mansell affiancato da Patrese come seconda guida e da Damon Hill come collaudatore. L'inizio di stagione è travagliato, anche per problemi al cambio dell'innovativa FW14 che costringono entrambi i piloti al ritiro nel Gran Premio degli Stati Uniti. Nel secondo Gran Premio del Brasile, Patrese giunge secondo dietro il dominatore di inizio stagione, Ayrton Senna. Male va il Gran Premio di San Marino con un doppio ritiro, Mansell per incidente e Patrese per problemi elettrici. A Monaco Mansell finalmente finisce una gara a punti (secondo). I miglioramenti si fanno concreti e due gran premi dopo, Patrese centra il successo con Mansell secondo. Mansell vince in Francia e Gran Bretagna e Germania ed avvia una rimonta nella corsa al titolo. Quattro successi consecutivi per la Williams interrotti dal successo di Senna in Ungheria. Mansell si aggiudica anche i gran premi in Italia e in Spagna e sembra lanciato verso il titolo, ma in mezzo alle due gare vinte, nel Gran Premio del Portogallo, poi vinto da Patrese, Mansell in testa, perde une ruota mal fissata ripartendo dai box dopo un cambio delle gomme. Questo, insieme ad un ritiro in Giappone, costerà  il campionato. La Williams finisce seconda nel mondiale costruttori, mentre Mansell secondo dietro Senna in quella piloti.

Confermati i piloti, per il 1992, Mansell domina la stagione sin dal Gran Premio del Sud Africa, vinto agevolmente, davanti a Patrese. Mansell si aggiudica tutti e cinque primi gran premi (Sudafrica, Messico, Brasile, Spagna e San Marino) con Patrese 4 volte secondo. Cinque vittorie consecutive ad inizio campionato sono un record. A Monaco la vittoria sfugge per una foratura di un gomma posteriore della vettura di Mansell a pochi giri dalla fine. Superato da Ayrton Senna, terminerà  comunque secondo, a meno di 3 decimi dal brasiliano. La corsa di Mansell prosegue nelle gare successive con successi in Francia, Gran Bretagna, Germania, Portogallo. Ad esso si aggiunge il successo di Patrese in Giappone. La Williams diventa campione con 164 punti, 65 in più della McLaren, Mansell è campione del mondo con 108 punti contro i 56 del secondo che è proprio Patrese. Mansell, vincendo 9 gare in una stagione stabilisce un altro record.

Già  dall'autunno 1992 Alain Prost, reduce da un anno sabbatico, si aggiudica un posto in Williams per il 1993, anche grazie alle pressioni della Renault; Nigel Mansell lascia il team per le gare americane della IndyCar. Anche Patrese lascia il team e alla guida della seconda Williams viene chiamato il collaudatore Damon Hill. La vettura per il 1993 comincia a girare già  nell'estate 1992 con Hill (e dall'autunno anche con Prost); dotata di sofisticati congegni elettronici, come le sospensioni attive e il controllo elettronico della trazione, la FW15C sarà  la dominatrice dell'anno.[2] Prost vince al debutto in Sudafrica, ma sotto la pioggia non si trova a suo agio e viene surclassato da Senna nei due gran premi bagnati in Brasile e in Gran Bretagna a Donington Park. Il francese vincerà  di nuovo a San Marino, e poi altre quattro corse consecutive tra Canada e Germania, che lo proiettano saldamente in testa alla classifica; dopodiché è la volta di Hill, che si aggiudica i tre gran premio successivi, l'ultimo dei quali in Italia, che rimarrà  l'ultima vittoria della stagione. La Williams totalizza così 10 vittore, 168 punti e 15 pole position su 16; Prost vince il titolo e decide di ritirarsi dalla Formula 1, anche perché Williams ha già  ingaggiato Ayrton Senna per il 1994. Hill chiude terzo dietro proprio al brasiliano.

Il 1994 sarà  l'anno più tribolato per la Williams.[3] L'accoppiata Senna-Williams è la favorita per il titolo. La nuova vettura, la Williams FW16 denota durante i test d'inizio stagione dei problemi di guida. Le sospensioni attive sono state vietate insieme al controllo di trazione e all'ABS; il ritorno a vetture più tradizionali mette in crisi la Williams. Problemi che pare non avere la Benetton-Ford di Michael Schumacher che si aggiudica le prime due gare, mentre Senna esce due volte di pista. Nel Gran Premio di San Marino, già  macchiato dalla morte di Roland Ratzenberger nelle prove e da uno spettacolare incidente a Rubens Barrichello, avviene la tragedia. Partito dalla Pole, Senna si schianta al quinto giro del gran premio e muore a causa delle ferite riportate al capo (una braccio della sospensione entra dalla visiera)[4][5] Le ripercussioni sono pesanti, la giustizia italiana apre un'inchiesta che porterà  ad un processo contro la Williams, responsabile, secondo l'accusa, della rottura del piantone dello sterzo, che avrebbe provocato l'uscita di pista.[6] Nel 2007, alla chiusura di un lunghissimo iter giudiziario, Patrick Head verrà  riconosicuto colpevole, con reato estinto in prescrizione[7]. Al successivo Gran Premio di Monaco, si presenta il solo Hill che si ritira. Dopo 4 vittorie di Schumacher, in Spagna, dove viene promosso titolare il collaudatore David Coulthard, Hill conquista la prima vittoria dell'anno. Hill sembra in grado di rimontare nella classifica finale, anche grazie ad alcune squalifiche che colpiscono la Benetton e Michael Schumacher rei di alcuni comportamenti scorretti e d'irregolarità  tecniche (due gran premi di sospensione). Hill vince il Gran Premio di Gran Bretagna, poi quelli di Belgio, Italia, Portogallo e Giappone. Ma nel Gran premio d'Australia, dove si decide il titolo avviene un episodio assai discusso: Schumacher esce di pista e sbatte, Hill sarebbe dunque campione del mondo, ma il pilota tedesco con una manovra discutibile rientra "involontariamente" addosso a Hill eliminandolo[8]. Hill termina secondo nel mondiale e Mansell, rientrato alla Williams per alcune gare, centra la sua ultima vittoria. La Williams si consola con il titolo costruttori.

Nel 1995 Nigel Mansell torna in Formula 1 per alcune gare con una deludente McLaren, mentre la Williams conferma Hill e Coulthard. La Renault ha deciso di fornire i propri motori anche alla Benetton che si aggiudicherà  il titolo con Schumacher. Hill vince 4 gran premi e Coulthard uno ma i piloti si rendono anche protagonisti di diversi (e a volte clamorosi) errori. La Williams mantiene inattaccata la sua posizione di vettura nettamente migliore delle concorrenti, Benetton inclusa, ma ciò non basta per evitare che Michael Schumacher conquisti il suo secondo titolo iridato. La Benetton riesce a vincere persino il suo primo ( e unico) titolo costruttori.

Nel 1996 la Williams ingaggia il campione Indycar e figlio d'arte Jacques Villeneuve, e conferma Damon Hill. Quest'anno è un dominio netto: la Williams vince cinque gran premi consecutivi (quattro con Hill e uno con Villeneuve) ad inizio stagione. Alla fine le Williams si aggiudicheranno 12 gran premi su 16, con 8 vittorie per Hill, campione del Mondo e 4 con Villeneuve secondo dopo una lotta intestina che dura sino all'ultima gara. Per la terza volta consecutiva la Williams, dopo aver vinto il titolo piloti, non rinnova il contratto al pilota vincitore: Hill infatti si trasferisce alla Arrows. Nel corso del 1996, la Williams lascia Didcot e trasloca nella nuova sede di Grove.[9]

Per l'ultimo anno del connubio ufficiale Williams-Renault a sostituire Hill arriva il tedesco Heinz-Harald Frentzen, considerato più veloce e competitivo. In realtà  si dimostrerà  meno veloce di un pilota come Hill, a torto poco considerato dai più, che ritenevano superiori i meriti della macchina a quelli del pilota. La FW19 sarà  l'ultima Williams alla quale abbia messo mano Adrian Newey; il progettista di tutte le macchine dal 1991 ha infatti accettato un'offerta della McLaren, e già  dal novembre 1996 interrompe lo sviluppo della vettura.[9]. L'inizio di stagione vede la Williams dominare con 4 vittorie nelle prime sei gare (3 di Villeneuve e una di Frentzen), prima che la Ferrari si dimostri in grado dopo anni di lottare per il titolo. Mentre Frentzen delude, Villeneuve (7 vittorie) arriva a giocarsi all'ultima gara il mondiale con Schumacher. Al 48º giro del Gran Premio d'Europa disputato sul Circuito di Jerez de la Frontera, Villeneuve, in rimonta è alle spalle di Schumacher e lo sorpassa, e il tedesco, come mostrerà  la telecamera di bordo, chiude volontariamente e scorrettamente la curva. Villeneuve riesce a restare in pista mentre Schumacher ha la peggio ed è costretto al ritiro. Il canadese è dunque campione del mondo, mentre Schumacher sarà  squalificato e privato dei punti conquistati durante l'anno a causa di questo incidente definito "evitabile" dalla FIA[10]. La Williams si conferma campione sia piloti che costruttori. Ma sul futuro pesa l'ombra del ritiro della Renault.

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